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sabato 20 agosto 2022

Giustizia psicosociale

Sto leggendo l’ultimo capitolo del libro di psicosociologia! Questo significa che a breve inizierò la nuova versione dell’Epitome con la revisione totale del primo capitolo: un’operazione che mi preoccupa non poco dato che equivale a ricostruire le fondamenta di un palazzo di una trentina di piani!

No, vabbè: sto esagerando. In quanto ho già scritto non c’è niente di sbagliato, quindi più che riscrivere voglio riorganizzare diversamente il materiale già presente. Io spero anzi che, alla fine, le modifiche che andrò ad apportare saranno minori di quanto temo…

Riguardo al precedente capitolo letto, ovvero l’uso pratico della psicosociologia in tribunale, non ho trovato niente di clamoroso. Il capitolo si concentra sulle giurie popolari americane che sono dei gruppi di persone comune che, guidate dal giudice, decidono la sentenza. Come gruppo subiscono tutte le classiche dinamiche dei gruppi.
In genere funzionano decentemente quando le prove sono chiare: quando la situazione diventa più nebulosa e inverta invece entrano in gioco tutti i vari pregiudizi e inclinazioni come pure tutti i meccanismi che danno alla maggioranza in un gruppo dei benefici psicologici importanti e un vantaggio, spesso incolmabile, nel convincere gli altri (le giurie devono raggiungere un accordo all’unanimità).

Così a memoria (il libro non è con me) mi ricordo solo una questione che mi ha colpito molto.
Alcuni stati americani, per certi tipi di processi, hanno abbassato il numero di giurati da 12 a 6. Che problemi possono esserci?

In realtà molti: per esempio statisticamente (*1) se una società ha una minoranza del 10% c’è un 40% di probabilità che almeno un suo appartenente faccia parte della giuria di 12 persone; tale percentuale cala notevolmente se i giurati sono solo 6. Avere giurati appartenenti a una minoranza può essere molto importate a causa dei pregiudizi che potrebbero esserci fra i giurati, specialmente per particolari crimini.
Ma la controindicazione che più mi ha colpito è “matematica”: nelle giurie 1/6 è ben diverso che 2/12!!
Statisticamente, da un punto di vista matematico cioè, la probabilità di avere una minoranza di un giurato su sei oppure di due giurati su dodici sarebbe esattamente la stessa. Il problema è che nelle dinamiche dei gruppi il singolo sente una pressione fortissima se gli altri membri sono TUTTI contro di lui. Tale pressione si allenta sensibilmente se la minoranza è composta almeno da due persone. Una persona da sola difficilmente riuscirà a convincere le altre delle proprie ragioni proprio perché chi è da solo a difendere un’idea è colto da dubbi e insicurezze che invece due persone non avrebbero.
A me pare un limite notevole visto che è piuttosto controintuitivo. Sicuramente lo è per me: faccio fatica a immaginarmi intimorito dal confrontarmi con una “maggioranza” di cinque persone che la pensano diversamente da me. Il fatto è che è ormai una vita che sono abituato a essere in minoranze ancora più piccole! E sono anche abituato al fatto di avere più spesso ragione io che la maggioranza.
Se poi sapessi che in ballo vi è il destino di una persona le forze per convincere gli altri mi si decuplicherebbero…

Nel complesso ho trovato questo capitolo sulla giustizia interessante ma non particolarmente utile: dove con “utile” intendo qualcosa che integri o arricchisca i principi psicologici e le teorie della mia Epitome. “Utile” sarebbe anche qualcosa che smentisca una mia teoria ma da questo punto di vista sono tranquillo: ho una buona base teorica e, per esempio, il corso di psicosociologia che avevo seguito faceva proprio riferimento al testo che ho quasi terminato di leggere!
E poi il 90% delle teorie lì riportate sono ormai piuttosto assodate avendo, spesso, almeno una quarantina di anni.

L’ultimo capitolo, sono appena all’inizio, ma ho la sensazione che non mi piaccia: mi pare di intuire che l’idea sia come usare la psicosociologia per “educare” le persone a certe idee e principi.
Ovvio che gli autori sono in buona fede, hanno in mente tutti scopi a “fin di bene” ma, come ho già scritto, appena questi psicosociologi mettono il naso fuori dal loro ambito iniziano a prendere parecchi fischi per fiaschi.
Moralmente agire male seppure a “fin di bene” è sbagliato: il fine che hanno in mente potrebbe essere “meno bene” di quello che si pensa, potrebbe non esserlo per il singolo (che verrebbe quindi sacrificato per il bene della società) e comunque l’eterodirezione è sbagliata di per sé (rimando a Kant).
Insomma l’educazione degli psicosociologi assomiglia in maniera preoccupante a quella che per me è manipolazione.
Però un aspetto interessante potrebbe essere il ritrovarvi tecniche massicciamente usate dalla propaganda occidentale. Vedremo...

Conclusione: questo libro a cui ho voluto dare maggiore priorità rispetto agli altri mi è proprio venuto a noia: non vedo l’ora di finirlo anche solo per questo!

Nota (*1): vado a memoria: i numeri potrebbero essere sbagliati ma non il senso del problema!

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