Preannuncio subito che questo pezzo sarà incentrato su una di quelle serendipità che, puntualmente, riescono sempre a stupirmi: però dopo averla evidenziata ne approfitterò per proporre quello che mi pare un quesito interessante su cui il lettore potrà divertirsi a riflettere…
La coincidenza odierna si basa sulla lettura contemporanea di due diversi libri: pertanto devo iniziare con lo spiegare come questi fossero fra loro totalmente irrelati.
Il primo libro è “Antifragile” di Taleb che mi fu consigliato, ormai qualche anno fa dal mio amico matematico russo conosciuto su Steam.
Il secondo libro è la “Costituzione di Atene” di Aristotele: mi venne voglia di prenderlo leggendo “Le origini della democrazia greca” di Forrest (v. Nascita della democrazia) del quale è, prevedibilmente, una fonte molto importante.
Questi titoli erano poi finiti nella mia lista (v. Libri e sacchetti) da cui scelgo in base a più criteri: quando andavo da Feltrinelli semplicemente in base a cosa era disponibile immediatamente; su Amazon scegliendo invece in base alle offerte (Aristotele era a metà prezzo) ed evitando testi dello stesso genere (filosofia, religione, storia, politica, psicologia, svago etc.).
Caso ha voluto che acquistai i due libri sullodati insieme anche se poi ho iniziato a leggere il testo di Taleb molto prima dell’altro…
Ma veniamo alla serendipità: il capitolo 12 di “Antifragile” intitolato “I dolci grappoli di Talete” descrive un aneddoto che vede come protagonista proprio Talete e che è tratto dalla “Politica” di Aristotele.
Ma ecco che, verso la fine del primo capitolo (chiamato “libro”) de “La costituzione di Atene” ho trovato proprio il medesimo aneddoto!
Infatti, senza che me ne fossi accorto (io pensavo fosse un unico titolo!), sto leggendo la “Politica” di Aristotele e non la “Costituzione di Atene” (che è a seguire): vabbè broccolo io a non accorgermene subito… in effetti mi sembrava che Aristotele la prendesse un po’ parecchio alla larga ma ancora non mi stavo preoccupando!
Ma veniamo all’aneddoto così com’è raccontato da Aristotele.
Talete, benestante ma non ricco, stuzzicato a mettere a frutto il suo ingegno, studiando le stelle, capisce che sarà un’annata eccezionale per la produzione delle olive. Affitta quindi con largo anticipo tutti i frantoi disponibili con una spesa relativamente modesta. Quando poi gli agricoltori si ritrovano con le olive da spremere ecco che Talete rivende loro il permesso di usare i frantoi ottenendo un grande guadagno che lo arricchisce notevolmente. Soddisfatto torna a dedicarsi alla filosofia.
Cosa ne pensate? Qual è la chiave con cui interpretare questo aneddoto? Come ha realmente fatto Talete a divenire ricco? Se volete pensateci ma attenti che qui di seguito c’è subito la “risposta”...
Per Aristotele Talete è riuscito a trarre profitto dalla sua conoscenza superiore e, forse, è anche una maniera per mostrare la superiorità della cultura su qualcosa di moralmente ambiguo come il commercio.
Taleb scrive invece che Aristotele non ha capito veramente l’aneddoto di Talete che lui stesso ha proposto: Talete non è diventato ricco grazie alle proprie conoscenze astronomiche ma perché ha sfruttato una asimmetria (che nella teoria di Taleb corrisponde a un aspetto dell’antifragilità). Talete non aveva assolutamente idea se l’annata per la raccolta delle olive sarebbe stata eccezionale o no ma aveva sfruttato un’opportunità asimmetrica: da una parte il rischio di perdere i propri soldi investiti era limitato dall’altra c’era la probabilità, per quanto incerta, di un profitto altissimo (che nella teoria di Taleb equivale a un “cigno nero positivo”). Talete insomma aveva fatto una scommessa e l’aveva vinta.
Personalmente, per quel che vale, io sono un po’ perplesso: non so quanto fosse ricco Talete ma il noleggiare in anticipo tutti i frantoi di Mileto e dintorni mi sembra una spesa significativa: verrebbe quindi meno l’idea che il rischio di perdita fosse trascurabile. Probabilmente quindi Talete, al di là, dell’astronomia avrebbe dovuto avere una ragionevole convinzione che la probabilità di un’ottima annata fossero a lui favorevoli. Ma questa valutazione della probabilità, corretta o meno che fosse, andrebbe ad annullare l’argomento di Taleb secondo il quale questa probabilità è irrilevante (e comunque non sarebbe mai calcolabile) quando si ha un’asimmetria che permetta guadagni praticamente illimitati di fronte a un rischio limitato.
Conclusione: qual è la probabilità che leggessi direttamente questo aneddoto di Aristotele pochi giorni dopo averlo incontrato nel testo di Taleb? È un “cigno nero” (*1)?
Nota (*1): battuta comprensibile solo da chi ha letto “Antifragile”: i “cigni neri” sono eventi rarissimi e, in quanto tali, nonostante si tenda a pensarla diversamente neppure gli esperti sono in grado di calcolare in maniera affidabile la probabilità che si verifichino. A volte con conseguenze disastrose quando l’evento raro è negativo...
L'esempio di Benjamin Franklin
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