E finalmente stamani scrivo il pezzo sul capitolo “Conflict and Peacemaking” del libro “Social Psychology 13E” di David G. Myers e Jean M. Twenge: come ho più volte sritto si è trattato di un capitolo sorprendentemente interessante dove mi sono segnato molte note. Da una di queste ho scritto il pezzo Guerra e demonizzazione ma per motivi di tempo/spazio per i numerosi altri spunti dovrò essere molto più conciso.
Come al solito quindi mi limiterò a ripercorrere le mie note aggiungendovi un breve commento. C’è da dire che in questa maniera do particolare rilevanza a ciò che mi colpisce magari andando a trascurare il senso più generale se questo mi pare ovvio.
Insomma per fare le cose per bene dovrei includere in questo pezzo anche un sunto di tutta la teoria riportata ma io, per mia comodità, non lo farò se non parzialmente qua e là dove mi sembra indispensabile chiarire il contesto generale.
- Il conflitto ha anche aspetti utili → per esempio fa affrontare e risolvere problemi fra persone (ovviamente quando non degenera in uno scontro dove poi il più forte ha la meglio a discapito del più debole). In particolare soluzioni creative possono soddisfare entrambe le parti: non è necessario che ci sia sempre un “vincente” e un “perdente”.
- “Trappola sociale”: una situazione in cui le varie parti, seguendo singolarmente il proprio interesse, portano a situazioni svantaggiose per la collettività.
[KGB] vi vedo qualcosa di analogo al pericolo dell’omogeneizzazione ([E] 21.3) ma non è la stessa cosa.
- Una delle principale cause di conflitto è la competizione per risorse limitate. Non c’è bisogno che la competizione sia reale: basta la percezione della minaccia per provocare una reazione ostile. E la percezione della minaccia può essere influenzata dal pregiudizio.
[KGB] inutile evidenziare le sovrapposizioni con il fenomeno dell’immigrazione nella società occidentale.
[KGB2] mi chiedo (nel testo non ne ho trovato nessun accenno) se anche le donne possano essere istintivamente considerate una “risorsa limitata” dagli uomini e che quindi anche solo osservare una coppia mista possa generare ostilità. Molti indizi mi fanno pensare che questa ipotesi sia valida: ma non divaghiamo.
- Anche la percezione dell’ingiustizia provoca conflitto. La giustizia è percepita come l’uguaglianza fra il rapporto di quanto ottengono con quanto fanno le persone. Per fare questo confronto le persone devono conoscersi bene: vivere insieme, colleghi di lavoro e simili.
[KGB] in pratica viene confermata la mia legge della diseguaglianza ([E] 7.2) del resto già confermata dal saggio “Le origine psicologiche delle diseguaglianze” di Volpato.
[KGB2] viene citato anche Rawls che propone infatti una suddivisione dei beni non in rapporto con quanto fatto dal singolo. L’autore non si sbilancia ma ammette che la percezione di questa uguaglianza varia da società a società ed è, per esempio, molto più accettabile in una società orientale che in una occidentale.
- Un’altra ragione che porta al conflitto e l’interpretazione errata di fatti oggettive e azioni/parole altrui. Anzi, secondo la teoria, le vere incompatibilità sono solo una piccola minoranza rispetto alle percezioni errate (“misperception”).
Di seguito mi limito a riproporre la lista dei fattori che possono portare alle percezioni errate:
1. “Self-serving bias” (non ricordo come avevo deciso di tradurlo!) → cose buone nostro merito, cose cattive responsabilità altrui.
2. Autogiustificazione → non ammettere ma anzi giustificare i propri errori.
3. “Fundamental attribution error” (ne ho scritto?) → in pratica si tende attribuire alla volontà altrui anche ciò che dipende da fattori esterni non controllabili.
4. Pregiudizi → vengono usati per filtrare e interpretare le informazioni.
5. Polarizzazione di gruppo → può accentuare tutte le tendenze viste sopra.
6. Pensiero di gruppo → tendenza a considerare la posizione del proprio gruppo di appartenenza come buona e forte mentre quelle di un gruppo opposto come cattive e deboli.
[KGB] mi devo ricordare di inserire anche nell’Epitome questo concetto perché tendo a sovrapporlo con la polarizzazione di gruppo ma è in effetti distinto da essa.
7. “Ingroup bias” → la tendenza a favorire, al di là di tutto, il proprio gruppo.
8. Stereotipi negativi → una volta assimilati è difficile liberarsene anche di fronte a prove inconfutabili che ne dimostrano l’erroneità.
- Altri fattori (che si sovrappongono a quelle individuali e di gruppo viste sopra) possono portare alla guerra fra nazioni. L’elenco:
1. considerare i propri obiettivi come supremamente importanti.
2. sopravvalutare il “noi” e sminuire l’altro.
3. credersi vittime.
4. dare grande rilievo a patriottismo, lealtà e solidarietà (verso il proprio gruppo/nazione ovviamente!)
5. esaltare il sacrificio.
6. sopprimere le critiche.
[KGB] non posso fare a meno di ricordare che la censura fa proprio questo: sopprime le critiche. In altre parole la censura favorisce la guerra. Un altro motivo per disprezzarla.
- Spesso c’è fra le parti in conflitto un fenomeno chiamato “percezione dell’immagine rispecchiata” in cui, senza rendersene conto, ciascuna delle parti vede nell’altra delle caratteristiche negative che non vede in sé. Questo porta poi a fenomeni di profezie autorealizzanti. Per esempio: A crede che B gli sia ostile e quindi tratta B in modo tale da provocarne effettivamente l’ostilità cosicché B si comporta in maniera effettivamente ostile ad A che vede così giustificato e rafforzato il proprio pregiudizio iniziale.
- “System justification” o “Just world phenomen” → la tendenza ad approvare le cose come sono.
[KGB] evidenti le sovrapposizioni con il mio paradosso dell’epoca ([E] 6) che vedrò di integrare opportunamente.
- Viene riportata parzialmente teoria di Putnam (v. L’orizzonte (48) del razzismo e Memoria di contatto). I contatti negativi (ovvero che non rispettano certe condizioni) aumentano la diffidenza fra gruppi. Inutile dire che nella società occidentale moderna tutti i contatti fra popolazione locale e immigrata SONO negativi.
- Le minacce esterne compattano la popolazione. Questo concetto, per me ovvio, è alla base della mia teoria ([E] 5.10 e nota 354) che per combattere una dittatura è paradossalmente più efficace darle degli aiuti che boicottarla aggressivamente!
- passioni e rivalità più accese si sviluppano fra gruppi simili per piccole differenze.
«Ma con quelli vicini a noi, la nostra attenzione si focalizza non sulle nostre considerevoli somiglianze ma sulle nostre differenze.» (*1)
[KGB] secondo me questa conclusione è errata: basata su tradizioni superate che avevano la loro base sulla competizione per le stesse risorse.
- Un comune obiettivo superiore aumenta (temporaneamente) la cooperazione. Traduco al volo: «Per combattere la Germania, l’Italia e il Giappone durante la seconda guerra mondiale, gli USA e l’URSS, insieme ad altre nazioni, formarono un un gruppo unito chiamato gli Alleati. Finche durò l’obiettivo superiore di sconfiggere un comune nemico, altrettanto valse per l’atteggiamento costruttivo degli USA verso i russi.» (*2)
Confrontare con [E] 5.12 e nota 358.
- [KGB] Un paio di riflessioni personali che mi ero annotato: 1. Un problema, comune alla maggioranza delle ricerche, è che queste vengono compiute non su un campione della popolazione reale ma su degli studenti. La società è organizzata diversamente e i conflitti hanno basi reali; 2. Molte tecniche proposte si basano più sulla manipolazione che sulla persuasione (quindi sono moralmente esecrabili). In particolare molti dei principi della manipolazione, qui suggeriti per raggiungere “fini positivi”, vengono comunemente impiegati per scopi tutt’altro che nobili.
- A pag. 417 c’è una bella tabella con le cose che le coppie dovrebbero fare e non fare in caso di conflitto. Tutte norme di buon senso anche se, mi rendo conto, non sempre facili da applicare sul momento. Sfortunatamente è troppo lunga da riportare qui!
- Per raggiungere accordi duraturi e pace sociale è fondamentale comprensione e dialogo aperto e libero. Il suo opposto, la demonizzazione dell’altra parte (v. Guerra e demonizzazione), porta direttamente al conflitto.
[KGB] Da questa semplice considerazione si può quindi dedurre che quando è lo stesso governo che demonizza una parte (vedi la Russia con la guerra in Ucraina ma anche i pro-libertà (*3) durante la pandemia) evidentemente lo fa con cognizione di causa: è una manipolazione voluta che ha quindi degli scopi ben precisi.
- Per i buonisti: secondo ricerche di laboratorio chi è cooperativo al 100% finisce spesso per essere sfruttato.
- In generale gli autori di questo testo hanno paradossalmente delle forti inclinazioni: sono pro democratici, per il politicamente corretto, per gli USA e a favore del liberismo. Il risultato è che quando appena abbandonano il campo della psicosociologia e accennano ad altri campi spesso prendono fischi per fiaschi. Per esempio nell’epilogo del capitolo, intitolato “Il conflitto fra l’individuo e i diritti comuni”, si confondono i diritti dell’individuo con quelli delle aziende!
[KGB] all’origine di questa confusione è che gli inglesi hanno il solo termine “liberism” per indicare sia il “liberismo” economico che il “liberalismo” politico/sociale (v. Indietro su Sartori 6).
Conclusione: insomma un capitolo veramente denso di spunti molto importanti! Per confronto sono al metà del successivo “Applying social psychology” e ancora non ho trovato niente di significativo: la dozzina di pagine lette si possono riassumere scrivendo che gli psicologhi sono completamente inattendibili!
Nota (*1): tradotto al volo da “Social Psychology 13E” di David G. Myers e Jean M. Twenge, (E.) Mc Graw Hill Education, 2019, pag. 409.
Nota (*2): ibidem, pag. 410-411.
Nota (*3): con “pro-libertà” intendo i “no-vax”.
L'esempio di Benjamin Franklin
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