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sabato 22 gennaio 2022

Indietro su Sartori (4/?)

Inutile ripetere la stessa introduzione per ogni pezzo ma, per chiarezza, non riesco a trattenermi: a distanza di mesi ricordo poco o nulla di quanto letto questa estate ma basandomi sulle mie annotazioni a margine sono sicuro che riuscirò a tirarci fuori qualcosa di interessante…
I miei commenti li evidenzierò col “solito” marcatore [KGB].

Il capitolo IX è intitolato “Libertà e legge”: considerando i tempi che stiamo passando mi pare attualissimo.

Secondo Sartori bisogna distinguere fra libertà interiore e di volere, che riguarda la filosofia, e la libertà di fare che invece riguarda la politica.
[KGB] Ma… veramente la filosofia si preoccupa anche della libertà di fare altrimenti sarebbe priva di senso! Suppongo che Sartori volesse sottolineare l’approccio puramente pratico della politica al principio della libertà.

Non provo neppure a riassumerlo con parole mie: «Lo Stato tirannico è libero di comandare a suo piacimento, ma perciò priva i sudditi di ogni libertà: non è uno Stato libero ma oppressivo. Quando si parla di libertà politica si parla dunque di un’attribuzione di potere a dei poteri dispersi, minimi, o comunque minori. Il problema della libertà in senso politico si apre con questa domanda: come tutelare e garantire dei poteri potenzialmente soccombenti?» (*1)
[KGB] Il precedente paragrafo riassume il senso di una mezza paginetta. Ne do la mia interpretazione: il problema della libertà non sono quali debbano essere i poteri dello Stato, o comunque dei forti, ma invece quali debbano essere i diritti, ovvero le libertà, dei deboli. Non solo: proprio perché sono diritti e libertà dei deboli, questi avranno scarse capacità di difenderli e, quindi, andrebbero tutelati con particolare attenzione.

Proseguendo il proprio ragionamento Sartori spiega che la libertà dei deboli è una “libertà difensiva”: i cittadini devono essere liberi da XXX per poter essere liberi di fare YYY.
«[…] la libertà politica non è caratterizzata da questa [libertà di fare] implicazione positiva ma dal suo presupposto protettivo [libertà da]. Tutte le libertà sono libertà di: ma la condizione di tutte le libertà è di essere liberi da.» (*2)
[KGB] Già su questo solo concetto ci sarebbe da scrivere un intero pezzo: se la libertà si riducesse a un lungo elenco di libertà di fare XXX senza alcuna protezione allora nulla vieterebbe al governo di cambiare tale lista a proprio piacimento. Per essere vera libertà ci devono quindi essere delle protezioni che limitino il potere dello Stato affinché esso non diventi arbitrario: ovvero libertà da.

Nel concreto nessuna “libertà da” sarà assoluta: il punto è comunque quello di limitare il potere dei forti (dello Stato) per impedirgli di divenire arbitrario e porre così divieti ingiustificati sui deboli, cioè il popolo.

Il sottocapitolo 9.2 è intitolato “La libertà liberale”: vi ricorda qualcosa? Per un esempio di serendipità leggete Sottocapitolo 12

Il succo del sottocapitolo, invero molto semplicistico avendo in mente il pensiero di Rawls, è che il potere dei forti, ovvero dello Stato, è limitato dalla costituzione: ma infatti Sartori aveva avvisato che la sua interpretazione della libertà sarebbe stata “pratica”.
[KGB] Manca il problema della giustizia, cioè è implicito che la costituzione dovrà essere giusta ma Sartori non si preoccupa di definire quali dovrebbero essere i suoi principi affinché lo sia se non, ancora implicitamente, intesa e ridotta a una serie di “libertà da”.

Per un intero sottocapitolo e passa Sartori scrive della libertà politica secondo Rousseau ma solo per mostrarne i limiti e per introdurre una polemica, suppongo viva all’epoca della stesura di “Democrazia cosa è”: ovvero se Rousseau avesse anticipato o no il concetto di libertà come autonomia. La risposta di Sartori è, in breve, no.
Poi si arriva a Kant e il livello si alza: ma Sartori subito lo riabbassa! Secondo Sartori infatti la libertà come autonomia di Kant è una libertà sostanzialmente interiore mentre quella politica è esteriore: è la libertà di fare, non di pensare.
[KGB] di nuovo non sono convinto che la filosofia morale sia materia esclusivamente astratta e senza ripercussioni sul concreto, anzi.

Riporto questa frase perché suona bene: «Tramite la forma – il rispetto di determinate procedure – si vuole assicurare il controllo del contenuto.» (*3)
[KGB] Provo a “tradurla”: è tramite la costituzione (forma) che le nuovi leggi (contenuto) devono essere stabilite. La pecca è che la costituzione deve essere giusta per ottenere poi leggi giuste: anche la Germania di Hitler e l’URSS di Stalin, suggerisce Sartori, avevano delle costituzioni ma ciò non impedì leggi ingiuste.

Questo invece è un concetto importante: «E deve essere altrettanto chiaro che quanto più accediamo alla interpretazione puramente formale e positivistica del diritto, tantomeno il diritto ci tutela dall’oppressione. Se alla legge basta la “forma di legge” e se, di pari passo, la legalità inghiottisce la legittimità, allora nulla vieta che il tiranno eserciti la sua tirannide in nome della legge e mediante ordini travestiti da leggi.» (*4)
[KGB] Questo passaggio mi pare molto attuale: quando si perde il rapporto fra volontà popolare e operato del potere, che corrisponde alla legittimazione, e tutto si riduce alla più pura formalità (“il governo è legittimo perché ha i voti dei parlamentari”) ecco che allora salta tutto il meccanismo democratico e ci ritroviamo nella situazione evocata da Sartori.

E prosegue: «Ma anche nei nostri sistemi assistiamo a sviluppi degenerativi facilitati dal formalismo giuridico: specialmente il refluire della rule of law nella rule of legislators, del comando del diritto nel comando dei legislatori.» (*5)
[KGB] che, papale papale, significa che il legislatore aggira facilmente le regole imposte dalla costituzione che invece dovrebbe avere la precedenza come tutela fondamentale dei cittadini. Anche questo punto mi pare attualissimo: si vede quasi quotidianamente come la costituzione venga aggirata disinvoltamente con interpretazioni cervellotiche tese a giustificare qualsiasi arbitrio del potere politico.

Ci sarebbe anche un bel paragrafo (troppo lungo da copiare però: a pag. 175-176 per chi fosse interessato) dove Sartori evidenzia un importante principio che, già all’epoca in cui scrive (2006), stava e sta venendo sempre più tralasciato: le leggi devono essere generali e non mirate a specifiche categorie di persone. Se salta questo principio salta anche la protezione della legge, la “libertà da”. Se la legge prende di mira pochi e non tutti equivale a un comando: si passa dal iustum al iussum, dal giusto all’ordine.
[KGB] Inutile sottolineare che anche questa tendenza è sempre più attuale.

Importante precisazione finale: «I diritti sono libertà da o libertà di? Sono – mi pare chiaro – libertà da convertite in libertà di.» (*6)

Conclusione: voglio concludere con la mia annotazione finale: «Stato di diritto → Anche chi legifera deve obbedire alle leggi (buona costituzione; obbedienza a essa non formale)».
Uffa! Sono ancora indietro di 70 pagine rispetto a dove ero arrivato a leggere questa estate: capite però perché questa lettura mi aveva così appassionato, eh?

Nota (*1): tratto da “Democrazia cosa è” di Giovanni Sartori, (E.) RCS, 2007, pag. 157.
Nota (*2): ibidem, pag. 157.
Nota (*3): ibidem, pag. 173.
Nota (*4): ibidem, pag. 173-174.
Nota (*5): ibidem, pag. 174.
Nota (*6): ibidem, pag. 177.

3 commenti:

  1. Qui, temo, siamo lontani.
    Non c'è alcun pregio o difetto in sé nell'essere deboli.
    Sei debole fisicamente? Potresti essere forte nelle relazioni affettive.
    Sei debole economicamente? Potresti essere forte di salute.
    Sei debole mentalmente? Potresti essere assai abile in certi lavori fisici, o campione di sport.
    Non si può né si deve ugualizzare deboli e forti.
    Solo dei pazzi potrebbero, ad esempio, mettere dei deboli fisicamente o mentalmente a tenere a bada gli ultras allo stadio o le bande di giovani criminali nordafricani nelle loro razzie.
    Oppure mettere un debole musicalmente a dirigente dell'Accademia di Santa Cecilia.

    La protezione a prescindere dei deboli porta degli orrori che Rosa Canina mi racconta quasi quotidianamente in quel problema che è la scuola del politicamente corretto.
    Come affossare giovani deboli alunni con l'assistenzialismo "certificato".
    No, no, no!
    Questo è il problema forse principale della senescenza e corruzione delle nostre società liquidamente corrette.
    UUiC

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    1. Dunque, ho dovuto rileggere il pezzo perché non mi ricordavo più ciò che avevo scritto!
      Secondo me non ci siamo capiti: io scrivo di forza/debolezza in due contesti.
      1. Lo Stato è il forte, il popolo è il debole: proteggere il debole significa proteggere il popolo dal potere dello Stato. In teoria è la costituzione che dovrebbe limitare il potere di legiferare del governo. Sfortunatamente la costituzione, se non protetta adeguatamente (Corte Costituzionale) viene facilmente aggirata…
      2. Nella prima osservazione parlo invece dei deboli in generale però da nessuna parte scrivo di “ugualizzarli ai forti” con particolari mansioni ma invece di tutelarli garantendone diritti e libertà: questo non significa dare loro libertà e diritti che i forti non hanno ma neppure dargliene di meno.
      Per capirci anche io sarei contrario a “[…] mettere dei deboli fisicamente o mentalmente a tenere a bada gli ultras allo stadio o le bande di giovani criminali nordafricani nelle loro razzie.
      Oppure mettere un debole musicalmente a dirigente dell'Accademia di Santa Cecilia.” e infatti non lo proponevo: tenere a bada gli ultras e dirigere l’Accademia di Santa Cecilia non sono diritti!

      Come sicuramente saprà seguendomi ormai da tempo anche io odio il politicamente corretto ritenendolo folle e/o ipocrita così come gli eccessi dell’ideologia “woke” (che chiamo solipsimo narcisistico). Ma questi non sono diritti.
      Ecco, forse il problema è che l’arcobalenismo (uffa! non mi viene mai la parola che usa lei) giustifica alcune sue idee basandoli e confondendoli con diritti: ma si tratta di altra roba! L’errore è trasformare in diritto ciò che non lo è…

      D’accordo poi sulla precisazione della responsabilità (o dovere): semplicemente qui Sartori non ne parlava e quindi io non ho affrontato l’argomento (di cui invece sicuramente ho scritto in riferimento a Rawls).

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  2. La libertà senza responsabilità non esiste.
    La responsabilità per definizione, comporta anche la capacità di rapportarsi sia empaticamente sia difensivamente col prossimo.
    Infine si pone sempre il problema dovuto alla de-umanizzazione (dovrei scrivere al collasso etologico) dovuto all'aumento senza limite delle "comunità" umane. La presenza di irresponsabilità aumenta colla loro dimensione (e quindi artificializzazione).
    UUiC

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