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giovedì 10 giugno 2021

Sogno sociale

Anche stamani (v. il recente corto Picco delle aquile), al mattino, ho fatto un sogno strano: ambientato in un futuro prossimo, io come al solito non c’ero ma variavo da scena a scena. Nessuna emozione forte che mi sia rimasta impressa ma solo la sensazione di un sogno lungo e interessante.

Sul finale però una scena, anzi uno slogan pubblicitario, ha provocato la mia indignazione: ero a una piccola stazione (due giorni fa sono passato da quella del mio paese) e ho visto un ragazzo che saliva le scale e che chiaramente ascoltava la voce di una pubblicità. La pubblicità era per un qualche corso di formazione e lo slogan era “passa dall’altra parte” sottintendendo “smetti di essere uno sfruttato e diventa uno dei pochi ricchi”. Gli occhi del giovane mi erano parsi brillare di determinazione mista ad avidità, come se pensasse “Voglio farcela e divenire ricco! Farò tutto quel che posso per riuscirci!”.
Io però mi sono indignato: dal mio punto di vista mi era chiaro che con l’istruzione non si diventa ricchi, al massimo meno sfruttati, poi avevo compreso che lo Stato aveva rinunciato anche all’istruzione superiore e che questa era divenuta quindi un prodotto come tanti altri, venduto con la promessa (falsa) di una vita migliore.
Sempre nel sogno ho così pensato: tutti i lavori dovrebbero permettere di vivere bene, non deve importare quale mansione si abbia.

Irritato mi sono svegliato dopo poco: ora non ricordo più se le seguenti idee erano ancora nel sogno o se le ho avute appena sveglio.
Tutti dovrebbero avere di più, pochissimi dovrebbero avere molto molto meno: in effetti è il senso aggiornato del pensiero di Marcuse (*1). La società moderna ha una grande capacità produttiva che, da tempo, supera le esigenze del mercato globale. Ma si continua a lavorare 8 o più ore al giorno non perché ce ne sia bisogno per far vivere e bene tutta la popolazione ma solo per soddisfare la brama di ricchezza dei vertici delle multinazionali (*2).
E allora mi sono ricordato i dubbi che avevo espresso nel corto I salvadana(i)os: se non erro lo pubblicai solo la sera facendo un copia e incolla di un commento che avevo messo su FB al mattino.
Già a sera però le mie idee si erano fatte più chiare: qua e là infatti, dalle persone che seguo su FB ma anche in rete, erano usciti dei commenti che dicevano chiaramente che il 15% di tasse alle multinazionali è un’ingiustizia vera e propria, non un successo di cui vantarsi. Le multinazionali dovrebbero pagare in ogni paese le tasse del luogo in cui vendono e, semmai, più alte non più basse: questa sarebbe la giustizia.

È evidente invece che il mondo sta andando nella direzione opposta a quella della giustizia e dell’uguaglianza.
Ho la netta sensazione che Bezos, alla lieve minaccia di più tasse in UE che avrebbero ridotto leggermente i suoi guadagni, debba aver chiamato il burattino delle Casa Bianca dando precise indicazioni sul massimo che è disposto a pagare per non avere seccature in UE e, preferibilmente, nel resto del mondo. Detto fatto: dal nulla è arrivata questa proposta accolta da lacrime di giubilo dai nostri rappresentanti politici: o completamente incapaci o completamente asserviti al potente padrone americano. Probabilmente entrambi: incapaci e asserviti.

Quindi, qual è il senso di questo mio pezzo?
Beh, offenderei l’intelligenza dei miei lettori se dovessi rendere sempre palese ogni mia singola parola…

Aggiungo semmai di aver pensato anche che è necessario limitare il numero delle nascite: semplicemente per una questione di limitatezza delle risorse.
La vecchia Europa aveva incominciato da sola, istintivamente, ad autolimitarsi: senza un’immigrazione incontrollata (ed evidentemente voluta) adesso avremmo società molto diversa dall’attuale: la società non sarebbe andata in pezzi incapace di sostenere se stessa come, con retorica interessata ci hanno sempre voluto far credere i padroni del vapore, ma semplicemente con minore manodopera disponibile tutti i lavori sarebbero stati più retribuiti. Alla fine solo i ricchissimi avrebbero visto aumentare molto meno di adesso la propria ricchezza (non dubito infatti che si sarebbero ugualmente arricchiti) ma complessivamente, con una democratastenia più ricca, ci sarebbe stata meno diseguaglianza e più giustizia.
Vabbè, in realtà la storia non avrebbe mai potuto evolvere in questa direzione: il potere politico è sempre stato dalla parte dei più ricchi e quindi l’esigenza di manodopera a basso costo avrebbe sempre prevalso sul bene della società specialmente se questo sarebbe stato pagato con una erosione dei loro profitti.

Attenzione poi: non sto dando colpe dirette agli immigrati! Semplicemente sono stati uno strumento per tener sotto controllo il costo del lavoro e, ora che la manodopera non serve più grazie alla delocalizzazione, sono utili per mantenere il controllo del potere politico sfruttando le debolezze strutturali della democrazia.
È chiaro infatti che gli immigrati, specialmente quelli extra-europei, scappano dalla povertà provocata, diciamo le cose come stanno, non dall’occidente in generale, ma dai poteri economici occidentali (a cui adesso si affianca la Cina) per il vantaggio di pochissime persone.
È chiaro che se l’occidente NON avesse manipolato i governi locali probabilmente questi avrebbero fatto una politica migliore, con maggiore ricchezza per la popolazione e, quindi, meno necessità di fuggire all’estero.
Ovvio poi che se la popolazione cresce più della ricchezza allora questa diviene più povera e quindi più sfruttabile e manipolabile. Di nuovo sarebbe stato necessario convincere e incentivare queste popolazioni a fare meno figli: in questo caso credo sia stata decisiva l’influenza dei bacucchi “in bianco” che, con il loro miope inneggiare alla sacralità della vita, sono a tutti gli effetti favorevoli alla schiavitù degli uomini. Vecchia storia: è dai tempi dell’impero romano che la Chiesa giustifica la schiavitù: oggi cambiano nomi e apparenza ma la sostanza è la stessa.
Insomma gli immigrati come persone non hanno colpe: hanno fatto semplicemente quello che, dal loro punta di vista, era il meglio per loro e per le proprie famiglie.

A questo proposito mi viene in mente un vecchio aneddoto: all’epoca ero in Olanda e dove facevo un corso d’inglese perché la mia pronuncia, sempre pessima, era all’epoca anche molto rugginosa.
Fra i vari compagni c’era anche un immigrato dal nord Africa di vecchia data: nel senso che, almeno al mio orecchio, parlava benissimo olandese essendo arrivato in Olanda da bambino (immagino io) ma, doveva aver fatto le scuole elementari nel suo paese di origine.
Ora non ricordo come si arrivò all’argomento (sapete quelle discussioni caotiche di gruppo che gli insegnanti di lingue cercano sempre disperatamente di suscitare in ogni maniera?) ma si parlò anche di immigrazione. Mi rimase impressa l’esposizione di questo immigrato che disse chiaramente che, dopo la seconda guerra mondiale in Europa c’era carenza di manodopera e così vennero fatti “emigrare” i lavoratori stranieri nel vecchio continente.
Detto chiaro e tondo: ora magari, anche per limitazioni linguistiche, egli potrebbe aver usato dei termini più forti del voluto. Ma era chiaramente sua intenzione indicare una volontà proprio dello stesso “occidente” di provocare un’emigrazione (dall’Africa nel suo caso) verso l’Europa.
Ricordo che mi guardai intorno e mi sembrò di notare negli sguardi degli altri studenti olandesi la stessa mia sbigottita sorpresa.
Non credo infatti che negli anni ‘50 ci fosse da parte della stragrande maggioranza della popolazione la volontà di accogliere un’immigrazione anche difficile da integrare: evidentemente questa fu voluta da chi possedeva le fabbriche e non voleva né aumentare gli stipendi né limitare la produzione. L’argomento fu poi abbandonato e non vi furono commenti.

Conclusione: inizio a pensare che dovrò inserire nella mia Epitome un nuovo capitolo sulla forma che dovrebbe assumere una società “ideale”...

Nota (*1): a proposito della tendenza a fare mio il pensiero degli autori che leggo: qui mi è perfino entrato in un sogno!
Nota (*2): è questo che con stolidità irritante non sembrano capire i partiti di estrema sinistra italiana: ragionano ideologicamente con le categorie del XIX secolo. Eppure dove sono gli operai e i contadini oppure il proletariato? Il principale nemico di una società non è né il piccolo né il medio industriale (forse il grande ma non ne sono neppure sicuro) ma le multinazionali industriali, di servizi e finanziarie. Sono queste che drenano la ricchezza dalla popolazione per farla propria.

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