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mercoledì 3 ottobre 2018

HP IVVVIVII

Cos'è l'unica cosa che può appassionare più delle teorie sulla non morale di Nietzsche?
La risposta è facile: la magia.
E così Al di là del bene e del male è stato parcheggiato sul comodino in attesa che io finisca di leggere vari tomi magici: uno l'ho già completato ma sono appena all'inizio del secondo e dopo di esso ne ho altri due...

Per la precisione di quali libri si tratta?
Beh, sto rileggendo i volumi 4°, 5°, 6° e 7° della saga di Harry Potter...

Sono partito dal 4° (“Harry Potter e il calice di fuoco”) perché è il mio preferito.
La storia è scritta benissimo con più trame parallele che si intrecciano e incastrano benissimo fra loro. Ma poi esso segna anche un passaggio: i primi tre volumi sono per bambini, gli utlimi tre per adulti mentre il quarto fa da cerniera.
Anche il personaggio di Harry Potter subisce un'evoluzione: da bambino diviene adulto. Ho apprezzato il parallelismo.

Non so se ne ho già scritto (forse sì) ma spesso ho riflettuto sui motivi del successo di questa serie di romanzi.
Io credo che il loro punto di forza sia che si basano su esperienze scolastiche in cui tutti ci possiamo un po' riconoscere: la professoressa severa, il professore noiosissimo, quello che ce l'ha con noi, quello buffo, i compagni di classe simpatici, quelli goffi, quelli prepotenti... ah! E il bidello irascibile!
Questo ambiente familiare ci avvicina in maniera non traumatica al mondo di magia ideato dalla Rowling. Incantesimi e pozioni magiche non cambiano sostanzialmente il mondo consueto al quale siamo abituati ma ne creano solo un doppione, una copia analoga in (quasi) tutto e per tutto, nel quale riusciamo subito a orientarci e a trovarci a nostro agio.
Persone che non leggerebbero mai un romanzo di fantasia con elfi, nani e orchi in un'ambientazione di stile medioevale trovandola troppo incredibile e inverosimile, possono invece confrontarsi più facilmente con i romanzi di Harry Potter.
Direi anzi che l'elemento magico è completamente accessorio: tutte le trame dei romanzi di questa serie potrebbero essere facilmente riadattati togliendo ogni componente magica. Rimarrebbero comunque delle storie valide anche se decisamente meno caratteristiche.
Sì, perché l'altro elemento del successo di Harry Potter è la qualità delle storie: tutte ben scritte e notevolmente intelligenti; costruite poi come piace a me, fuorviando il lettore onestamente, senza nascondere gli indizi che anticipano i colpi di scena ma mimetizzandoli sullo sfondo cosicché, in seconda lettura, si possono cogliere e apprezzare.
Personaggi credibili, umorismo, tanta fantasia, trame ingegnose: onestamente è difficile trovarci qualche difetto (*1)! Un successo, una volta tanto, totalmente meritato.

Conclusione: non so quanto mi occorrerà per tornare al mio solito tran tran (Nietzsche) ma non penso troppo. Dopotutto quando leggo Harry Potter non ho bisogno di prendere appunti o di rileggere qualche periodo che mi torna poco!

Nota (*1): beh, una mia cugina (non ricordo quale!) brontolava che l'autrice avevo perso l'opportunità di dare alla sua protagonista femminile un ruolo meno stereotipato (la ragazzina secchiona e leggermente saccente) o, addirittura, renderla il personaggio principale. Bo, possibile...
Ma l'autrice è stata coerente (non so se volutamente o inconsciamente) nell'aderire a tutti gli stereotipi scolastici e, da questo punto di vista, la bambina secchiona vi apparteneva ed era un utile personaggio da contrapporre ai due maschietti: insomma una volta che la Rowling ha optato per un protagonista principale maschile allora le caratteristiche del contrappunto femminile erano quasi obbligate perché permettevano le maggiori possibilità per sviluppare situazioni divertenti o per portare avanti la trama...

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