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mercoledì 18 novembre 2020

La verità non può essere un dogma

Oggi il braccio destro mi sembra inizi a stare veramente meglio: almeno a riposo ha smesso di darmi fastidio la spalla. Però non voglio ricominciare subito a stressarlo e quindi continuerò a usare, per quanto possibile, solo il braccio sinistro.
Il problema è che in questa maniera scrivo 4/5 volte più lentamente e, soprattutto, mi occorre un’attenzione molto maggiore che va a discapito della mia capacità di abbandonarmi a riflessioni profonde.

Però voglio comunque pubblicare qualcosa: lascerò perdere pezzi troppo impegnativi ma mi limiterò a qualcosa di “semplice”.

Articolo: Coronavirus, sfiducia e complottismi. I 4 anni che hanno decuplicato i no-vax di Goffredo Guccini da Corriere.it

In realtà l’articolo si concentra sull’andamento delle percentuali sulla fiducia nei vaccini in Italia e nel mondo e, soprattutto, sull’impatto causato dal covid-19.
A mio avviso invece l’elemento più interessante dimostrato da questi dati è un altro: la strategia comunicativa in stile Burioni non ha funzionato e, anzi, ha probabilmente contribuito ad aumentare la diffidenza verso i vaccini.

Per comunicazione “stile Burioni” intendo la strategia del salire in cattedra e, parlando a nome della Scienza, dichiarare, talvolta con arroganza, che la verità è una e che chi ha dubbi e/o la pensa diversamente non ha capito nulla e, anzi, è un ignorante e/o un cretino.

Questo approccio è sbagliato per più motivi. Vediamoli:
1. La scienza non ha un’unica verità: soprattutto quando si parla di ricerca e tecnologia all’avanguardia come quella che sta dietro ai moderni vaccini. Parlare quindi di verità scientifiche uniche e assolute è epistemologicamente errato.
2. La scienza si basa sul libero dibattito della comunità scientifica: solo così vi può essere del progresso. Gli scienziati devono essere liberi di poter smentire, con prove ed esperimenti replicabili, anche le teorie più consolidate. Da questo punto di vista l’intervento a gamba tesa del governo italiano che ha censurato i medici minacciandoli con la radiazione pone legittimi dubbi: non solo scientifici ma anche sociali e politici.
3. Per esperienza personale (maturata ai tempi in cui ero attivista nel M5S) attaccare direttamente chi non la pensa come noi (dandogli del cretino) non serve a niente, anzi ne rafforza le convinzioni. Quello che si ottiene è al massimo un aumento della conflittualità con una maggiore polarizzazione della popolazione: meno persone neutrali ma con i gruppi di chi la pensa diversamente su posizioni più distanti. Ovvio che l’aumento di conflittualità non favorisce la comunicazione (*1).
Aggiungo che approcci aggressivi del tipo “sei un cretino perché XXX” sono completamente inefficaci nonostante l’eventuale bontà delle argomentazioni contenute in XXX.
4. Chi sale in cattedra non ascolta i dubbi e le obiezioni dell’altra parte: se non si risponde a queste (al di là dell’arrogante ed errato “la Scienza dice così”) perplessità allora esse non solo non scompaiono ma anzi si rafforzano. È errato ma umano: la mancanza di chiarimenti viene interpretata come la prova della loro inesistenza (v. Comuni “logiche” errate), ovvero che non sia possibile fornirli perché dubbi e obiezioni sono sostanzialmente giustificati.
5. Una delle tante lezioni che ho imparato da John Stuart Mill (v. Libertà d’opinione 1 e 2) è che la verità non deve essere trasformata in un dogma e che le obiezioni a essa, anche nel caso siano completamente errate, sono comunque utilissime: i dubbi e gli errori rendono la verità più chiara, la fanno comprendere maggiormente. Questo però solo se non si ripete sterilmente “la verità è questa” ma se, al contrario, si discutono e affrontano oggettivamente le opinioni altrui dimostrandole errate.
Il non difendere la verità ma il cercare di imporla semplicemente in quanto tale non la rafforza ma, anzi, l’indebolisce: la verità va spiegata, non imposta.

In definitiva se si vuole convincere i no-vax della bontà e utilità dei vaccini allora si deve cambiare completamente strategia comunicativa. Soprattutto si dovrebbe ascoltare le loro ragioni e rispondere seriamente a esse invece di censurarle o ridicolizzarle.
Per esempio perché non organizzare e finanziare delle ricerche indipendenti e neutrali, alle quali potrebbero partecipare scienziati in rappresentanza dei no-vax e delle case farmaceutiche, che verifichino se alcune delle critiche più comuni hanno fondamento o no?

Ovvio che occorrerebbe tempo per ricomporre la frattura, soprattutto di fiducia, che si è venuta a creare fra no-vax e istituzioni ritenute, a torto o a ragione, troppo vicine agli interessi economici delle case farmaceutiche. Ma la strada dovrebbe essere questa: la comunicazione non la censura.

Conclusione: che fatica non usare la mano destra! Ma almeno mi sono dilungato un po’ meno di quanto non avrei fatto normalmente...

Nota (*1): ricordo a suo tempo di avere avuto una discussione al riguardo con un amico che propugnava la necessità di scendere “al livello” dei no-vax. Mi sembra che questi dati gli diano torto.

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