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martedì 11 agosto 2015

Decameron, secondo giorno: W le poppelline!

Finalmente! Proprio quando iniziavo a pensare che l'aggettivo “boccacesco” l'avesse inventato il Petrarca per invidia, mi sono imbattuto in «...Alessandro, posta la mano sopra il petto dello abate (*2), trovò due poppelline tonde e sode e dilicate, non altramenti che se d'avorio fossono state...»!!

Vabbè, a parte gli scherzi, in realtà anche nella seconda giornata non ci sono racconti particolarmente piccanti: soltanto nell'ultima novella si usa un linguaggio allusivo e con doppi sensi ma anche tale storia, di per sé, non descrive direttamente scene a sfondo sessuale...

Nella seconda giornata a differenza della prima, dove le novelle erano a tema libero, l'argomento deve illustrare storie dove il protagonista riesce a scampare da situazioni terribili grazie alla buona sorte. Rispetto alla giornata precedente, quando molte erano di poche pagine, le novelle sono anche notevolmente più lunghe e articolate...

La sensazione che la visione del Boccaccio dei musulmani non sia negativa ha avuto conferma: in almeno un paio di novelle i musulmani sono descritti come coraggiosi e giusti. In una di queste la protagonista è la bellissima figlia del sultano di Baghdad che dimentica il proprio “onore” solo per colpa del vino al quale non è abituata: nel complesso fanno peggior figura i cristiani che, ammaliati dalla sua bellezza, si uccidono fra loro e in continuazione se la rapiscono l'un l'altro; alla fine è proprio un mercante musulmano che la salva riconsegnandola al padre...
Attenzione! Non è che i musulmani siano delle figure particolarmente positive, semplicemente non sono particolarmente negative: la mia sensazione è che il Boccaccio li consideri persone, uomini e donne che, al di là della religione, hanno le stesse pulsioni, pregi e difetti dei cristiani...
Una nota etimologica: proprio in questa novella si parla del re del “Garbo” al quale la protagonista era stata promessa sposa. Una nota spiega, senza aggiungere altro, che “Garbo” significa “Africa”. In questo caso posso però aggiungere qualcosa io: fra le varie parole che ho imparato a memoria c'è “garbino” (dalle Operette morali). Il garbino (definizione imparata su Treccani.it) è un vento di libeccio il cui nome deriva dall'arabo gharbī e significa occidentale. Il libeccio me lo immagino sempre provenire dalla Tunisia e quindi ho “deciso” (ma in effetti è solo un'ipotesi!) che il re del Garbo fosse il re della Tunisia.

La nona novella è quella che mi è più piaciuta: probabilmente perché mi sono appassionato da subito alla disputa dei due coprotagonisti sulla natura delle donne. La riassumo brevemente: due mercanti, il genovese Bernabò e il piacentino Ambrogiuolo, sono entrambi a Parigi per affari e si trovano in una locanda a rilassarsi chiacchierando con altri mercanti italiani. La discussione finisce per vertere sulle donne: molti mercanti dicono che, quando ne hanno l'occasione, non disdicono le avventure amorose perché sono consapevoli che, a casa, le loro mogli non fanno diversamente. Al contrario il solo Barnabò afferma con totale sicurezza che sua moglie è irreprensibile e non lo tradirebbe mai. Ambrogiuolo la pensa diversamente e scommette con Barnabò che, nel giro di due mesi, riuscirà a sedurla.

Un inciso, l'argomentazione di Ambrogiuolo è la seguente: 1. gli uomini sono proclivi a cedere alle lusinghe dell'amore «...non una volta il mese, ma mille il giorno...»; 2. le donne, è noto, sono più deboli e meno perfette degli uomini; 3. di conseguenza le donne sono ancor più vulnerabili a cedere ai piaceri della carne.
È palese che il passaggio debole in questa argomentazione è il secondo: il Boccaccio non scende però nei dettagli ma taglia corto con «...il perché si potrebbe per molte ragioni naturali dimostrare, le quali al presente (*1) intendo di lasciare stare.»
Mi chiedo quali siano queste ragioni “naturali” e mi stupisce che non si faccia direttamente riferimento alla Bibbia: è un indizio da non scordare...
Personalmente ritengo però che il vero errore sia più profondo: misurare la donna prendendo come unità di misura l'uomo.
Si presume infatti che la donna sia un uomo con qualche organo in più o in meno: sostanzialmente uguali e quindi confrontabili. Al contrario io credo che le differenze siano più profonde: non tanto nell'aspetto fisico quanto nelle motivazioni, nel modo di pensare, nella visione del mondo. Già in passato volevo scrivere un pezzo per approfondire l'argomento: magari lo farò... Ma torniamo al racconto!

Ambrogiuolo, dopo aver scommesso 1000 fiorini contro 5000 di riuscire a sedurre la moglie di Barnabò, parte lestamente per Genova. Ambrogiuolo inizia a indagare sulla moglie di Barnabò, madonna Zinevra: in breve tempo si rende conto che la donna è effettivamente fedele al marito ma, invece di accettare la sconfitta, decide di “barare”. Corrompe una cameriera e con uno stratagemma si fa trasportare in una cassa a doppio fondo nella camera da letto di Zinevra. A notte fonda quando lei è addormentata egli esce dalla cassa, dà un'occhiata alla stanza (c'è un lume acceso), ruba alcuni oggetti personali e poi, visto che dorme profondamente, scopre Zinevra per osservarla da vicino e si accorge che «...sotto la sinistra poppa, ciò era un neo...».
Soddisfatto da ciò che ha scoperto Ambrogiuolo torna a Parigi con le prove che si è furbescamente procurato. Poi si confronta con Barnabò che, quando sente descrivere il neo, ammette la sconfitta, paga Ambrogiuolo e se ne torna a Genova. Arrivato nei pressi della città invia un suo uomo di fiducia a chiamare la moglie e gli dà l'ordine di ucciderla in un luogo isolato.
Il servitore fa come ordinato ma poi non se la sente di uccidere la moglie del padrone che, a sua volta, promette di dileguarsi e di non farsi più vedere. Zinevra infatti si fa prestare un farsetto e un cappuccio per travestirsi da uomo e dà le sue vesti al servo da portare a Barnabò come prova della sua morte.

Altro inciso: ma com'è che queste bellissime donne medioevali passavano così facilmente per uomini?! Che faccia e che voce avevano?
A parte gli scherzi ho il sospetto che il travestimento, oltre a essere comunque un comodo e utile espediente letterario, potesse effettivamente essere più efficace nel medioevo. In particolare le donne indossavano solo gonne e mai pantaloni: ipotizzo quindi che l'idea che una donna si vestisse da uomo dovesse essere impensabile e, di conseguenza, tale travestimento più efficace di quanto non sarebbe adesso...

Zinevrà travestita da uomo, grazie alla sua abilità, entra nelle grazie di un mercante catalano e, accompagnandolo nei suoi viaggi, arriva ad Alessandria d'Egitto. Qua Zinevra, sempre travestita e sempre grazie alle proprie capacità, diventa “l'uomo” di fiducia del sultano. Riceve poi l'incarico di supervisionare l'organizzazione di una grande fiera con mercanti cristiani e musulmani. Durante tale fiera incontra per caso Ambrogiuolo, che lei non ha mai visto prima, che fra le varie mercanzie vende anche quelle rubate nella camera di lei. Con astuzia Zinevra gli chiede l'origine di esse e capisce che c'è qualcosa di strano. Sfruttando la propria influenza sul sultano fa convocare a corte il marito Barnabò e Ambrogiuolo: il secondo, messo alle strette, confessa. A questo punto Zinevra rivela la sua vera identità, si riconcilia col marito, riceve molti doni dal sultano e Ambrogiuolo è messo a morte.

Tornando all'argomentazione iniziale di Ambrogiuolo sulla “nota” inferiorità femminile è da notare che, nella sostanza, la novella dimostra esattamente il contrario. Donna Zinevra travestita da uomo, senza astuzie o seduzioni ma solo grazie alle proprie capacità, riesce a eccellere più di tanti uomini diventando addirittura “l'uomo” di fiducia del sultano!

L'ultima novella, come accennato nell'introduzione a questo pezzo, è un po' diversa dalle precedenti.
Prima di tutto abbandona il tema della giornata e prende lo spunto dalla storia precedente (quella di Zinevra, Barnabò e Ambrogiuolo) e torna sull'argomento della natura delle donne.
In questa storia, la moglie giovane e bella di un vecchio giudice pisano, scopre di apprezzare molto i piaceri del sesso che il corsaro che l'ha rapita le ha fatto conoscere. Quando il marito la raggiunge per riscattarla lei si rifiuta di tornare con lui preferendo il piacere della carne nonostante viva nel peccato.
La diversità di questa storia rispetto alle precedenti sta tutta nel linguaggio: come previsto adesso riesco a leggere lo stile del Boccaccio con facilità, senza lasciarmi confondere dagli incisi, ma in questa novella mi sono nuovamente trovato in difficoltà.
Non viene descritta alcuna scena di sesso ma la novella si basa tutta su allusioni, giochi di parole, e doppi sensi a carattere sessuale: questi significati multipli delle varie frasi le rendono proporzionalmente più complesse da capire. L'annotatrice inoltre, proprio quando ci sarebbe più bisogno di lei, diviene un po' reticente!
Anche in questa novella comunque la donna non è descritta come più debole, o più portata a cedere alle lusinghe della carne dell'uomo, piuttosto quanto parimenti debole. Ancora è presto per trarre conclusioni su come il Boccaccio considerasse le donne ma la sensazione iniziale è che siano, almeno per certi aspetti, sullo stesso piano degli uomini.

Conclusione: starò con gli occhi aperti perché l'argomento mi intriga...

Nota (*1): mi accorgo adesso che questo “al presente” è un po' fuori luogo: è forse il Boccaccio che ci parla direttamente? Che in altre novelle spiegherà più approfonditamente la natura della maggior debolezza delle donne? Lo spero perché l'argomento mi incuriosisce...
Nota (*2): "solita" donna travestita da uomo...

NB: mi ero annotato un altro particolare interessante che poi mi sono dimenticato di inserire nel pezzo: rimedio adesso...
Zinevra non dorme da sola in camera da letto ma con una “piccola fanciulla”, evidentemente non una figlia. Mi chiedo quale sia l'origine di questa pratica... Dormendo con la fanciulla, la padrona dimostra particolare benevolenza verso una propria serva e la sua famiglia ma tale predilezione si potrebbe esprimere in molti altri modi e non sembrerebbe quindi l'origine di questa tradizione. Forse, in mancanza di riscaldamento, era semplicemente una maniera per combattere il freddo? Chissà... buffo però!

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