Sogno fatto questa mattina che voglio aggiungere alla mia serie sulle improbabili anime gemelle!
«Sono in città ed è notte. Per tornare a casa stavolta ho una bici.
Come al solito la geografia della città è vaga: se ne riconoscono elementi specifici ma le relazioni spaziali fra gli stessi non tornano. Sono sui viali che circoscrivono il centro storico. Nonostante l’ora c’è abbastanza traffico [vero anche nella realtà!]. Mi viene l’idea di andare sulla pista ciclabile a fianco della strada. Qui si viaggia bene, ci sono tanti altri ciclisti, una decina direi.
La maggior parte presto o tardi svolta a destra per andare in centro.
Siamo rimasti in due: davanti a me una ragazza mi precede di qualche metro. Intanto non è più notte fonda ma siamo quasi al mattino: gli studenti stanno andando a scuola e gli adulti a lavoro.
Arriviamo a un semaforo che diventa rosso proprio davanti a noi: invece di fermarci ci pieghiamo in avanti sui pedali per accelerare.
Qui abbiamo un’intuizione, come un pensiero condiviso da entrambi: mi viene naturale giustificarmi dicendo “che di solito mi fermo ai semafori rossi”. Lei si volta verso di me ridendo e rispondendomi che lo stesso vale anche per lei.
Finalmente la “noto” per la prima volta: mi ero già accorto che era una ragazza ma, anche a causa del cappottone, l’avevo vista solo di schiena senza farmene un’idea precisa. Hai i capelli lisci lunghi fino alle spalle che non mi piacciono perché sono schiariti artificialmente: vedendola in faccia noto gli occhi celesti e il sorriso molto bello. Sul corpo posso dire solo che è magra. Probabilmente una ragazza carina ma non bellissima. Indossa jeans, maglione e, come detto, cappotto: sembra più dicembre che novembre.
Pedaliamo insieme scambiandoci battute superficiali: mi sento molto a mio agio con lei.
Poi lei arriva dove dovrebbe girare (anche lei a destra per il centro) e io le chiedo sfrontatamente dove va di preciso [mentre le battute leggere sono plausibili, da sveglio non oserei mai fare una domanda così diretta].
Lei mi chiede solo “perché?” e io le rispondo: “Altrimenti per ritrovarti dovrei girare tutto il centro...”
Le piace la mia risposta, abbiamo superato la sua strada e avanziamo piano piano per non allontanarcene troppo. In maniera molto spontanea le ho messo il braccio destro sulle spalle in maniera da dare a entrambi un equilibrio più stabile dato che siamo quasi fermi.
Il discorso si fa più personale. Lei mi dice che lavora per una casa editrice (direi che lei ha 25-30 anni mentre io, nel sogno, 30-35). Mi accenna a dei classici in inglese di un genere YYY [non ricordo più, era qualcosa di piuttosto specifico]. Ora io di letteratura non so niente ma piuttosto che ammetterlo provo a dirle un titolo di Jane Austen (l’unica autrice che conosco un po’). Mia cugina è un’appassionata ed eventualmente avrei altre cose da dirle e su cui chiacchierare [di solito non sarei così calcolatore, non di certo così rapido, ma nei sogni ho questa dote].
Poi la Austen è un’autrice abbastanza femminista per l’epoca con le protagoniste sì sensibili ma anche forti, indipendenti e coraggiose: dubito che possa farle una cattiva impressione.
Invece mi viene fuori dalla bocca il titolo “Piccole donne”! Non è il titolo giusto, né di Jane Austen (!), ma fortunatamente è un fuochino. Mi spiega che anche lì hanno perso i diritti (penso si riferisse alle case editrici) e finalmente mi dice che sta lavorando a una traduzione della “Lettera scarlatta”.
Io, sinceramente (cioè senza volerla impressionare), le dico che deve essere molto difficile tradurre, cioè capire il pensiero profondo dell’autore e riportarlo in un’altra lingua [v. il mio sottocapitolo sull'Epitome [E] 21.3]: e lei allora si entusiasma e inizia a raccontarmi del suo lavoro che ascolto con genuino interesse.
La scena è cambiata. Adesso lei è seduta su uno steccato di legno, siamo in campagna, primo mattino. Io sono forse ancora in bici, lei è più in alto di me, mi tengo/appoggio alle sue ginocchia. Le chiacchiere si fanno più intime: viene fuori che adesso si è lasciata col fidanzato, mi dice che tutte le amiche le suggeriscono di trovare una persona con i suoi stessi interessi, che sia più compatibile ma che per lei normalmente è difficile trovare una persona con cui parlare facilmente (facendomi capire che il suo parlare così liberamente con me è anomalo per lei). Sono d’accordo con lei: fra di noi c’è molta sintonia: anzi direi più sintonia mentale che attrazione fisica [già non ne ricordo più il volto!]. Mi sento molto a mio agio con lei.»
Poi mi sveglio…
Rispetto al “solito” questa ragazza aveva meno fascino ma decisamente aveva un carattere più compatibile col mio: chissà, forse era una INTP come me?
Conclusione: dovrei trasformare questi pezzi in una serie vera e propria. Tempo fa li rilessi tutti e mi fecero uno strano effetto: alla fine rileggere un proprio sogno è come riascoltare un consiglio ormai dimenticato del proprio inconscio. Non è che acquisti più senso ma si sente comunque che smuove emozioni che ancora risuonano in noi, magari sepolte ma non dimenticate, le quali ancora hanno la forza di turbarci.
Il post sentenza
4 ore fa
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