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domenica 29 ottobre 2023

Trotsky mi ricalca

Sono in una fase di insonnia acuta: sono andato a letto a 00:30 e mi sono svegliato alle 3:30. Poi ho finito di leggere il terzo libro di Erikson, ho preso una camomilla, visto un po’ di Primevideo e ascoltato un po’ dei canali YouTube più noiosi: niente… non ho più chiuso occhio. Adesso sono le 8:00 e proverò a scrivere un pezzo mediamente impegnativo…

Ecco: ho appena fatto uno sbadiglio!

Ho appena terminato di scrivere questo pezzo: mi sono reso conto che è molto autoreferenziale. In pratica Trotsky descrive la burocrazia sovietica e io sottolineo come la gran parte del sottocapitolo ricalchi degli aspetti della mia teoria (molto più generale). Insomma il senso di questo pezzo è “quanto è bella la mia teoria” mescolato a un po’ di autocompiacimento: per questo motivo ho messo all'articolo il marcatore “Peso”...

Ieri ho letto il sottocapitolo “The social physiognomy of the ruling stratus” de “La rivoluzione tradita” di Trotsky: l’ho letto ieri ma non ho voglia di sforzarmi di ricordare e mi baserò solo sulle mie note…

Con lo “strato che comanda” Trotsky non intende i vertici politici ma l’apparato burocratico: fermo restando che la burocrazia va a sovrapporsi col potere politico dato che ogni fabbrica, ogni fattoria, ha il responsabile burocratico che risponde solo ai suoi superiori, risalendo, fino ad arrivare ai politici.
Ma, osserva Trotsky, nella letteratura sovietica la burocrazia non è considerata come un corpo a sé stante ma come uno strumento astratto con qualche difetto di funzionamento.
Scrive infatti: «Nella letteratura politica sovietica spesso si incontra l’accusa di “burocratismo” come un’abitudine cattiva di pensiero o metodo di lavoro.» (*1)
Ma la burocrazia è invece qualcosa di concreto e umano: «Ma ciò che non puoi mai incontrare da nessuna parte è un’indagine sulla burocrazia come strato che comanda – i suoi numeri e struttura, la sua carne e sangue, i suoi privilegi e appetiti, e la fetta di ricchezza nazionale che ingoia.» (*1)

Tutto questo per evidenziare che Trotsky, correttamente, sembra applicare la mia definizione di gruppo ([E] 3, “La società riflessa”): ovvero persone che, a uno specifico livello di dettaglio ([E] 4.3, “La relatività del potere”), hanno lo stesso ruolo e svolgono le stesse funzioni. E tutti i gruppi sono poteri ([E] 4, “I poteri”), più o meno forti, ma che comunque seguono le regole del potere: in particolare avranno i propri obiettivi e cercheranno di preservare o meglio ancora incrementare la propria forza.

Mi pare che questi pochi paragrafi evidenzino bene la potenza della mia teoria: come essa sia applicabile, o almeno adattabile, con facilità a ogni livello di dettaglio. Ciò che gli scrittori sovietici (forse volontariamente) non vedevano, ciò che per Trotsky è un caso speciale da analizzare nei suoi dettagli, è invece la norma per la mia teoria: non ho bisogno di spiegare come e perché un potere abbia i suoi basilari “appetiti” ma posso, per esempio, concentrarmi solo sulle inevitabili peculiarità determinate dalla specifica complessione della società ([E] 3.3, “I gruppi e la dinamica dei protomiti sociali”).

Per esempio, varie pagine dopo, Trotsky si indigna perché: «[…] la burocrazia dei sindacati riceve dalla burocrazia industriale, in segno di amicizia, immensi doni di denaro, appartamenti, mezzi di trasporto etc.» (*2)
Questo è ovvio nella mia teoria: è la legge del confronto ([E] 5.6) i parapoteri, come evidentemente erano le diverse burocrazie sovietiche, collabora preferenzialmente con altri parapoteri: e i regali non erano “segni di amicizia” ma più propriamente scambi di favori nella forma di uso diretto della propria specifica forza.

Forse la parte più interessante è la duplice natura della burocrazia: da una parte obbedisce al potere politico (e quindi sarebbe subordinata) ma a un altro livello di dettaglio stabilisce e gestisce i beni pubblici (e qui appare come un potere autonomo).
In particolare in una nota di [E] 14.1, “Le tendenze storiche”, scrivo: «La burocrazia di uno Stato può essere vista come un gruppo/potere un po' particolare: per certi versi è aperto (perché molto numeroso) per altri chiuso (perché i suoi membri, come rappresentanti dello Stato, si pongono in contrasto con il resto della popolazione); contemporaneamente è anche sia subordinato (perché ogni singolo membro deve seguire le procedure prescritte) che autonomo (perché la burocrazia ha, almeno parzialmente, il potere di creare nuove procedure: questo grazie al fatto che molti dei suoi tautomiti sono interni). La legge della crescita ci dice che ogni potere cerca di aumentare la propria forza e la burocrazia non fa eccezione: per quanto detto essa ha la peculiare capacità di poter aumentare la propria forza semplicemente creandosi nuovi compiti ovvero creando ulteriore burocrazia. Questo aumento di forza sarà, in genere ma non solo, a danno dei più deboli: i singoli cittadini o le piccole aziende. In ultima analisi la crescita di forza della burocrazia avviene ai danni della libertà delle persone costrette a un numero sempre maggiore di obblighi e procedure capziose. Diversamente le grandi aziende possono gestire più facilmente la burocrazia e anzi, grazie ai buoni rapporti col potere politico, possono talvolta addirittura avvantaggiarsene. Qualsiasi ideologia dovrebbe tener conto di questo problema intrinseco di ogni burocrazia limitandone al massimo l'autonomia (nella capacità, strettamente legata al controllo dei tautomiti, di creare nuova burocrazia) e salvaguardando le libertà dell'individuo (facendo in modo che siano rarissimi i casi in cui sia lecito imporgli qualcosa).»
In questa nota mi riferisco alla burocrazia in generale, non specificatamente a quella sovietica, che evidentemente aveva evidentemente più potere, ma anche a essa.

Alla fine Trotsky ripete, applicandoli alla burocrazia sovietica, vari aspetti della mia teoria sulle caratteristiche di qualsiasi potere.
La parte “nuova”, quella che dipende cioè dalla particolare complessione sociale sovietica, per capirci il punto da dove sarei partito io per spiegare la “burocrazia sovietica”, è che essa finisce per rivestire il ruolo che nel capitalismo è della piccola e grande borghesia (in base al livello di importanza del singolo burocrate). Poi avrei evidenziato l’autonomia maggiore (perché va a sovrapporsi alla diretta gestione dei beni pubblici) rispetto alle burocrazie occidentali.
E, infine, avrei speculato sul suo livello di coesione ([E] 3.6, “La coesione di un gruppo”) che, da quanto letto, mi pare basso: ma di questo aspetto Trotsky non parla, lo desumo io dalle sue spiegazioni…

Conclusione: beh, visto che nessuno apprezza la mia opera, ogni tanto lasciatelo fare a me!

Nota (*1):  tradotto al volo da “The revolution betrayed and Other Works” di Leon Trotsky, (E.) Graphyco, 2021, trad. Max Eastman, pag. 104.
Nota (*2): ibidem, pag. 109.

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