[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.5.0 "Coronavirus").
Ieri sono andato avanti nella lettura di Le radici psicologiche della diseguaglianza di Chiara Volpato.
Ho terminato il capitoletto “Noi felici pochi” sui super ricchi e, come previsto, vi ho trovato almeno un altro paio di spunti interessanti.
In verità il primo spunto è una considerazione psicologica di carattere generale: lo scorrere del tempo da solo riesce a giustificare una situazione o, almeno, a renderla più accettabile.
In un esperimento, per esempio, veniva detto a un gruppo di studenti che il sistema delle caste indiane era vecchio di due secoli mentre, a un altro, che era vecchio di un millennio: gli studenti appartenenti al primo gruppo trovavano il sistema meno accettabile di quelli del secondo. E questo è stato verificato con altri esperimenti analoghi.
Un'implicazione fondamentale è che se l’uomo si ritrova in una situazione che non cambia per molto tempo egli alla fine finisce per trovarla giustificata, inevitabile e immodificabile. Probabilmente questa è una caratteristica dovuta all’adattabilità dell’uomo, e quindi in genere positiva, ma è ovviamente deleteria quando finisce per sancire la legittimità di un’ingiustizia.
E il risultato di questo limite umano lo vediamo ogni giorno: quanti italiani pensano che la politica del loro paese non potrà mai cambiare oppure che la mafia esisterà per sempre?
Sicuramente aggiungerò questo nuovo elemento all’Epitome perché la sua applicazione è frequentissima.
Sul finale del capitoletto l’autrice descrive il risultato di una ricerca svolta su un campione di persone appartenenti al 5% più ricco della popolazione americana: in verità si tratta essenzialmente di 25 donne bianche newyorchesi e non si può quindi escludere che non siano totalmente rappresentative di tale fascia sociale.
Lo studio è interessante perché rileva il ricorrere di protomiti ([E] 2.3) comuni: si considerano non ricche ma “comfortable”, un termine evidentemente più vago, “buone persone” che fanno beneficenza, credono nel “sogno americano”, hanno inaspettati richiami all’ideologia dei Padri Pellegrini e simili.
Sul finale vi è poi un accenno all’idea che queste persone molto ricche si sentano comunque parte della classe media e alludano invece all’esistenza dei “veri ricchi” o “ricchi cattivi”, questi sì egoisti e insensibili, il famigerato 1% più ricco. L’autrice non approfondisce il concetto e quindi non è chiaro come consideri questa indicazione finale.
A me pare però particolarmente significativa: la chiara consapevolezza dell’esistenza dei super ricchi, mentre l’uomo comune probabilmente non sarebbe altrettanto in grado di stabilire a colpo d’occhio tale differenza di ricchezza, è compatibile con la mia legge delle diseguaglianze ([E] 7.2): nella mia teoria affermo che per le diseguaglianze locali è necessaria la frequentazione diretta affinché la diseguaglianza venga effettivamente percepita. Visto che i super ricchi vivono principalmente nella propria microsocietà ([E] Appendice C) le relazioni col resto della società sono evidentemente limitate e, probabilmente, si concentrano e limitano a questo 5% più ricco: non so, immagino grandi avvocati, chirurghi plastici e simili.
Solo questo 5% diviene quindi più o meno consapevole della loro effettiva ricchezza e della relativa ingiustizia sociale che questa rappresenta: non l’uomo comune.
Interessante è poi l’accenno al considerarsi della “classe media”: non ne sono sicuro ma credo che l’autrice le consideri invece della “classe alta”. Da un punto di vista puramente economico, basato sui diversi percentili del reddito, l’autrice ha sicuramente ragione e l’affermazione delle donne suonerebbe quindi bizzarra se non assurda.
La mia teoria dei poteri invece la spiega perfettamente: queste donne appartengono a gruppi/poteri medi e non a dei parapoteri ([E] 4.2). Grazie alle loro frequentazioni esse capiscono perfettamente, almeno a livello intuitivo, quale sia la reale forza, non solo economica ma anche politica e sociale, dei membri dei parapoteri e, perciò, si sentono giustamente diversi significativamente da questi.
Nella mia teoria i poteri medi rientrano infatti nella democratastenia ([E] 4.4) e sono anch’essi in contrasto con i parapoteri: è invece il limite delle ideologie politiche moderne dominanti (sia di sinistra che di destra) il considerare dalla stessa parte ricchi e super ricchi. Ciò poteva essere vero fin quasi alla fine del XX secolo ma adesso non è più così ([E] Appendice D).
Conclusione: sapeste com’è carina la mia copia di Le radici psicologiche della diseguaglianza tutta contornata di annotazioni pagina per pagina: sembrano quasi delle miniature!
L'esempio di Benjamin Franklin
4 ore fa
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