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giovedì 20 gennaio 2022

Sottocapitolo 12

Ieri sera (ma ero cotto) e in nottata (da un anno circa dormo malissimo) ho letto il sottocapitolo 12 “Interpretazione del secondo principio”.

Probabilmente l’aspetto più notevole è che ho scoperto che avevo capito bene la lezione del Prof. Sandel in cui spiegava Rawls: il filosofo americano nella sua teoria della giustizia vorrebbe riequilibrare anche le doti naturali. Torna quindi valido il mio vecchio pezzo che scrissi all’epoca del corso: Obiezione a Rawls (giungo 2016). Ora però voglio capire come e cosa propone di fare al riguardo Rawls e vediamo se mi convince: comunque procediamo con ordine!

Come avevo supposto sul primo principio, uguali libertà per tutti, c’è poco da dire e quindi Rawls si concentra sul secondo nel quale c’erano un paio di frasi che proprio non riuscivo a capire (v. Sottocapitolo 11). Il principio dice che le diseguaglianze economiche e sociali sono accettabili se sono: a. “ragionevolmente previste a vantaggio di ciascuno”; b. “collegate a cariche e posizioni aperte a tutti”.
Secondo Rawls queste due specificazioni, volutamente ambigue, possono essere intese in due modi ciascuna dando origine quindi a quattro interpretazioni che, combinate col primo principio, danno origine ad altrettanti schemi base di giustizia.

Solo uno di questi è valido per Rawls ma, giustamente, procede prima a spiegare i difetti degli altri tre.
Se si interpreta A come “principio di efficienza” e B come “eguaglianza come carriere aperte ai talenti” si ha la cosiddetta “libertà naturale”. Personalmente non trovo chiarissime neppure queste ulteriori suddivisioni e proverò quindi a spiegarle con parole mie (e per questo probabilmente errate!).
Il principio di efficienza in realtà mi è chiaro perché Rawls vi dedica un paio di pagine per spiegarlo: esso deriva direttamente dalla teoria economica di Pareto ed è stato riadattato alla giustizia. Il suo significato più ampio è che in un rapporto fra più soggetti su un certo bene ci sono (teoricamente infiniti) equilibri in cui questo può essere distribuito fra tutti e, se cambiamo l’assegnamento, ci sarà almeno una persona che andrà a stare peggio. Cioè cambiando la distribuzione di un bene al di fuori della linea ideale che rappresenta tutte le posizioni di equilibrio, qualcuno va a stare peggio.
Rawls intende quindi il suo “a vantaggio di ciascuno” come una posizione di equilibrio (dove il bene è la posizione socio/economica) secondo questo principio di efficienza: alterando qualcosa almeno una persona rappresentativa (*1) andrebbe a stare peggio; se così non fosse allora non saremmo sulla linea di equilibrio e, quindi, la diseguaglianza economico/sociale non sarebbe accettabile.
Questo principio di efficienza è però (preso da solo) molto debole e considera tutti i punti di equilibrio egualmente accettabili indipendentemente dalla loro giustizia: per esempio anche la schiavitù potrebbe essere considerata accettabile perché la liberazione degli schiavi porterebbe la classe dei proprietari terrieri a stare peggio…
Ma, come detto, questi principi devono rispettare gli altri e, in particolare, il primo sulle uguali libertà: ovvio che, per definizione, schiavi e padroni non avrebbero le stesse libertà e, quindi, la schiavitù è inaccettabile nel sistema di libertà naturale.
In altre parole fra tutte le configurazioni sulla linea di equilibrio va trovata quella effettivamente più giusta: del resto «Ora, queste riflessioni mostrano soltanto ciò che sapevamo già da tempo, cioè che il principio di efficienza non può fungere da solo come concezione della giustizia.» (*2) (*3).
Il sistema della libertà naturale si base su una società liberista, fondata sul mercato, in cui le carriere e le possibilità di arricchimento sono almeno formalmente aperte a tutti. Non tiene conto del fatto che le possibilità del singolo dipendono dalla distribuzione iniziale di varie caratteristiche: denaro, posizione sociale, talenti naturali e capacità. La teoria economica ci dice che le allocazioni risultanti saranno efficienti (sulla linea di massimizzazione di Pareto cioè) e quindi questo sistema può soddisfare comunque entrambi i principi.
Ovviamente, come anch’io avevo fatto notare in Sottocapitolo 11, Rawls spiega che non arriveremo ad allocazioni giuste perché i beni iniziali possono essere anche molto diversi: chi nasce in una famiglia ricca avrà più possibilità di arricchirsi a sua volta rispetto a chi nasce in una famiglia povera.
In altre parole la frase “eguaglianza come carriere aperte ai talenti” corrisponde a un’eguaglianza formale, non reale, di accesso alle opportunità.

Si arriva così al sistema di eguaglianza liberale: qui il principio A è ancora interpretato come “principio di efficienza” ma B è inteso come “eguaglianza di opportunità”.
Per ottenere questa uguaglianza “reale” la società deve intervenire rendendo omogenea la situazione iniziale di ogni individuo, per esempio, permettendo a tutti di studiare gratuitamente si elimina il vantaggio nell'educazione dato da una maggiore ricchezza iniziale.
L’idea è che i giovani di abilità e inclinazioni simili dovrebbero avere le stesse opportunità di crescita e sviluppo.
Come ottenere queste compensazioni necessarie per avere pari opportunità? Rawls scrive: «Gli elementi di questa struttura [sociale e giuridica] sono piuttosto conosciuti, anche se può valere la pena di ricordare quanto sia importante prevenire un’eccessiva accumulazione di proprietà e di ricchezze, e d’altro canto garantire eguali opportunità di istruzione per tutti.» (*4)
Questo è il sistema di uguaglianza liberale in cui, in “teoria” (vedi poi), viviamo che è sicuramente meglio del sistema di libertà naturale ma non è perfetto.
Secondo Rawls infatti, così come si compensa il fatto che la sorte faccia nascere alcuni bambini ricchi e altri poveri, è giusto compensare anche per le diverse doti naturali visto che anch’esse sono frutto del caso.

Qui, come anticipato, non sono d’accordo ma voglio vedere come, nel concreto, Rawls voglia sviluppare questo concetto.
Qualche obiezione per il momento. I talenti e capacità naturali sono molteplici, per esempio: intelligenza, bellezza, forza, simpatia, coraggio, creatività etc.
Come facciamo a misurarli oggettivamente singolarmente e poi a confrontare fra loro le misure ottenute? Come si calcola e quanto vale, per esempio, 1 unità di intelligenza rispetto a 1 di simpatia?
Inoltre alcune di queste dimensioni NON sono oggettive: prendiamo la bellezza. A me tipicamente spesso piacciono delle donne considerate non particolarmente belle (per non dire brutte) mentre altre, considerate bellissime, mi fanno schifo. Come posso controbilanciare, anche volendolo, qualcosa di così soggettivo e ineffabile?
Ovviamente rimane la mia obiezione più profonda che, se ricordo bene, è che il tentativo di Rawls di neutralizzare le differenze naturali più intime degli uomini mi sembra porti a una disumanizzazione dell’individuo. Nel 2016 scrivevo però basandomi sul poco spiegato dal prof. Sandel adesso ho invece fra le mani il libro di Rawls e dovrei essere quindi in grado di capire e giudicare per bene il suo punto di vista: magari mi potrebbe anche convincere…

Infine, se A (“a vantaggio di ciascuno”) è inteso non come principio di efficienza ma come “principio di differenza” e B come “eguaglianza come carriere aperte ai talenti” (inteso da me come “eguaglianza formale”) si ha l’aristocrazia naturale.
Nell’aristocrazia naturale l’uguaglianza è, appunto, puramente formale e le diseguaglianze sarebbero tollerate se gli aristocratici guidassero la società in maniera di ottenere il meglio per chi è più sfortunato. Se ho ben capito (l’argomento sarà approfondito nel prossimo sottocapitolo) il principio di differenza non si basa sul risultato che si ottiene ma sulla volontà di fare (oltre che, naturalmente, la capacità). Ma non ne sono sicuro: Rawls ci spende appena mezza paginetta.
No! Nel frattempo ho letto anche il sottocapitolo 13 dove viene spiegato il principio di differenza: esso sostanzialmente consiste nell’ammettere solo le diseguaglianze che massimizzano il benessere del gruppo sociale che sta peggio. Ovviamente approfondirò quando scriverò del sottocapitolo 13.

Il quarto caso, quello a cui mira Rawls, dove A è inteso come “principio di differenza” e B come “eguaglianza (reale) di opportunità”, corrisponde all’eguaglianza democratica e lo tratterà nel prossimo sottocapitolo.

Importante è una precisazione: sia l’aristocrazia naturale che l’uguaglianza liberale sono sistemi instabili. Senza un costante controllo tendono a tornare verso il sistema della libertà naturale.
È esattamente quello che mi sembra stia accadendo in questi ultimi decenni: si tende a eliminare tutti quei meccanismi che cercavano di ridurre l’impatto delle differenze di nascita e così facendo si ottiene di incrementarle ulteriormente favorendo a dismisura le diseguaglianze economiche.

Conclusione: il prossimo sottocapitolo sarà fondamentale, non solo per capire cosa si intenda effettivamente col “principio di diseguaglianza”, ma soprattutto per comprendere come Rawls intenda neutralizzare le differenze naturali fra gli uomini.

Nota (*1): con “persona rappresentativa” Rawls intende (credo) una persona ideale membro tipico di una certa classe sociale. Vi vedo similitudini col mio concetto di “gruppo”.
Nota (*2): tratto da Una teoria della giustiziadi John Rawls, (E.) Feltrinelli, 2021, trad. Ugo Santini, pag. 85.
Nota (*3): frecciatina agli utilitaristi! Ora, non per vantarmi, ma nella mia ([E] 11.2 e 17) ridicola bozza di uno schema alternativo per la società propongo valutazioni basate su due dimensioni: efficienza E giustizia.
Nota (*4): ibidem, pag. 87.

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