È quasi imbarazzante: come ho già scritto in Ipocrisia politica, ogni volta che apro “The framers’ coup” di Klarman sento l’impulso di scriverci sopra un pezzo qui sul ghiribizzo.
È che l’analisi spassionata della politica di fine XVIII secolo è ancora attualissima senza considerare le analogie, o meglio le diversità, con l’UE. La politica infatti è sempre la stessa ma analizzare quella attuale è impossibile: gli interessi in gioco sono troppi ed è possibile conoscere solo le dichiarazioni ufficiali e poco più. Invece di questi politici del XVIII ormai sappiamo “tutto” nel senso che siamo a conoscenza anche della corrispondenza privata, ovvero di quello che pensavano veramente che, spesso, è l’opposto di quanto dichiarato pubblicamente.
Oggi non ho fatto in tempo a leggere mezza pagina, forse un terzo, e ho appuntato a margine ben tre “B” cerchiate: ovvero tre spunti per il “blog”…
Invece di cercare di sintetizzare le parole dell’autore credo sia più pratico tradurre direttamente i passaggi interessanti e poi commentarli.
1. «Un dibattito pubblico sulla Costituzione, caratterizzato dalla partecipazione di massa, non era qualcosa che i Federalisti si auspicassero. La maggior parte di questi era d’accordo con quanto affermato privatamente da Madison: “ci sono argomenti per i quali le capacità del grosso della popolazione non sono distribuite egualmente, e in base a queste essi devono e saranno governati da coloro che invece ne sono ben edotti. La Costituzione proposta rientra fra questi argomenti.”» (*1)
La frase, espressa in un inglese abbastanza indiretto (e non facile da tradurre!), è chiara: certi argomenti sono troppo complessi per il grosso della popolazione che quindi deve essere guidata e diretta da chi invece meglio li conosce e comprende.
Che dire, a volte su questioni molto tecniche o complesse questo può essere anche vero: altre volte però si tratta di una bugia in cui i potenti fingono di credere per giustificare verso se stessi la manipolazione della popolazione. È la logica del fine che giustifica i mezzi; è quello che si dice il politico o il giornalista per giustificare la propria menzogna perché “la verità sarebbe male interpretata dalla popolazione”.
Mi pare una logica oggi più attuale che mai: anzi adesso la maggior parte dei potenti mente in malafede, ovvero non illudendosi di fare comunque il bene della popolazione ma, anzi, sapendo scientemente di operare per il male.
2. «Comunque, dati gli ampi diritti di voto già esistenti nei vari stati, i Federalisti non avevano scelta che appellarsi alla popolazione per la ratifica della Costituzione. Ironicamente, essi furono obbligati a chiedere al comune americano di ratificare una costituzione della quale uno degli scopi principali era proprio quella di imbrigliare l’influenza dell’opinione pubblica sul governo.» (*2)
Come ho già spiegato molto spesso le costituzioni delle diverse ex colonie, scritte sull’entusiasmo libertario nato dalla vittoria nella guerra di indipendenza dal Regno Unito erano molto più democratiche: circoscrizioni piccole (relativamente pochi elettori per parlamentare); potere di indirizzo (ovvero possibilità di obbligare il proprio rappresentante a votare in modo specifico su date questioni, possibilità di rimuoverlo dall’incarico, elezioni frequentissime (tipo ogni anno) e altre caratteristiche che al momento, a memoria, mi sfuggono. In almeno uno stato poi anche le donne avevano diritto al voto…
Gli americani quindi non avrebbero accettato l’imposizione di una Costituzione da loro non votata.
In questo caso è interessante il raffronto con l’Europa: solo pochissimi stati, se ben ricordo, hanno fatto ratificare alla propria popolazione la “costituzione europea” il cui principale difetto, come ho scritto altrove, è di essere praticamente priva di democrazia: gli europei possono infatti eleggere solo il parlamento europeo (che si limita a ratificare quanto stabilito dal Consiglio Europeo e a statuire le proposte delle lobbi per tutelare i propri interessi), in circoscrizioni amplissime e ogni 5 anni…
3. «Sebbene i Federalisti non stravedessero per il voto di ratifica, essi godevano di un buon numero di vantaggi: una suddivisione non equa dell’elettorato (“malapportionment”) a proprio favore in alcune conferenze, il fatto che molte conferenze erano tenute in città costiere, la relativa facilità con cui i Federalisti potevano organizzare i propri sostenitori, i quotidiani in loro favore, la divisione di opinioni sulla ratificazioni per classe sociale e istruzione, e l’Articolo VII della Costituzione (descritto in seguito nel capitolo). Alcuni di questi vantaggi erano stati progettati dai Federalisti – per esempio il fatto che la ratifica, come stabilito dall’Articolo VII, sarebbe stata stabilita da speciali conferenze invece che dai governi statali o tramite referendum.» (*3)
Molte di questi elementi sono già chiari: aggiungo che i Federalisti erano forti nelle città costiere e più deboli nelle zone rurali: organizzare quindi le conferenze in tali città facilitava la partecipazione dei Federalisti a scapito degli Antifederalisti. Analogamente nei governi dei diversi stati la popolazione era rappresentata in maniera più equilibrata e lo stesso sarebbe accaduto organizzando dei referendum veri e propri. Intendiamoci storia vecchia anche ai tempi della Repubblica Romana accadeva qualcosa di analogo: rimando al pezzo Ultimisstoria 7 del maggio 2016 dove parlo dell’articolo “Nell'antica Roma voto all'americana” (*4)
Nel prosieguo del capitolo tutti questi elementi verranno approfonditi con cura ma credo di aver già capito le problematiche principali in parte già anticipate qua e là.
Quello che il comune lettore dovrebbe comprendere dalla lettura di questo mio pezzo è di quanto, oggi forse più che mai, la politica non faccia i suoi interessi ma quelli dei potenti di turno.
Illudersi che non sia così, che la parte al potere non abbia vantaggi o che addirittura non se nei crei, che i media non siano di parte, non è più da ingenui ma da stupidi.
Conclusione: le libertà costituzionali cancellate con la scusa della pandemia e la guerra assurda in Ucraina dovrebbero aver aperto gli occhi a tutti coloro che hanno un minimo di buon senso. Ma non mi illudo: chi si allatta quotidianamente alla tetta siliconata della propaganda di stato succhia un latte che è un dolce nepente a cui è facile assuefarsi (*5)…
Nota (*1): mia traduzione tratta da “The framers’ coup” di Michael J. Klarman, (E.) Oxford University Press, 2016, pag. 405-406.
Nota (*2): ibidem, pag. 406.
Nota (*3): ibidem, pag. 406.
Nota (*4): che memoria, eh?!
Nota (*5): ;-)
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