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mercoledì 21 novembre 2018

Completo maschile con giacca a cravatta

Ci sono due generi di serie tivvù che non mi piacciono: quelle poliziesche e quelle con gli avvocati: praticamente il 50% della programmazione!
Quelle poliziesche sono abusate e ormai si è visto tutto: ogni tanto riesco a guardare qualche variante sul tema ma onestamente non ricordo niente che mi abbia esaltato…

La mia idiosincrasia per le serie giudiziarie è invece più profonda.
Ci ho riflettuto abbastanza e penso che la mia antipatia abbia basi più filosofiche. Non mi piace come vengono mescolate insieme giustizia e legalità, come le due cose invece di essere chiaramente distinte sono conteste fra loro. Non mi emoziona l’avvocato che grazie alla propria dialettica riesce a risolvere il caso convincendo giudice e giuria: lo sento come il trionfo della forma sulla sostanza.
Sono sicuro che fra le tante serie esistenti ce ne sarà almeno una che gioca su questo aspetto, ovvero che mostra come la legge non abbia niente a che fare con la giustizia. Mi immagino un avvocato senza scrupoli che riesce a a far assolvere i propri clienti colpevoli… Sì sicuramente ci sarà qualcosa anche di questo genere, con magari la trama della stagione (*1) che, al climax dell’ultima puntata, dopo un lungo percorso interiore, ha trasformato l’avvocato senza scrupoli in un “buono” che mette a repentaglio se stesso per amore di giustizia…
E poi non mi piace l’immagine dell’avvocato americano che spesso guadagna cifre enormi sulla litigiosità delle persone: dove, nella realtà, non vince chi è nel giusto ma chi ha l’avvocato migliore. E se anche chi ha torto non vince sempre, dal mio punto di vista vince comunque troppo spesso: non chiamiamola giustizia ma roulette della legge, un gioco d’azzardo insomma dove in ballo c’è la vita delle persone: sarebbe più onesto (*2). Per non parlare poi dell'esaltazione della ricchezza e del lusso, con lo sterotipo dell'avvocato di successo attorniato da belle donne facili vittime di un fascino che si confonde con i dollari...

Comunque qualche giorno fa una mia amica mi ha accennato a una serie tivvù che guarda: “Suits” che si può tradurre con “Completo maschile con giacca a cravatta” (titolo forse non proprio vincente in italiano!) ed è ambientato in uno studio legale di New York. Per curiosità, visto che è su Netflix, ho voluto dargli un’occhiata.
Modificato 23/11/2018: un’amica mi ha fatto notare che “suit” significa anche "azione legale": probabilmente quindi il titolo gioca su questo doppio significato dato che nella prima puntata i completi maschili hanno comunque un ruolo importante nella trama!

I protagonisti sono due: un avvocato cinico e brillante, che veste in maniera impeccabile ma è privo di empatia anche se in grado di capire benissimo, almeno superficialmente, le persone; e l’altro protagonista, un ragazzo dalla memoria prodigiosa, senza laurea, ma che conosce a memoria la legge e ha sostenuto esami in tale materia al posto di altri. Il primo assume il secondo come proprio associato e, ovviamente, costituiscono una coppia tanto improbabile quanto ben assortita. Altri personaggi di contorno interessanti sono l’amico delinquente del giovane e l’avvocato viscido e astuto che rivaleggia col primo protagonista e tiranneggia sul secondo…
Ebbene devo dire che per adesso, ne ho visto solo quattro puntate, la serie mi piace molto: il tema della legalità/giustizia è secondario e si punta invece molto sulla profondità psicologica dei personaggi e, ovviamente, sulle divertenti interazioni fra i due protagonisti.

Conclusione: spero che questa serie sia solo l’eccezione che conferma la regola altrimenti mi sentirei in grave imbarazzo!

Nota (*1): le serie tivvù hanno in genere una trama per ogni puntata, che si risolve nel singolo episodio, e una trama di più ampio respiro che evolve lentamente nel corso delle varie puntate ed è necessaria per tenere lo spettatore interessato nel lungo termine.
Nota (*2): vi risparmio i vari rimandi all’Epitome sulla mia teoria su giustizia/legalità...

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