Oggi ho iniziato a rimettermi in pari con i video sul covid-19 di MedCram e ho provato una strana sensazione: sto evidentemente iniziando ad assimilare le teorie di “Antifragile” di Taleb e, automaticamente, le riapplico a ciò che vedo/leggo/studio.
Una teoria di Taleb, a mio parere dubbia, riguardava l’importanza della conoscenza “accademica” (v. Istruzione e ricchezza e La iatrogenesi di Taleb). In breve Taleb è scettico che la conoscenza accademica sia effettivamente il fattore trainante del progresso tecnologico: spesso è solo una formalizzazione teorica di scoperte empiriche. Ovvero si scopre che un qualcosa sembra avere un certo effetto e ci si costruisce sopra una teoria scientifica che spieghi il fenomeno.
L’idea è che tale teoria sia poi utile a creare nuova conoscenza: che sia cioè una specie di mattoncino utilizzabile per arrivare a nuove scoperte.
Sembrerebbe logico e corretto vero?
Ma in verità in questo modo di procedere vi è un grande rischio: la teoria che spiega un certo fenomeno potrebbe essere errata: spiega cioè il fenomeno, e questo la fa sembrare affidabile e corretta, ma ciò non prova che i passaggi che adopera siano a loro volta corretti o completi.
Il problema è che quando si cerca di costruire nuova conoscenza basandoci su questa teoria, se essa è solo apparentemente corretta, si può facilmente giungere a conclusioni errate che hanno magari effetti opposti a quelli attesi ma di cui talvolta non è facile accorgersi subito.
Questo mio ragionamento può sembrare troppo astratto e ipotetico: siamo abituati a pensare che la scienza sia assolutamente affidabile e che se una ricerca, magari verificata dai pari, stabilisce un qualcosa allora ci possa fidare ciecamente di tale risultato.
In realtà nelle scienze esatte, come la matematica, è così: una dimostrazione è corretta o errata, non può “sembrare” corretta e invece essere sbagliata!
Però in altri campi le cose possono essere diverse. Oggi (come peraltro suggeriva anche Taleb) mi sono reso conto che la medicina è troppo complessa. Le interazioni fra farmici e corpo umano sono così numerose che l’illusione di aver capito quando in realtà si è frainteso è particolarmente frequente e pericolosa. E sto parlando di scienziati e medici in buona fede senza considerare cioè le case farmaceutiche che potrebbero aggiungere tutto un ulteriore livello di incertezza motivato da interessi economici…
Me ne sono reso conto osservando le spiegazioni elegantissime del dr. Seheult sulle complesse interazioni fra farmici e corpo umano che, oltretutto, sono semplificate per essere comprensibile da tutti.
Prendiamo per esempio l’idrossiclorochina che inizialmente era considerata un farmaco utile per combattere il covid-19. Se ben ricordo la spiegazione del dr. Seheult sull’efficacia di tale farmaco, basata su ricerche affidabilissime, era che favorisse l’assimilazione di zinco nelle cellule e che questo, a sua volta, limitasse la capacità del virus di replicarsi (come era stato dimostrato da esperimenti in vitro). Tutto logico e ragionevole.
Poi ci furono per mesi teorie (e ricerche) discordanti: per alcuni medici medici non faceva niente, per altri faceva male e per altri ancora non faceva niente.
L'ipotesi del dr. Seheult fu che la discriminante fosse sul momento in cui si iniziava la terapia a base di idrossiclorochina: visto che questa essenzialmente (in teoria!) ostacolava la replicazione del virus era logico pensare che fosse efficace solo nelle fasi iniziali della malattia prima cioè che si verificassero i danni al sistema respiratorio e circolatorio.
Però, in una ricerca che ho visto oggi (ormai di ottobre: ero rimasto molto indietro con i video!), di quelle estremamente affidabili (numero soggetti, metodologia di analisi, serietà dei ricercatori, mancanza di conflitti d’interesse etc.) risulta che la somministrazione di idrossiclorochina non altera la mortalità del covid.
Mettiamo quindi una pietra sopra all’uso dell’idrossiclorochina nel trattamento del covid-19? Sembrerebbe che la scienza dica proprio di fare così.
E i medici che si dicono sicuri di aver salvato molte vite proprio grazie all’uso di tale farmaco? Hanno semplicemente preso un abbaglio? Di nuovo sembrerebbe così…
Se però facciamo un passo indietro e diveniamo più scettici sulle certezze della scienza medica ci rendiamo conto che è lecito, e magari sensato, rimanere con qualche dubbio.
I fattori in gioco fra farmaco e corpo umano (e altri farmaci!) sono così tanti che anche alle ricerche più ricche e articolate possono sfuggire elementi significativi.
Ipotizziamo che l’idrossiclorochina abbia un effetto positivo A e uno negativo B sui malati di covid-19 tanto che l’effetto complessivo C sembri essere neutro. Una teoria che non considera gli effetti A e B arriverà alla conclusione scientifica che l’idrossiclorochina ha un effetto C nullo e che pertanto sia inutile come terapia per il trattamento del covid-19.
Basandosi su tale ricerca si dovrebbe smettere di usare l’idrossiclorochina e di effettuare ulteriori esperimenti e analisi: ma in questa maniera ci si preclude la possibilità di individuare i due effetti A e B e, quindi, potenzialmente di eliminare B rendendo l’idrossiclorochina efficace. L’effetto B potrebbe essere dato da un altro farmaco, da una particolare condizione del paziente e via discorrendo; o viceversa potrebbe essere il fattore A che si attiva solo in specifiche situazioni (per esempio integrazione di zinco)…
Ovviamente medici e ricercatori sono ben consapevoli di questo fenomeno e prendono tutte le precauzioni per cercare di considerare il maggior numero di fattori possibile. Col tempo si riesce effettivamente a comprendere una malattia in maniera sempre più approfondita e quindi a trattarla in maniera sempre più efficace: ma è un processo lento che include molti errori e vicoli ciechi.
I medici ne sono consapevoli: giornalisti, politici e, di conseguenza l’uomo comune, no. La prima teoria scientifica su qualsiasi problema viene considerata come verità assoluta: invece, soprattutto nel caso di una malattia nuova e quindi sconosciuta come il covid-19, si dovrebbe ricordare che non si hanno certezze scientifiche su di essa. In verità quindi, imporre un qualcosa sulla base di una ricerca scientifica (e su una problematica nuova!), non è troppo lontano dal puro arbitrio soprattutto se ci sono teorie (di esperti) discordanti.
Mi sto persuadendo dell’idea che la maniera più efficace per trovare la migliore terapia per il trattamento del covid-19 sarebbe procedere per tentativi, senza preoccuparsi della teoria per cui un farmaco sarebbe “adatto” o no. Osservare i risultati cercando di tener presenti tutti i fattori coinvolti.
Probabilmente è effettivamente così che si procede nella realtà: sostanzialmente per tentativi e sempre col dubbio che qualche fattore significativo (potenzialmente in grado di cambiare una valutazione complessiva) possa essere ignorato. E questo a tutti i livelli.
La politica invece cerca di vendere certezze avendo fra le mani solo incertezze: lo capisco ed è parzialmente inevitabile però, allo stesso tempo, trovo proprio per questo profondamente sbagliato trattare da pazzo e/o ignorante e/o cretino chi abbia un’opinione minoritaria e/o contraria a quella propugnata dalle autorità (v. anche La verità non può essere un dogma).
Conclusione: diffidare dalle spiegazioni di teorie complesse anche se molto eleganti e apparentemente logiche e affidabili.
lunedì 30 novembre 2020
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