Strabuccino era uscito a correre portandosi dietro Done che però non ne aveva voglia e tirava col guinzaglio per tornare a casa. “Sempre così” pensò Strabuccino “quando partiamo non vuole mai venire ma quando poi dobbiamo rientrare è lui che vorrebbe rimanere fuori!”.
In realtà Strabuccino era già stanco e stava per cedere ai capricci di Done quando una bella ragazza lo sorpassò trotterellando con un andatura elastica e costante. Immediatamente il lieve e ritmico contrarsi delle natiche di lei, fasciate da attillatissimi micro pantaloncini elastici, ipnotizzò lo sguardo di Strabuccino: testé le forze gli si moltiplicarono e, trascinandosi dietro Done, che invece di diorite sembrava ora fatto di polistirolo, si mise all’inseguimento della ragazza.
Nella sua fantasia Strabuccino si immaginava di raggiungerla e di conquistarla con una battuta o una frase intelligente ma, al momento, si contentava di ammirarne la pelle abbronzata e sudata e le forme sode e forti che si agitavano elegantemente pochi metri avanti a lui: per triste e infausta esperienza sapeva infatti che difficilmente la ragazza gli avrebbe concesso un’apertura e, qualsiasi suo commento, sarebbe apparso strano e fuori luogo. Meglio quindi accontentarsi di correrle un po’ dietro e smaltire così, in piena letizia visiva, qualche chilo di troppo.
Uno strattone al guinzaglio fece voltare Strabuccino: Done stava infatti arando il sentiero, con le zampe anteriori conficcate nel terreno come un vomere, mentre il posteriore oscillava violentemente a destra e a sinistra. Strabuccino fu felice che Done scodinzolasse così vivacemente: evidentemente anche lui apprezzava la bella ragazza.
Questi pochi attimi di distrazione furono però fatali a Strabuccino che non si accorse che la ragazza si era improvvisamente fermata e stava facendo dello stretching: con le gambe divaricate si piegava e allungava tutta per toccarsi con la punta delle dita prima un piede e poi l’altro.
Per evitarla Strabuccino dovette gettarsi di lato e cadde goffamente: con suo stupore la ragazza, invece di scappare via impaurita gridando, si voltò verso di lui: si sollevò gli occhiali scuri da corsa e lo guardò con due occhi blu dolci e profondi coronati da dalle ciglia lunghissime. In verità Strabuccino si era distratto ad ammirarne il seno che, seppur compresso dal top sportivo, sembrava anzi volerne scappare fuori a ogni respiro. Solo dopo qualche secondo si accorse che la boccuccia, dalle labbra carnose di color carminio, si stava muovendo e che la melodia paradisiaca che sentiva era in realtà la voce angelica di lei. Immediatamente Strabuccino ripensò alle decina di frasi che si era preparato per rompere il ghiaccio e le disse - «Blurp...eeeeehhh...eeh.»
«Come? Tutto bene?» - rispose lei.
«Agah...gah! Gaa...» - rispose lui.
«Come sei simpatico!» - rise lei mostrando dei candidi dentini affilati.
«Angah?»
«Come? Non riesci a respirare?» - si preoccupò improvvisamente lei.
Subito si chinò e si mise a cavalcioni sul petto di Strabuccino, gli afferrò la testa con entrambe le braccia e incominciò a fargli la respirazione bocca a bocca.
Strabuccino era commosso da tanta gentilezza: oltretutto la ragazza non si accontentava di soffiargli aria nei polmoni ma si aiutava con una lingua lunghissima e, contemporaneamente, gli praticava con le sue pelvi ciò che lui suppose essere una massaggio cardiaco.
In effetti Strabuccino iniziava a sentirsi “strano”. Prima di rendersene conto si accorse, vedendo una nuvoletta gialla levarsi alle spalle della ragazza, di aver espulso uno spruzzo delle proprie spore attraverso i pantaloni. Ma fu lo sguardo fisso e attonito di Done che lo fece riscuotere: con imbarazzo spinse indietro la ragazza e le disse: «Signorina grazie, ma sto bene e non mi sono fatto niente!»
Lei lo guardò sorpresa e gli rispose - «Nessun uomo prima di te mi ha trattato con tanta sobria grazia e virile fermezza! Il mio nome è Stramele e il tuo?»
«Stramele?»
«Sì, è un nome ebraico, ma non sono ebrea: è un nome teoforico, la sua etimologia deriva da “astr’am” che significa “abbondanza feconda” mentre “ele” deriva da “El” che è l'abbreviazione del nome di Dio. Quindi Stramele significa “Prosperosa di Dio”. Secondo un’altra etimologia invece l’origine della radice “Stram” non sarebbe “astr’am” ma “str’mel [aghib]” ovvero “ara il campo [per la segale]” che, unita alla precedente derivazione di “ele”, complessivamente potrebbe significare “Dio [indica/vuole che] il seme [di segale] sia deposto qui”. Affascinante vero?! Comunque gli amici mi chiamano Saltabecca...» - disse Saltabecca sorridendo felice.
«Ma come sono stupida! Mi imbatto in un uomo meraviglioso come te, che mi capisce e mi apprezza per come sono dentro, e subito lo annoio con questi discorsi femminei e sciocchi: sicuramente adesso mi disprezzerai!» - singhiozzò lei con gli occhi improvvisamente velati di lacrime.
«Che? No, io...»
«Davvero non mi trovi impura e non mi consideri solo una delle tante? Sai, mi accorgo adesso di amarti come non ho amato nessuno prima di te: vuoi sposarmi?»
«Eh?! Io...»
«Grazie! Sono felicissima: vedrai che saprò essere degna di te!»
L'esempio di Benjamin Franklin
4 ore fa
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