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venerdì 20 settembre 2019

Le catene della Apple

Il seguente pezzo ha il potenziale per essere molto bello ma anche, se non sarò all’altezza di quanto mi propongo, una porcheria: incrociamo quindi le dita e speriamo bene.

Nella lettura delle Confessioni sono arrivato al momento in cui Sant’Agostino è vicinissimo alla conversione e ha comunque già iniziato a elaborare la sua filosofia morale.
Ieri ne parlavo con mio padre e gli raccontavo della “catena del male”: secondo Sant’Agostino alla sua origine vi è la deficienza di volontà, questa fa cedere alla libidine (che io “traduco” con pulsioni), che a sua volta crea l’abitudine la quale, inevitabilmente, porta dipendenza e necessità.
È un concetto molto interessante che pone domande e dà spunti: ma per il momento teniamolo in sospeso…

Oggi, segnalato da Bagnai su Twitter, ho letto l’articolo: Apple locked me out of its walled garden. It was a nightmare di Luke Kurtis da QZ.com

L’articolo descrive nel dettaglio l’esperienza di un fedele utente Apple da oltre 10 anni che, a causa di un errore non suo, si è ritrovato con il proprio profilo prima sospeso e poi definitivamente chiuso. L’autore si è così reso conto di quanto dipendesse dai sistemi integrati basati sul suo profilo visto che poi tutte le applicazioni che era solito usare erano divenute inutilizzabili in quanto non aggiornabili. Alla fine, dopo due mesi di estenuanti contatti col muro di gomma dell’assistenza clienti Apple, è riuscito a farsi riattivare il profilo con tanto di scuse e rimborsi da parte della compagnia. Prudentemente ha deciso comunque di passare a un sistema più aperto come Android in maniera da non rimanere più tagliato fuori dal “proprio mondo”.

In questa esperienza il Bagnai vi vede un’analogia col pericolo dell’eliminazione del contante.
Io, al contrario ma non troppo, vi vedo il pericolo dell’abuso del proprio potere da parte di una multinazionale nei confronti di un singolo utente: inevitabilmente questo mi porta a pensare alla censura di FB.
Del resto ognuno si concentra su ciò che gli sta più a cuore: Bagnai è un economista, mentre io… bo non so, sono “altro” direi…

Così ho segnalato l’articolo al solito amico/conoscente di FB col quale ho da diversi giorni un dialogo sulla censura di FB (v. Confronto sulla censura). Anzi, al riguardo dovrei fare un aggiornamento: il dialogo col secondo amico, quello tutto orientato sul fatto che la censura di un privato è sempre lecita, era poi andato avanti (l’altro tizio invece non mi ha più risposto). Gli avevo segnalato altri esempi di censura di FB (e vi avevo addirittura scritto un nuovo pezzo che mi sono dimenticato di pubblicare!) come quella di una giornalista russa (evidentemente per motivi politici) e quella di un altro mio amico/conoscente NO-Vax. Anche questi esempi non l’avevano scosso: addirittura si diceva lieto della censura del NO-Vax: evidentemente si focalizza su CHI venga censurato e non sui rischi del processo che porta alla censura: non si rende conto che così giustifica la censura solo perché colpisce persone o organizzazione che disprezza senza però valutare che, con la stessa facilità, un giorno la censura potrebbe oscurare gruppi che invece gli stanno a cuore.
Non so: forse scambia anche la ricerca del profitto del privato per moralità…

Comunque oggi ho pubblicato l’articolo riportato qui sopra con questo commento:
«Articolo lunghetto: ma la morale della vicenda è che quando ci si mette totalmente nelle mani di un privato non ci si deve aspettare giustizia ma che questo faccia il suo interesse, a volte anche a nostro danno.
Delegare funzioni e responsabilità, che dovrebbero rimanere pubbliche, a un privato è un errore e un grande rischio.
»
Poi, in un commento a parte, notificando l’amico gli ho specificatamente scritto:
«ti segnalo l'articolo che ho pubblicato qui sopra: non è direttamente sulla censura né su FB ma io vi vedo comunque una forte correlazione.
Fammi sapere se continui a ritenere giusto che un privato possa, sempre e comunque, fare quanto stabilito dai termini di servizio accettati dall'utente soprattutto quando è una multinazionale a essere il giudice che stabilisce come, cosa e quando applicare del contratto...
»

Il nodo della questione è infatti lo stesso: secondo questo mio amico il privato che accetta i termini di servizio di FB non ha alcun diritto se questo li applica.
Con l’esempio in questione ho cercato di fargli notare che quando è la stessa multinazionale a vigilare e decidere dell’applicazione del contratto allora gli abusi diventano non solo possibili ma anche facili e non c’è apparentemente difesa contro di essi.
Così come la Apple aveva chiuso per due mesi ingiustificatamente il profilo di un utente, applicando sì i termini di servizio ma avendo anche indipendentemente (cioè da sola: con i propri criteri e algoritmi) stabilito il comportamento fraudolento dell’utente (invece del tutto innocente), così anche FB potrebbe, sempre applicando il contratto, censurare arbitrariamente (in quanto FB sarebbe il giudice che stabilisce cosa sia censurabile) qualsiasi suo iscritto. È giusto? a me pare di no…

Vedo adesso che l’amico è tutt’altro che convinto: mi ha replicato che ci sono delle differenze sostanziali nei due casi. Nel primo, quello con la Apple, c’è di mezzo il denaro: l’utente paga per ottenere un servizio e questo gli dà dei diritti che invece l’utente di FB, usando la piattaforma gratuitamente, non ha…
A me non sembra un ragionamento valido, vi vedo anzi il riflesso della deriva morale ([E] 13.3) che pone al centro dell’etica non l’uomo con i suoi diritti, ma il profitto con le sue logiche economiche.
Un contratto dovrebbe essere ugualmente valido e vincolante independentemente dal fatto che sia sancito da uno scambio di denaro o no: anzi l'idea della "maggior validità" del primo tipo contratto mi ricorda un po’ il medievale, forse romanzesco, patto firmato col sangue… solo che adesso ciò che rende un contratto “sacro”, "più valido", non sarebbe il sangue ma il denaro. A me ciò pare una perversione della morale…
In definitiva secondo il mio amico la Apple non può abusare dei termini di servizio perché l’utente ha pagato del denaro; al contrario FB potrebbe anche abusarne perché comunque l’utente di questa piattaforma non ha pagato niente…

Per completezza devo aggiungere che l’amico ha argomentato questo suo ragionamento portando un paio di esempi/analogie: io posso fare usare la mia casa gratuitamente a chi voglio ma, se qualcuno fa qualcosa che non mi sta bene, allora lo posso buttare fuori perché io, proprietario, non ho obblighi mentre l’ospite sì; oppure in una moschea si deve entrare scalzi: a chi non sta bene non è consentito l’ingresso.
A me onestamente i suoi esempi sembrano impropri: nel primo esempio, quello della casa in prestito, non c’è contratto ma solo la volizione di un proprietario potenzialmente lunatico; nel secondo si può, con un po’ di fantasia, supporre un contratto implicito fra mullah e turista: ma in questo caso non c’è arbitrarietà: le scarpe si hanno o non si hanno.
E in più, in entrambi questi esempi, c’è la possibilità di contatto diretto fra le parti in causa che facilita la comprensione ed eventuali accordi di compromesso: non c’è cioè il muro di gomma che subito si erge fra multinazionale e semplice utente dove il secondo ha scarse, quando non nulle, possibilità di far valere le proprie ragioni.

Vabbè, ci penserò meglio poi gli farò sapere...

Riallacciandoci all'inizio di questo mio pezzo mi hanno colpito alcuni commenti, su Twitter in risposta a Bagnai, che trattano con un certo disprezzo e sufficienza l'autore dell'articolo sullodato: ricordo parole del tipo “Non capisco tutta questa sua angoscia”, “Ma perché non se ne va a farsi una corsa?” e simili.
La risposta a queste perplessità, a mio parere dovute a scarsa sensibilità ed empatia, ce l’ha data quasi due millenni fa Sant’Agostino: l’abitudine causa dipendenza e necessità. Per chi è abituato ad avere Apple come parte integrante della propria vita diventa difficile farne improvvisamente a meno. In effetti Sant’Agostino chiama la sua costruzione la “catena del male” ma oggi la definiremmo “catena psicologica” solo che all’epoca del santo mancava proprio il concetto di psicologia, tutto il conflitto fra io e super-io collassava su volontà e religione con le inevitabili distorsioni…

Conclusione: pezzo sicuramente lungo e forse non bello: il fatto che l’amico mi abbia prontamente risposto ha scombussolato la linearità che avevo in mente. Forse sono troppo parte in causa per giudicare ma, comunque, mi pare una discussione interessante, no?

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