Sempre alla medesima cena (v. Comprensibili incomprensioni) abbiamo toccato anche l’argomento Zuckerberg quando mi sono trovato nel ruolo, per me inedito, di suo difensore.
Coerentemente con la mia posizione contro la censura le ho detto che ero d’accordo con lui sul fatto che Twitter non dovesse censurare i cinguettii dei suoi utenti, Trump compreso.
Lei mi ha risposto: 1. i cinguettii non vengono censurati ma ad alcuni viene aggiunto un “bollino” con un collegamento a un altro articolo; 2. Twitter è una piattaforma privata che gli utenti usano gratuitamente: se il padrone di Twitter decide una certa politica gli utenti sono liberi di andarsene o di adeguarsi a essa.
Il secondo punto mi ha colpito perché era lo stesso argomento usato da un mio amico per giustificare la censura di FB (e io allora ero contro FB: non si può dire che non sia coerente!). Vediamo se ritrovo il pezzo in cui ne scrissi... ecco qui: Le catene della Apple e Confronto sulla censura.
Sfortunatamente pur percependo immediatamente l’argomentazione come errata non sapevo esplicitare le mie perplessità e quindi lasciai cadere l’argomento (o arrivò la pizza, non ricordo…).
L’idea che il “padrone” possa fare come gli pare e piace mi sembra molto liberista, anche troppo direi...
In effetti già in Abitudine e necessità avevo trovato un’interessante obiezione all’idea che il padrone di un servizio potesse farci quello che vuole…
In breve spiegavo che l’abitudine genera necessità e quindi, per gli utenti di FB, tale piattaforma era divenuta una necessità e, quindi, un servizio di pubblica utilità senza alternative. Come servizio di pubblica utilità avrebbe dovuto rispettare certe norme e il suo padrone non avrebbe potuto fare sempre o comunque di testa propria.
Un’argomentazione sicuramente elegante ma con dei passaggi non proprio solidi…
Ieri però ho trovato un’argomentazione molto più forte e semplice: la società ha il diritto di regolamentare l’attività di un’azienda privata quando questa possa danneggiarla.
La censura danneggia la società e quindi questa ha il diritto di regolamentarla e, per esempio, vietare in toto l’azione dannosa.
Un governo può quindi regolamentare le politiche di una rete sociale che ritiene essere dannose per la popolazione.
Un po’ come un’azienda chimica deve rispettare certe norme di sicurezza per minimizzare i rischi per le popolazioni limitrofe.
L’unico passaggio opinabile è che la censura sia un pericolo per la popolazione: a me pare ovvio ma molti si limitano a immaginarsela applicata solo contro chi la pensa diversamente da loro e, per questo, la ritengono corretta e giustificata, non dannosa ma benefica. Non si rendono conto che essa sia sbagliata in sé, spesso anche controproducente.
Non ho voglia di ripetere per la milionesima volta le argomentazioni di John Stuart Mill sulla libertà di pensiero e d’espressione e di come lasciare esprimere a tutti anche un’idea sbagliata, anche avendo l’assoluta certezza che sia sbagliata, sia non solo errato ma anche controproducente.
Per chi è interessato rimando a Libertà d’opinione (2/2).
Come regolamentare la censura? La censura “buona” non esiste: quindi andrebbe semplicemente vietata sempre e comunque…
Ah! avevo dimenticato la questione del “bollino”: non è vera e propria censura ma è comunque un evidente segno di discriminazione che distingue fra cinguettii di serie A e B. Questo lo rende dannoso e quindi da vietare.
Conclusione: magari risentirò la mia amica esperta di legge per vedere cosa ne pensa di questa nuova idea...
L'esempio di Benjamin Franklin
3 ore fa
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