7 gennaio: teoricamente giorno lavorativo e quindi la linea potrebbe essere sistemata: eppure ne dubito!
Inizio subito dalla notizia preoccupante: ieri sono stato per la Befana da mio padre, ho colto l’occasione per pubblicare gli articoli che avevo scritto in questi giorni (spero di non averne dimenticato nessuno) e ho dato una rapida occhiata ai video del Dr Campbell. Non ho avuto tempo per guardarne neppure uno ma avevo iniziato a vedere il più recente. Nella parti più noiose mi piace leggere i commenti degli altri utenti perché talvolta sono molto utili e/o istruttivi. Così mi è caduto lo sguardo su un tizio che ringraziava per il breve accenno all’origine della variante Omicron che pare derivare dal ceppo originario. Questa notizia mi ha subito fatto drizzare le orecchie perché era una delle tante notiziuole che mi aveva comunicato il mio amico qualche giorno fa.
All’epoca però non l’avevo preso sul serio: ero cosciente che in tutto il mondo (almeno fino a qualche mese fa) predominava la variante Delta in maniera schiacciante: ammesso che il ceppo base sia ancora in giro per il mondo avrebbe una diffusione così bassa da rendere assolutamente improbabile che una nuova variante evolva da esso.
L’anomalia a cui avevo immediatamente pensato è reale ma sfortunatamente il dr. Campbell ne accenna solo in chiusura e rimanda a un futuro video per i dettagli: conclude però con un solo indizio che mi fa rabbrividire: “topi”.
Ne “Il fato di Roma” c’è un’ampia sezione sul meccanismo della peste bubbonica da cui è possibile estrarre almeno due considerazioni generali: la prima è che il vero pericolo dei virus è il cosiddetto salto fra specie. I virus con i quali l’uomo convive da migliaia di anni sono conosciuti sia alla scienza che, almeno parzialmente, al nostro sistema immunitario: questi stessi virus si sono poi evoluti non per uccidere l’uomo ma per moltiplicarsi il più possibile cosa che, in genere, coincide col dare sintomi lievi alla persona infetta in maniera che possa diffondere le repliche del virus il più possibile. La seconda è che un virus proveniente da un’altra specie, alla quale magari dà appena una leggera influenza, potrebbe invece essere letale per l’uomo.
Il batterio della peste in natura convive pacificamente con la propria specie ospite: i problemi sorsero quando passò a pulci e ratti che, a loro volta, lo diffusero ad altri animali e, soprattutto, all’uomo per il quale era mortale.
Ora se il SARS-CoV-2 è in grado di convivere (e quindi evolvere) nei topi c’è il pericolo concreto che, periodicamente, questo riesca a fare il salto indietro, ovvero a reinfettare l’uomo. Le minacce in questo caso sono due: 1. la nuova variante potrebbe essere molto diversa da quelle a cui l’uomo si è abituato (*1); 2. potrebbe essere molto più letale per l’uomo che per il topo.
Comunque queste sono solo mie illazioni basati su un’unica parola (“topi”) del Dr. Campbell: è possibile che quando pubblicherò questo pezzo se ne saprà già molto di più e che quindi queste mie paure risultino essere immotivate. Vedremo…
Altri argomenti in ordine sparso:
- stanotte ho fatto un SOGNO ottimista: un divulgatore (che non conosco) su YouTube faceva notare che in Sudafrica l’ondata Omicron era già terminata e che quindi, probabilmente, qualcosa di questo genere accadrà anche in Europa e USA. Per l’Italia la fine dell’ondata era prevista già per marzo. Vedremo!
- ripensavo alla mia teoria su come il covid-19 tenda a colpire diversamente giovani e vecchi. Ovviamente non sono uno scienziato: mi mancano le basi per stabilire se le mie ipotesi di partenza e i meccanismi che ipotizzo siano possibili/sensati e, a maggior ragione, non posso verificare niente.
Quello che mi diverto a cercare di ipotizzare è un modello puramente astratto per cercare di spiegare la risposta diversa al virus di giovani e anziani e l’apparente tendenza a colpire maggiormente i giovani nelle ultime ondate. Poi è possibilissimo, anzi molto probabile, che il mio modello sia totalmente irrealistico per uno o più motivi. Ne sono consapevole: come spiegato si tratta solo di un esercizio mentale che mi diverto a fare e, io per primo, non gli attribuirò mai alcun valore.
Premesso questo veniamo alla mia idea: ogni persona avrebbe due fattori. Il primo sarebbe la resistenza immunitaria al virus; la seconda sarebbe un indice di risposta autoimmune all’infiammazione causata dal virus.
Nella prima fase (diciamo la prima ondata) i giovani avevano la resistenza immunitaria più alta degli anziani (questo è sempre vero in genere) ma soprattutto l’indice di risposta autoimmune a zero o quasi mentre gli anziani, magari per precedenti contatti con altri coronavirus, avevano un indice più alto. Considerando che le problematiche di salute causate dal covid-19 non derivano direttamente dal virus stesso ma dall’infiammazione che provoca agli organi del corpo umano (endotelio in testa) la conseguenza è che i giovani non sembravano risentirne mentre i più anziani sì. In realtà, anche se sul momento i giovani non sembravano aver patito alcuna conseguenza dalla malattia, ipotizzo che il loro indice di risposta autoimmune fosse aumentato.
In pratica quindi a ogni ondata di covid-19 l’indice di risposta autoimmune aumenta rendendo quindi anche i giovani più suscettibili ai gravi effetti “collaterali” della malattia.
Ah, dimenticavo di spiegare il ruolo della resistenza immunitaria: beh, in pratica questa aumenta con ogni esposizione al virus ma, nella mia teoria, soprattutto se la malattia è leggera crescerebbe meno dell’indice di risposta autoimmune.
In tutto questo andrebbe poi considerato l’eventuale ruolo dei vaccini rispetto all’infezione naturale: al riguardo però non ho dati e anche la mia fantasia si trova in difficoltà!
Infine un dato sconcertante che ormai è noto da tempo ma che non avevo mai commentato: il motivo è che anche i divulgatori che seguo non ne parlano (se non facendo notare le cifre) perché, evidentemente, non sanno cosa dirne.
Il dato in questione è la percentuale di persone con anticorpi negli UK che, più o meno da questo autunno (o forse fine dell’estate) è intorno al 95%: ciò significa che il 95% degli inglesi è entrato in contatto col virus o gli effetti del vaccino sono ancora “freschi”.
Ma allora come si spiega il gran numero di contagi che continuano a verificarsi in UK (almeno fino al 26 dicembre: da allora, grazie Fastweb/Telecom, sono senza Internet e quindi non più aggiornato su questo particolare andamento)?
Insomma con percentuali di anticorpi così alti ci si aspetterebbe un’ottima immunità di gregge ma evidentemente non è così.
In generale ogni “stranezza” di questo genere dovrebbe attirare al massimo l’attenzione su di sé perché una sua eventuale comprensione potrebbe essere molto utile per definire meglio i meccanismo con cui si diffonde questo virus e, quindi, eventualmente combatterlo più efficacemente.
Ovvio che i governi politici, nella loro insipienza scientifica, non riescono neppure a rendersi conto della potenziale importanza di questo dato. Ipotizzo invece che le case farmaceutiche, sicuramente più attente al problema e con le risorse necessarie per investigarlo, abbiano già fatto delle ricerche al riguardo: il fatto che non sia stato comunicato niente ai media mi fa pensare che la spiegazione del fenomeno sarebbe poco utile alla vendita dei vaccini. Ma questa è solo una mia illazione.
Conclusione: quando tornerò in linea? l’ho scritto vero che è tutta la mia via (a occhio una ventina di utenze) a essere senza telefono/Internet?
Nota (*1): la variante Omicron, per esempio, ha un gran numero di mutazioni rispetto al ceppo originale. Suppongo che gli sia stato necessario almeno un anno per differenziarsi così tanto dal ceppo base: quanto potrebbe quindi cambiare in, per esempio, tre o cinque anni?
alla prima stazione
1 ora fa
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