«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

mercoledì 10 novembre 2021

10 punti contro la censura

E finalmente la censura mi ha colpito!
L’8 novembre FB mi ha notificato di aver aggiunto una segnalazione di “Allerta” a un mio commento pubblicato il 6 novembre dove, in pratica, rilanciavo il video YouTube (apparso su tale piattaforma il 3 novembre) di cui ho scritto nel corto Tutto tende ad accadere insieme.

Ma faccio prima a mostrare una schermata:

In pratica il mio commento non è stato eliminato ma vi è stata aggiunta la finestra che dice:
“Missing context
Independent fact-checkers say that this information could mislead people.”
Andando a leggere il “See Why” si arriva a una nuova finestra con del testo prefissato e un collegamento a un sito esterno che ci illuminerà sulla Verità, ovvero: «Questa non è Scienza». Cosa intendeva Doshi (Bmj) con il suo appello a favore dei dati aperti sui vaccini? di Juanne Pili su Open.Online
Dell’assurdità totale dei “controllori dei fatti” ho scritto più volte basta vedere la lunga lista di articoli col marcatore “Censura”. Un paio di osservazioni teoriche sull’ipocrisia dei controllori dei fatti “indipendenti” sono poi nel recente Casa libera ricaricata e Se lo censurano deve essere vero.

L’episodio che mi vede direttamente coinvolto mi dà però l’occasione per l’analisi di un caso concreto di censura o pseudo censura, chiamatela come volete: insomma di passare dalla teoria alla pratica.

Partiamo dall’inizio: “missing context”, ovvero “mancanza di contesto”, è l’accusa.
Ma che significa? Capirei se il video prendesse degli spezzoni di un discorso più ampio che, rimontati insieme, fanno dire a una persona ciò che in effetti non ha detto (pratica comune dei quotidiani “seri”). In questo caso però si tratta di una breve introduzione, di circa 5 minuti, senza tagli, in cui il professore universitario dice quello che pensa. Quale sarebbe quindi il contesto mancante? Il resto della discussione con gli interventi degli altri ospiti? Non credo: ma comunque nella descrizione del video vi è il collegamento alla conferenza completa per la durata di 3 ore e 51 minuti su Rumble.com
La mia sensazione è che non sapendo come giustificare la pseudocensura abbiano scelto l’opzione più vaga disponibile, ovvero “missing context”, anche se in questo caso, come spiegato, non ha senso.

Il secondo punto che mi turba è la presunzione dei controllori dei fatti di stabilire quale sia l’effettiva verità.
Capisco il maestro alle elementari che corregge i propri alunni, capisco anche il professore universitario che, nella propria materia specifica, è in grado di dare un voto ai propri studenti: ma con quale albagia Juanne Pili ci spiega quello che il professor Doshi vuol veramente dire? Io credo che neppure un premio Nobel si permetterebbe di fare altrettanto: magari potrebbe dissentire ma mai si azzarderebbe a dire “le cose stanno così perché ve lo dico io”. La scienza dal XVII, grazie a Galilei, non si fonda più sul principio dell’autorità ma sulle prove e le ricerche.
Sarebbe interessante sapere quali sia il CV di Juanne Pili: quanti decenni di ricerca in campo medico ha accumulato? quali ricerche scientifiche ha pubblicato? Quali sono insomma le sue referenze scientifiche che le permettono di poter giudicare in poche ore, al massimo giorni, il lavoro che dei ricercatori hanno compiuto in mesi?
Sfortunatamente non si sa: sul sito Open.Online ci viene detto che Juanne Pili è una “Fact checker”, ovvero un controllore dei fatti, e tanto ci deve bastare a garanzia delle sue qualifiche per emettere un giudizio definitivo (e senza appello).

Ma arriviamo all’indipendenza (terzo punto) del controllore dei fatti: di sicuro Juanne Pili non è pagata né influenzata da FB ma lavorando per Open.Online dipende dalla linea editoriale di questa. Se a Mentana un articolo non piace la voce arriva anche alla Pili e, se vuole continuare a scrivere per Open.Online, dovrà prestare maggiore attenzione alla linea editoriale (*1).
Se poi Juanne Pili è anche stipendiata da Open.Online, allora il controllo sarà ancora più marcato. Se invece vi scrive come volontaria allora è lecito avere dubbi sulla qualità della sua verifica dei fatti: c’è un detto americano del tipo “se è gratis allora vale zero”, questo è vero in qualche misura anche per il lavoro…
Quindi l’indipendenza da FB non equivale all’indipendenza in assoluto ma, nel caso di chi scrive per Open.Online, seguirà più o meno la stessa linea editoriale del telegiornale di Mentana: una visione della realtà rispettabilissima ma comunque di parte e, quindi, non imparziale.

Un quarto punto inizialmente mi sembrava secondario ma più che ci penso e più che mi rendo conto di quanto sia importante. Se leggete l’analisi del controllore dei fatti vedrete che, pur non trovando niente di totalmente errato o falso, mette comunque tanti puntini sulle “i”. Ecco questa stessa meticolosità di analisi non viene fatta per i proclami che seguono la narrativa dominante: c’è quindi una disparità di trattamento e di tolleranza molto diversa fra il pensiero maggioritario e minoritario. Questa discrepanza non è giustificata e, anzi, sottintende a una concezione della comunicazione dove fuorviare è accettabile se è a "fin di bene", ovvero se tende a confermare la visione spacciata dal potere come unica realtà. Inutile dire che da un punto di vista morale trovo questo sistema di due pesi e due misure totalmente esecrabile.

Il quinto punto, forse meno importante, ma che comunque mi irrita molto, è quello di considerare il lettore, o nel caso del video in questione, lo spettatore come un emerito idiota che non riesce a capire i sottotitoli in italiano (peraltro tradotti molto bene) della conferenza. Il controllore dei fatti nella sua analisi delle affermazioni di Doshi spesso ripete, magari in forma più confusa, ciò che il ricercatore aveva detto più chiaramente: per esempio Doshi esordisce spiegando di parlare a titolo personale ma nell’analisi, alla sezione “Per chi ha fretta”, la prima frase riporta “Peter Doshi parla a titolo personale, sollevando legittime questioni riguardo all’accesso ai dati dei trial sui vaccini”. E allora? Cosa aggiunge di contesto questa frase? Proprio Doshi lo dice esplicitamente! Chi vede il video lo capisce benissimo quindi che senso ha ripeterlo? Sembra quasi si voglia far passare l’idea che Doshi cercasse di far credere di parlare a nome di altri: cosa che quindi metterebbe forti dubbi sulla sua onestà intellettuale: ma, come ho spiegato, egli stesso afferma di parlare a nome proprio.

Il sesto punto è fattuale: alcune interpretazioni di quanto detto da Doshi mi sembrano dubbie e fuorvianti: in particolare la più grave è quella per cui sembra che Doshi si lamenti che i dati dei test effettuati dalle case farmaceutiche non siano disponibile al pubblico facendo invece pensare che gli esperti ne abbiano pieno accesso: la verità, cioè quanto effettivamente detto da Doshi, è che la comunità scientifica non ha accesso a tali dati e, se tutto va bene, potrà averli solo fra uno o due anni (quelli della Pfizer addirittura dal 2025). La differenza di significato e le relative conseguenze sono evidentemente enormi: la scienza non può fidarsi della parola dell’industria che produce un farmaco (e che nel caso di Pfizer, ricordiamolo, ci guadagna 36 miliardi) ma deve verificare i dati reali: questo intendeva Doshi con la sua affermazione provocatoria “questa non è scienza”.

Il settimo punto è un mio forte sospetto: nel video che avevo condiviso (Doshi: “Questa non è scienza”) era compreso anche l’intervento, a mio avviso ancor più significativo, di un’altra professoressa universitaria, la signora Linda Wastila (*2).
Questa mancanza mi fa pensare che l’analisi di Juanne Pili non sia originale ma una traduzione di un testo probabilmente inglese che si riferiva all’intervento del solo Doshi (ho infatti trovato un altro video, sempre su YouTube, che contiene unicamente tale intervento). Però in caso di traduzione, magari anche solo parziale visto che vengono nominati vari articoli italiani, la presunta “indipendenza” diventa ancora più opaca e dubbia. Del resto in coda all’articolo c’è la seguente scritta in inglese: “Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic.”
Ovviamente c’è anche la possibilità che FB abbia riconosciuto la prima parte del video di Doshi e che automaticamente vi abbia allegato la “chiarificazione” che riguarda solo esso: insomma in questo caso la colpa dell’incompletezza dell’analisi (che non tratta delle affermazioni della professoressa Wastila) sarebbe degli algoritmi e non della Pili. C’è però da dire che il video incluso nell’articolo su Open.Online è proprio quello che comprende l’intervento della Wastila quindi, beh, avrebbero potuta almeno menzionarla per far capire che comunque il video l’avevano visto tutto!

L’ottavo punto: come ho detto trovo più o meno fuorviante quasi tutti i passaggi dell’analisi del video: piccole cose ma che complessivamente tendono a dare una lettura unidirezionale (e negativa). Ne fornisco solo un esempio, forse anche leggermente fuori tema: nell’analisi viene ricordata la lettera “di quaranta ricercatori” che chiedevano i dati grezzi sul vaccino russo Sputnik. In effetti il vaccino fu distribuito in Russia prima che questi dati fossero noti e furono pubblicati, non ricordo esattamente, solo un tre mesi dopo o roba del genere. Però questo, non è chiaro con quale logica, non varrebbe per le case farmaceutiche occidentali. L’effetto che si ha è quello di screditare il vaccino Sputnik, usato non solo in Russia ma in tanti altri stati, che però, evidentemente, non ha avuto la stessa corsia preferenziale per ottenere l’approvazione per l’uso d’emergenza in occidente.
Come avevo anticipato questo attacco allo Sputnik c’entra poco o nulla con l’intervento di Doshi (comunque tirato in ballo dalla Pili) ma dà comunque l’idea di come tutte le affermazioni siano orientate in una specifica direzione: della trentina di vaccini contro il covid-19 disponibili solo quelli delle case farmaceutiche occidentali sono “buoni”: gli altri sono “cattivi”, “dubbi”, “non testati” o, ancora meglio, si evita di parlarne.

Punto nove: ho voluto fare una mia mini ricerca sulla santa alleanza contro le bufale sul covid-19. Seguendo il collegamento fornito si arriva su sito Poynter.org. In accordo alla mia logica sospettosa mi sono subito chiesto chi finanzia questa organizzazione: in genere infatti le persone obbediscono a chi le paga. L’organizzazione si basa su donazioni e fornisce anche un lungo elenco di enti che, personalmente, non mi dicevano niente. Così ho cercato su DuckDuckGo (per queste ricerche non mi fido di Google) e ho trovato questo articolo: Poynter: Self Claimed “Factchecking Group” Funded By Media Giants su CanuckLaw.ca
Non ho avuto modo/tempo di investigare ulteriormente ma sarebbe bene farlo: SE questo articolo dicesse il vero allora gli stessi media che diffondono la narrativa ufficiale indirettamente potrebbero delegittimare a proprio piacimento tutte le notizie contro di essa…

Punto dieci (bonus): il seguente punto non riguarda questa analisi ma un’altra, del gennaio 2021, sempre però di Juanne Pili. Il 19 gennaio 2021 pubblicai infatti il pezzo Ancora blu col preciso scopo di ricordarmi dell’articolo Uno studio «bomba» dichiara il vaccino Pfizer efficace tra il 19% e il 29%? Non è nemmeno uno studio di Juanne Pili su Open.Online
All’epoca scrissi:
«E allora perché, di nuovo, ho citato proprio Open.online?
L’ho fatto perché ho la sensazione che in questo caso abbiano preso un granchio: magari i conti del professore che ha pubblicato sul British Medical Journal non saranno accurati ma dubito che i suoi argomenti non siano fondati: in altre parole non mi stupirei se fra qualche mese verrà fuori che l’efficacia del vaccino Pfizer sia effettivamente molto più bassa di quanto stimato adesso.
In tal caso voglio avere a portata di mano (ovvero su questo sito) l’articolo di Open.Online per prendere un po’ in giro la maniera in cui hanno, perlomeno, ridimensionato la notizia.
»
E ora, a distanza di circa 9 mesi… me ne ero completamente dimenticato!
Comunque è ormai accertato che l’efficacia dei vaccini diminuisce col passare del tempo: del resto, se così non fosse, non ci sarebbe bisogno del richiamo, no?
Quindi la totale stroncatura del controllore dei fatti era giustificata? A me pare proprio di noi ma giudicate voi…

Conclusione: prevedibilmente, dato che l’argomento mi sta molto a cuore, mi è venuto un pezzo un po’ più lungo del solito. Il punto è che la censura è sempre sbagliata: in ambito scientifico poi uccide la scienza che si basa invece sul confronto fra idee, anche contrastanti, e soprattutto sulle relative ricerche: non esiste nella scienza un “controllore dei fatti” che dice cosa sia vero e cosa sia falso. Le ricerche scientifiche sono verificate dai “pari” non dai “superiori”. E anche la ricerca verificata dai pari potrà poi risultare errata se delle nuove ricerche così dimostrano. Nella comunità scientifica non c’è nessun vero scienziato che ha l’arroganza di stabilire se quanto detto da un altro ricercatore sia vero o no: ovviamente potrà non essere d’accordo ma poi, alla fine, parleranno i dati delle ricerche.
La concezione stessa dell’idea di un controllore dei fatti non è scientifica: e infatti è un'invenzione politica e dei media il cui scopo ultimo non è certo quello di proteggere la verità (che del resto non necessiterebbe di essere protetta censurando il presunto falso) ma, evidentemente, controllare e dirigere il pensiero della società.

Nota (*1): anche qui è fondamentale la lettura de “La fabbrica del consenso” di Chomsky: nel saggio viene spiegato che (negli USA degli anni ‘80 ma credo sia tuttora valido e anche in Italia) i giornalisti dei quotidiani importanti non subiscono pressioni per scrivere qualcosa o dire ciò che non pensano. Il motivo è che fin dall’università quelli che si adattano al conformismo dominante fanno facilmente più strada mentre chi va contro corrente finisce per ritrovarsi isolato. Sono sicuro che su Open.Online i vari giornalisti che vi scrivono non subiscono pressioni: però quelli che faranno carriera, magari passando alla 7 oppure ad altre testate importanti saranno quelli che hanno dimostrato di aver introiettato nel loro modo di pensare la narrativa dominante. Ho la sensazione che Open.Online diventerà una piattaforma su cui selezionare i giornalisti che non solo scrivono bene (questo è scontato) ma che scrivono ciò che sta bene ai potenti e che, in caso di necessità, sono pronti a giustificare con arguzia e abilità anche le ingiustizie più o meno palesi.
Nota (*2): la quale fa notare che dal 2021 nel sistema americano di segnalazione degli effetti collaterali ci sono circa 8000 miocarditi in più rispetto alla media dei vent’anni precedenti: da dove vengono? Oltretutto in tale sistema le segnalazioni sono stimate essere circa un decimo rispetto al numero complessivo degli effetti collaterali...

Nessun commento:

Posta un commento