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martedì 22 febbraio 2022

La bambina che piangeva

Senza schermo e senza Internet…
C’è stata un temporale accompagnato da groppi molto violenti, poi almeno un fulmine è caduto nelle vicinanze: il risultato è che sono di nuovo senza Internet.
Ho immediatamente telefonato all’assistenza Fastweb in maniera che inizino da oggi, eventualmente, i 5 giorni lavorativi per il ripristino della linea ma onestamente spero che sia un problema alla centralina e che venga risolto in poche ore invece che l’ennesimo cavo rotto…

Scrivo però perché ho voglia di scrivere. Sono ancora in digiuno (*1) perché nel pomeriggio, in un raro momento di debolezza, mi e tornato a mente un vecchio ricordo di quando probabilmente avevo 9 o 10 anni.

Dovevano essere pochi giorni prima di Natale e mio padre mi aveva portato a un negozio di giocattoli per farmi scegliere cosa comprare (alla faccia di Babbo Natale!)
Ricordo che andammo a un negozio che ora temo non ci sia più, eppure lo ricordo bene. Cioè ricordo le zone dove c’erano i giochi che mi interessavano. Abbastanza vicini all’ingresso c’erano dei modellini di robot giapponesi, veramente belli. Un poco più in là tante file di scatole di soldatini (quelli piccolini di plastica, tutti di colori diversi, mi piacevano); infine, in un angolino, c’erano i burattini. Dei modelli di plastica tutti uguali e differenziati solo da dei vestitini di pezza incollati piuttosto sbrigativamente. Che io sappia piacevano solo a me: non ricordo nessuno dei miei amichetti con la stessa passione.

Vabbè… il fatto è che appena entrati vidi una scena che mi turbò molto. C’era una bambina un po’ più piccola di me di un paio di anni che piangeva sconsolata. Voleva una bambola “famosa”, cioè pubblicizzata in tivvù: non ricordo il nome del modello ma la conoscevo di fama. La bambina ripeteva piangendo a dirotto “Me l’avevi promessa! Me l’avevi promessa!” mentre il padre, che la teneva per mano, era a sua volta desolato: e cercava di spiegarle che non sapeva che costasse così tanto e che non poteva permettersela. Qualche metro più in là una commessa con la scatolona della bambola.

La questione mi colpì molto, altrimenti non la ricorderei così bene. Capivo sia l’argomento della bambina che quello del padre e mi sentii subito emotivamente molto coinvolto.
Avrei voluto fare qualcosa ma gli INTP non sono bravi a intervenire in queste situazioni, cioè a prestare aiuto, se non vengono chiamati in causa. Non ricordo onestamente se già allora mi passò per la mente l’idea di chiedere al mio mio padre di non comprare niente a me ma di prendere la bambola alla bambina. Sicuramente in seguito capii che era quello che avrei voluto e dovuto fare. Può darsi però che arrivai a questa conclusione solo giorni o addirittura anni dopo, non ricordo: probabilmente ebbi solo l’intuizione del gesto senza riuscire a esprimerlo a parole o anche solo mentalmente.

Sinceramente non avrei avuto rimpianti, e sarei stato veramente felice. Chissà come sarebbe cambiata la mia vita se avessi compiuto quel gesto…

Ecco, ho la sensazione che quest’episodio, apparentemente insignificante, sia stato uno dei momenti chiave della mia vita: una porta che avrei potuto prendere ma che non fui pronto abbastanza per attraversare. Credo che il mio carattere sarebbe cambiato notevolmente, credo in meglio…

Per la cronaca non so come andò a finire la vicenda del bambolotto: però mi sentii talmente in colpa che non volevo che mio padre mi regalasse niente e lui dovette insistere parecchio per farmi scegliere dei regali.

Sarà il digiuno ma mi vengono ancora le lacrime agli occhi a ripensarci…
Chissà perché. Forse mi sento ancora in colpa... Intendiamoci la mia famiglia non era ricca, entrambi i miei genitori erano insegnanti, ma io ero figlio unico e quindi, suppongo, avevo un po’ più possibilità della media dei miei amici.

Fu allora che probabilmente sviluppai un senso di colpa a chiedere ciò che desideravo: potenzialmente, soprattutto mia mamma, mi avrebbe straviziato ma io non le chiedevo mai niente, QUASI (*2)…
Bo vabbè… non so però se questo aspetto del mio carattere possa essere messo in relazione con l’episodio della bambina.
E non è come dicevano i miei “detrattori” che non volevo nulla perché avevo già tutto: c’erano un sacco di cose che mi piacevano e mi attiravano ma che ritenevo al di là del giusto e sobrio chiedere… più di tutto desideravo un’enciclopedia: ma di questo mi pare di avere già scritto… molti dei miei amici avevano delle belle enciclopedie nella libreria del salotto di casa che mi affascinavano (anche se non ricordo di averne mai toccata una nemmeno con un dito) e l’idea di tutti i grafici, tabelle e schemi (chiaramente mi sarebbe piaciuta di impostazione scientifica) mi attiravano come vino zuccherato per le mosche! non la chiesi a mia mamma (sarebbe stato troppo facile) ma, siccome mi rendevo conto che era anche qualcosa di utile, la chiesi a mio padre: egli però mi rispose che lui non l’aveva avuta da bambino. Concetto che necessitai di anni per valutare pienamente e rendermi poi conto che era ingiusto da parte sua confrontare la sua infanzia con la mia. Vabbè… come detto ne ho già scritto altrove…

Conclusione: a dire il vero la parte finale l’ho scritta con lo schermo acceso… e in effetti è un’appendice che c’entra poco con l’aneddoto principale…
Comunque voglio chiedere a mio padre se sene ricorda: dubito, ma magari anche lui rimase colpito...

Nota (*1): che interromperò oggi dopo le 20:00 penso. Mi sono comprato molti alimenti ghiotti e poco salutari ma non ho questa gran fame… Peccato non potermene stare in pace nel deserto senza nessuno intorno a romp### i co######: non erano scemi gli anacoreti…
Nota (*2): a dire il vero, mi è venuto in mente adesso, ogni tanto chiedevo una macchinina (altra collezione). Belline, piccoline e “Made in Hong Kong” se non erro. Una volta in auto mentre tornavo a casa con mia mamma ricevetti da lei una sberla terribile (accadeva molto raramente ma ogni tanto accadeva) di quelle che ti lasciano intontiti per qualche secondo. Probabilmente ero in prima media e dovevo aver appena comunicato di aver preso un voto bassino in un compito scritto pochi secondi prima di chiedere una nuova macchinina. A me non doveva essere sembrata una cosa grave ma mia madre evidentemente la pensava diversamente: suppongo che il “succo” dell’insegnamento materno fosse che “non me la meritavo”!

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