Su “Antifragile” di Taleb penso che baserò un’appendice dell’Epitome: la sua teoria almeno al momento (sono a metà) non aggiunge niente alla mia ma ha però il merito di poter reinterpretarne molti elementi da un punto di vista diverso. In altre parole la sostanza non cambia ma aumenta la comprensione.
Per questo volevo scrivere un pezzo propedeutico qui sul ghiribizzo che mi servisse da bozza: però si tratta di un lavoretto piuttosto impegnativo e preferisco quindi rinviarlo a quando potrò usare anche il braccio destro (che continuo a tenere a riposo). Contemporaneamente però non voglio perdere contatto col pensiero di Taleb: scriverne infatti mi aiuta a memorizzare meglio le sue idee e, quindi, a comprenderlo più chiaramente. Per questo ho deciso di affrontare un tema minore e a sé stante, sempre però basato su “Antifragile”.
Sono infatti attualmente alle prese con un capitolo dove Taleb sostiene un’idea di fondo che non condivido, almeno non completamente.
Taleb sostiene che la relazione lineare comunemente accettata fra istruzione media e ricchezza di un paese è errata e, anzi, va invertita: non è l’istruzione che genera ricchezza ma è la ricchezza a generare l’istruzione.
Al riguardo presenta dati riguardanti l’andamento di ricchezza e istruzione di vari paesi che sembrano confermare la sua teoria, poi passa a un’altra ricerca dove si scopre che molte delle invenzioni che permisero la rivoluzione industriale non provennero dall’accademia (su cosa si intenda per “accademia” tornerò poi) ma da appassionati o artigiani o imprenditori che cercavano di risolvere problemi concreti. In tempi più recenti lo stesso avvenne per il motore a reazione: prima si procedette per tentativi e solo in seguito arrivò la scienza con le sue teorie a spiegarne i meccanismi. Idem per vari algoritmi euristici usati in Borsa dai suoi addetti (spesso di istruzione bassissima) ben prima che la teoria economica ne proponesse delle proprie versioni spesso semplificate e meno precise delle originali…
Gli aspetti del ragionamento di Taleb che non mi convincono sono molteplici:
- Prima di tutto sospetto possa esserci qualche difficoltà nella traduzione e nella scelta dei vocaboli: per esempio spesso si parla di accademia invece che di università credo intendendo l’insieme delle attività dei professori universitari: ricerche, pubblicazioni, confronti, dibattiti, seminari etc.
- Poi, a mio avviso, andrebbe chiarito bene cosa si intende per istruzione (non vorrei, vedi sopra, che intendesse qualcosa di più generico come “cultura”). È evidente che l’innovazione tecnologica difficilmente sarà guidata da avvocati, letterati ed economisti ma, al contrario, ingegneri, chimici e informatici potrebbero avere un ruolo molto più diretto. Insomma fare di tutta l’istruzione un fascio mi sembra una semplificazione eccessiva.
- La relazione fra istruzione media e ricchezza di un paese è, secondo me, reale ma molto indiretta: possono cioè intervenire molti altri fattori a distorcere gli effetti della prima sulla seconda. Giudicare quindi direttamente i grafici dell’educazione e della ricchezza, magari solo di alcuni paesi, senza considerare il più ampio contesto sociale può essere fuorviante.
- A riprova del punto precedente, prendendo pure per vero che molte innovazioni non sono nate dall’“accademia”, i singoli appassionati che hanno ideato tante innovazioni non erano contadini che, lasciato temporaneamente l’aratro, passavano a costruire telai meccanici: evidentemente avevano comunque una preparazione scientifica, magari come autodidatti, che costituiva le fondamenta su cui basare le loro invenzioni. Anche loro quindi, sebbene indirettamente, erano il prodotto dell’istruzione media.
- E poi anche la scienza sta cambiando: i suoi diversi ambiti hanno raggiunto dei livelli di specializzazione tali che il singolo appassionato difficilmente avrà il tempo di approfondire. Oggi diviene fondamentale la cooperazione fra scienziati: singoli mattoncini che poi devono essere usati insieme. Insomma non si può confrontare insieme la scienza di oggi con quella del secolo scorso (o di 50 anni fa!): funzionavano in maniera completamente diversa…
Contemporaneamente intuisco che in effetti deve comunque esserci un qualcosa di vero in questo pensiero di Taleb: perché non furono gli scienziati a dare il via alla rivoluzione industriale ma semplici artigiani e appassionati? Riguardo al motore a reazione ho poi dei vaghi ricordi che alcuni scienziati coevi avevano “dimostrato” che tale tipo di volo sarebbe stato impossibile. E com’è che un semplice imprenditore come Elon Musk sembra aver spostato bruscamente in avanti il confine fra scienza e fantascienza?
Io credo che l’elemento centrale che determina il tutto non sia l’istruzione in sé ma, invece, la maniera in cui questa è usata. È possibilissimo che in alcuni ambiti ed epoche l’uso fatto dell’istruzione, specialmente di quella più alta, resti “sterile” e che invece siano persone persone meno istruite (ma non ignoranti!) ad applicarla più proficuamente.
Importante sarebbe quindi riuscire a identificare i motivi psicologici, sociali e, probabilmente, economici che favoriscono o impediscono l’uso migliore dell’istruzione e della conoscenza da parte dell’individuo.
Io qualche idea al riguardo l’avrei ma al momento preferisco rifletterci ulteriormente prima di sbilanciarmi...
Conclusione: Non fatevi ingannare da questo pezzo! Per la gran parte apprezzo e condivido le teorie di Taleb: semplicemente, in questo caso, ho preferito concentrarmi su un’eccezione, ovvero su un qualcosa che non mi ha convinto totalmente.
L'esempio di Benjamin Franklin
2 ore fa
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