[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.3.2 "Westernheim").
Stamani mi è venuta voglia di cominciare una nuova versione dell’Epitome: il vantaggio di non essermi stancato troppo con la precedente è anche che non sento il bisogno di recuperare le forze, specialmente mentali, come mi accade in genere…
Però prima voglio provare a esplorare un’intuizione che ho avuto durante la fase di revisione della 1.3.2 e che mi ero quindi (*1) appuntato fra le cose da inserire nella successiva.
L’idea mi deve essere venuta correggendo il 3° capitolo, “La società riflessa”, e tutto sommato è abbastanza semplice. Come al solito però non ho ancora l’intera teoria ben chiara in testa e lo scopo di questo pezzo sarà proprio quello di aiutarmi a capire e definire meglio la mia intuizione iniziale.
L’argomento è quello che io chiamerei “la società nella società”, con il termine “società” usato in senso decisamente lasco. Anzi direi che forse un termine più corretto ed espressivo sarebbe “gruppo di appartenenza” ottenendo quindi “il gruppo nel gruppo”…
In effetti fin dalle primissime versione dell’Epitome ho scritto che ogni persona può appartenere a più gruppi ma poi non ho mai esplorato nel dettaglio questa idea.
Eppure la società nella società è la regola, non l’eccezione: la stessa famiglia è una piccola società e, praticamente tutti, ne hanno una. L’ambiente di lavoro rappresenta poi un’altra società. Magari anche gli abitanti di un paese, sotto certe condizioni, sono un’altra società. Ovviamente c’è anche quella normalmente intesa come società ovvero quella della propria nazione di appartenenza.
Ma già due anni fa in Briganti ed epomiti (*2) avevo spiegato che nell’impero romano, le zone impervie e isolate, erano spesso controllate da briganti che, a tutti gli effetti, costituivano una propria società diversa e separata da quella romana: “diversa” perché dotata di propri epomiti che ne definivano i principi e valori, “separata” perché in aperto contrasto con quella ufficiale.
La separazione quindi non deve essere necessariamente fisica o spaziale ma è principalmente di idee fondanti, ovvero di protomiti ed epomiti.
Anche le attuali mafie italiane (e non) sono società nella società: condividono il territorio ma si basano su principi, soprattutto morali, ben diversi da quelli della società comune.
Ho poi dei dubbi se un gruppo di amici e/o conoscenti possa essere considerato una “società”: istintivamente direi di no ma non mi è chiaro perché ma vi percepisco un qualcosa di diverso dai precedenti esempi. Ma la mia intuizione è scattata: già mentre scrivevo la frase precedente ho capito quale fosse la differenza: la struttura o, se vogliamo, l’organizzazione.
La famiglia ha una struttura semplice ma chiara: genitori e figli. Anche un’azienda ha un preciso organigramma. Lo stesso vale per un’organizzazione criminale: una pletora di pellicole e serie televisive ce lo hanno insegnato.
Questa caratteristica di struttura è invece meno definita in un paese: se il paese è molto grande ci sarebbero un gran numero di cittadini comuni che non si conoscono fra loro e qualche autorità politica più o meno nota. Se il paese invece è piccolo e “tutti si conoscono” ecco che ogni membro è almeno a grandi linee conscio del ruolo degli altri.
Invece in un gruppo di amici non c’è una gerarchia ben precisa né del resto, un’identificazione ben delineata di chi siano i membri: dopotutto ogni persona ha il proprio insieme di amici e questi insiemi sono fra loro parzialmente disgiunti. In altre parole Tizio può avere come amici Caio e Sempronio, ma Sempronio ha come amico Tizio ma non Caio…
Quindi un “gruppo-società” per essere tale deve avere:
1. una propria struttura/gerarchia.
2. specifici protomiti condivisi da tutti (e quindi epomiti locali): sono il collante ideologico/culturale che dà l’identità formale al gruppo.
3. i suoi membri ben definiti e, magari, identificabili.
Alla luce di questa definizione vediamo allora come vi possiamo inquadrare gli esempi precedenti.
Per la famiglia sono chiaramente validi i punti 1 e 3 mentre il punto 2 è implicito: corrisponde al principio, non esplicito ma ovvio, che i genitori farebbero di tutto per i propri figli. Genitori e figli sono consapevoli della presenza e forza di questo legame.
Per il gruppo degli amici non vale invece nessuno dei punti visti sopra.
Per un’azienda sono certamente validi i punti 1 e 3 mentre il 2 potrebbe essere debole o inesistente (si tratta di un generico protomito: “il mio dovere è fare l’interesse di questa azienda”).
In un grande paese, per i motivi esposti precedentemente, tutti i tre punti sono solo parzialmente calzanti; per un piccolo paese invece sono tutti applicabili, se non completamente, almeno in misura nettamente maggiore.
Infine, per una mafia, tutti i tre punti sono pienamente applicabili.
Oppure un esempio totalmente nuovo: per una squadra sportiva sono certamente validi i punti 1 (allenatore, giocatore ma anche specifici ruoli nella squadra) e 3 ma anche il 2 è ben definito: la maglia, la spinta emotiva dei tifosi, l’obiettivo della vittoria: è un collante molto forte...
Adesso abbiamo quindi definito accettabilmente quali caratteristiche deve avere un gruppo-società per essere definito tale: possiamo quindi analizzare cosa ciò comporti.
Questa è la seconda parte della mia intuizione: quando una persona appartiene a più gruppi-società la sua maggiore fedeltà va prima al più ristretto. Ovviamente si tratta di una regola indicativa ma che, a naso, mi sembra piuttosto affidabile. Generalmente, ad esempio, per una persona viene prima la famiglia, poi il lavoro e infine la propria nazione: eventuali altri gruppi-società a cui ogni individuo può appartenere si inseriscono opportunamente in questo schema.
In genere ogni individuo cercherà di fare l’interesse di ogni gruppo-società a cui appartiene (*3). Quando però vi fosse un contrasto di interessi allora l’individuo appartenente a più gruppi-società cercherà di tutelare maggiormente quella a cui è più fedele.
Ovviamente la presente non è una regola assoluta ma piuttosto una linea guida: ogni individuo è unico e, per tanto, imprevedibile.
In questo comportamento pesa poi il fattore rischio ovvero la possibilità di essere scoperto e quindi punito dal gruppo-società tradito.
Molto dipenderà dal senso di appartenenza di una persona (che dipenderà da quanto si identica negli specifici protomiti del gruppo) ai vari società-gruppi di cui fa parte. Altro elemento importante è se la comunità consideri gli appartenenti alla società-gruppo come diversi: in tal caso l’istinto umano alla reciprocità potrebbe spingere a incrementare il senso di appartenenza al sottogruppo in contrasto con la comunità più ampia...
È poi forse fuorviante la dicotomia fra “tradire” e “fare gli interessi”: nella stragrande maggioranza dei casi si tratterà di sfumature, maggiori o minori, nel fare più gli interessi di un gruppo invece che di un altro. Insomma il “tradimento” vero e proprio sarà molto raro (*4).
Sarebbe da stabilire e analizzare meglio il rapporto fra la società-società, ovvero la comunità in senso più ampio, e un gruppo-società soprattutto nell’aspetto di quanto fare l’interesse del secondo vada a discapito del primo e di quanto “tradire” il primo possa andare a beneficio del secondo.
Così, a naso, direi che grossi vantaggi per un gruppo a scapito di un altro si possano ottenere solo con significativi “tradimenti”: ovviamente questi tradimenti non devono venire scoperti, per minimizzare il fattore di rischio che condiziona le decisioni del singolo appartenente a più gruppi.
Probabilmente una certa protezione la può dare il gruppo-società nascosto alla comunità: i cui membri non si dichiarano cioè apertamente parte di tale gruppo. Ad esempio la mafia o le società segrete non dichiarano apertamente chi sono i loro membri. In questa maniera eventuali favoritismi o tradimenti sono meno visibili perché non è evidente chi ne siano i beneficiari.
Inciso: mi sovviene proprio in questo momento un termine che potrei usare per identificare queste società-gruppi: “eteria” che nelle antica Grecia erano delle associazioni, in genere ma non sempre politiche e segrete, fra famiglie o comunque gruppi di potere che condizionavano le scelte della polis. Fine inciso.
La mia sensazione è che l’impatto dei favoritismi a un’eteria a spese della comunità possa anche essere significativo sebbene sia difficile da quantificare. Non per nulla le società segrete sono vietate!
Comunque mi sto rendendo conto che dovrò stabilire molte nuove definizioni altrimenti diverrà difficile spiegarmi! Mi sembra un’intuizione molto utile e che mi permetterà di migliorare ulteriormente l’Epitome una volta che sarò riuscito a integrarla bene col resto...
Conclusione: non sono ancora sicuro di voler inserire questo materiale (una volta opportunamente rivisto e corretto) nell’Epitome: ho la netta sensazione che ci sia ancora di più e che debba quindi pensarci ulteriormente. Vedremo...
Nota (*1): in fase di revisione evito di aggiungere nuove idee all’Epitome altrimenti allungherei troppo i tempi per concludere una nuova versione.
Nota (*2): in effetti questo concetto di appartenenza a gruppi multipli con diversi livelli di fedeltà l’ho usato anche nell’Epitome e in particolare nella nota 700 di 15.4...
Nota (*3): se l’individuo non si comportasse onestamente col proprio gruppo e venisse scoperto rischierebbe di esserne espulso e/o punito: cosa ovviamente sgradita al singolo…
Nota (*4): come sempre in genere! Per il membro di un gruppo mafioso il tradimento della società nel suo complesso è invece la costante: è per questo che i mafiosi, ogni tanto, vengono arrestati!
L'esempio di Benjamin Franklin
10 ore fa
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