[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.5.0 "Coronavirus").
Ieri non avevo voglia di scrivere: mi sono limitato ad appuntarmi delle note sul solito Coronvairus (fra cui anche un sito interessantissimo che mostra l’evoluzione dei vari ceppi). Ma già allora ero tentato di scrivere il pezzo odierno: la sera prima avevo infatti iniziato un nuovo capitolo de Le radici psicologiche della diseguaglianza di Chiara Volpato arrivando a leggere un passaggio (una ricerca) che ho trovato, senza esagerare, veramente inquietante.
Il nuovo capitolo cerca di investigare la psicologia dei super ricchi, quelli che nella mia Epitome sono i membri dei parapoteri di livello globale. Ho specificati “cerca” perché dato il loro numero relativamente esiguo e la loro riservatezza non è facile studiarli. Per questo aggiungo subito che non prendo per buona (ovvero affidabile al 100%) questa ricerca ma semplicemente mi limiterò a tenerla presente, a ricordarmi cioè che essa rappresenta una possibilità concreta.
Per capirci la ricerca riguarda un’assoluta minoranza: anche nella società più egalitaria (e dai capitoli precedenti emerge chiaramente che anche le nazioni della penisola scandinava, le più egalitarie del mondo, lo sono solo relativamente) esiste un 10% di persone “agiate”, fra queste vi è un 1% di persone ricchissime e, infine, all’interno di questo gruppo vi è lo 0,1% (*1) dei super ricchi (quelle che negli ultimi decenni negli USA sono passati dal possedere il 2% della ricchezza della nazione al 10%, ovvero quintuplicandola; mentre in molti altri paese essi l’hanno “appena” raddoppiata).
Lo studio citato dalla Volpato è quello di Michel Pinçon e Monique Pinçon-Charlot (2016).
Inutile tentare di riassumerlo a mia volta: non voglio rischiare di distorcere il significato delle seguenti poche frasi (il grassetto e i numeri fra parentesi quadri sono miei): «La vita dei privilegiati si svolge in un universo caratterizzato da [1] coabitazione e segregazione, si nutre di una socialità intensa ed esclusiva e genera una forma particolare di capitale sociale internazionale [2]. I fenomeni di individualizzazione [3], discussi nel capitolo precedente, non sembrano lambire le élites; anzi la classe sociale dei grandi ricchi pare oggi l’unica sopravvissuta in quanto classe, perché è la sola ad aver conservato una precisa coscienza di sé [4] come gruppo sociale caratterizzato da confini precisi [5] e da precisi interessi collettivi [6]. Nessun altro gruppo, nella frammentata società contemporanea, presenta un tale grado di coesione e una tale capacità di mobilitazione [7] in difesa dei propri interessi.» (*2)
Per evitare fraintendimenti vi spiego passo passo come interpreto questi paragrafi.
[1] con “segregazione” credo si intenda che i super ricchi vivano per conto loro ma non isolati da tutto e tutti ma (“coabitazione”) circondati da parenti, amici e conoscenze appartenenti allo stesso gruppo.
[2] questa rete di conoscenze intime forma un capitale sociale: concetto spiegato nei capitoli precedenti e che riassumo con la possibilità di ottenere (e concedere) favori.
[3] negli USA (e in tutto il mondo occidentale) la tendenza è quella di un singolo che (insieme ai famigliari più stretti) si ritrova da solo nella società: vicini e amici possono fare ben poco per lui. Si tratta dell’illusione che il singolo, grazie alle proprie capacità e al duro lavoro (il protomito della meritocrazia), possa realizzare le proprie ambizioni e raggiungere qualsiasi obiettivo. Al contrario i super ricchi, sono molto vicini fra loro e sono pronti ad aiutarsi vicendevolmente.
[4] la “coscienza di sé” è fondamentale: significa che i membri di tale gruppo sanno benissimo chi siano i propri “colleghi” (i “confini precisi” [5]) e quali siano i loro interessi comuni [6].
La “capacità di mobilitazione” [7] è probabilmente l’aspetto più inquietante sebbene logico e consequenziale considerando tutti i fattori precedenti elencati.
Traducendo e traslando questi punti nella mia teoria si ottiene che la “classe” dei super-ricchi è un gruppo massimamente chiuso e massimamente autonomo ([E] 3.2) a livello globale ([E] 4.3), ovvero l’essenza stessa di un parapotere ([E] 4.2) globale. Come gruppo massimamente chiuso è altissima la capacità di comunicazione interna e, di conseguenza, di azione coordinata: in primo luogo per attivarsi e seguire le leggi della conservazione e della crescita ([E] 5.1 e 5.2) ma, ovviamente, anche tutte le altre a loro applicabili: la legge del confronto e della variazione della forza ([E] 5.10 e 5.12).
Ma soprattutto, soffermandoci sul punto [4], possiamo considerare la “coscienza di sé” come un insieme di epomiti locali ([E] 6.2) caratteristici del gruppo: questo significa che il gruppo dei super ricchi ha tutte le caratteristiche per essere considerato una microsocietà (*3) parziale (*4) ([E] appendice C), ovvero una società all’interno della società globale.
E quali sono le conseguenze? Mi cito: «A questo scopo è fondamentale la legge basilare della microsocietà: L’interesse di una società interna, per ogni suo membro, prevale sull’interesse della società esterna.
Questo significa che quando il membro di una microsocietà si troverà nella situazione di dover decidere se fare l’interesse della propria società interna o di quella esterna, in genere opterà per la prima di queste.»
In genere i danni che la microsocietà può causare alla società sono piccoli, spesso trascurabili, ma in questo caso non è così: lo dimostra il costante ampliamento della forbice della ricchezza nella società. Potendo agire al massimo livello questa microsocietà è in grado di influenzare i governi e le loro leggi a proprio vantaggio e, come conseguenza, a svantaggio della stragrande maggioranza della popolazione.
L’esistenza di questa microsocietà renderebbe credibili anche le teorie complottistiche legate a oscuri governi “ombra” (come le riunioni del Bilderberg e simili) che decidono di comune accordo il futuro dell’umanità…
In passato io ero scettico su tale possibilità: certo l’aumento innaturale della diseguaglianza è innegabile e va spiegato. Ma la mia giustificazione era matematica: secondo la teoria degli automi cellulari se tante entità, come possono essere i singoli parapoteri economici e/o finanziari, seguono le stesse regole (fare pressioni sui governi per ottenere vantaggi) possono apparire degli “schemi regolari”, osservabili a un livello più alto, che sembrano progettati da un’unica volontà centrale che però, in realtà, non esiste.
Mi ricito: «Ci si potrebbe chiedere se ci sia qualcosa di vero nelle teorie complottistiche che vedono i “poteri forti” (i nostri parapoteri economici) organizzati in misteriose ed esclusive organizzazioni, come una sorta di governo ombra mondiale.
Ma in realtà questa questione è secondaria: la teoria matematica degli automi cellulari ci insegna che singole cellule (parapoteri economici), che si limitino a seguire in maniera indipendente l'una
dalle altre le stesse regole (ad esempio massimizzare il proprio profitto), complessivamente possono realizzare degli schemi (effetti o tendenze a livello globale) che sembrano tracciati da una singola
volontà (un unico governo ombra) anche senza alcun concreto coordinamento fra queste.
Nel nostro caso quindi, constatata l'esistenza di queste tendenze globali, non è tanto importante disperdere le energie cercando di smascherare un ipotetico “governo ombra” mondiale, che potrebbe anche non esistere, ma piuttosto prendere dei provvedimenti efficaci per fermare e invertire l'attuale rotta politica che porta solo ad aumentare l'ingiustizia e la diseguaglianza sociale: ovvero multinazionali sempre più ricche e comuni cittadini sempre più poveri.»
Quello che sottovalutavo era la possibilità di un’effettiva vicinanza e collaborazione attiva fra i membri del gruppo dei super-ricchi, del resto sempre esistiti, e che sono sparsi per tutto il mondo. Suppongo però che la tecnologia abbia oggi un ruolo importante: e del resto anche la distanza, per persone che possono permettersi il proprio aereo privato, è molto relativa.
Conclusioni: prima di trarre conclusioni definitive dovrò almeno terminare di leggere il relativo capitolo: certo che l’idea è inquietante. Ma c’è la possibilità che, come spesso accade, una ricerca dimostri ciò che il suo autore vuole dimostrare: magari erano proprio Michel Pinçon e Monique Pinçon-Charlot ad avere dei pregiudizi sui super ricchi e questo si è riflesso nella loro ricerca…
Comunque non la si può liquidare semplicemente come “sciocchezza”: va tenuta presente anche perché spiegherebbe tanti altri aspetti poco chiari della nostra realtà che, almeno io, non riesco a spiegare neppure con la teoria degli automi cellulari.
Nota (*1): nel testo non mi è chiaro se questo 0,1% sia sul totale della popolazione (ma credo che sarebbe un numero troppo alto) o relativo invece all’1% dei molto ricchi, cioè lo 0,001% della popolazione totale. Credo che l’ipotesi corretta sia la seconda ma non ne sono certo.
Nota (*2): tratto da Le radici psicologiche della diseguaglianza di Chiara Volpato, (E.) Laterza, 2019, pag. 100-101.
Nota (*3): sul concetto di microsocietà ho scritto solo una bozza di idee qui sul ghiribizzo: la sua teoria più dettagliata è presente solo in appendice all’Epitome.
Nota (*4): delle quattro caratteristiche che definiscono una microsocietà l’unica che manca è quella di una propria “gerarchia” interna: ma le altre tre sono più che sufficienti...
L'esempio di Benjamin Franklin
4 ore fa
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