L'ultima crisi uditiva (v. Nero Natale e successivi), con il temporaneo ma significativo abbassamento dell'udito, mi aveva fortemente depresso: ovviamente non mi ero esercitato con la chitarra e, anzi, avevo seriamente considerato l'idea di smettere del tutto di suonarla (*1).
Risolto il problema all'orecchio voglio cercare da gennaio, come buon proposito per il nuovo anno, di impegnarmi di più e arrivare a suonare la parte veloce di Unholy paradise: nonostante tutto sono divenuto molto più rapido e mi mancherebbe davvero poco farcela...
Se però, anche per imprevisti magari pure contingibili, vedo che non riesco a lavorare seriamente allora prenderò di nuovo in considerazione l'idea di smettere del tutto.
Nota (*1): la chitarra infatti richiede un impegno costante: è una di quelle cose che o si fanno bene o non si fanno, altrimenti diventa una perdita di tempo talvolta pure frustrante...
Minimo spiegato - 2/1/2018
Vedo che nel 2017 ho scritto il minor numero in assoluto di pezzi sul mio viario: appena 223.
Più che una disaffezione credo che sia il risultato di tre elementi combinati fra loro, di seguito la mia stima:
1. i problemi di salute di mio padre col loro impatto sulle mie abitudini → -10 pezzi.
2. aumento delle epistole scritte quotidianamente → -15 pezzi.
3. il lavoro sulla Epitome → -20 pezzi.
Senza questi fattori avrei quindi scritto quasi una cinquantina di pezzi (268) in più rientrando nella media e, anzi, migliorando quella degli ultimi anni...
Conclusione: e per il 2018 come evolverà la situazione? Bisognerebbe saper prevedere il futuro ma credo che, più o meno, mi manterrò sui livelli del 2017...
Scorso meglio... - 6/1/2018
Ho riascoltato e valutato i brani aggiunti la scorsa volta (v. Novità Musicali 10) e il mio preferito è risultato essere War of the Gods degli Amon Amarth.
L'unico altro brano che gli ha conteso la palma della vittoria è stato So far from victory dei Demonshire: entrambi questi brani erano comunque già stati presentati in Novità Musicali 10.
Mi chiedo quindi se vale la pena fare questa valutazione differita del mio brano preferito visto che alla fine, nonostante gli ulteriori ascolti, finisco per scegliere le canzoni che comunque mi avevano già colpito in "prima battuta"...
Conclusione: non so... probabilmente questo modo di procedere ha senso nel caso fossi incerto fra più brani. Quando l'incertezza non c'è diviene invece molto improbabile che a pochi mesi di distanza il mio giudizio si ribalti...
P-qualcosa - 6/1/2018
Ho iniziato a leggere il secondo volume (sono ben quattro) delle Vite parallele di Plutarco e, anzi, ormai ho quasi finito la prima biografia di...
Ed è questo il problema: non riesco a ricordare il nome di questo personaggio!
Mi vengono in mente: Palindromo, Pagonio, Palato, Pandronio, Palomino, Pagoda, Patanio...
Eppure lo avrò già letto cento volte: ma non mi sta in mente!
Per la curiosità dei miei lettori adesso controllo quale sia il suo nome: Pelopida... beh, la "P" iniziale la ricordavo correttamente...
Torino e... - 6/1/2018
Un paio di brevi considerazioni calcistiche:
- Sono curioso di vedere come farà Mazzarri col Torino. Personalmente lo reputo uno dei migliori allenatori italiani e sono quindi fiducioso che il Toro farà un ottimo girone di ritorno.
- Devo ricordarmi di non fare valutazioni senza aver visto le partite o, peggio, basandomi su giudizi altrui: prendo in genere cantonate. In particolare ho visto la partita di coppa Italia dell'Inter col Milan e quella contro la Fiorentina e la squadra di Spalletti mi è sembrata realmente in difficoltà: in Solita panoramica sul campionato di inizio dicembre avevo ipotizzato un Inter da secondo posto finale ma adesso ciò mi pare non plausibile...
venerdì 29 dicembre 2017
martedì 26 dicembre 2017
Micro mega botto
[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 0.4.1 "Morrigan").
Di seguito il collegamento a un articolo di “Micromega online”: L'Europa tedesca sempre più irriformabile: il non paper di Shäuble e le nuove iniziative della Commissione di Alessandro Somma
Si tratta di un articolo piuttosto lungo e dettagliato che analizza gli effetti del Fiscal Compact (l'obbligo assunto nel 2012 (*1), e inserito nella costituzione, di avere il deficit a un massimo del 60% del PIL che scatterà l'1 gennaio 2018) alla luce, come dice il titolo, delle nuove iniziative della Commissione.
Ma sono più interessanti i sottintesi, in realtà molto espliciti, che riporto a memoria qui di seguito:
- Unione dell'Europa solo finanziaria ed economica.
- Meno sovranità nazionale a vantaggio di commissioni europee “tecniche”.
- Non esiste più una “vera” sinistra.
- Prospettiva tedesca su tutta la politica Europea.
- La Francia tenuta a “galla” per non mostrare un'Europa a guida solo tedesca.
- Influenza di Shäuble su tutta la politica finanziaria europea e l'assenza di spazio di manovra per il suo successore portoghese.
- Fiscal Compact che nell'essenza rimane intoccabile e perciò incomprensibile la “soddisfazione” per la presunta flessibilità ottenuta e decantata dai politici italiani. Anzi, scrive bene l'autore dell'articolo: «Ancora più facile far notare che, comunque sia, il Fiscal compact non viene formalmente intaccato dalla proposta di direttiva: resta come accordo intergovernativo, oltretutto recepito a livello costituzionale. E se ci fosse un minimo di coerenza politica [italiana], si direbbe che occorre eliminare l’equilibrio di bilancio dalla Carta fondamentale, ma proprio la mancanza di dichiarazioni in questo senso porta a concludere che ci troviamo di fronte a odiosi doppiogiochismi.»
Manca però in questa analisi una spiegazione approfondita dei perché dei punti sopramenzionati: spiegazione di temi, soprattutto quello della riduzione di sovranità nazionale ([E] 14) e di un'unione europea solo monetaria ([E] 15.3), invece affrontati e chiariti (spero!) nella mia Epitome.
Quello che intendo dire è che, al di là dell'oggetto specifico affrontato dall'articolo, la visione globale della situazione che fornisce è più imperfetta e incompleta della mia: eppure questo articolo ha un grande valore.
Essendo stato pubblicato sulla Repubblica.it (sebbene ben nascosto in una sua nicchia) è la dimostrazione che anche intellettuali di sinistra, seppure con colpevole ritardo, iniziano a rendersi conto che qualcosa non funzioni nell'immaginaria “Europa dei popoli” che viene venduta ai cittadini europei e che è la scusa morale per tanti sacrifici spesso, in verità, ingiustificati.
Oltretutto alcune persone sembrano intenzionate ad "accendere" il cervello, e a leggere con attenzione critica un articolo, solo in base alla fonte da cui esso proviene: in prospettiva, se notizie come questa continueranno ad apparire, si potrebbe raggiungere ulteriori fasce di popolazione arrivando così a un ampliamento della consapevolezza generale .
Ovviamente la voce di questo autore è ancora isolata e le sue critiche più forti sono tutte indirette dato che l'argomento “ufficiale” è un altro. Del resto, come per altro spiegato in [E 9], i media tradizionali sono generalmente orientati a diffondere, proteggere e confermare gli equimiti che proteggono l'equilibrio della società e quindi, così facendo, gli interessi dei parapoteri.
La linea ufficiale di Repubblica.it resterà quella di ribadire che l'Europa “dei popoli” (che in realtà non esiste) è bella, che l'euro ci rende più ricchi, che il Fiscal Compact è una benedizione, che fuori dall'Europa c'è solo il nulla e la morte, etc...
Ma è bello e divertente che alcuni suoi giornalisti, come fossero dei contrabbandieri di verità, riescano ogni tanto a nascondere nel carrozzone della propaganda di Repubblica.it anche delle notizie utili e obiettive.
Conclusione: aggiungo solo che il collegamento all'articolo qui commentato proviene da Goofynomics...
Nota (*1): ricordate il "buon" Monti? Un'altra delle "belle" iniziative di quel grigio signore così serio e distinto...
Di seguito il collegamento a un articolo di “Micromega online”: L'Europa tedesca sempre più irriformabile: il non paper di Shäuble e le nuove iniziative della Commissione di Alessandro Somma
Si tratta di un articolo piuttosto lungo e dettagliato che analizza gli effetti del Fiscal Compact (l'obbligo assunto nel 2012 (*1), e inserito nella costituzione, di avere il deficit a un massimo del 60% del PIL che scatterà l'1 gennaio 2018) alla luce, come dice il titolo, delle nuove iniziative della Commissione.
Ma sono più interessanti i sottintesi, in realtà molto espliciti, che riporto a memoria qui di seguito:
- Unione dell'Europa solo finanziaria ed economica.
- Meno sovranità nazionale a vantaggio di commissioni europee “tecniche”.
- Non esiste più una “vera” sinistra.
- Prospettiva tedesca su tutta la politica Europea.
- La Francia tenuta a “galla” per non mostrare un'Europa a guida solo tedesca.
- Influenza di Shäuble su tutta la politica finanziaria europea e l'assenza di spazio di manovra per il suo successore portoghese.
- Fiscal Compact che nell'essenza rimane intoccabile e perciò incomprensibile la “soddisfazione” per la presunta flessibilità ottenuta e decantata dai politici italiani. Anzi, scrive bene l'autore dell'articolo: «Ancora più facile far notare che, comunque sia, il Fiscal compact non viene formalmente intaccato dalla proposta di direttiva: resta come accordo intergovernativo, oltretutto recepito a livello costituzionale. E se ci fosse un minimo di coerenza politica [italiana], si direbbe che occorre eliminare l’equilibrio di bilancio dalla Carta fondamentale, ma proprio la mancanza di dichiarazioni in questo senso porta a concludere che ci troviamo di fronte a odiosi doppiogiochismi.»
Manca però in questa analisi una spiegazione approfondita dei perché dei punti sopramenzionati: spiegazione di temi, soprattutto quello della riduzione di sovranità nazionale ([E] 14) e di un'unione europea solo monetaria ([E] 15.3), invece affrontati e chiariti (spero!) nella mia Epitome.
Quello che intendo dire è che, al di là dell'oggetto specifico affrontato dall'articolo, la visione globale della situazione che fornisce è più imperfetta e incompleta della mia: eppure questo articolo ha un grande valore.
Essendo stato pubblicato sulla Repubblica.it (sebbene ben nascosto in una sua nicchia) è la dimostrazione che anche intellettuali di sinistra, seppure con colpevole ritardo, iniziano a rendersi conto che qualcosa non funzioni nell'immaginaria “Europa dei popoli” che viene venduta ai cittadini europei e che è la scusa morale per tanti sacrifici spesso, in verità, ingiustificati.
Oltretutto alcune persone sembrano intenzionate ad "accendere" il cervello, e a leggere con attenzione critica un articolo, solo in base alla fonte da cui esso proviene: in prospettiva, se notizie come questa continueranno ad apparire, si potrebbe raggiungere ulteriori fasce di popolazione arrivando così a un ampliamento della consapevolezza generale .
Ovviamente la voce di questo autore è ancora isolata e le sue critiche più forti sono tutte indirette dato che l'argomento “ufficiale” è un altro. Del resto, come per altro spiegato in [E 9], i media tradizionali sono generalmente orientati a diffondere, proteggere e confermare gli equimiti che proteggono l'equilibrio della società e quindi, così facendo, gli interessi dei parapoteri.
La linea ufficiale di Repubblica.it resterà quella di ribadire che l'Europa “dei popoli” (che in realtà non esiste) è bella, che l'euro ci rende più ricchi, che il Fiscal Compact è una benedizione, che fuori dall'Europa c'è solo il nulla e la morte, etc...
Ma è bello e divertente che alcuni suoi giornalisti, come fossero dei contrabbandieri di verità, riescano ogni tanto a nascondere nel carrozzone della propaganda di Repubblica.it anche delle notizie utili e obiettive.
Conclusione: aggiungo solo che il collegamento all'articolo qui commentato proviene da Goofynomics...
Nota (*1): ricordate il "buon" Monti? Un'altra delle "belle" iniziative di quel grigio signore così serio e distinto...
domenica 24 dicembre 2017
Nero Natale
Il titolo non è un trito gioco di parole sull'immigrazione nel periodo natalizio quanto piuttosto un riferimento al mio pessimo umore di questi giorni.
Come scrissi nel corto Sono uno mercoledì 13 dicembre, circa due settimane fa, probabilmente intorno a lunedì/martedì 11 o 12 dicembre mi sono leggermente ammalato.
Una tossicina insulsa che, probabilmente, ho pure sottovalutato ignorandola del tutto. A questa, nei giorni successivi, si è unita anche una leggera febbre: la febbre proprio non la sento e mi accorgo di averla solo perché divento ipersensibile a tutte le minime correnti d'aria.
All'inizio della settimana successiva, diciamo il 18 dicembre, la febbre mi era scomparsa ma perdurava la tossettina che si manifestava in violenti colpi di tosse soprattutto a sera e di notte per poi sparire quasi del tutto per il resto della giornata.
Improvvisamente, diciamo lunedì 18 dicembre giorno più giorno meno, mi si è “tappato” l'orecchio destro. Nonostante che la fastidiosa novità fosse un sintomo mai avuto prima non mi sono preoccupato molto e davo per scontato che si sarebbe risolto da solo appena la tosse fosse scomparsa del tutto (continuavo a non avere raffreddore).
La notte però mi sentivo le tonsille “gonfie”: cioè non mi facevano male come quando sono normalmente irritate ma avevo la sensazione, soprattutto alla destra, che fosse gonfia un dolore non intenso e acuto ma di fondo e persistente a cui, ad esempio, non dava sollievo inghiottire.
Nei giorni successivi, diciamo martedì 19, all'orecchio tappato si è aggiunto un lievissimo dolorino allo stesso: non costante ma brevissime fitte di media intensità che mi facevano scappare un “ahi!” ed erano subito passate. A questo punto ho iniziato però a preoccuparmi.
Già cinque anni prima infatti, a settembre del 2012 (grazie viario!), avevo avuto un dolore all'orecchio destro poi trasferitosi al sinistro che, praticamente, non avevo curato: il risultato fu un sostanziale incremento del numero e intensità dei miei acufeni che, grossomodo, si tradusse di una riduzione permanente dell'udito direi, a occhio, del 10%.
Non sentivo più il suono della pioggia con la finestra chiusa o il ronzio delle zanzare (se non mi entrano nell'orecchio) ma non avevo grossi problemi a sentire e capire ciò che mi veniva detto: frequenze diverse dai miei acufeni suppongo. L'udito di per sé non mi era peggiorato molto ma avevo problemi con i suoni coperti dai miei acufeni...
Tornando ai nostri giorni avevo quindi paura che l'abbassamento di udito all'orecchio destro divenisse permanente: questa volta la perdita sarebbe più sostanziale, direi sul 30% che significa dover far ripetere spesso al proprio interlocutore qualche parola...
La sera di mercoledì 20 (perché tutti i miei sintomi peggiorano a sera) i dolorini all'orecchio diventano più frequenti e intensi. Così giovedì 21 vado dalla mia dottoressa di base.
Le racconto brevemente la situazione, lei dà un'occhiata alle tonsille e all'orecchio destro e subito sentenzia che si tratta di un'infezione che mi è passata dalla gola all'orecchio interno: mi prescrive quindi un antibiotico per sei giorni e mi suggerisce di tenere al caldo l'orecchio.
E meno male che mi ero deciso ad andare a farmi vedere! La sera infatti i dolori divengono più intensi e fitte analoghe per intensità e frequenza si diffondono anche alla destra della testa, in zone vicine all'orecchio. Solo a metà nottata la prima pasticca di antibiotico inizia a farmi effetto e io riesco a dormire.
In genere gli antibiotici mi funzionano benissimo e dopo pochi giorni sto subito meglio ma questa volta non è stato così.
Venerdì 22, sempre a sera, le fitte alla testa erano ancora più forti ma forse dipendeva anche dalla stanchezza perché appena sono andato a letto mi sono sparite completamente.
Sabato 23 solo tossendo ho sentito male anche alla testa (sempre alla parte destra della stessa, più o meno vicino all'orecchio). Ma l'orecchio è ancora “tappato” e da questo punto di vista la situazione non è assolutamente migliorata: io ho sempre più paura che l'udito, alla fine della fiera, mi peggiori ulteriormente.
Comunque ho ancora 3 pasticche/giorni di antibiotico da prendere che mi durerà fino a martedì 26: mercoledì 27, a meno di miracoli natalizi, tornerò dalla mia dottoressa per rifare il punto della situazione. Speriamo bene...
Conclusione: cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno: se divento sordo mi risparmierò di ascoltare un sacco di ca#### che la gente dice... sigh...
Aggiornamento (24/12): sfortunatamente nel corso della giornata sono peggiorato: è tornata a farmi male la tonsilla destra anche se non ho né tosse, né mal di gola né raffreddore. L'orecchio destro sempre tappato e, a momenti, un po' dolorante.
Aggiornamento (25/12): in mattinata la tonsilla smette di farmi male; l'orecchio è sempre tappato.
Aggiornamento (26/12): l'orecchio è stappato e, per la prima volta dopo molti giorni, ho la sensazioni di sentirmi bene. Nel pomeriggio però l'orecchio si ritappa. In serata nuove fitte (rare e di scarsa intensità) alla testa.
Come scrissi nel corto Sono uno mercoledì 13 dicembre, circa due settimane fa, probabilmente intorno a lunedì/martedì 11 o 12 dicembre mi sono leggermente ammalato.
Una tossicina insulsa che, probabilmente, ho pure sottovalutato ignorandola del tutto. A questa, nei giorni successivi, si è unita anche una leggera febbre: la febbre proprio non la sento e mi accorgo di averla solo perché divento ipersensibile a tutte le minime correnti d'aria.
All'inizio della settimana successiva, diciamo il 18 dicembre, la febbre mi era scomparsa ma perdurava la tossettina che si manifestava in violenti colpi di tosse soprattutto a sera e di notte per poi sparire quasi del tutto per il resto della giornata.
Improvvisamente, diciamo lunedì 18 dicembre giorno più giorno meno, mi si è “tappato” l'orecchio destro. Nonostante che la fastidiosa novità fosse un sintomo mai avuto prima non mi sono preoccupato molto e davo per scontato che si sarebbe risolto da solo appena la tosse fosse scomparsa del tutto (continuavo a non avere raffreddore).
La notte però mi sentivo le tonsille “gonfie”: cioè non mi facevano male come quando sono normalmente irritate ma avevo la sensazione, soprattutto alla destra, che fosse gonfia un dolore non intenso e acuto ma di fondo e persistente a cui, ad esempio, non dava sollievo inghiottire.
Nei giorni successivi, diciamo martedì 19, all'orecchio tappato si è aggiunto un lievissimo dolorino allo stesso: non costante ma brevissime fitte di media intensità che mi facevano scappare un “ahi!” ed erano subito passate. A questo punto ho iniziato però a preoccuparmi.
Già cinque anni prima infatti, a settembre del 2012 (grazie viario!), avevo avuto un dolore all'orecchio destro poi trasferitosi al sinistro che, praticamente, non avevo curato: il risultato fu un sostanziale incremento del numero e intensità dei miei acufeni che, grossomodo, si tradusse di una riduzione permanente dell'udito direi, a occhio, del 10%.
Non sentivo più il suono della pioggia con la finestra chiusa o il ronzio delle zanzare (se non mi entrano nell'orecchio) ma non avevo grossi problemi a sentire e capire ciò che mi veniva detto: frequenze diverse dai miei acufeni suppongo. L'udito di per sé non mi era peggiorato molto ma avevo problemi con i suoni coperti dai miei acufeni...
Tornando ai nostri giorni avevo quindi paura che l'abbassamento di udito all'orecchio destro divenisse permanente: questa volta la perdita sarebbe più sostanziale, direi sul 30% che significa dover far ripetere spesso al proprio interlocutore qualche parola...
La sera di mercoledì 20 (perché tutti i miei sintomi peggiorano a sera) i dolorini all'orecchio diventano più frequenti e intensi. Così giovedì 21 vado dalla mia dottoressa di base.
Le racconto brevemente la situazione, lei dà un'occhiata alle tonsille e all'orecchio destro e subito sentenzia che si tratta di un'infezione che mi è passata dalla gola all'orecchio interno: mi prescrive quindi un antibiotico per sei giorni e mi suggerisce di tenere al caldo l'orecchio.
E meno male che mi ero deciso ad andare a farmi vedere! La sera infatti i dolori divengono più intensi e fitte analoghe per intensità e frequenza si diffondono anche alla destra della testa, in zone vicine all'orecchio. Solo a metà nottata la prima pasticca di antibiotico inizia a farmi effetto e io riesco a dormire.
In genere gli antibiotici mi funzionano benissimo e dopo pochi giorni sto subito meglio ma questa volta non è stato così.
Venerdì 22, sempre a sera, le fitte alla testa erano ancora più forti ma forse dipendeva anche dalla stanchezza perché appena sono andato a letto mi sono sparite completamente.
Sabato 23 solo tossendo ho sentito male anche alla testa (sempre alla parte destra della stessa, più o meno vicino all'orecchio). Ma l'orecchio è ancora “tappato” e da questo punto di vista la situazione non è assolutamente migliorata: io ho sempre più paura che l'udito, alla fine della fiera, mi peggiori ulteriormente.
Comunque ho ancora 3 pasticche/giorni di antibiotico da prendere che mi durerà fino a martedì 26: mercoledì 27, a meno di miracoli natalizi, tornerò dalla mia dottoressa per rifare il punto della situazione. Speriamo bene...
Conclusione: cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno: se divento sordo mi risparmierò di ascoltare un sacco di ca#### che la gente dice... sigh...
Aggiornamento (24/12): sfortunatamente nel corso della giornata sono peggiorato: è tornata a farmi male la tonsilla destra anche se non ho né tosse, né mal di gola né raffreddore. L'orecchio destro sempre tappato e, a momenti, un po' dolorante.
Aggiornamento (25/12): in mattinata la tonsilla smette di farmi male; l'orecchio è sempre tappato.
Aggiornamento (26/12): l'orecchio è stappato e, per la prima volta dopo molti giorni, ho la sensazioni di sentirmi bene. Nel pomeriggio però l'orecchio si ritappa. In serata nuove fitte (rare e di scarsa intensità) alla testa.
lunedì 18 dicembre 2017
La legge dalla parte dei forti
[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 0.4.1 "Morrigan").
Mi rendo conto che spesso molti fatti che do per scontati non lo sono o, comunque, non per tutti.
Rileggendo l'epitome ([E] 17.2) ad esempio ho notato che do per evidente, appurata e certa la tendenza della legge a tutelare i parapoteri a scapito, ovviamente, della democratastenia.
La mia certezza deriva semplicemente dalla lettura della cronaca quotidiana: impossibile quindi fare degli esempi basandomi solo sulla mia memoria perché, in questo caso, quel che ricordo è solo un miscuglio superficiale di quanto letto, più una sensazione che dati specifici.
Ieri però mi sono imbattuto in un esempio cospicuo di questo fenomeno e ho quindi deciso di scriverci un pezzo.
Dopo molti mesi ho deciso di iniziare una nuova partita a “King Crusader II” della Paradox e, immediatamente, si è aperta una finestra che mi chiedeva di accettare delle nuove condizioni di utilizzo del programma oppure di smettere di giocarci.
Uno dei punti delle condizioni è il seguente:
«13. Noi potremo aggiornare questa EULA di tanto in tanto pubblicandone la comunicazione ben visibile sul nostro sito. L'uso continuato del gioco dopo la pubblicazione dei cambiamenti significa che accettate di essere legalmente vincolati dalla EULA aggiornata e corretta.»
In realtà questa versione del contratto che ho trovato non è aggiornata ed è ancora quella del 2016. Nelle versione successive l'accettazione delle nuove condizioni di utilizzo non è più implicita ma esplicita: come spiegato appare una finestra che chiede di accettare la nuova versione o smettere di utilizzare il prodotto.
Non sono un esperto di legge ma mi pare ci siano due aspetti da sottolineare:
1. la clausola non pone limiti al tipo di modifiche permesse al contratto (*1).
2. se non si accettano le nuove condizioni non è possibile ottenere un rimborso.
L'insieme di questi due punti indicano che la compagnia si riserva un ampissimo potere nei confronti dei singoli utenti visto che, in pratica, può imporre loro qualsiasi modifica contrattuale. In parte anche perché il gioco richiede un significativo esborso economico per essere acquistato: in questo momento (vedi QUI per listino e per la vecchia EULA), con l'usuale sconto del 15%, il gioco costerebbe 268,12€.
Difficile quindi rinunciare a un acquisto così oneroso, più facile invece accettare il “rospo” di qualche nuova clausola anche se sgradita e/o invadente.
Giova poi ricordare che stiamo parlando di un gioco e quindi (anche se forse non in questo specifico caso!) che la maggioranza degli utenti sono minorenni e, per questo, andrebbero ancor più tutelati.
Condizioni di utilizzo con clausole come quella usata dalla Paradox sfortunatamente sono molto comuni. Personalmente io le considero ingiuste ma, evidentemente, per la legge sono ammissibili.
Non dubito che condizioni simili siano presenti anche in molti altri tipi di servizi anche se, per quel poco che ne so, in genere esiste almeno il diritto di recesso che permette all'utente di rescindere il contratto senza spese: ma personalmente ritengo che anche in questo caso la legge permetta alle compagnie di avere una posizione di eccessiva forza nei confronti dei loro utenti.
Questo è a mio avviso una palese ingiustizia: forse non tutti la trovano tale solo perché ormai siamo assuefatti a questo tipo di abusi.
Eppure se pensiamo a un normale contratto fra persone comuni difficilmente accetteremmo simili condizioni: ad esempio difficilmente firmeremmo il contratto di affitto di una casa che permette al locatore di cambiare in qualsiasi momento le condizioni di utilizzo tenendosi poi la caparra di 6 mesi. Anzi non sono neppure sicuro (*2) se un contratto con simili condizioni sarebbe ritenuto valido da un tribunale...
Come scritto nell'epitome ([E] 17.3) la legge tende alla giustizia quando media i contrasti fra comuni cittadini: i problemi sorgono nella gestione dei conflitti asimmetrici, quelli fra parapoteri e persone comuni. La legge, per sua natura ([E] 17.1), tende in questi casi a tutelare i forti a scapito dei deboli. E questo senza tener conto dell'asimmetria nell'accesso alla giustizia: le spese processuali sono significative per il singolo cittadino ma trascurabili per la grande azienda.
Conclusione: per curiosità proverò a chiedere a chi ne sa più di me...
Nota (*1): ad esempio limitandole a rendere possibili nuove funzionalità del gioco che necessitano di condivisione di dati privati come può essere per la partita multigiocatore in linea.
Nota (*2): anni fa un'amica mi accennò ai patti leonini e, forse, clausole di questo tipo potrebbero esservi assimilate visto che il vantaggio della condizione va tutto alla parte forte. Ma non ne ho idea...
Mi rendo conto che spesso molti fatti che do per scontati non lo sono o, comunque, non per tutti.
Rileggendo l'epitome ([E] 17.2) ad esempio ho notato che do per evidente, appurata e certa la tendenza della legge a tutelare i parapoteri a scapito, ovviamente, della democratastenia.
La mia certezza deriva semplicemente dalla lettura della cronaca quotidiana: impossibile quindi fare degli esempi basandomi solo sulla mia memoria perché, in questo caso, quel che ricordo è solo un miscuglio superficiale di quanto letto, più una sensazione che dati specifici.
Ieri però mi sono imbattuto in un esempio cospicuo di questo fenomeno e ho quindi deciso di scriverci un pezzo.
Dopo molti mesi ho deciso di iniziare una nuova partita a “King Crusader II” della Paradox e, immediatamente, si è aperta una finestra che mi chiedeva di accettare delle nuove condizioni di utilizzo del programma oppure di smettere di giocarci.
Uno dei punti delle condizioni è il seguente:
«13. Noi potremo aggiornare questa EULA di tanto in tanto pubblicandone la comunicazione ben visibile sul nostro sito. L'uso continuato del gioco dopo la pubblicazione dei cambiamenti significa che accettate di essere legalmente vincolati dalla EULA aggiornata e corretta.»
In realtà questa versione del contratto che ho trovato non è aggiornata ed è ancora quella del 2016. Nelle versione successive l'accettazione delle nuove condizioni di utilizzo non è più implicita ma esplicita: come spiegato appare una finestra che chiede di accettare la nuova versione o smettere di utilizzare il prodotto.
Non sono un esperto di legge ma mi pare ci siano due aspetti da sottolineare:
1. la clausola non pone limiti al tipo di modifiche permesse al contratto (*1).
2. se non si accettano le nuove condizioni non è possibile ottenere un rimborso.
L'insieme di questi due punti indicano che la compagnia si riserva un ampissimo potere nei confronti dei singoli utenti visto che, in pratica, può imporre loro qualsiasi modifica contrattuale. In parte anche perché il gioco richiede un significativo esborso economico per essere acquistato: in questo momento (vedi QUI per listino e per la vecchia EULA), con l'usuale sconto del 15%, il gioco costerebbe 268,12€.
Difficile quindi rinunciare a un acquisto così oneroso, più facile invece accettare il “rospo” di qualche nuova clausola anche se sgradita e/o invadente.
Giova poi ricordare che stiamo parlando di un gioco e quindi (anche se forse non in questo specifico caso!) che la maggioranza degli utenti sono minorenni e, per questo, andrebbero ancor più tutelati.
Condizioni di utilizzo con clausole come quella usata dalla Paradox sfortunatamente sono molto comuni. Personalmente io le considero ingiuste ma, evidentemente, per la legge sono ammissibili.
Non dubito che condizioni simili siano presenti anche in molti altri tipi di servizi anche se, per quel poco che ne so, in genere esiste almeno il diritto di recesso che permette all'utente di rescindere il contratto senza spese: ma personalmente ritengo che anche in questo caso la legge permetta alle compagnie di avere una posizione di eccessiva forza nei confronti dei loro utenti.
Questo è a mio avviso una palese ingiustizia: forse non tutti la trovano tale solo perché ormai siamo assuefatti a questo tipo di abusi.
Eppure se pensiamo a un normale contratto fra persone comuni difficilmente accetteremmo simili condizioni: ad esempio difficilmente firmeremmo il contratto di affitto di una casa che permette al locatore di cambiare in qualsiasi momento le condizioni di utilizzo tenendosi poi la caparra di 6 mesi. Anzi non sono neppure sicuro (*2) se un contratto con simili condizioni sarebbe ritenuto valido da un tribunale...
Come scritto nell'epitome ([E] 17.3) la legge tende alla giustizia quando media i contrasti fra comuni cittadini: i problemi sorgono nella gestione dei conflitti asimmetrici, quelli fra parapoteri e persone comuni. La legge, per sua natura ([E] 17.1), tende in questi casi a tutelare i forti a scapito dei deboli. E questo senza tener conto dell'asimmetria nell'accesso alla giustizia: le spese processuali sono significative per il singolo cittadino ma trascurabili per la grande azienda.
Conclusione: per curiosità proverò a chiedere a chi ne sa più di me...
Nota (*1): ad esempio limitandole a rendere possibili nuove funzionalità del gioco che necessitano di condivisione di dati privati come può essere per la partita multigiocatore in linea.
Nota (*2): anni fa un'amica mi accennò ai patti leonini e, forse, clausole di questo tipo potrebbero esservi assimilate visto che il vantaggio della condizione va tutto alla parte forte. Ma non ne ho idea...
domenica 17 dicembre 2017
È arrivata Morrigan!
Non si tratta della simpatica divinità della guerra celtica ma della nuova versione della mia Epitome!
Come al solito in questi ultimi giorni ho fatto uno sforzo finale dedicandoci più tempo e oggi, quasi improvvisamente, ho finito.
Come stabilito questa nuova versione è essenzialmente una revisione con principalmente correzioni della v. 0.4.0 “Leida”. Soltanto nei primi due capitoli ho aggiunto qualche nuovo concetto (e una tabella, mi pare) finendo anche per dividere il sottocapitolo 2.3 “Protomiti e realtà multisoggettiva” in due parti: il 2.3 “Il protomito” e il nuovo sottocapitolo 2.4 “La realtà multisoggettiva”.
Refusi veri e propri ne ho trovati pochi però ho comunque fatto tante piccole modifiche (in media direi un paio per pagina) sostituendo vocaboli o riscrivendo alcuni paragrafi.
Per qualche motivo mi erano poi “saltati” numerosi riferimenti interni ai vari capitoli: è stato molto noioso ma credo di averli ripristinati tutti.
Durante la revisione, come al solito, ho preso molti appunti su modifiche e idee per la prossima versione. Credo che dovrò aggiungere almeno un altro paio di capitoli ma ormai la versione 1.0.0 non è più troppo lontana: a meno di sconvolgimenti dovrebbe essere pronta nella prima metà del 2018... vedremo!
Come sempre la nuova versione è disponibile alla pagina Epitome.
Conclusione: non so quando inizierò a scrivere la nuova versione (la 0.5.0) ma credo presto. L'idea è però quella di tentare un diverso approccio: ovvero scrivere con più calma, diluendo nel tempo i miei sforzi. Però è ancora tutto da decidere...
Come al solito in questi ultimi giorni ho fatto uno sforzo finale dedicandoci più tempo e oggi, quasi improvvisamente, ho finito.
Come stabilito questa nuova versione è essenzialmente una revisione con principalmente correzioni della v. 0.4.0 “Leida”. Soltanto nei primi due capitoli ho aggiunto qualche nuovo concetto (e una tabella, mi pare) finendo anche per dividere il sottocapitolo 2.3 “Protomiti e realtà multisoggettiva” in due parti: il 2.3 “Il protomito” e il nuovo sottocapitolo 2.4 “La realtà multisoggettiva”.
Refusi veri e propri ne ho trovati pochi però ho comunque fatto tante piccole modifiche (in media direi un paio per pagina) sostituendo vocaboli o riscrivendo alcuni paragrafi.
Per qualche motivo mi erano poi “saltati” numerosi riferimenti interni ai vari capitoli: è stato molto noioso ma credo di averli ripristinati tutti.
Durante la revisione, come al solito, ho preso molti appunti su modifiche e idee per la prossima versione. Credo che dovrò aggiungere almeno un altro paio di capitoli ma ormai la versione 1.0.0 non è più troppo lontana: a meno di sconvolgimenti dovrebbe essere pronta nella prima metà del 2018... vedremo!
Come sempre la nuova versione è disponibile alla pagina Epitome.
Conclusione: non so quando inizierò a scrivere la nuova versione (la 0.5.0) ma credo presto. L'idea è però quella di tentare un diverso approccio: ovvero scrivere con più calma, diluendo nel tempo i miei sforzi. Però è ancora tutto da decidere...
sabato 16 dicembre 2017
Coraggiosa o ribelle?
Che differenza di significate c'è fra “coraggioso” e “ribelle”?
Vediamo cosa dice il vocabolario:
“Coraggioso → ardimentoso, intrepido, audace, impavido.”
Direi quindi che prevale un'idea di azione attiva e mancanza di paura. Quando pensavo alla mia definizione avevo in mente qualcosa del tipo “Colui che fa quello che è giusto fare indipendentemente dalle conseguenze personali anche se negative” che, riflettendoci, è la stessa definizione che detti per “eroismo”...
“Ribelle → che rifiuta l'obbedienza, che si ribella all'autorità.”
Definizione ineccepibile alla quale non ho niente da aggiungere.
Che ne pensate? Sono entrambi termini comunemente percepiti come positivi?
Non proprio: sicuramente “coraggioso” è un aggettivo con connotazioni esclusivamente positive ma altrettanto non si può dire per “ribelle”. Il “ribelle” è infatti percepito positivamente solo in circostanze particolari come quando, ad esempio, lo si usa per descrivere chi lotta contro una dittatura: in genere però prevale una sfumatura negativa, l'idea cioè che il “ribelle, a causa del suo egocentrismo, faccia quello che preferisce in barba alle convenzioni e, magari, anche alla legge. Il ribelle causa problemi alle persone “per bene”...
Complessivamente i due termini hanno poco in comune: l'unica relazione che vi vedo è che il ribelle, talvolta, deve anche essere coraggioso...
Ora vi racconterò una fiaba e alla fine, dopo quanto scritto, vedremo di stabilire se la protagonista è coraggiosa oppure una ribelle.
I genitori di una principessa, una ragazzina che ama solo cavalcare, tirare con l'arco e che odia le formalità sociali a cui il suo rango l'obbliga, decidono che è tempo che si sposi con il figlio di un importante nobile per rafforzare l'unione del regno.
Ci sono tre pretendenti, tutti però decisamente improbabili e, sicuramente, di nessun gradimento per la principessa.
La fanciulla decide quindi di fuggire nel bosco seguita solo dalla madre, la regina, che cerca di convincerla ad accettare le proprie responsabilità. Varie avventure contribuiscono a far parlare insieme le due donne che finalmente si capiscono e apprezzano di più.
Alla fine la principessa sarebbe disposta, anche per amore della madre, a sposare uno dei pretendenti ma è invece la regina che suggerisce che ogni nobile rampollo possa sposare chi vuole.
Temporaneo imbarazzo dei genitori ma poi tutti sono felici e contenti e la principessa, almeno per il momento, non sposa nessuno.
Credo che i lettori di prole muniti abbiano riconosciuto la trama della pellicola “Ribelle – The Brave” della Walt Disney (v. Ribelle – The brave su Wikipedia) purgata della strega, incantesimi e orsi. Il titolo originale “Brave” invece che con “coraggiosa” è stato tradotto con “ribelle”. Scelta condivisibile?
Apparentemente la protagonista è ribelle perché rifiuta l'autorità dei genitori mentre il suo coraggio non è altrettanto evidente.
In realtà però la sua ribellione è di quelle che richiedono coraggio: sicuramente il coraggio di opporsi alle tradizioni ma anche quello di scegliere il proprio destino. Stabilire ciò cosa si vuole (o, in questo caso, ciò che non si vuole) e attivarsi per ottenerlo.
L'argomento mi sta a cuore e ho scritto due pezzi (Scelte e decisioni e Puericultura base) proprio ribadendo che l'educazione infantile, sia scolastica che famigliare, dovrebbero essere incentrate su questo fondamentale aspetto di formazione del carattere.
Capire ciò che si vuole già di per sé non è facile: ancora più difficile è poi opporsi alla volontà dei genitori anche quando decidono per noi, per quello che presumono sia "il nostro bene". Eppure se le decisioni si subiscono e basta si corre il pericolo di ritrovarsi a vivere una vita che non ci appartiene e che, sostanzialmente, ci renderà infelici.
Dovendo quindi definire la principessa protagonista della pellicola sicuramente avrei optato per “coraggiosa” e non “ribelle”. Il suo essere “ribelle” è infatti solo la conseguenza del suo dovere di eseguire un imperativo morale che, almeno nella mia personale definizione, equivale a “coraggio”.
Oltretutto il cartone sul finale ci tiene a precisare quale sia il suo messaggio. Se la memoria non mi inganna dovrebbe essere: «Il nostro destino vive in noi: bisogna solo avere il coraggio di vederlo [o “volerlo”? Tenevo il volume basso...]»
Per questo la scelta dei traduttori italiani mi ha lasciato perplesso dato che mi sembra svilisca il significato più profondo della pellicola.
Una possibile spiegazione (ma è solo una mia ipotesi!) è la seguente: forse c'è stata la volontà di usare un aggettivo terminante in “e” (e non in “a”) in maniera da nascondere che la protagonista fosse una ragazza: perché forse in tal caso il cartone sarebbe stato ritenuto “per bambine” e avrebbe quindi avuto meno incassi. È un'ipotesi ma forse sono io troppo cervellotico e sospettoso: dopotutto si sarebbe potuto tradurre “brave” con “prode”. In definitiva la scelta del titolo italiano è probabilmente più dovuta a semplice sciatteria piuttosto che a profonde strategie psicologiche e commerciali...
Conclusione: un cartone molto piacevole e sicuramente meglio di Bianca & Bernie!
Vediamo cosa dice il vocabolario:
“Coraggioso → ardimentoso, intrepido, audace, impavido.”
Direi quindi che prevale un'idea di azione attiva e mancanza di paura. Quando pensavo alla mia definizione avevo in mente qualcosa del tipo “Colui che fa quello che è giusto fare indipendentemente dalle conseguenze personali anche se negative” che, riflettendoci, è la stessa definizione che detti per “eroismo”...
“Ribelle → che rifiuta l'obbedienza, che si ribella all'autorità.”
Definizione ineccepibile alla quale non ho niente da aggiungere.
Che ne pensate? Sono entrambi termini comunemente percepiti come positivi?
Non proprio: sicuramente “coraggioso” è un aggettivo con connotazioni esclusivamente positive ma altrettanto non si può dire per “ribelle”. Il “ribelle” è infatti percepito positivamente solo in circostanze particolari come quando, ad esempio, lo si usa per descrivere chi lotta contro una dittatura: in genere però prevale una sfumatura negativa, l'idea cioè che il “ribelle, a causa del suo egocentrismo, faccia quello che preferisce in barba alle convenzioni e, magari, anche alla legge. Il ribelle causa problemi alle persone “per bene”...
Complessivamente i due termini hanno poco in comune: l'unica relazione che vi vedo è che il ribelle, talvolta, deve anche essere coraggioso...
Ora vi racconterò una fiaba e alla fine, dopo quanto scritto, vedremo di stabilire se la protagonista è coraggiosa oppure una ribelle.
I genitori di una principessa, una ragazzina che ama solo cavalcare, tirare con l'arco e che odia le formalità sociali a cui il suo rango l'obbliga, decidono che è tempo che si sposi con il figlio di un importante nobile per rafforzare l'unione del regno.
Ci sono tre pretendenti, tutti però decisamente improbabili e, sicuramente, di nessun gradimento per la principessa.
La fanciulla decide quindi di fuggire nel bosco seguita solo dalla madre, la regina, che cerca di convincerla ad accettare le proprie responsabilità. Varie avventure contribuiscono a far parlare insieme le due donne che finalmente si capiscono e apprezzano di più.
Alla fine la principessa sarebbe disposta, anche per amore della madre, a sposare uno dei pretendenti ma è invece la regina che suggerisce che ogni nobile rampollo possa sposare chi vuole.
Temporaneo imbarazzo dei genitori ma poi tutti sono felici e contenti e la principessa, almeno per il momento, non sposa nessuno.
Credo che i lettori di prole muniti abbiano riconosciuto la trama della pellicola “Ribelle – The Brave” della Walt Disney (v. Ribelle – The brave su Wikipedia) purgata della strega, incantesimi e orsi. Il titolo originale “Brave” invece che con “coraggiosa” è stato tradotto con “ribelle”. Scelta condivisibile?
Apparentemente la protagonista è ribelle perché rifiuta l'autorità dei genitori mentre il suo coraggio non è altrettanto evidente.
In realtà però la sua ribellione è di quelle che richiedono coraggio: sicuramente il coraggio di opporsi alle tradizioni ma anche quello di scegliere il proprio destino. Stabilire ciò cosa si vuole (o, in questo caso, ciò che non si vuole) e attivarsi per ottenerlo.
L'argomento mi sta a cuore e ho scritto due pezzi (Scelte e decisioni e Puericultura base) proprio ribadendo che l'educazione infantile, sia scolastica che famigliare, dovrebbero essere incentrate su questo fondamentale aspetto di formazione del carattere.
Capire ciò che si vuole già di per sé non è facile: ancora più difficile è poi opporsi alla volontà dei genitori anche quando decidono per noi, per quello che presumono sia "il nostro bene". Eppure se le decisioni si subiscono e basta si corre il pericolo di ritrovarsi a vivere una vita che non ci appartiene e che, sostanzialmente, ci renderà infelici.
Dovendo quindi definire la principessa protagonista della pellicola sicuramente avrei optato per “coraggiosa” e non “ribelle”. Il suo essere “ribelle” è infatti solo la conseguenza del suo dovere di eseguire un imperativo morale che, almeno nella mia personale definizione, equivale a “coraggio”.
Oltretutto il cartone sul finale ci tiene a precisare quale sia il suo messaggio. Se la memoria non mi inganna dovrebbe essere: «Il nostro destino vive in noi: bisogna solo avere il coraggio di vederlo [o “volerlo”? Tenevo il volume basso...]»
Per questo la scelta dei traduttori italiani mi ha lasciato perplesso dato che mi sembra svilisca il significato più profondo della pellicola.
Una possibile spiegazione (ma è solo una mia ipotesi!) è la seguente: forse c'è stata la volontà di usare un aggettivo terminante in “e” (e non in “a”) in maniera da nascondere che la protagonista fosse una ragazza: perché forse in tal caso il cartone sarebbe stato ritenuto “per bambine” e avrebbe quindi avuto meno incassi. È un'ipotesi ma forse sono io troppo cervellotico e sospettoso: dopotutto si sarebbe potuto tradurre “brave” con “prode”. In definitiva la scelta del titolo italiano è probabilmente più dovuta a semplice sciatteria piuttosto che a profonde strategie psicologiche e commerciali...
Conclusione: un cartone molto piacevole e sicuramente meglio di Bianca & Bernie!
Sogno/allucinazione
Continuo a essere veramente mezzo e mezzo: non proprio malato ma neanche sano.
Stanotte ho avuto una specie di sogno/allucinazione (io ero un po' sveglio ma non del tutto) che si è ripetuto fino a quando non mi sono alzato.
Il protagonista era il padre di un mio amico che si trovava di fronte a una serie di scelte tutte negative: il sogno consisteva nel visualizzarle una a una per poi ricominciare da capo.
Ora non ricordo più i dettagli ma c'era anche a un punteggio che variava in base alle azioni compiute.
Non era un incubo perché non faceva paura, però era estenuante perché mi impediva di dormire...
Conclusione: forse avevo un po' di febbre?
Cariatide - 20/12/2017
Conoscevo già il termine “cariatide” nel significato sia di statua femminile usata come colonna che di persona anziana ma non la sua etimologia.
Ho scoperto che “cariatide” deriva da “Caria”, una regione costiera dell'Anatolia, da cui gli ateniesi avevano condotto in patria delle prigioniere che erano stata poi rappresentate come statue/colonne in un tempio. Gli altri significati si basano sulla similitudine con l'immobilità delle statue.
Un anziano che sta fermo immobile seduto su una sedia può, ad esempio, esser definito “una cariatide”.
La cosa buffa è che da bambino (beh, in realtà fino a qualche giorno fa!) pensavo che “cariatide” derivasse da “carotide” e che, quindi, un anziano con le vene in rilievo e ben visibili sulla pelle venisse per questo definito “una cariatide”!
Indagine - 20/12/2017
Dal marzo 2013 esercito la memoria imparando il significato dei vocaboli che incontro nei libri che leggo (v. il paragrafo conclusivo di Ank'io) e, inevitabilmente, alcune di questi finiscono per entrare a far parte del mio vocabolario: dopotutto, secondo il programma, oramai conosco in maniera “matura” ben 687 nuove parole...
Volevo quindi provare a fare una stima del mio uso dei nuovi termini che ho appreso semplicemente contando il numero di volte che questi appaiono nei miei pezzi (*1).
L'idea è rileggere tre pezzi ad aprile 2013 (mi aspetto un bello zero), poi a settembre 2013, aprile 2014 e così via. Magari escludendo i corti, racconti e poesie che potrebbero avere una percentuale anomala di termine più “ricercati”.
Conclusione: cosa verrà fuori? Sono curioso...
Nota (*1): tanto li riconosco perché ne so a memoria la definizione!
Bisba non salta dalla finestra! - 25/12/2017
Infatti mangia anche la minestra!
E non intendo una leccatina disgustata ma una quantità discreta di minestra di verdure, con un filo di parmigiano... e le è piaciuta anche parecchio: poi si è messa di impegno a leccare la scodella vuota...
Che mangia anche le croste di pecorino e le bruciate l'ho già scritto vero?
Dieta disintossicante - 29/12/2017
Una mia idea: da ieri sera assumo solo liquidi. Succhi di frutta, latte, spremute, tè...
Idem oggi. Domani dovrei tornare alla mia normalità.
Una controindicazione, credo causata dalle tante vitamine dei succhi, è che stanotte non ho chiuso occhio e ho dormito appena quattro ore. Comunque sono ipervispo e per nulla stanco!
Stanotte ho avuto una specie di sogno/allucinazione (io ero un po' sveglio ma non del tutto) che si è ripetuto fino a quando non mi sono alzato.
Il protagonista era il padre di un mio amico che si trovava di fronte a una serie di scelte tutte negative: il sogno consisteva nel visualizzarle una a una per poi ricominciare da capo.
Ora non ricordo più i dettagli ma c'era anche a un punteggio che variava in base alle azioni compiute.
Non era un incubo perché non faceva paura, però era estenuante perché mi impediva di dormire...
Conclusione: forse avevo un po' di febbre?
Cariatide - 20/12/2017
Conoscevo già il termine “cariatide” nel significato sia di statua femminile usata come colonna che di persona anziana ma non la sua etimologia.
Ho scoperto che “cariatide” deriva da “Caria”, una regione costiera dell'Anatolia, da cui gli ateniesi avevano condotto in patria delle prigioniere che erano stata poi rappresentate come statue/colonne in un tempio. Gli altri significati si basano sulla similitudine con l'immobilità delle statue.
Un anziano che sta fermo immobile seduto su una sedia può, ad esempio, esser definito “una cariatide”.
La cosa buffa è che da bambino (beh, in realtà fino a qualche giorno fa!) pensavo che “cariatide” derivasse da “carotide” e che, quindi, un anziano con le vene in rilievo e ben visibili sulla pelle venisse per questo definito “una cariatide”!
Indagine - 20/12/2017
Dal marzo 2013 esercito la memoria imparando il significato dei vocaboli che incontro nei libri che leggo (v. il paragrafo conclusivo di Ank'io) e, inevitabilmente, alcune di questi finiscono per entrare a far parte del mio vocabolario: dopotutto, secondo il programma, oramai conosco in maniera “matura” ben 687 nuove parole...
Volevo quindi provare a fare una stima del mio uso dei nuovi termini che ho appreso semplicemente contando il numero di volte che questi appaiono nei miei pezzi (*1).
L'idea è rileggere tre pezzi ad aprile 2013 (mi aspetto un bello zero), poi a settembre 2013, aprile 2014 e così via. Magari escludendo i corti, racconti e poesie che potrebbero avere una percentuale anomala di termine più “ricercati”.
Conclusione: cosa verrà fuori? Sono curioso...
Nota (*1): tanto li riconosco perché ne so a memoria la definizione!
Bisba non salta dalla finestra! - 25/12/2017
Infatti mangia anche la minestra!
E non intendo una leccatina disgustata ma una quantità discreta di minestra di verdure, con un filo di parmigiano... e le è piaciuta anche parecchio: poi si è messa di impegno a leccare la scodella vuota...
Che mangia anche le croste di pecorino e le bruciate l'ho già scritto vero?
Dieta disintossicante - 29/12/2017
Una mia idea: da ieri sera assumo solo liquidi. Succhi di frutta, latte, spremute, tè...
Idem oggi. Domani dovrei tornare alla mia normalità.
Una controindicazione, credo causata dalle tante vitamine dei succhi, è che stanotte non ho chiuso occhio e ho dormito appena quattro ore. Comunque sono ipervispo e per nulla stanco!
giovedì 14 dicembre 2017
Timoleone
Ho ripreso a leggere Plutarco ed è stato il turno di un altro, per me, illustre sconosciuto: Timoleone.
Uno dei motivi per cui leggo Plutarco è la speranza di riuscire a identificare il famoso condottiero, abilissimo ma sfortunato, di cui mi parlò tanti anni fa mio zio (v. 4 aneddoti e 1 domanda): ho infatti la sensazione che Le Vite Parallele potrebbero essere state la sua fonte.
Ma anche stavolta questa mia speranza è andata delusa: al contrario del personaggio che speravo di trovare, Timoleone fu sempre fortunato in battaglia e, particolare molto significativo, lui stesso si ritenne tale...
Timoleone era un nobile corinzio e questo è già un fatto curioso: nel poco di storia greca che ho letto la maggior parte dei protagonisti erano ateniesi o spartani con l'eccezione del tebano Epaminonda.
In realtà ciò non è un caso: i grandi personaggi possono nascere ovunque ma hanno la possibilità di raggiungere il proprio massimo potenziale solo se sono in un ambiente favorevole. Nell'antica Grecia ciò equivaleva a nascere ad Atene e, in misura minore, a Sparta, oggi invece significa nascere negli USA e, in misura minore, in un'altra nazione importante.
Solo un ambiente ricco di possibilità permette alla persona dotata di cogliere le opportunità che altrove non potrebbe trovare. Erroneamente ci si illude che con la sola forza delle proprie capacità ogni uomo abbia in mano il proprio destino: non è così. Determinante è la fortuna: data in primo luogo dalla nascita: nascere in una famiglia ricca e in una nazione potente dà molte più possibilità di qualsiasi capacità innata.
Che Timoleone fosse di Corinto mi ha quindi sorpreso perché tale città, schiacciata fra Sparta e Atene, era sempre stata relativamente marginale.
Forse proprio per questo della vita di Timoleone si sa molto poco: Corinto, anche alle persone molto capaci, non offriva troppe possibilità/opportunità di mettersi in luce.
Plutarco della gioventù di Timoleone ci riporta un unico episodio: durante una battaglia aveva rischiato la propria vita per salvare il fratello caduto a terra e circondato dai nemici; successivamente però, quando il fratello minacciò di divenire tiranno di Corinto, Timoleone sarà fra i sicari che lo uccidono per amore della libertà. Per circa i venti anni successivi rimarrà poi ai margini della scena politica della città.
Quando però Siracusa, colonia di Corinto, chiederà aiuto alla propria città di origine, i corinzi sceglieranno proprio Timoleone per guidare tale spedizione.
Non è chiaro perché la scelta ricada su di lui: ipotizzo che fosse lo stesso Timoleone a cercare di ottenere il comando perché tale missione era in verità disperata e dubito che l'esserne a capo fosse un incarico ambito: forse Timoleone vi riconosceva invece un'opportunità...
Timoleone (siamo nel 344 a.C.) salpa quindi per la Sicilia alla guida di una piccola spedizione di 10 navi. Siracusa è assediata da Icete, dittatore o aspirante tale (*1), che ha l'appoggio dei cartaginesi che controllano la parte occidentale dell'isola.
Eppure, nonostante l'inferiorità di uomini, Timoleone non solo riesce a liberare Siracusa ma, con coraggio e fortuna, scaccia anche i tiranni che signoreggiano sulle altre città greche dell'isola.
È proprio durante questa seconda fase della campagna che Timoleone ottiene la sua più grande vittoria: con un piccolo contingente di circa 6.000 uomini sconfigge un imponente esercito cartaginese di 70.000 (*2). Anche in questa impresa la buona sorte favorisce Timoleone egli si affretta infatti verso l'esercito avversario e lo incontra proprio mentre sta cercando di guadare un fiume: qui ha il coraggio di cogliere l'occasione e di iniziare la battaglia. Durante la stessa poi si scatena un nubifragio con l'acqua che gonfia il fiume e col vento che soffia contro i cartaginesi.
La vittoria è totale e, anzi, ferma l'espansione cartaginese in Sicilia.
Si tratta a mio parere di uno di quegli snodi della storia che sembrano architettati a tavolino dal destino, in barba alle probabilità, e che hanno poi effetti decisivi sul corso della storia. Mi chiedo infatti se Roma avrebbe potuto sconfiggere i cartaginesi se questi avessero avuto il totale controllo della Sicilia come sembravano avviati a ottenere prima dell'arrivo di Timoleone...
Timoleone, pacificata l'isola, non torna a Corinto ma si stabilisce a Siracusa dove lo raggiunge la sua famiglia. Anche questa mi sembra una decisione molto significativa: io la leggo come una rivincita nei confronti della propria città natale che l'aveva per anni emarginato.
A Siracusa Timoleone porta la democrazia (o almeno quello che Plutarco intende con tale nome!) ma non ricopre ruoli pubblici: nondimeno è tenuto in altissima stima dalla popolazione che, ad esempio, nei processi più complessi corre a chiedere il suo parere sulla questione.
È notevole che Timoleone riconoscesse il ruolo della fortuna nei suoi successi: molti grandi personaggi si illudono invece di essere loro enormemente capaci e sovrastimano le proprie capacità.
Scrive Plutarco: «...queste [imprese] furono opera non di fortuna ma di virtù fortunata; benché egli ogni suo buon fatto riducesse al favore di fortuna... ...[Timoleone] disse sovente, che sapeva grado a Dio, il quale volendo liberar dal giogo la Sicilia si servì del suo nome.» (*3)
Degna di menzione è un aneddoto che vede Timoleone ormai anziano e cieco citato in tribunale dalle accuse di due calunniatori.
In Fabio Max scrissi: «Un inciso: leggendo queste biografie di Plutarco appare chiaro che chi diviene potente, indipendentemente da come governa e dalle specifiche scelte, si fa dei nemici. Qualsiasi decisione infatti ha conseguenze favorevoli per qualcuno e sfavorevoli per altri: se è buona gli effetti positivi saranno molto maggiori dei negativi che però si avranno comunque quasi sempre. È impossibile fare tutti contenti e c'è sempre qualcuno pronto ad approfittarne.»
E lo stesso Plutarco qui spiega: «...ma... ...ogni reggimento popolare di città ha il suo calunniatore, si trovarono in Siracusa due sommovitori di popolo, Lapistio e Demeneto, i quali s'opposero a Timoleone. E quando Lapistio lo citò a comparire in giudizio a certo giorno, e tumultuavano i cittadini per impedire la dichiarazione del giorno, Timoleone gli pregava che non facessero strepitio, dicendo d'essersi sottomesso volentieri a tante fatiche e perigli, acciò qualunque siracusano volesse, potesse usare la libertà delle leggi. E avendo Demeneto dategli molte accuse in pubblico sopra l'amministrazione della sua condotta, nulla [Timoleone] rispose alle accuse, sol disse di ringraziare gl'Iddii, che avessero le sue preghiere esaudite, di poter vedere un giorno i Siracusani in piena libertà di poter dire arditamente ciò che volevano.» (*3)
Non posso fare a meno di confrontare ammirato l'amore di Timoleone per la libertà con l'alterigia e l'ipocrisia di vari politici italiani (di cui non starò a fare i soliti nomi) che invece cercano di imbavagliare la nostra libertà d'opinione con scuse speciose (*4).
Conclusione: la prossima vita è quella di Paolo Emilio: sarà la volta buona?
Nota (*1): Plutarco spiega anche la sua parentela con Dionisio ma io mi sono perso!
Nota (*2): è possibile che Plutarco esageri le cifre ma sicuramente dovette trattarsi di una battaglia fra forze impari.
Nota (*3): da le “Vite parallele” di Plutarco, Salani Editore, 1963 (trad. Marcello Adriani)
Nota (*4): vedi le bufale. Vedi ad esempio i corti Conati di legge, Testo liberticida, Antibufale o censura? e comunque la maggior parte dei pezzi col marcatore “Libertà”...
Uno dei motivi per cui leggo Plutarco è la speranza di riuscire a identificare il famoso condottiero, abilissimo ma sfortunato, di cui mi parlò tanti anni fa mio zio (v. 4 aneddoti e 1 domanda): ho infatti la sensazione che Le Vite Parallele potrebbero essere state la sua fonte.
Ma anche stavolta questa mia speranza è andata delusa: al contrario del personaggio che speravo di trovare, Timoleone fu sempre fortunato in battaglia e, particolare molto significativo, lui stesso si ritenne tale...
Timoleone era un nobile corinzio e questo è già un fatto curioso: nel poco di storia greca che ho letto la maggior parte dei protagonisti erano ateniesi o spartani con l'eccezione del tebano Epaminonda.
In realtà ciò non è un caso: i grandi personaggi possono nascere ovunque ma hanno la possibilità di raggiungere il proprio massimo potenziale solo se sono in un ambiente favorevole. Nell'antica Grecia ciò equivaleva a nascere ad Atene e, in misura minore, a Sparta, oggi invece significa nascere negli USA e, in misura minore, in un'altra nazione importante.
Solo un ambiente ricco di possibilità permette alla persona dotata di cogliere le opportunità che altrove non potrebbe trovare. Erroneamente ci si illude che con la sola forza delle proprie capacità ogni uomo abbia in mano il proprio destino: non è così. Determinante è la fortuna: data in primo luogo dalla nascita: nascere in una famiglia ricca e in una nazione potente dà molte più possibilità di qualsiasi capacità innata.
Che Timoleone fosse di Corinto mi ha quindi sorpreso perché tale città, schiacciata fra Sparta e Atene, era sempre stata relativamente marginale.
Forse proprio per questo della vita di Timoleone si sa molto poco: Corinto, anche alle persone molto capaci, non offriva troppe possibilità/opportunità di mettersi in luce.
Plutarco della gioventù di Timoleone ci riporta un unico episodio: durante una battaglia aveva rischiato la propria vita per salvare il fratello caduto a terra e circondato dai nemici; successivamente però, quando il fratello minacciò di divenire tiranno di Corinto, Timoleone sarà fra i sicari che lo uccidono per amore della libertà. Per circa i venti anni successivi rimarrà poi ai margini della scena politica della città.
Quando però Siracusa, colonia di Corinto, chiederà aiuto alla propria città di origine, i corinzi sceglieranno proprio Timoleone per guidare tale spedizione.
Non è chiaro perché la scelta ricada su di lui: ipotizzo che fosse lo stesso Timoleone a cercare di ottenere il comando perché tale missione era in verità disperata e dubito che l'esserne a capo fosse un incarico ambito: forse Timoleone vi riconosceva invece un'opportunità...
Timoleone (siamo nel 344 a.C.) salpa quindi per la Sicilia alla guida di una piccola spedizione di 10 navi. Siracusa è assediata da Icete, dittatore o aspirante tale (*1), che ha l'appoggio dei cartaginesi che controllano la parte occidentale dell'isola.
Eppure, nonostante l'inferiorità di uomini, Timoleone non solo riesce a liberare Siracusa ma, con coraggio e fortuna, scaccia anche i tiranni che signoreggiano sulle altre città greche dell'isola.
È proprio durante questa seconda fase della campagna che Timoleone ottiene la sua più grande vittoria: con un piccolo contingente di circa 6.000 uomini sconfigge un imponente esercito cartaginese di 70.000 (*2). Anche in questa impresa la buona sorte favorisce Timoleone egli si affretta infatti verso l'esercito avversario e lo incontra proprio mentre sta cercando di guadare un fiume: qui ha il coraggio di cogliere l'occasione e di iniziare la battaglia. Durante la stessa poi si scatena un nubifragio con l'acqua che gonfia il fiume e col vento che soffia contro i cartaginesi.
La vittoria è totale e, anzi, ferma l'espansione cartaginese in Sicilia.
Si tratta a mio parere di uno di quegli snodi della storia che sembrano architettati a tavolino dal destino, in barba alle probabilità, e che hanno poi effetti decisivi sul corso della storia. Mi chiedo infatti se Roma avrebbe potuto sconfiggere i cartaginesi se questi avessero avuto il totale controllo della Sicilia come sembravano avviati a ottenere prima dell'arrivo di Timoleone...
Timoleone, pacificata l'isola, non torna a Corinto ma si stabilisce a Siracusa dove lo raggiunge la sua famiglia. Anche questa mi sembra una decisione molto significativa: io la leggo come una rivincita nei confronti della propria città natale che l'aveva per anni emarginato.
A Siracusa Timoleone porta la democrazia (o almeno quello che Plutarco intende con tale nome!) ma non ricopre ruoli pubblici: nondimeno è tenuto in altissima stima dalla popolazione che, ad esempio, nei processi più complessi corre a chiedere il suo parere sulla questione.
È notevole che Timoleone riconoscesse il ruolo della fortuna nei suoi successi: molti grandi personaggi si illudono invece di essere loro enormemente capaci e sovrastimano le proprie capacità.
Scrive Plutarco: «...queste [imprese] furono opera non di fortuna ma di virtù fortunata; benché egli ogni suo buon fatto riducesse al favore di fortuna... ...[Timoleone] disse sovente, che sapeva grado a Dio, il quale volendo liberar dal giogo la Sicilia si servì del suo nome.» (*3)
Degna di menzione è un aneddoto che vede Timoleone ormai anziano e cieco citato in tribunale dalle accuse di due calunniatori.
In Fabio Max scrissi: «Un inciso: leggendo queste biografie di Plutarco appare chiaro che chi diviene potente, indipendentemente da come governa e dalle specifiche scelte, si fa dei nemici. Qualsiasi decisione infatti ha conseguenze favorevoli per qualcuno e sfavorevoli per altri: se è buona gli effetti positivi saranno molto maggiori dei negativi che però si avranno comunque quasi sempre. È impossibile fare tutti contenti e c'è sempre qualcuno pronto ad approfittarne.»
E lo stesso Plutarco qui spiega: «...ma... ...ogni reggimento popolare di città ha il suo calunniatore, si trovarono in Siracusa due sommovitori di popolo, Lapistio e Demeneto, i quali s'opposero a Timoleone. E quando Lapistio lo citò a comparire in giudizio a certo giorno, e tumultuavano i cittadini per impedire la dichiarazione del giorno, Timoleone gli pregava che non facessero strepitio, dicendo d'essersi sottomesso volentieri a tante fatiche e perigli, acciò qualunque siracusano volesse, potesse usare la libertà delle leggi. E avendo Demeneto dategli molte accuse in pubblico sopra l'amministrazione della sua condotta, nulla [Timoleone] rispose alle accuse, sol disse di ringraziare gl'Iddii, che avessero le sue preghiere esaudite, di poter vedere un giorno i Siracusani in piena libertà di poter dire arditamente ciò che volevano.» (*3)
Non posso fare a meno di confrontare ammirato l'amore di Timoleone per la libertà con l'alterigia e l'ipocrisia di vari politici italiani (di cui non starò a fare i soliti nomi) che invece cercano di imbavagliare la nostra libertà d'opinione con scuse speciose (*4).
Conclusione: la prossima vita è quella di Paolo Emilio: sarà la volta buona?
Nota (*1): Plutarco spiega anche la sua parentela con Dionisio ma io mi sono perso!
Nota (*2): è possibile che Plutarco esageri le cifre ma sicuramente dovette trattarsi di una battaglia fra forze impari.
Nota (*3): da le “Vite parallele” di Plutarco, Salani Editore, 1963 (trad. Marcello Adriani)
Nota (*4): vedi le bufale. Vedi ad esempio i corti Conati di legge, Testo liberticida, Antibufale o censura? e comunque la maggior parte dei pezzi col marcatore “Libertà”...
martedì 12 dicembre 2017
Solita panoramica sul campionato
Per riprendere un po' il mio usuale ritmo di scrittura voglio tornare su un argomento “facile” anche se, forse, farò storcere la bocca ai miei lettori più assidui: il campionato di calcio.
Semplicemente mi limiterò a rifare l'usuale panoramica (v. anche Napolie Juventus e..., Alla vigilia della 12° giornata, etc...) sulle principali squadre o che, comunque, seguo per ragioni diverse.
Napoli: la crisi fisica/psicologica è arrivata con un paio di mesi di anticipo su quanto avevo in mente. La sfortunata esclusione dalla Champions ha tolto sicurezze e gli infortuni contribuiscono a ridurre la brillantezza della squadra. Come abbiamo più volte ripetuto la squadra di Sarri deve essere al massimo per vincere le partite e in questo momento non è così: la domanda è se riuscirà a riprendersi perché altrimenti rischia di perdere altre posizioni. Per il mercato si fa un gran parlare di Inglese: non ne capisco il motivo dato che non mi sembra un giocatore che sposti gli equilibri della squadra..
Milan: ancora non ho visto giocare il Milan di Gattuso quindi non mi posso pronunciare su eventuali miglioramenti rispetto a Montella. Ribadisco la mia sensazione ovvero che Gattuso sia un sergente che faccia correre il suo plotone ma non uno stratega: temo che il Milan non sia la squadra adatta a questo tipo di allenatore, ma vedremo...
Juventus: intanto ha sorpassato con un paio di mesi di anticipo sul previsto il Napoli. Ho visto Juventus-Inter e la squadra di Allegri mi è parsa nettamente superiore: con un filo di fortuna avrebbe potuto vincere. Credo che nella seconda parte del campionato la Juventus riuscirà a riprendere e sorpassare anche l'Inter.
Inter: Spalletti sta facendo miracoli: in squadra ha 3, forse 4, giocatori fortissimi mentre i rimanenti sono normali (*1). Il livello complessivo è quindi discreto/buono ma in teoria non dovrebbe essere in grado di competere per i primi posti (fin dalla mia prima previsione avevo considerato l'Inter come la prima delle inseguitrici ma nettamente dietro a Napoli e Juventus) eppure adesso è davanti a tutti. Sicuramente l'Inter ha avuto fortuna in alcune delle prime partite portandosi a casa qualche punto in più di quanto meriterebbe ma, probabilmente, il vantaggio maggiore è quello di non partecipare alle coppe europee.
In genere (ma non sempre in ogni campionato) ciò che la fortuna ha dato poi se lo riprende e l'Inter mi è sembrata inferiore alla Juventus nello scontro diretto: credo quindi che nella seconda parte della stagione perderà la prima posizione anche se però, adesso, non escludo che possa finire davanti al Napoli.
Roma: L'ho seguita poco. Di Francesco sta facendo un ottimo lavoro. Se il Napoli crolla potrebbe addirittura arrivargli davanti (arrivando 3° invece che 4°) ma dubito possa lottare per lo scudetto.
Lazio: L'ho seguita forse meno della Roma e ancora l'allenatore e la squadra sono un po' un oggetto misterioso per me. Credo però che la mia previsione iniziale di un quinto posto finale fosse corretta: l'ottimo rendimento iniziale sembrava basarsi sull'incredibile rendimento di Immobile che però nelle ultime partite si è offuscato: senza i suoi gol sono diminuiti anche i punti ottenuti.
Nel complesso credo che questa sia la giusta dimensione della squadra che, dopo tutto, ogni anno mira per prima cosa a fare cassa piuttosto che a rafforzare la rosa.
Fiorentina: Pioli sembra finalmente aver individuato una formazione solida. Permangono però i gravissimi problemi all'attacco (Simeone) e senza gol non si vince e si fanno pochi punti.
Ho visto Napoli-Fiorentina e non ne sono rimasto particolarmente impressionato: la Fiorentina ha sicuramente giocato bene (sacrificando però Chiesa in difesa) ma era soprattutto il Napoli a essere l'ombra di se stesso. Rimango dell'idea che sia una Fiorentina da 9° posto, + o – due posizioni.
Atalanta: sul campionato pesa la fatica della coppa Uefa su una squadra che, probabilmente, dipende troppo dalla forma di Gomez. All'Atalanta avrebbe giovato uscire subito dalla competizione europea ma suppongo che per allenatore, squadra e tifosi sia molto più bello inseguire un sogno.
Torino: Mihalovich (*2) mi convince sempre meno: ammetto di seguire solo sporadicamente tale squadra ma come si fa a non far giocare Ljajic e Niang? Poi certo l'infortunio di Belotti non ha aiutato e, si sa, i giocatori muscolari come lui hanno bisogno di tempo per entrare in condizione...
Riassumendo:
Napoli: ↓ (temo che il momento negativo non sia ancora stato superato)
Juventus: ↑ (a me il pari con l'Inter mi è sembrato una buona prova di forza)
Inter: = (meglio di così non può andare)
Milan: = (continuo ad avere dubbi su Gattuso)
Atalanta: = (ma in realtà dipende tutto da Gomez)
Lazio: ↑ (la grinta della squadra in dieci contro il Torino mi è piaciuta: credo che riuscirà a convertirla in punti)
Torino: ↑ (Belotti dovrebbe tornare in forma...).
Fiorentina: = (squadra da media classifica).
Conclusione: sono arrivato a riguardare il capitolo 10 dell'Epitome!
Nota (*1): riguardo i giocatori (di calcio in generale) ho una teoria interessante sulla quale dovrei scrivere un pezzo. Brevemente: il fatto che non sempre la squadra più ricca riesca a vincere mi fa pensare che i giocatori non vengano pagato proporzionalmente al loro reale valore. Non è cioè detto che un giocatore più costoso sia più bravo di un altro pagato meno. Credo anzi che la maggior parte dei giocatori sia “normale” e che gli unici che fanno la differenza siano i “campioni” ovvero quelli nettamente migliori degli altri. Per valutare una squadra quindi, al netto dell'allenatore, basta contare il numero dei “campioni”.
Nota (*2): che in casa io chiamo il “Colonnello”: ovvero un po' meglio del “Sergente Gattuso” ma comunque un allenatore che si limita ad abbaiare ordini ai suoi giocatori e che ha però problemi a capire e farsi capire da quelli con un carattere più difficile.
Semplicemente mi limiterò a rifare l'usuale panoramica (v. anche Napolie Juventus e..., Alla vigilia della 12° giornata, etc...) sulle principali squadre o che, comunque, seguo per ragioni diverse.
Napoli: la crisi fisica/psicologica è arrivata con un paio di mesi di anticipo su quanto avevo in mente. La sfortunata esclusione dalla Champions ha tolto sicurezze e gli infortuni contribuiscono a ridurre la brillantezza della squadra. Come abbiamo più volte ripetuto la squadra di Sarri deve essere al massimo per vincere le partite e in questo momento non è così: la domanda è se riuscirà a riprendersi perché altrimenti rischia di perdere altre posizioni. Per il mercato si fa un gran parlare di Inglese: non ne capisco il motivo dato che non mi sembra un giocatore che sposti gli equilibri della squadra..
Milan: ancora non ho visto giocare il Milan di Gattuso quindi non mi posso pronunciare su eventuali miglioramenti rispetto a Montella. Ribadisco la mia sensazione ovvero che Gattuso sia un sergente che faccia correre il suo plotone ma non uno stratega: temo che il Milan non sia la squadra adatta a questo tipo di allenatore, ma vedremo...
Juventus: intanto ha sorpassato con un paio di mesi di anticipo sul previsto il Napoli. Ho visto Juventus-Inter e la squadra di Allegri mi è parsa nettamente superiore: con un filo di fortuna avrebbe potuto vincere. Credo che nella seconda parte del campionato la Juventus riuscirà a riprendere e sorpassare anche l'Inter.
Inter: Spalletti sta facendo miracoli: in squadra ha 3, forse 4, giocatori fortissimi mentre i rimanenti sono normali (*1). Il livello complessivo è quindi discreto/buono ma in teoria non dovrebbe essere in grado di competere per i primi posti (fin dalla mia prima previsione avevo considerato l'Inter come la prima delle inseguitrici ma nettamente dietro a Napoli e Juventus) eppure adesso è davanti a tutti. Sicuramente l'Inter ha avuto fortuna in alcune delle prime partite portandosi a casa qualche punto in più di quanto meriterebbe ma, probabilmente, il vantaggio maggiore è quello di non partecipare alle coppe europee.
In genere (ma non sempre in ogni campionato) ciò che la fortuna ha dato poi se lo riprende e l'Inter mi è sembrata inferiore alla Juventus nello scontro diretto: credo quindi che nella seconda parte della stagione perderà la prima posizione anche se però, adesso, non escludo che possa finire davanti al Napoli.
Roma: L'ho seguita poco. Di Francesco sta facendo un ottimo lavoro. Se il Napoli crolla potrebbe addirittura arrivargli davanti (arrivando 3° invece che 4°) ma dubito possa lottare per lo scudetto.
Lazio: L'ho seguita forse meno della Roma e ancora l'allenatore e la squadra sono un po' un oggetto misterioso per me. Credo però che la mia previsione iniziale di un quinto posto finale fosse corretta: l'ottimo rendimento iniziale sembrava basarsi sull'incredibile rendimento di Immobile che però nelle ultime partite si è offuscato: senza i suoi gol sono diminuiti anche i punti ottenuti.
Nel complesso credo che questa sia la giusta dimensione della squadra che, dopo tutto, ogni anno mira per prima cosa a fare cassa piuttosto che a rafforzare la rosa.
Fiorentina: Pioli sembra finalmente aver individuato una formazione solida. Permangono però i gravissimi problemi all'attacco (Simeone) e senza gol non si vince e si fanno pochi punti.
Ho visto Napoli-Fiorentina e non ne sono rimasto particolarmente impressionato: la Fiorentina ha sicuramente giocato bene (sacrificando però Chiesa in difesa) ma era soprattutto il Napoli a essere l'ombra di se stesso. Rimango dell'idea che sia una Fiorentina da 9° posto, + o – due posizioni.
Atalanta: sul campionato pesa la fatica della coppa Uefa su una squadra che, probabilmente, dipende troppo dalla forma di Gomez. All'Atalanta avrebbe giovato uscire subito dalla competizione europea ma suppongo che per allenatore, squadra e tifosi sia molto più bello inseguire un sogno.
Torino: Mihalovich (*2) mi convince sempre meno: ammetto di seguire solo sporadicamente tale squadra ma come si fa a non far giocare Ljajic e Niang? Poi certo l'infortunio di Belotti non ha aiutato e, si sa, i giocatori muscolari come lui hanno bisogno di tempo per entrare in condizione...
Riassumendo:
Napoli: ↓ (temo che il momento negativo non sia ancora stato superato)
Juventus: ↑ (a me il pari con l'Inter mi è sembrato una buona prova di forza)
Inter: = (meglio di così non può andare)
Milan: = (continuo ad avere dubbi su Gattuso)
Atalanta: = (ma in realtà dipende tutto da Gomez)
Lazio: ↑ (la grinta della squadra in dieci contro il Torino mi è piaciuta: credo che riuscirà a convertirla in punti)
Torino: ↑ (Belotti dovrebbe tornare in forma...).
Fiorentina: = (squadra da media classifica).
Conclusione: sono arrivato a riguardare il capitolo 10 dell'Epitome!
Nota (*1): riguardo i giocatori (di calcio in generale) ho una teoria interessante sulla quale dovrei scrivere un pezzo. Brevemente: il fatto che non sempre la squadra più ricca riesca a vincere mi fa pensare che i giocatori non vengano pagato proporzionalmente al loro reale valore. Non è cioè detto che un giocatore più costoso sia più bravo di un altro pagato meno. Credo anzi che la maggior parte dei giocatori sia “normale” e che gli unici che fanno la differenza siano i “campioni” ovvero quelli nettamente migliori degli altri. Per valutare una squadra quindi, al netto dell'allenatore, basta contare il numero dei “campioni”.
Nota (*2): che in casa io chiamo il “Colonnello”: ovvero un po' meglio del “Sergente Gattuso” ma comunque un allenatore che si limita ad abbaiare ordini ai suoi giocatori e che ha però problemi a capire e farsi capire da quelli con un carattere più difficile.
domenica 10 dicembre 2017
Wu Chen Ju Lu Zhang...
[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 0.4.0 "Leida").
Qualche mese fa ho visto mio padre leggere una serie di grossi libri dalla copertina rossa: incuriosito gli ho chiesto di cosa si trattava. Mi rispose che erano una serie di gialli ambientati in Cina. In genere i gialli non mi piacciono: ogni tanto leggo qualcosa ma raramente mi appassionano. In questo caso c'era però un ulteriore motivo di interesse: l'ambientazione infatti è la Cina moderna o, almeno, gli albori di essa visto che la storia si svolge nei primi anni '90 (*1).
Per farla breve mi sono fatto prestare il primo volume della serie che ho letto in parallelo con Plutarco. Si tratta di La misteriosa morte della compagna Guan di Qiu Xiaolong, Ed. Marsilio, 2007, trad. Paola Vertuani.
La mia speranza era quella di farmi un'idea più precisa della Cina grazie all'ambientazione: ovviamente c'era il rischio che le descrizioni della Cina fossero solo superficiali ma, fortunatamente, non è stato così.
A dire il vero ciò che invece è superficiale è proprio la parte di mistero e investigazione, quella propriamente da giallo: essa procede in maniera meccanica e senza grossi colpi di scena, intuizioni sorprendenti o mirabili deduzioni. Già a metà libro si sa già chi sia il colpevole che però non può venire toccato. Si tratta infatti di un FGG (*2) e nella seconda parte del libro c'è la descrizione delle fatiche e difficoltà che l'investigatore protagonista della storia deve affrontare, a rischio della propria carriera, per portare avanti le indagini (*3).
Personalmente ho trovato questi ultimi capitoli molto interessanti perché descrivono bene il periodo di transizione della Cina negli anni '90. Nel libro vengono descritte quattro categorie di persone: 1. i nuovi imprenditori che nascono come funghi, ricchi e sempre più numerosi; 2. i lavoratori dipendenti della città (Shanghai) sono poveri secondo i criteri occidentali ma possono permettersi dei piccoli lussi: sono soddisfatti perché percepiscono comunque un miglioramento nelle loro condizioni di vita (*4); 3. gli alti quadri del partito comunista con i loro figli (FGG); 4. Altri (singoli personaggi): i bassi quadri del partito, preoccupati per il proprio futuro perché capiscono che i loro sempre meno numerosi benefici non compensano l'aumento dei prezzi dovuti al libero mercato; uno scienziato, molto freddo verso il governo a causa dei “recenti” eventi di piazza Tiananmen.
L'autore dipinge questi alti dirigenti del partito comunista come una sorta di aristocrazia: un gruppo autonomo e sostanzialmente chiuso che nella definizione dell'epitome equivale a un parapotere ([E] 4.2) politico. Questi potenti riescono a trasformare il proprio potere politico in ricchezza: sia tramite la corruzione che ottenendo i lavori migliori.
Il potere economico (i nuovi ricchi imprenditori) è ancora (siamo nei primi anni '90) completamente subordinato al potere politico: sarei curiosissimo di conoscere la situazione attuale.
Posso però divertirmi a tentare una proiezione (basata solo sul mio intuito) dell'attuale situazione sociale o, meglio, della complessione ([E] 3.3) fra i diversi poteri.
È chiaro che adesso la Cina ha potenti multinazionali, ovvero dei parapoteri economici: possibile che questi non abbiano alcun potere politico considerando che nel mondo attuale il potere di una nazione si basa sull'economia? Ovviamente no...
Suppongo che i rampolli delle famiglie più ricche si sposino con quelli delle famiglie appartenenti ai parapoteri politici. Un po' come i ricchi industriali europei cercavano di divenire nobili.
Ma il potere politico è più volatile mentre quello economico, la ricchezza e potere di una multinazionale, perdura per generazioni. Credo quindi che i parapoteri economici cinesi siano potenzialmente più forti della controparte politica e, più o meno lentamente, ne eroderanno le funzioni e quindi la forza.
In questa eventualità vedo due opzioni: 1. parapotere politico completamente sottomesso al parapotere economico: questa è l'eventualità descritta in [E] 15.4, con una democratastenia che vive la contraddizione di un regime “comunista” che sfrutta i poveri e tutela i ricchi; 2. parapotere politico che cerca di mantenere la propria indipendenza dai parapoteri economici concedendo poco e nulla: in questo caso ci sarebbe prima o poi uno scontro fra parapoteri economici e politici. Diversamente dalla rivoluzione degli “scienziati” di piazza Tienanmen, quella organizzata dai parapoteri economici dovrebbe avere successo. In questo caso il contrasto con la democratastenia rimarrebbe più sullo sfondo e questa potrebbe magari venire usata dalle due parti...
Su queste ipotesi pesano diverse incognite: prima fra tutte il potere militare (l'esercito cinese è di leva oppure è composta da professionisti?). La mia sensazione è che gli alti ufficiali siano ancora sotto il controllo del partito comunista e questo spiega l'attuale (almeno apparente) rigidità del parapotere politico. Di certo vedo infatti improbabile che i rampolli dei parapoteri economici scelgano le asprezze della carriera militare. Contemporaneamente anche soldati e ufficiali saranno vittime della dissonanza cognitiva fra ideologia comunista e capitalismo cinese: saranno quindi ansiosi di trasformare la propria forza militare in ricchezza...
Come spiegato nell'epitome la mentalità cinese, influenzata dal Tao, è molto più paziente di quella occidentale: tutto considerato credo che i membri del parapotere politico rifletteranno sempre più le posizioni dei parapoteri economici: quando poi la maggioranza sarà saldamente nelle mani dei “riformatori” (parapoteri economici) ecco che, in breve tempo, ci saranno grandi riforme. Sarà la fine della Cina comunista e la nascita di qualcosa di nuovo, forse sostituita da un qualche tipo di democrazia...
Il libro in realtà fornisce molti altri spunti e domande. Ad esempio mi sfugge il motivo dell'amore dei cinesi per la propria patria: perché un cinese che ha provato la libertà e ricchezza dell'occidente dovrebbe volere tornare in Cina (degli anni '90)? Questo l'autore non lo spiega...
Nel complesso è un libro che consiglio senza incertezze: forse un po' lento e con la parte “gialla” ridotta ai minimi termini, ma dall'ambientazione decisamente interessante.
Conclusione: devo cercare delle informazioni più aggiornate sulla società cinese, almeno del 2010, ma non saprei dove. L'ideale per me sarebbe un singolo libro: il mio interesse/tempo per la materia è limitato e non ho voglia di perdere tempo consultando troppe fonti diverse. Il problema è scovare il testo che faccia al caso mio... se esiste! Magari proverò a fare una ricerca preliminare su wikipedia e magari da lì trovare riferimenti a testi più specifici...
Nota (*1): Anni che, nella mia epitome ([E] 15.4), anch'io consideravo come quelli decisivi nella transizione fra la vecchia e nuova Cina.
Nota (*2): Suppongo che l'autore abbia spiegato precisamente il significato di questo acronimo ma non ci ho fatto caso e, per il resto dei capitoli, non lo ripete più. Comunque il significato di FGG è più o meno quello di “figli degli altissimi quadri del partito comunista cinese”: questi godono di svariati privilegi, accesso ai lavori migliori, rapida scalata delle gerarchie del partito, possibilità di accedere, grazie alle amicizie altolocate, a ogni genere di favori sia per sé che intercedendo (magari a pagamento) per altri.
Nota (*3): Sciupatrama: gli sforzi dell'investigatore sono vani e la polizia politica aspetta solo il minimo pretesto per poterlo arrestare. Ma poi c'è l'intervento del deus ex machina di turno che in questo caso corrisponde a un nuovo personaggio (mai neppure nominato prima!), la figlia di un membro del consiglio esecutivo del partito comunista cinese, ovvero una FGG, con la quale il protagonista aveva avuto una relazione anni prima e che, data la situazione disperata, prova a ricontattare. Della lotta politica fra gli alti quadri non si conoscono i dettagli ma alla fine il FGG (particolarmente vulnerabile visto che il padre è in coma ed egli non ha ancora “ereditato” una carica importante) colpevole individuato dall'investigatore viene usato dal partito come capro espiatorio per mostrare come non esiti a colpire i colpevoli nonostante le loro parentele. La parte processuale del libro è piuttosto rapida: il sospetto è arrestato nella notte, subito processato, condannato a morte e giustiziato poche ore dopo...
Nota (*4): Caso a parte le abitazioni: la popolazione delle campagne si riversa in città in cerca di lavoro e, nonostante che nuovi edifici e infrastrutture vengano continuamente costruiti, a ogni famiglia spetta solo una piccola stanza con il bagno in comune con le altre.
Qualche mese fa ho visto mio padre leggere una serie di grossi libri dalla copertina rossa: incuriosito gli ho chiesto di cosa si trattava. Mi rispose che erano una serie di gialli ambientati in Cina. In genere i gialli non mi piacciono: ogni tanto leggo qualcosa ma raramente mi appassionano. In questo caso c'era però un ulteriore motivo di interesse: l'ambientazione infatti è la Cina moderna o, almeno, gli albori di essa visto che la storia si svolge nei primi anni '90 (*1).
Per farla breve mi sono fatto prestare il primo volume della serie che ho letto in parallelo con Plutarco. Si tratta di La misteriosa morte della compagna Guan di Qiu Xiaolong, Ed. Marsilio, 2007, trad. Paola Vertuani.
La mia speranza era quella di farmi un'idea più precisa della Cina grazie all'ambientazione: ovviamente c'era il rischio che le descrizioni della Cina fossero solo superficiali ma, fortunatamente, non è stato così.
A dire il vero ciò che invece è superficiale è proprio la parte di mistero e investigazione, quella propriamente da giallo: essa procede in maniera meccanica e senza grossi colpi di scena, intuizioni sorprendenti o mirabili deduzioni. Già a metà libro si sa già chi sia il colpevole che però non può venire toccato. Si tratta infatti di un FGG (*2) e nella seconda parte del libro c'è la descrizione delle fatiche e difficoltà che l'investigatore protagonista della storia deve affrontare, a rischio della propria carriera, per portare avanti le indagini (*3).
Personalmente ho trovato questi ultimi capitoli molto interessanti perché descrivono bene il periodo di transizione della Cina negli anni '90. Nel libro vengono descritte quattro categorie di persone: 1. i nuovi imprenditori che nascono come funghi, ricchi e sempre più numerosi; 2. i lavoratori dipendenti della città (Shanghai) sono poveri secondo i criteri occidentali ma possono permettersi dei piccoli lussi: sono soddisfatti perché percepiscono comunque un miglioramento nelle loro condizioni di vita (*4); 3. gli alti quadri del partito comunista con i loro figli (FGG); 4. Altri (singoli personaggi): i bassi quadri del partito, preoccupati per il proprio futuro perché capiscono che i loro sempre meno numerosi benefici non compensano l'aumento dei prezzi dovuti al libero mercato; uno scienziato, molto freddo verso il governo a causa dei “recenti” eventi di piazza Tiananmen.
L'autore dipinge questi alti dirigenti del partito comunista come una sorta di aristocrazia: un gruppo autonomo e sostanzialmente chiuso che nella definizione dell'epitome equivale a un parapotere ([E] 4.2) politico. Questi potenti riescono a trasformare il proprio potere politico in ricchezza: sia tramite la corruzione che ottenendo i lavori migliori.
Il potere economico (i nuovi ricchi imprenditori) è ancora (siamo nei primi anni '90) completamente subordinato al potere politico: sarei curiosissimo di conoscere la situazione attuale.
Posso però divertirmi a tentare una proiezione (basata solo sul mio intuito) dell'attuale situazione sociale o, meglio, della complessione ([E] 3.3) fra i diversi poteri.
È chiaro che adesso la Cina ha potenti multinazionali, ovvero dei parapoteri economici: possibile che questi non abbiano alcun potere politico considerando che nel mondo attuale il potere di una nazione si basa sull'economia? Ovviamente no...
Suppongo che i rampolli delle famiglie più ricche si sposino con quelli delle famiglie appartenenti ai parapoteri politici. Un po' come i ricchi industriali europei cercavano di divenire nobili.
Ma il potere politico è più volatile mentre quello economico, la ricchezza e potere di una multinazionale, perdura per generazioni. Credo quindi che i parapoteri economici cinesi siano potenzialmente più forti della controparte politica e, più o meno lentamente, ne eroderanno le funzioni e quindi la forza.
In questa eventualità vedo due opzioni: 1. parapotere politico completamente sottomesso al parapotere economico: questa è l'eventualità descritta in [E] 15.4, con una democratastenia che vive la contraddizione di un regime “comunista” che sfrutta i poveri e tutela i ricchi; 2. parapotere politico che cerca di mantenere la propria indipendenza dai parapoteri economici concedendo poco e nulla: in questo caso ci sarebbe prima o poi uno scontro fra parapoteri economici e politici. Diversamente dalla rivoluzione degli “scienziati” di piazza Tienanmen, quella organizzata dai parapoteri economici dovrebbe avere successo. In questo caso il contrasto con la democratastenia rimarrebbe più sullo sfondo e questa potrebbe magari venire usata dalle due parti...
Su queste ipotesi pesano diverse incognite: prima fra tutte il potere militare (l'esercito cinese è di leva oppure è composta da professionisti?). La mia sensazione è che gli alti ufficiali siano ancora sotto il controllo del partito comunista e questo spiega l'attuale (almeno apparente) rigidità del parapotere politico. Di certo vedo infatti improbabile che i rampolli dei parapoteri economici scelgano le asprezze della carriera militare. Contemporaneamente anche soldati e ufficiali saranno vittime della dissonanza cognitiva fra ideologia comunista e capitalismo cinese: saranno quindi ansiosi di trasformare la propria forza militare in ricchezza...
Come spiegato nell'epitome la mentalità cinese, influenzata dal Tao, è molto più paziente di quella occidentale: tutto considerato credo che i membri del parapotere politico rifletteranno sempre più le posizioni dei parapoteri economici: quando poi la maggioranza sarà saldamente nelle mani dei “riformatori” (parapoteri economici) ecco che, in breve tempo, ci saranno grandi riforme. Sarà la fine della Cina comunista e la nascita di qualcosa di nuovo, forse sostituita da un qualche tipo di democrazia...
Il libro in realtà fornisce molti altri spunti e domande. Ad esempio mi sfugge il motivo dell'amore dei cinesi per la propria patria: perché un cinese che ha provato la libertà e ricchezza dell'occidente dovrebbe volere tornare in Cina (degli anni '90)? Questo l'autore non lo spiega...
Nel complesso è un libro che consiglio senza incertezze: forse un po' lento e con la parte “gialla” ridotta ai minimi termini, ma dall'ambientazione decisamente interessante.
Conclusione: devo cercare delle informazioni più aggiornate sulla società cinese, almeno del 2010, ma non saprei dove. L'ideale per me sarebbe un singolo libro: il mio interesse/tempo per la materia è limitato e non ho voglia di perdere tempo consultando troppe fonti diverse. Il problema è scovare il testo che faccia al caso mio... se esiste! Magari proverò a fare una ricerca preliminare su wikipedia e magari da lì trovare riferimenti a testi più specifici...
Nota (*1): Anni che, nella mia epitome ([E] 15.4), anch'io consideravo come quelli decisivi nella transizione fra la vecchia e nuova Cina.
Nota (*2): Suppongo che l'autore abbia spiegato precisamente il significato di questo acronimo ma non ci ho fatto caso e, per il resto dei capitoli, non lo ripete più. Comunque il significato di FGG è più o meno quello di “figli degli altissimi quadri del partito comunista cinese”: questi godono di svariati privilegi, accesso ai lavori migliori, rapida scalata delle gerarchie del partito, possibilità di accedere, grazie alle amicizie altolocate, a ogni genere di favori sia per sé che intercedendo (magari a pagamento) per altri.
Nota (*3): Sciupatrama: gli sforzi dell'investigatore sono vani e la polizia politica aspetta solo il minimo pretesto per poterlo arrestare. Ma poi c'è l'intervento del deus ex machina di turno che in questo caso corrisponde a un nuovo personaggio (mai neppure nominato prima!), la figlia di un membro del consiglio esecutivo del partito comunista cinese, ovvero una FGG, con la quale il protagonista aveva avuto una relazione anni prima e che, data la situazione disperata, prova a ricontattare. Della lotta politica fra gli alti quadri non si conoscono i dettagli ma alla fine il FGG (particolarmente vulnerabile visto che il padre è in coma ed egli non ha ancora “ereditato” una carica importante) colpevole individuato dall'investigatore viene usato dal partito come capro espiatorio per mostrare come non esiti a colpire i colpevoli nonostante le loro parentele. La parte processuale del libro è piuttosto rapida: il sospetto è arrestato nella notte, subito processato, condannato a morte e giustiziato poche ore dopo...
Nota (*4): Caso a parte le abitazioni: la popolazione delle campagne si riversa in città in cerca di lavoro e, nonostante che nuovi edifici e infrastrutture vengano continuamente costruiti, a ogni famiglia spetta solo una piccola stanza con il bagno in comune con le altre.
mercoledì 6 dicembre 2017
Rallentamento
In questi giorni sono stato (è sarò) più impegnato del solito con mio padre con la conseguenza di poter scrivere e lavorare sull'epitome un po' meno.
Il problema non è propriamente di tempo a disposizione: con un minimo di organizzazione potrei riuscire a ritagliarmi tutto il tempo che mi occorre. Ma sono caotico e confusionario e non ci riesco: sono abituato ai miei tempi e dover assecondare i ritmi altrui mi è difficile. Sono abituato a far vagare la fantasia e riflettere senza essere interrotto di continuo perché mio padre non sa cambiare canale col mio telecomando, non sa dove tengo i cucchiaini o cose del genere...
In definitiva con l'epitome sono rimasto a riguardare il 7° capitolo mentre, come avrete notato, sul viario ho scritto poco o niente. Spero nei prossimi giorni di riuscire a fare qualcosa di più...
Fuori dagli Europe - 6/12/2017
Attualmente le mie esercitazioni di chitarra sono troppo lunghe ed estenuanti: così ho deciso di eliminare uno degli esercizi, quello sul brano The final countdown degli Europe.
Ormai da mesi ero bloccato su poche battute con una melodia troppo veloce per le mie scarse capacità.
Così oggi, approfittando di un bellissimo registratore digitale acquistato ieri, mi sono registrato mentre suonavo le battute incriminate, più o meno correttamente, alla folle velocità di 56bpm: ascolta QUI, (come al solito la migliore esecuzione è l'ultima a 2' 10" quando, subito dopo, decido di smettere)
Ma potete far finta che le abbia suonate alla velocità di 112bpm QUI...
Conclusione: che bello essere fuori dagli Europe...
Vittima consenziente di Netflix - 11/12/2017
Tanto per scrivere ancora meno sul Viario (e rallentare lo sviluppo dell'Epitome) ho attivato anche a casa mia Netflix sfruttando l'abbonamento di mio padre. Credo/spero, dopo l'impatto iniziale, di assuefarmi a esso senza perderci troppo tempo...
Per adesso posso segnalare la prima serie tivvù della Marvel godibile anche dai maggiori di 10 anni: Iron Fist.
Soprattutto le prime puntate erano ben costruite: l'eroe non sembrava invincibile e la presenza di molti personaggi “grigi” rendevano la trama avvincente. Parlo al passato perché la sesta puntata (l'ultima che ho visto) ha uno sviluppo molto più tradizionale: una singola puntata sottotono ci può stare, vedremo poi come si sviluppa nel prosieguo.
Ah, e il protagonista è uguale a mio cugino! Beh, a parte i capelli... dopotutto abbiamo lo stesso nonno pelato...
Sono uno - 13/11/2017
Cioè sono mezzo e mezzo: ho una tossina strisciante e forse una linea di febbre...
C'è da capire se per una volta mi riuscirà riprendermi del tutto o se, come al solito, finirò per ammalarmi per bene...
Dubbio musicale - 13/11/2017
Fra i vari esercizi di chitarra ho anche quello dell'improvvisazione: ovvero prendo una base (attualmente in Gm, il brano Unholy paradise) e ci suono sopra nella tonalità corretta.
Mettendo a casaccio le note insieme si trovano però degli schemi, delle sequenze, piacevoli all'orecchio mentre altre sembrano più insipide: piano piano, in maniera anche inconscia, si finisce per ripetere le sequenze che più ci piacciono ed evitare le altre. Questa è l'improvvisazione.
Grazie al registratore digitale adesso riascolto le mie “improvvisazioni” e devo dire che mi piacciono: cioè, alcuni punti di esse, alcune sequenze di note.
Mi chiedo se altri troverebbero ugualmente piacevole ciò che suono: siamo cioè solo noi a cogliere nelle nostra musica delle sfumature che entrano in risonanza con le nostre emozioni oppure anche altre persone possono percepirle?
Quando ho voglia/tempo magari farò un “meglio di” delle mie improvvisazioni e lo pubblicherò qui...
Il problema non è propriamente di tempo a disposizione: con un minimo di organizzazione potrei riuscire a ritagliarmi tutto il tempo che mi occorre. Ma sono caotico e confusionario e non ci riesco: sono abituato ai miei tempi e dover assecondare i ritmi altrui mi è difficile. Sono abituato a far vagare la fantasia e riflettere senza essere interrotto di continuo perché mio padre non sa cambiare canale col mio telecomando, non sa dove tengo i cucchiaini o cose del genere...
In definitiva con l'epitome sono rimasto a riguardare il 7° capitolo mentre, come avrete notato, sul viario ho scritto poco o niente. Spero nei prossimi giorni di riuscire a fare qualcosa di più...
Fuori dagli Europe - 6/12/2017
Attualmente le mie esercitazioni di chitarra sono troppo lunghe ed estenuanti: così ho deciso di eliminare uno degli esercizi, quello sul brano The final countdown degli Europe.
Ormai da mesi ero bloccato su poche battute con una melodia troppo veloce per le mie scarse capacità.
Così oggi, approfittando di un bellissimo registratore digitale acquistato ieri, mi sono registrato mentre suonavo le battute incriminate, più o meno correttamente, alla folle velocità di 56bpm: ascolta QUI, (come al solito la migliore esecuzione è l'ultima a 2' 10" quando, subito dopo, decido di smettere)
Ma potete far finta che le abbia suonate alla velocità di 112bpm QUI...
Conclusione: che bello essere fuori dagli Europe...
Vittima consenziente di Netflix - 11/12/2017
Tanto per scrivere ancora meno sul Viario (e rallentare lo sviluppo dell'Epitome) ho attivato anche a casa mia Netflix sfruttando l'abbonamento di mio padre. Credo/spero, dopo l'impatto iniziale, di assuefarmi a esso senza perderci troppo tempo...
Per adesso posso segnalare la prima serie tivvù della Marvel godibile anche dai maggiori di 10 anni: Iron Fist.
Soprattutto le prime puntate erano ben costruite: l'eroe non sembrava invincibile e la presenza di molti personaggi “grigi” rendevano la trama avvincente. Parlo al passato perché la sesta puntata (l'ultima che ho visto) ha uno sviluppo molto più tradizionale: una singola puntata sottotono ci può stare, vedremo poi come si sviluppa nel prosieguo.
Ah, e il protagonista è uguale a mio cugino! Beh, a parte i capelli... dopotutto abbiamo lo stesso nonno pelato...
Sono uno - 13/11/2017
Cioè sono mezzo e mezzo: ho una tossina strisciante e forse una linea di febbre...
C'è da capire se per una volta mi riuscirà riprendermi del tutto o se, come al solito, finirò per ammalarmi per bene...
Dubbio musicale - 13/11/2017
Fra i vari esercizi di chitarra ho anche quello dell'improvvisazione: ovvero prendo una base (attualmente in Gm, il brano Unholy paradise) e ci suono sopra nella tonalità corretta.
Mettendo a casaccio le note insieme si trovano però degli schemi, delle sequenze, piacevoli all'orecchio mentre altre sembrano più insipide: piano piano, in maniera anche inconscia, si finisce per ripetere le sequenze che più ci piacciono ed evitare le altre. Questa è l'improvvisazione.
Grazie al registratore digitale adesso riascolto le mie “improvvisazioni” e devo dire che mi piacciono: cioè, alcuni punti di esse, alcune sequenze di note.
Mi chiedo se altri troverebbero ugualmente piacevole ciò che suono: siamo cioè solo noi a cogliere nelle nostra musica delle sfumature che entrano in risonanza con le nostre emozioni oppure anche altre persone possono percepirle?
Quando ho voglia/tempo magari farò un “meglio di” delle mie improvvisazioni e lo pubblicherò qui...
giovedì 30 novembre 2017
Non si dice «caz##»
Ho appena terminato il libro “da bagno” Non si dice «piacere» di Sibilla della Gherardesca, Ed. Sperling & Kupfer, 2000. Si tratta di un libro di buone maniere pensato per chi lavora in un'azienda: apparteneva a mia mamma e, come al solito, ero curioso di vedere cosa vi avesse sottolineato.
Il concetto alla base del libro, ovvero l'importanza delle buone maniera sul lavoro, è condivisibile: col nostro modo di fare e di presentarci diamo una prima impressione di noi stessi al nostro interlocutore: se questa è positiva tutto viene poi più facile...
Il problema è che partendo dal principio del rispetto del prossimo si travalica spesso in formalismi che mi sembrano fini a se stessi: comportamenti considerati educati non per loro caratteristiche intrinseche ma per pura convenzione.
Mi aspettavo quindi che l'autrice, conscia di questo relativismo culturale, ovvero che ciò che è considerato come buona educazione non è un qualcosa di assoluto ma dipende dal livello e tipo di educazione del nostro interlocutore, ne traesse dei principi generali, tipo: avere pazienza ed essere tolleranti, evitare comportamenti che potrebbero venire fraintesi, infastidire o mettere l'altro in difficoltà, etc...
Questi sono infatti norme di buon comportamento universali, valide cioè in ogni cultura e in ogni tempo. Invece spesso il libro si concentra in dettagli formali la cui validità è molto relativa: se infatti il mio interlocutore non li conosce né li adotta allora probabilmente neppure li apprezzerà; anzi è anche possibile che, percependo la “diversità” del nostro comportamento rispetto al suo, ci giudichi altezzosi o, comunque, ne sia infastidito: e questo è proprio ciò che si vorrebbe evitare in primo luogo.
Insomma molti piccoli dettagli sul comportamento da tenere mi sembrano piuttosto fini a se stessi e comunque arbitrari: anzi non escludo che alcuni di essi siano già superati visto che il libro ha ormai quasi vent'anni...
Comunque mi sono divertito a leggere le indicazioni sul modo corretto di vestirsi: infatti, nonostante io mi ritenga abbastanza educato, personalmente non do particolare importanza all'aspetto esteriore e agisco, ovvero mi vesto, di conseguenza. In pratica ho due mucchi: quello degli abiti puliti (raramente, quasi mai, stirati) e quello degli abiti sudici che, prima o poi, finiscono in lavatrice. Capisco che un abbigliamento molto al di sotto delle aspettative del mio interlocutore possa essere interpretato come una mancanza di rispetto nei suoi confronti ma confido anche, forse ingiustificatamente, nell'intelligenza del prossimo, ovvero che, parlando con me, riesca ad andare oltre le mie trasandate apparenze.
Ma veniamo a qualche dettaglio...
Camice: “bianche o celesti”, “classiche”, “col polsino che fuoriesce di qualche centimetro dalla giacca”...
Beh, questi consigli non mi toccano molto: ormai da anni non indosso più camice essenzialmente perché: 1. mi fa fatica abbottonarle; 2. andrebbero stirate.
Cravatte: …
Odio le cravatte: mi sembrano dei guinzagli e non servono a niente. Penso di averne due o tre (regali) e di averle indossate quattro/cinque volte. Comunque avevo imparato a farci il nodo anche se il risultato era abbastanza casuale...
Maglioni: “colori sobri”, “comodi”, “caldi”.
In questo caso sono perfettamente educato! Anche a me piacciono i maglioni dai colori sobri, comodi e caldi...
Giacche e pantaloni: tante, tante indicazioni sui tessuti e lo stile...
Beh, ovviamente di solito non porto giacche: ne ho una scura che indosso per matrimoni e funerali e un'altra in armadio che non credo di aver mai messo. I pantaloni invece sì!
In genere solo jeans ma è solo un problema di circonferenza: sono gli unici di cui ho 2-3 paia che non mi strizzano mortalmente...
Cinture: “Evitare i cinturoni con grosse fibbie più o meno griffate...”
Beh, ho un cinturone con una grossa fibbia: non credo che sia griffato ma sicuramente è graffiato...
Calzini: “Assolutamente lunghi”, “evitare quelli bianchi”, “attenzione ai buchi”...
Qui ci sono... beh, quasi...
Odio i calzini corti perché mi piace avere i polpacci ben stretti e coperti. Quelli bianchi li usavo solo quando andavo in palestra, anche se a volte erano rosa a causa della lavatrice. Sui buchi ci sto attento ma il discorso è complesso: in genere ne combino due per piede in maniera che i buchi non si sovrappongano, oltretutto il doppio strato mi protegge dal freddo.
Ah, e poi sto attento ad abbinarli insieme: cerco di non mischiare calzini troppo diversi fra loro sia come colore che lunghezza. Ma ovviamente non mi ci fisso ed evito di perderci più di dieci secondi in questa ricerca: vedi la foto della busta dove tengo i miei calzini puliti...
Cappello: “va bene se... ...proporzionato alla persona”, “di buona qualità”, “non tenere al chiuso”.
Non so se i miei cappelli siano proporzionati alla mia persona: di sicuro avendo la testa grande (sono molto intelligente) tendo a sceglierli di ampia circonferenza. Ne avevo uno a cui ero molto affezionato: era bianco, da vecchio pescatore... ma l'ho perso! Poi ne ho uno nero, vinto con i punti della Q8... Recentemente ne ho comprato uno verde ma ho sbagliato le misure e mi stringe troppo. Ah, e poi ho un berretto blu scuro, di lana, per l'inverno. Uno da cow boy che porto poco perché troppo stretto. E uno che, in teoria, forse andrebbe bene anche all'autrice: credo sia un incrocio fra un fedora e... bo... qualcos'altro... però adesso, indossandolo quando lavoro in giardino o nel bosco, è tutto sciupato e sporco...
Comunque sicuramente non li porto al chiuso: li indosso infatti d'estate per proteggermi dai raggi del sole e d'inverno per il freddo. Tutto questo perché mi manca, sigh, la naturale protezione di una folta chioma.
Scarpe: …
Vabbè, la voglio fare corta: io ormai indosso praticamente solo quelle da ginnastica. Sono comode e se ho bisogno di correre posso farlo senza problemi.
Ah, e ne ho anche un paio “buono” che uso insieme alla giacca scura per matrimoni/funerali.
A mia discolpa posso dire che ho la pelle delicatissima: le scarpe che non siano super comode mi fanno venire delle dolorose escoriazioni finché, in genere dopo una decina di giorni, non mi ci abituo. Ma perché soffrire, anche se per un tempo limitato, quando posso comprarmi delle scarpe da ginnastica che non mi danno problemi?
Borse: …
Che me ne faccio di una borsa? In caso di necessità ho uno zainetto di plastica verde, regalo di un'agenzia di viaggi, munito di cinghie che posso portare sulla schiena, lasciandomi così le mani libere e facendo meno fatica...
Occhiali: …
Non li porto.
Orologi: “escludendo quelli digitali in plastica nera...” vanno un po' bene quasi tutti...
E qui si capisce che l'autrice ce l'ha con me: il mio orologio è infatti digitale e di plastica nera. Però ha anche delle rifiniture di plastica grigia e un bottone arancione: quindi, forse, può essere considerato molto raffinato e curato nei dettagli...
Però, a essere sinceri, recentemente mi ha perso un pezzo: una specie di riquadro (di plastica) su cui era scritto a cosa servivano i sottostanti pulsanti. Adesso me ne è rimasto attaccato all'orologio solo metà...
Conclusione: temo che se Sibilla mi incontrasse le verrebbe un colpo... oppure, se le porgessi la mano in maniera errata, mi farebbe l'elemosina...
Il concetto alla base del libro, ovvero l'importanza delle buone maniera sul lavoro, è condivisibile: col nostro modo di fare e di presentarci diamo una prima impressione di noi stessi al nostro interlocutore: se questa è positiva tutto viene poi più facile...
Il problema è che partendo dal principio del rispetto del prossimo si travalica spesso in formalismi che mi sembrano fini a se stessi: comportamenti considerati educati non per loro caratteristiche intrinseche ma per pura convenzione.
Mi aspettavo quindi che l'autrice, conscia di questo relativismo culturale, ovvero che ciò che è considerato come buona educazione non è un qualcosa di assoluto ma dipende dal livello e tipo di educazione del nostro interlocutore, ne traesse dei principi generali, tipo: avere pazienza ed essere tolleranti, evitare comportamenti che potrebbero venire fraintesi, infastidire o mettere l'altro in difficoltà, etc...
Questi sono infatti norme di buon comportamento universali, valide cioè in ogni cultura e in ogni tempo. Invece spesso il libro si concentra in dettagli formali la cui validità è molto relativa: se infatti il mio interlocutore non li conosce né li adotta allora probabilmente neppure li apprezzerà; anzi è anche possibile che, percependo la “diversità” del nostro comportamento rispetto al suo, ci giudichi altezzosi o, comunque, ne sia infastidito: e questo è proprio ciò che si vorrebbe evitare in primo luogo.
Insomma molti piccoli dettagli sul comportamento da tenere mi sembrano piuttosto fini a se stessi e comunque arbitrari: anzi non escludo che alcuni di essi siano già superati visto che il libro ha ormai quasi vent'anni...
Comunque mi sono divertito a leggere le indicazioni sul modo corretto di vestirsi: infatti, nonostante io mi ritenga abbastanza educato, personalmente non do particolare importanza all'aspetto esteriore e agisco, ovvero mi vesto, di conseguenza. In pratica ho due mucchi: quello degli abiti puliti (raramente, quasi mai, stirati) e quello degli abiti sudici che, prima o poi, finiscono in lavatrice. Capisco che un abbigliamento molto al di sotto delle aspettative del mio interlocutore possa essere interpretato come una mancanza di rispetto nei suoi confronti ma confido anche, forse ingiustificatamente, nell'intelligenza del prossimo, ovvero che, parlando con me, riesca ad andare oltre le mie trasandate apparenze.
Ma veniamo a qualche dettaglio...
Camice: “bianche o celesti”, “classiche”, “col polsino che fuoriesce di qualche centimetro dalla giacca”...
Beh, questi consigli non mi toccano molto: ormai da anni non indosso più camice essenzialmente perché: 1. mi fa fatica abbottonarle; 2. andrebbero stirate.
Cravatte: …
Odio le cravatte: mi sembrano dei guinzagli e non servono a niente. Penso di averne due o tre (regali) e di averle indossate quattro/cinque volte. Comunque avevo imparato a farci il nodo anche se il risultato era abbastanza casuale...
Maglioni: “colori sobri”, “comodi”, “caldi”.
In questo caso sono perfettamente educato! Anche a me piacciono i maglioni dai colori sobri, comodi e caldi...
Giacche e pantaloni: tante, tante indicazioni sui tessuti e lo stile...
Beh, ovviamente di solito non porto giacche: ne ho una scura che indosso per matrimoni e funerali e un'altra in armadio che non credo di aver mai messo. I pantaloni invece sì!
In genere solo jeans ma è solo un problema di circonferenza: sono gli unici di cui ho 2-3 paia che non mi strizzano mortalmente...
Cinture: “Evitare i cinturoni con grosse fibbie più o meno griffate...”
Beh, ho un cinturone con una grossa fibbia: non credo che sia griffato ma sicuramente è graffiato...
Calzini: “Assolutamente lunghi”, “evitare quelli bianchi”, “attenzione ai buchi”...
Qui ci sono... beh, quasi...
Odio i calzini corti perché mi piace avere i polpacci ben stretti e coperti. Quelli bianchi li usavo solo quando andavo in palestra, anche se a volte erano rosa a causa della lavatrice. Sui buchi ci sto attento ma il discorso è complesso: in genere ne combino due per piede in maniera che i buchi non si sovrappongano, oltretutto il doppio strato mi protegge dal freddo.
Ah, e poi sto attento ad abbinarli insieme: cerco di non mischiare calzini troppo diversi fra loro sia come colore che lunghezza. Ma ovviamente non mi ci fisso ed evito di perderci più di dieci secondi in questa ricerca: vedi la foto della busta dove tengo i miei calzini puliti...
Cappello: “va bene se... ...proporzionato alla persona”, “di buona qualità”, “non tenere al chiuso”.
Non so se i miei cappelli siano proporzionati alla mia persona: di sicuro avendo la testa grande (sono molto intelligente) tendo a sceglierli di ampia circonferenza. Ne avevo uno a cui ero molto affezionato: era bianco, da vecchio pescatore... ma l'ho perso! Poi ne ho uno nero, vinto con i punti della Q8... Recentemente ne ho comprato uno verde ma ho sbagliato le misure e mi stringe troppo. Ah, e poi ho un berretto blu scuro, di lana, per l'inverno. Uno da cow boy che porto poco perché troppo stretto. E uno che, in teoria, forse andrebbe bene anche all'autrice: credo sia un incrocio fra un fedora e... bo... qualcos'altro... però adesso, indossandolo quando lavoro in giardino o nel bosco, è tutto sciupato e sporco...
Comunque sicuramente non li porto al chiuso: li indosso infatti d'estate per proteggermi dai raggi del sole e d'inverno per il freddo. Tutto questo perché mi manca, sigh, la naturale protezione di una folta chioma.
Scarpe: …
Vabbè, la voglio fare corta: io ormai indosso praticamente solo quelle da ginnastica. Sono comode e se ho bisogno di correre posso farlo senza problemi.
Ah, e ne ho anche un paio “buono” che uso insieme alla giacca scura per matrimoni/funerali.
A mia discolpa posso dire che ho la pelle delicatissima: le scarpe che non siano super comode mi fanno venire delle dolorose escoriazioni finché, in genere dopo una decina di giorni, non mi ci abituo. Ma perché soffrire, anche se per un tempo limitato, quando posso comprarmi delle scarpe da ginnastica che non mi danno problemi?
Borse: …
Che me ne faccio di una borsa? In caso di necessità ho uno zainetto di plastica verde, regalo di un'agenzia di viaggi, munito di cinghie che posso portare sulla schiena, lasciandomi così le mani libere e facendo meno fatica...
Occhiali: …
Non li porto.
Orologi: “escludendo quelli digitali in plastica nera...” vanno un po' bene quasi tutti...
E qui si capisce che l'autrice ce l'ha con me: il mio orologio è infatti digitale e di plastica nera. Però ha anche delle rifiniture di plastica grigia e un bottone arancione: quindi, forse, può essere considerato molto raffinato e curato nei dettagli...
Però, a essere sinceri, recentemente mi ha perso un pezzo: una specie di riquadro (di plastica) su cui era scritto a cosa servivano i sottostanti pulsanti. Adesso me ne è rimasto attaccato all'orologio solo metà...
Conclusione: temo che se Sibilla mi incontrasse le verrebbe un colpo... oppure, se le porgessi la mano in maniera errata, mi farebbe l'elemosina...
mercoledì 29 novembre 2017
Ci sono! ci sono!
Come al solito però, quando mi rimetto a lavorare sull'Epitome, finisco per togliere tempo al viario...
Comunque ho già riguardato i primi 5 capitoli: nei primi due ho fatto dei cambiamenti piccoli ma significativi, nei successivi solo modifiche e correzioni di poco conto. Fra l'altro ho scovato una nota scritta in prima persona singolare invece che plurale: pensavo di averle già corretto tutte queste frasi, invece...
Non mi sbilancio troppo sui tempi perché dipendono ancora dal mio umore: non sono in quella fase in cui mi impegno seriamente e assiduamente. Direi quindi che nuova versione sarà pronta fra due settimane, più o meno una.
Gatta freddolosa - 1/12/17
Bisba è una gatta freddolosa: ormai da diversi giorni ha deciso che sta meglio in casa che in giardino. Ieri ha trovato da sola un posticino più caldo e comodo del solito: soltanto un suo miagolio l'ha tradita...
Qualche foto senza commento:
La solita vecchia politica - 5/12/2017
L'articolo: Piero Grasso leader della sinistra tra le ovazioni: “Il voto utile è qui. Il Pd offre incarichi, ma i calcoli non sono da me” del 3/12/2017 su IlFattoQuotidiano.it
Io, il 28/10/2017, scrissi: Il balletto di Grasso
Non ho letto l'articolo in questione e quindi non so neppure come si chiama questa nuova forza di sinistra “alternativa al PD”. Non c'è infatti bisogno di conoscere i dettagli per riconoscere la solita vecchia politica italiana con gli stessi logori interpreti di sempre.
Sarò chiaro: la nuova forza politica è solo un sistema per evitare che i voti degli scontenti del PD si trasformino in astensione o, peggio, vadano al M5S. Sarà un partito che parlerà bene, ma che se ne starà buono e tranquillo all'opposizione, facendo la stampella al governo PD in caso di necessità, fiducia e simili. Da quando il PCI cambiò nome c'è sempre stato bisogno di un salvadanaio per i voti degli elettori più a sinistra: ha avuto diversi nomi ma non ha mai inciso nelle decisioni del paese e, anzi, nelle poche occasioni in cui ne avrebbe avuto la possibilità si è sempre schierato al fianco della maggioranza di turno.
Conclusione: votare per Grasso & C. è un voto sprecato...
Mia petizione su Change.org - 5/12/2017
Ho comprato un aggeggio su Amazon il 2 dicembre e il sito prevede la consegna per lunedì 11 dicembre.
Firma quindi la mia petizione su Change.org:
"I lavoratori tartaruga di Amazon guadagnano troppo e sono lenti: firma QUI per introdurre punizioni corporali per i corrieri che scendono sotto il limite di velocità e per diminuire a tutti gli impiegati, con l'eccezione dei quadri dirigenziali, la paghetta..."
Orologio - 6/12/2017
Non ho fatto in tempo a scriverne in Non si dice «ca###» che subito il mio orologio plasticoso e digitale è venuto meno!
I suoi ultimi momenti di vita sono stati eroici e dedicati al mio servizio: avevo impostato un conto alla rovescia di 5 minuti (provatelo a fare su un orologio che non sia plasticoso!) che avevo concesso a mio padre per smettere di giocare al calcolatore (se non fa delle pause ogni ora si rintontisce). Confidando nel mio orologio me ne ero dimenticato quando improvvisamente invece del solito “Piri-piri-piì piri-piri-piì piri-piri-piì” ho sentito un singolo “Pi”: il mio fido orologio aveva esalato l'ultimo respiro... Il suo quadrante, di solito lampeggiante di vita, era adesso opaco e spento...
In genere quando un orologio si scarica ne faccio a meno per qualche anno fino a quando qualche anima premurosa non me ne dona uno nuovo: in passato ci pensava mia madre mentre questo ultimo era un regalo di mia zia...
Conclusione: per dispetto a Sibilla voglio però comprare una pila nuova per il mio orologio plasticoso, nero e mezzo scassato...
Comunque ho già riguardato i primi 5 capitoli: nei primi due ho fatto dei cambiamenti piccoli ma significativi, nei successivi solo modifiche e correzioni di poco conto. Fra l'altro ho scovato una nota scritta in prima persona singolare invece che plurale: pensavo di averle già corretto tutte queste frasi, invece...
Non mi sbilancio troppo sui tempi perché dipendono ancora dal mio umore: non sono in quella fase in cui mi impegno seriamente e assiduamente. Direi quindi che nuova versione sarà pronta fra due settimane, più o meno una.
Gatta freddolosa - 1/12/17
Bisba è una gatta freddolosa: ormai da diversi giorni ha deciso che sta meglio in casa che in giardino. Ieri ha trovato da sola un posticino più caldo e comodo del solito: soltanto un suo miagolio l'ha tradita...
Qualche foto senza commento:
La solita vecchia politica - 5/12/2017
L'articolo: Piero Grasso leader della sinistra tra le ovazioni: “Il voto utile è qui. Il Pd offre incarichi, ma i calcoli non sono da me” del 3/12/2017 su IlFattoQuotidiano.it
Io, il 28/10/2017, scrissi: Il balletto di Grasso
Non ho letto l'articolo in questione e quindi non so neppure come si chiama questa nuova forza di sinistra “alternativa al PD”. Non c'è infatti bisogno di conoscere i dettagli per riconoscere la solita vecchia politica italiana con gli stessi logori interpreti di sempre.
Sarò chiaro: la nuova forza politica è solo un sistema per evitare che i voti degli scontenti del PD si trasformino in astensione o, peggio, vadano al M5S. Sarà un partito che parlerà bene, ma che se ne starà buono e tranquillo all'opposizione, facendo la stampella al governo PD in caso di necessità, fiducia e simili. Da quando il PCI cambiò nome c'è sempre stato bisogno di un salvadanaio per i voti degli elettori più a sinistra: ha avuto diversi nomi ma non ha mai inciso nelle decisioni del paese e, anzi, nelle poche occasioni in cui ne avrebbe avuto la possibilità si è sempre schierato al fianco della maggioranza di turno.
Conclusione: votare per Grasso & C. è un voto sprecato...
Mia petizione su Change.org - 5/12/2017
Ho comprato un aggeggio su Amazon il 2 dicembre e il sito prevede la consegna per lunedì 11 dicembre.
Firma quindi la mia petizione su Change.org:
"I lavoratori tartaruga di Amazon guadagnano troppo e sono lenti: firma QUI per introdurre punizioni corporali per i corrieri che scendono sotto il limite di velocità e per diminuire a tutti gli impiegati, con l'eccezione dei quadri dirigenziali, la paghetta..."
Orologio - 6/12/2017
Non ho fatto in tempo a scriverne in Non si dice «ca###» che subito il mio orologio plasticoso e digitale è venuto meno!
I suoi ultimi momenti di vita sono stati eroici e dedicati al mio servizio: avevo impostato un conto alla rovescia di 5 minuti (provatelo a fare su un orologio che non sia plasticoso!) che avevo concesso a mio padre per smettere di giocare al calcolatore (se non fa delle pause ogni ora si rintontisce). Confidando nel mio orologio me ne ero dimenticato quando improvvisamente invece del solito “Piri-piri-piì piri-piri-piì piri-piri-piì” ho sentito un singolo “Pi”: il mio fido orologio aveva esalato l'ultimo respiro... Il suo quadrante, di solito lampeggiante di vita, era adesso opaco e spento...
In genere quando un orologio si scarica ne faccio a meno per qualche anno fino a quando qualche anima premurosa non me ne dona uno nuovo: in passato ci pensava mia madre mentre questo ultimo era un regalo di mia zia...
Conclusione: per dispetto a Sibilla voglio però comprare una pila nuova per il mio orologio plasticoso, nero e mezzo scassato...
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