L’assenza della prova non equivale alla prova dell’assenza.
Ovvero la mancanza della prova di un fenomeno non equivale alla prova della sua assenza: per esempio se tu non riesci a dimostrare a un bambino come mai sia la Terra a girare intorno al Sole questa tua incapacità non equivale alla prova che allora sia il Sole a orbitare intorno alla Terra!
Volendo generalizzare: l’assenza della prova non equivale alla prova del suo contrario.
Un altro errore comune è confondere la dimostrazione di A con la dimostrazione di B: accade spesso quando A e B hanno uno o più elementi in comune.
Scrivendo queste frasi così apertamente sembrano ovvietà ma in realtà gli errori logici che descrivono sono spesso nascosti in paralogismi speciosi in cui possiamo imbatterci quotidianamente.
PS: l’affermazione iniziale proviene da “Antifragile”, il resto è mio.
Un po’ meglio - 16/11/2020
L’aver tenuto per due giorni a riposo (per quanto possibile!) il braccio destro ha aiutato: adesso il dolore è molto più localizzato.
Oggi telefono al mio dottore e sento cosa mi dice…
Notturno 16 - 22/11/2020
[In effetti era già mattino e mi stavo per alzare ma lo spaccio comunque per “notturno”...]
È incredibile constatare quante persone sbagliate riescano ad arrivare al posto sbagliato.
Ho poi la netta sensazione che più la posizione è appetibile e peggiore diviene la selezione tanto che, alla fine, vengono scelte persone sempre più inadeguate.
Mi riferisco a tutti i campi anche se, probabilmente, il fenomeno è più evidente in politica.
Credo che l’elemento decisivo sia il numero di persone che decidono insieme: maggiore è il loro numero e peggiore la qualità della loro scelta.
Proust - 22/11/2020
Da qualche settimana ho iniziato un libro di Proust (scelto a caso, il quinto della sua serie “Alla ricerca del tempo perduto”) che però trovo molto pesante: ho protestato su FB, e non solo, e ho avuto il conforto di trovare un paio di persone che hanno avuto la stessa sensazione.
Ho quindi riflettuto molto sul perché di questa mia difficoltà. La seguente è la mia conclusione (basata su ¼ di un unico libro: quindi prendetela per quello che vale… cioè poco!)…
Proust porta avanti due trame: la prima è quella classica degli eventi che si succedono e dei personaggi che interagiscono fra di loro; la seconda è invece tutta interna alla mente del protagonista e ne descrive con minuzia di dettaglio tutti i ragionamenti, comprese paure, idiosincrasie, istinti e incongruenze. Mentre la prima trama procede lineare la seconda è continuamente sconvolta da colpi di scena interiori con improvvise intuizioni che per un attimo, come lampi, illuminano il cielo di un mare in burrasca.
La seconda trama è il bello e il pesante di Proust.
Il mio problema è che non so come pormi di fronte a essa, ovvero di fronte ai processi mentali del protagonista. Non è un autobiografia né un saggio psicologico quindi ci saranno elementi di pura fantasia e per me, il non riuscire a distinguerli, mi mette a disagio. Cosa posso imparare da quello che leggo? Non lo posso sapere: il processo psicologico che mi sembra significativo potrebbe essere frutto della fantasia di Proust e totalmente irrealistico.
Probabilmente dovrei limitarmi ad apprezzare superficialmente le massime umane che comunque emergono: ma la mia mente non è fatta così, ho bisogno di certezza. Queste sfumature impalpabili non mi bastano né mi soddisfano…
Prandelli - 22/11/2020
Avete voluto Prandelli, ora pedalate.
L'esempio di Benjamin Franklin
2 ore fa
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