Siccome sono indietro con i pezzi da scrivere oggi ne comprimerò due insieme (sperando di riuscire a essere più sintetico del solito)…
Ho finito di leggere “La rivoluzione tradita” di Trotsky: eccezionale. Essenzialmente Trotsky era un’intelligenza notevole e straordinariamente lucida: la qualità del libro ne è una conseguenza.
Scritto nel 1936 vengono analizzati oggettivamente i difetti del regime comunista di Stalin che prese il potere negli anni successivi alla morte prematura di Lenin.
La conclusione di Trotsky, come si intuisce dal titolo, è che il regime comunista di Stalin abbia tradito i principi di Marx e Lenin per trasformarsi in una brutta copia, meno efficiente e capace, del capitalismo occidentale. La differenza importante, ma non sostanziale, è che al posto della borghesia si ha la burocrazia che, almeno in parte, si fonde col partito stesso.
Altro difetto è l’eliminazione della democrazia, e quindi della libertà di opinione e critica, all’interno del partito: questo porta con sé tutti i problemi del pensiero unico e, principalmente, di non rendersi conto dei propri errori.
Alla fine Trotsky non considera più l’URSS come un paese veramente socialista anche se continua a nutrire la speranza che lo possa diventare: col senno di poi si rischia di considerare Trotsky un po’ ingenuo perché incapace di giudicare la forza della repressione di Stalin e dell’indottrinamento della scuola come pure le convinzioni ideologiche dei comuni operai. Ma c’è da aggiungere che nutriva grande speranze nella forza innovatrice dei giovani: giustamente osserva che tale forza non può essere intrappolata e solo una valvola di sfogo come una guerra può alleviarne la pressione. Trotsky prevede anche la guerra con la Germania di Hitler ma, secondo me, ciò che era imprevedibile è il numero di morti che questa avrebbe provocato: si parla oggi di circa 20 milioni i morti. E questi morti sono soprattutto nella fascia di età in cui Trotsky riponeva le sue speranze.
Insomma la previsione dell’autore si è rivelata completamente sbagliata ma vi è stato un elemento imponderabile, il numero abnorme di morti provocati dalla guerra appunto, che non era possibile prevedere.
Meno interessanti le appendici con brevi saggi giovanili: spicca come la popolazione venga distinta fra “pensanti” e “non pensanti” di cui, prevedibilmente, i secondi sono la maggioranza (chiaramente non dà percentuali precise ma mi sembra di aver capito che ha in mente un rapporto di 1 a 10). Il popolo è quindi un potere che va controllato e non convinto: semplicemente la maggioranza delle persone non hanno gli strumenti culturali, mentali e (aggiungo io) psicologici per capire le sottigliezze di una ideologia: per questo il popolo va “nutrito” con
slogan facilmente comprensibili e memorizzabili.
Molto attuale: anche oggi nella nostra democrazia degenerata la maggioranza del popolo viene facilmente controllata dall’influenza dei media: il potere agita il drappo rosso e il popolo viene subito aizzato contro il nemico di comodo…
Il libro è ottimo ma lo consiglio solo a chi abbia un interesse per la storia e la politica.
L’altro libro di cui volevo scrivere è invece “Tipi psicologici” di Jung.
Ho finito il capitolo pesantissimo su Schiller come pure il seguente su Nietzsche.
La mia critica a Jung è metodologica: invece di esporre le sue teorie, e solo successivamente confrontarle con le similitudini dei precedenti storici, l’autore si getta in analisi sottili e approfondite del pensiero di questi autori con però il lettore, che ancora non conosce la sua teoria, che rischia continuamente di confondersi a causa della terminologia variabile e del non sapere dove si voglia arrivare. Io fortunatamente un po’ me la cavo perché conosco le basi della teoria dei tipi di Meyer e Briggs che è fondata a sua volta sul lavoro di Jung.
In pratica nel primo capitolo Jung mostra come gli antichi avessero intuito la differenza fra introversione ed estroversione; successivamente come Schiller avesse intuito la differenza fra funzione razionale e funzione sentimento; poi come Nietzsche avesse intuito a differenza fra funzione di sensitività e funzione di intuizione.
Che poi, a parte forse il caso di Schiller, queste “intuizioni” mi sembrano estremamente forzate: è Jung che si dà da fare per vedervi analogie e similitudini ma a me sembrano piuttosto arbitrarie…
Comunque nel capitolo attuale, “4. Il problema dei tipi nella conoscenza degli uomini”, il pensiero di Jung inizia a essere più esplicito. In realtà anche qui imposta il tutto confrontandosi con un altro autore ma, trattandosi di uno psicologo a lui contemporaneo (Jordan), contesto e linguaggio sono psicologici: non si devono più seguire le sottili e impalpabili analogie intuite da Jung (*1).
Ma oggi mi hanno soprattutto colpito dei dettagli, delle profonde intuizioni a cui non avevo pensato e che mi sembrano corrette, oltretutto estremamente rivelanti della mia personalità (e, in vero, più o meno di quelle di tutti).
Jung riassume così il pensiero dello psicologo (tale Jordan) da cui ha preso spunto: «Chi osserva e giudica l’estroverso è portato a considerare i pensieri e i sentimenti affioranti come un tenue velo che ricopre solo imperfettamente una fredda e sottile intenzione personale. Chi cerca di comprendere l’introverso non potrà fare a meno di pensare che una violenta passione è a stento tenuta a freno da fittizi ragionamenti.» (*2)
Si tratta di affermazioni forti e nette ma in effetti talvolta mi è parso di percepire qualcosa del genere negli estroversi e, in me stesso, come introverso la “violenta passione” e i “fittizi ragionamenti”.
Ma vediamo come Jung spiega il tutto: «Entrambi i giudizi sono corretti ed errati a un tempo. Il giudizio è errato quando il punto di vista cosciente, la coscienza in genere è forte e in grado di opporre una resistenza nei riguardi dell’inconscio; ma è esatto quando il punto di vista cosciente debole si trova di fronte a un inconscio forte e deve, all’occasione, cedergli. In quest’ultima eventualità prorompe ciò che stava in fondo: nell’uno l’intenzione egoistica, nell’altro la passione sfrenata, l’affettività elementare che sfugge a qualsiasi considerazione.» (*2)
In altre parole la descrizione dei comportamenti degli estroversi e degli introversi è corretta quando in questi prevale l’inconscio (e prima o poi può accadere a tutti) ma in generale questo non è il caso.
Tanto tempo fa scrissi un pezzo in cui spiegavo che consideravo mio padre come completamente razionale e mia mamma come completamente irrazionale: mentre io a mia volta mi descrivevo come di natura al 90% emotiva e 10% razionale che però mi comportavo il 90% razionalmente e il 10% irrazionalmente (*3). Chiaramente mi piaceva l’inversione delle percentuali ma oggi, con una maggiore comprensione della psicologia e (forse) di me stesso, ritengo tali numeri decisamente eccessivi: ero io impressionato dalla forza delle mie passioni ma in realtà sottovalutavo la forza della mia razionalità! Forse oggi direi 35% emotivo e 65% razionale (*4).
Mi pare che in questa mia visione di me stesso, soprattutto sul comportamento, rifletta bene la teoria di Jung: in genere il mio conscio ha il controllo della situazione ma, occasionalmente, prevale l’inconscio con le sue passioni…
In seguito Jung aggiunge che per capire l’inconscio altrui si deve usare il proprio inconscio e questo corrisponde a usare la funzione dell’intuizione (*1).
Un altro frammento che mi sembra descriva bene le mie sensazioni giovanili (*3) e che, erroneamente, mi avevano fatto pensare di essere di natura emotiva (*4): «Quanto la sua [dell’introverso] coscienza è logica e saldamente ordinata, tanto la sua affettività è elementare, confusa e indomabile. A codesta affettività manca la nota propriamente umana: è sproporzionata, irrazionale, è un fenomeno naturale che infrange ogni ordinamento umano [...]» (*5)
Usando la mia intuizione mi sembra di iniziare a individuare uno schema nei dualismo del sistema MBTI: la funzione principale e secondaria, che saranno una di elaborazione (T o F) e l’altra di ricezione dati (N o S), sono usate dal conscio: la terziaria e la debole dall’inconscio.
Conclusione: soprattutto su Trotsky avrei avuto da scrivere di più ma ho dovuto/voluto limitarmi...
Nota (*1): e adesso, proprio grazie a quanto appreso proprio da queste pagine, mi appare evidente che la funzione principale di Jung è Ni (quindi IN-J compatibile con INFJ come indicato dalla banca dati, non affidabile, su cui normalmente mi baso). In verità dovrei distinguere: quanto ho scritto è vero nel sistema MBTI mentre letteralmente Jung dice qualcosa di diverso...
Nota (*2): tratto da “Tipi psicologici” di Carl Gustav Jung, (E.) Bollati Boringhieri, 2022, trad. Cesare L. Musatti e Luigi Aurigemma, pag. 164.
Nota (*3): In realtà è un pensiero di quando facevo l’università, diciamo quindi vecchio di una trentina d’anni!
Nota (*4): il lettore potrà trovare forse la stima della mia parte emotiva più alta di quanto il mio scrivere potrebbe far pensare ma: 1. scrivendo con calma, avendo tempo per riflettere, è più facile tenere a bada il proprio inconscio; 2. io credo che da bambino di essere stato INFP (prima dei 6 anni) e di essermi trasformato in INTP successivamente. Il punto 2 spiegherebbe la forza dei miei principi che è l’unico aspetto che mi distingue dallo stereotipo degli INTP (che di solito hanno principi deboli).
Nota (*1): ibidem, pag. 168.