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martedì 24 novembre 2020

La iatrogenesi di Taleb

[E] Attenzione! Per la comprensione di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 1.7.0 "Trampata").

Ieri mi sono rimesso a ricontrollare le parti già lette di “Antifragile” nel tentativo di arrivare a una sintesi utile per un pezzo: mi sarebbe stato utile per aiutarmi a memorizzare i vari concetti incontrati.

Mi sono però reso conto di essere ormai già troppo avanti: ho riempito due pagine di note ed ero ancora a 1/4 forse 1/3 dell’intero libro (mentre a leggerlo sono a metà). Allora ho deciso di limitarmi a un singolo argomento piuttosto che a una panoramica generale (comunque solo rimandata).

Il soggetto di oggi sarà quindi la iatrogenesi, un termine medico dal significato ben preciso e (credo) limitato, al quale però Taleb dà un valore molto più ampio: provocare dei danni nel tentativo di aiutare (*1).
Secondo Taleb i medici, soprattutto in passato, con i loro interventi rischiano più di danneggiare che di curare. Il medico da una parte procede un po’ per tentativi e, da un’altra, ha troppa fiducia nella propria scienza (v. anche Istruzione e ricchezza). Secondo una statistica, negli USA i morti per errori medici sono circa 5 volte tanti quelli causati da incidenti automobilistici.
I casi famosi non mancano: uno l’avevo trovato anche nel corso sulla rivoluzione americana: George Washington fu ucciso dal suo medico che “prontamente” applicò le cure del tempo al suo paziente che, nel caso specifico, erano però assolutamente dannose in combinazione con la sua patologia.
Anzi, secondo Taleb, proprio i medici personali sono particolarmente perniciosi: l’effetto è provocato da un limite psicologico dell’uomo. L’uomo, specialmente nell’occidente, tende a premiare l’azione evidente non l’inazione (in oriente invece, grazie al tao, c’è almeno la consapevolezza che azione e inazione debbano equilibrarsi e che nessuna delle due è più importante dell’altra). Per questo un medico personale, per giustificare il proprio stipendio, è portato a intervenire sul suo paziente ancor più spesso del normale e, così facendo, si moltiplicano le possibilità di iatrogenesi.

Il fenomeno è comunque tuttora reale: per esempio si sottostimano i pericoli dei farmaci sul lungo periodo (dieci e più anni) concentrandosi sui benefici a breve termine.
«Dobbiamo preoccuparci dell'incitamento a somministrare cure inutili da parte di aziende farmaceutiche, lobby varie e gruppi di interesse particolare, e dei danni che non appaiono subito rilevanti e che non vengono dunque considerati “errori”. […] La iatrogenicità è aggravata dal […] “problema del mandatario e del mandante”, che si verifica quando una delle parti (il mandatario) [la casa farmeceutica] ha interessi diversi da quelli di chi utilizza i suoi servizi (il mandante) [il malato/cliente].» (*2) (*3)
Ho evitato di copiare un passaggio intermedio dove Taleb propone l’esempio degli psicofarmaci prescritti ai bambini per il trattamento di “patologie” comportamentali che in passato non erano neppure considerate tali. Gli stessi ragionamenti si sarebbero potuti traslare parola per parola ai vaccini ma, prudentemente, Taleb si tiene fuori da questa polemica dove gli interessi in gioco sono giganteschi e chi osa esprimere un’opinione fuori dal coro rischia l’immediata gogna mediatica.

Strettamente collegato alla iatrogenesi è quello che Taleb chiama “l’interventismo ingenuo”.
Il cercare di regolare rigidamente un qualsiasi sistema (che può essere la società, un’azienda, lo stesso corpo umano etc.) rischia solo di renderlo più fragile: magari resistente alla piccola volatilità degli eventi comuni ma, nel lungo termine, molto più vulnerabile ai cigni neri, gli eventi rari e imponderabili che hanno così conseguenze ancor più catastrofiche.
È chiaro infatti che la volontà di chi interviene sia (in genere!) quella di proteggere il sistema ma in realtà l’effetto che si ottiene è quello di renderlo solo apparentemente più forte ma in realtà più vulnerabile.
L’antifragilità di un sistema è infatti ottenuta distribuendo gli eventi (positivi e negativi) fra le sue sottoparti ridondanti. Le sottoparti seguono poi una logica evolutiva: solo quelle che sopravvivono si riproducono rendendo il sistema, nel suo complesso, ancora più forte.
Ovviamente questo meccanismo è possibile solo se c’è sufficiente variabilità fra le diverse parti: l’idea non è infatti quella che tutte debbano sopravvivere (questa sarebbe la robustezza) ma che lo facciano in un numero sufficiente da poter mantenere il sistema in vita e, col tempo, rinforzarlo. Se tutte le componenti di un sistema fossero uguali allora un evento esterno avrebbe la possibilità di spazzarle via tutte insieme distruggendo così l’intero sistema (*4) (*5).

Alla base dell’interventismo ingenuo vi è probabilmente la sopravvalutazione dell’accademia e delle sue certezza (v. Istruzione e ricchezza). Volendo la possiamo interpretare come una fiducia eccessiva nei risultati della scienza; la sopravvalutazione di ciò che è certo è la sottostima dell’incerto.
Un caso particolarmente attuale e clamoroso è quello di cui ho già scritto nel corto Virologi fragili: l’affidarsi alle indicazioni dei virologi per gestire tutti gli effetti della pandemia nasconde una molteplicità di aspetti e di interazioni della società che, sommate insieme, rischiano di avere un impatto molto maggiore del virus stesso. Il virologo per forma mentale, come qualsiasi esperto di una singola materia, vede infatti solo il suo “orticello” e, almeno che non sia particolarmente illuminato, non è in grado né di prevedere né immaginare tutte le conseguenze estranee al suo ambito di lavoro.

In realtà sono giunto alla conclusione che Taleb nell’attuale tendenza all’“interventismo ingenuo” vede l’effetto ma non la causa e, pertanto, l’interpreta erroneamente.
La tendenza globale all’“interventismo ingenuo” è provocata dalla degenerazione delle democrazie occidentali: tale “interventismo” infatti non è ingenuo ma semplicemente è orientato non all’interesse di tutti ma di pochi.
Per esempio la gestione maldestra della pandemia secondo me ha, almeno come significativa concausa, l’interesse delle case farmaceutiche a vendere i loro vaccini: la crisi è stata gestita male sotto la pressione delle lobbi interessate a vendere a prezzi altissimi farmaci “salva vita” quando, sempre mia teoria, sarebbe stato molto più utile la vitamina D e/o la distribuzione gratuita di mascherine FFP2 (v. Divagazioni insalubri).

Conclusione: vabbè, come ho spiegato volevo solo evidenziare uno dei tanti concetti interessanti forniti da “Antifragile” di Taleb: questo della iatrogenicità mi pare utile e, soprattutto, attuale.

Nota (*1): esiste poi la iatrogenesi inversa: aiutare cercando di danneggiare. Un esempio possono essere le critiche verso libri o simili che si trasformano in involontaria pubblicità.
Nota (*2): Tratto da “Antifragile” di Nassim Nicholas Taleb, (E.) Il Saggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi, Alessandra Repossi, pag. 133.
Nota (*3): ovviamente io vi noto anche le analogie con la mia legge della rappresentatività ([E] 5.4)
Nota (*4): ovviamente io vi vedo il pericolo causato dalla legge dell’omogeneizzazione ([E] 5.15) a livello globale ([E] 20.3).
Nota (*5): intendiamoci, per Taleb esiste anche l’interventismo non ingenuo e, anzi, talvolta doveroso per proteggere i più deboli: essenzialmente deve andare contro la tendenza all’omogeneizzazione della civiltà moderna e a quella che lui chiama la “velocità” che io tradurrei con marcata prudenza e prevenzione verso i possibili effetti imprevisti (tipo abbassare la velocità in autostrada per diminuire i rischi di incidenti).

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