Come sono bravo! Non ne ho molta voglia ma scriverò di “Democrazia cosa è” di Sartori…
Solite premesse che non starò a ripetere: rimando a Indietro su Sartori (5/?) per averne un’idea…
Ero arrivato al capitolo XI, “Liberalismo democrazia e socialismo”, vediamo cosa riportano le mie note…
La prima è piuttosto estemporanea ma la voglio comunque riportare: ho notato, non solo in Sartori, ma in tutti i testi in cui mi è capitato di imbattermi che la rivoluzione americana e quella francese sono sempre considerate separate fra loro, come se non vi fosse alcuna relazione fra la prima e la seconda. Non conosco abbastanza bene questi fenomeni ma mi sembra impossibile che non ci siano punti di contatto.
Come al solito Sartori parte dall’analisi etimologica dei termini per seguirne l’evoluzione storica: in questo caso quella di “liberale” è particolarmente interessante tanto che mi sembra di averne già accennato in un corto dove spiegavo che in inglese non vi è stata la diversificazione fra “liberalismo” (politico) e “liberismo” (economico) con effetti, a mio avviso, nefasti sulla mentalità americana. Io vedo nel liberalismo molti più pregi che difetti ma nel liberismo il contrario: gli americani invece tendono a confondere tutto insieme e considerano come inscindibili il “liberalism” economico e politico.
L’elemento comune dei diversi filoni del socialismo è l’avversione alla proprietà privata.
Il socialismo è figlio della rivoluzione industriale e dell’ingiustizia a essa collegata.
È del 1793 (ovviamente Francia) l’idea della tassazione progressiva (confermo infatti che nella costituzione americana manca tale concetto: le tasse sono viste sempre come un tanto a persona).
Nel 1848 la rivoluzione socialista in Francia viene sconfitta (si ha le restaurazione con Luigi Bonaparte e nasce il Secondo Impero) e il baricentro del socialismo si sposta così in Germania.
Il socialismo marxista è la fase di passaggio che prelude al comunismo.
È verso il 1875 che l’ideale liberale e la democrazia vengono confusi insieme.
Il socialismo propriamente detto si definì nel corso della Seconda Internazionale fra il 1890 e il 1914 (perché ovviamente prima vi erano molte correnti). L’eccezione fu il Regno Unito dove il socialismo non fu mai marxista.
La socialdemocrazia è il ripudio degli aspetti marxisti del socialismo e nasce in Svezia (da verificare!).
Fra il 1920 e il 1940 il socialismo in Europa è “costretto” al marxismo dalla concorrenza del comunismo.
Elogio di Tocqueville che intuisce i pericoli di degenerazione in cui può incorrere la democrazia se diventa illiberale: uguaglianza nel disagio e nella servitù invece che nella libertà.
Concetto politico interessante e generale: il confronto politico tende in genere a polarizzarsi su un solo tema. [KGB] credo che sia l’effetto di varie limitazioni umane che permettono al singolo elettore di concentrarsi su un solo (semplice) argomento alla volta.
Mezza paginetta molto importante che dovrei semplicemente copiare per chiarezza. Provo invece a riassumerla.
Nel XIX secolo liberalismo e democrazia sono ancora concetti separati ma col tempo si forma l’idea che la libertà sia il fine e che la democrazia sia il mezzo per raggiungerla (*1).
Ma ufficialmente si è avuta la sensazione che fosse stata la democrazia a prevalere: il liberalismo si accosta troppo facilmente alla crudeltà industriale del liberismo.
Questo portò i liberali a rinunciare alla propria identità (anche per non contrapporsi ai socialisti) e si presentarono come democratici.
[KGB] trovo questo concetto molto importante: è evidente che adesso la democrazia è divenuta fine a se stessa, un formalismo vuoto di regole autoreferenziali, e si è perso che il suo scopo è la libertà. Al contrario si sacrifica la libertà in nome della democrazia.
Questa frase mi piace: «Dunque libertà e eguaglianza segnano la demarcazione fra liberalismo e democrazia in ordine a una diversa logica di fondo, in ragione della quale la liberal-democrazia è come una matassa a due capi. Finché il gomitolo non si tocca tutto va bene; ma se cominciamo a disfarlo si avverte subito che è fatto con due fili.» (*2)
Questa invece è il succo del capitolo: «In ultima nalisi l’eguaglianza è allargamento orizzontale, la libertà slancio verticale. La logica della libertà si riassume nella formula: eguali opportunità di diventare ineguali. La logica dell’eguaglianza approda al suo rovescio: diseguali opportunità per diventare eguali. Il democratico attende alla integrazione sociale, il liberale apprezza l’emergenza e l’innovazione. La differenza è che il liberalismo fa perno sull’individuo, la democrazia sulla società.» (*3)
Libertà è intesa come A) condizioni di libertà (eguaglianza); B) libertà vera e propria.
Quindi A è premessa necessaria di B ma non coincide con B.
Sartori scrive che tendiamo a dimenticarlo perché per noi che viviamo in una democrazia liberale pare naturale che l’eguaglianza sia strumento per arrivare alla vera libertà. Il punto pero è: «libertà e eguaglianza si integrano soltanto a titolo precario, soltanto “sotto condizione liberale”».
[KGB] ma Sartori scriveva nel 2007: in poco più di un decennio, con il filotto Monti, Renzi e Draghi, la democrazia in Italia ha perso la sua anima libertaria e, anzi, si sta trasformando in liberticida. Questo perché si confonde democrazia con libertà mentre questi due ideali possono sì convivere insieme ma vanno costantemente controllati affinché la democrazia non degeneri in “altro”.
Nel prosieguo Sartori difende la democrazia italiana da chi definisce alcune libertà solo “formali”: il costituzionalista risponde che “formale” non è irreale e non significa inesistente.
[KGB] Ripetendo che Sartori scrive nel 2007, prima quindi dell’inizio dell’involuzione democratica italiana, io credo che la sola “forma” pur non essendo irreale sia comunque la premessa alla perdita del suo significato profondo, della sua sostanza cioè.
L’ho riportato proprio nei giorni scorsi commentando Rawls (o era ancora Sartori?) che la costituzione, che sarebbe l’estrema protezione del popolo contro l’autorità arbitraria del potere del governo, sta sempre più spesso venendo scavalcata con leggi estemporanee: questo è possibile perché la si interpreta formalmente senza considerarne l’intima sostanza.
Alla fine Sartori costruisce una scala dei valori che riassume il suo pensiero delle pagine precedenti: al primo gradino viene il liberismo (economico e sociale), poi la democrazia (che con la sua tendenza a eguagliare contrasta gli eccessi del liberismo) e infine il liberalismo politico il cui fine è la libertà reale degli individui.
[KGB] Rawls inorridirebbe a questa semplificazione! Però, secondo me, nella sostanza è ragionevole…
Conclusione: che dire? Mi permetto una piccola critica: alla fine mi pare che Sartori giochi un po’ con le parole, le torce e le definisce in maniera tale che siano funzionali a quello che lui vuole andare a dimostrare. Per esempio conclude il capitolo spiegando che “democratizzare lo Stato” è male perché porta anarchia e inefficienza mentre “democratizzare la società” è bene perché riduce la diseguaglianza fra le persone: tutto questo è però vero solo se usiamo le sue definizioni...
Nota (*1): come scritto i due termini vanno a sovrapporsi dal 1875 circa in poi con la “democrazia liberale”.
Nota (*2): tratto da “Democrazia cosa è” di Giovanni Sartori, (E.) RCS, 2007, pag. 206-207.
Nota (*3): ibidem, pag. 207
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