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martedì 16 novembre 2021

La parallasse

Oggi avrei da scrivere un altro pezzo su un sogno molto interessante e, se ho voglia, un corto chiamato “Aggiornamento previsione 2” che non ha niente a che vedere con il pezzo Aggiornamento previsione 1 (*1), però la matematica vince.
Vince nel senso che la trovo ancor più divertente e quindi le do la precedenza quasi su tutto: in questo caso, alla fine, è solo una banalità ma ho trovato carini i grafici colorati che mi ero fatto (vedi poi).

La premessa è il solito “Dialogo sui due massimi sistemi del mondo” di Galilei: sono arrivato alla parte dove si cerca di calcolare la distanza di una stella apparsa improvvisamente nel 1571 (che adesso sappiamo essere stata una supernova).
Il problema della distanza non ha un’importanza tanto scientifica quanto filosofica. Per i peripatetici infatti la sfera delle stelle fisse è immutabile e, quindi, niente vi può comparire né scomparire. L’oggetto in questione, osservato da almeno una dozzina di astronomi, deve quindi trovarsi in una sfera più bassa, addirittura sotto quella lunare.
Simplicio porta a dimostrazione di ciò una "ricerca" (un libro in verità) che, con vari calcoli, “dimostra” proprio ciò. Gli scienziati “pari”, cioè Salviati e Sagredo (*2), bocciano però la ricerca illustrando i numerosi errori dell’astronomo aristotelico.

Ma come facevano a calcolare la distanza degli oggetti nel cielo?
Male in realtà! Sfruttavano la parallasse rilevando la posizione degli oggetti celesti a diverse latitudini: più esso è vicino all’osservatore e più (apparentemente) si sposta sullo sfondo delle stelle fisse. Da queste discrepanze, con calcoli trigonometrici (ho visto nominato più volte un seno), arrivavano alla distanza vera e propria.

Il metodo funzionava male nel senso che, per la precisione degli strumenti dell’epoca, era usabile solo per gli oggetti all’interno del sistema solare. Più infatti l’oggetto è lontano e più anche una minima differenza angolare porta a variazioni notevolissime della distanza calcolata.
Anche Galilei infatti fa collocare la supernova, ben oltre la Luna ma, a causa degli errori di misurazione, neppure troppo lontana dalla Terra.

Nei calcoli fatti mi sono perso: come al solito c’è un grafico minuscolo e poi due-tre pagine di discorsi dove vengono descritti, oltretutto usando una terminologia poco familiare, angoli, segmenti e proiezioni varie. Visto che il testo è di pubblico dominio metto in nota (*3) il passaggio incriminato così potete farvi un’idea del perché non riesco a seguire i ragionamenti descritti.

Ovviamente mi è venuta la voglia di rifare i conti da solo: sembrava facile (con una calcolatrice!) e divertente…
Per prima cosa ho voluto però cercare di capire come funzionavano, cioè cosa indicavano, i dati riportati dai vari astronomi.
Le loro misurazioni forniscono infatti l’elevazione della Stella Polare (quella che sta praticamente “sopra” il polo Nord) e l’elevazione massima e (a volte) anche minima della supernova (forse vale la pena ricordare che la Terra, ruotando su se stessa, fa sembrare che l’intera volta celeste si muova così che ogni stella descriva un arco: sorge, raggiunge la massima altezza, e poi tramonta.
Secondo me l’unico dato che ha senso è quello della massima elevazione dato che gli altri sono variabili e non c’è maniera di confrontarli fra loro senza conoscere l’ora della rilevazione.

Gli astronomi quindi prendevano coppie di rilevazioni diverse, prese cioè a diverse latitudini, e confrontavano poi le diverse elevazioni (massime suppongo) della supernova: dalla differenza, tenendo conto della diversa latitudine, calcolavano la parallasse e quindi la distanza. In realtà, come ho già spiegato, la supernova era talmente lontana che tutti i calcoli effettuati sono vanificati da errori di misura che provocano risultati completamente inattendibili. In teoria avrebbero dovuto ottenere una parallasse sempre pari a zero ma in pratica non era così…

Comunque, prima di divertirmi con i calcoli, ho pensato che fosse prudente capire per bene come funzionasse e cosa si intendesse per elevazione: intuitivamente supponevo fossero i gradi di altezza sopra l’orizzonte ma volevo esserne sicuro.

Ho cercato in rete e mi sono basato su questa pagina: La Stella Polare su Brera.Inaf.it
In particolare ho notato l’affermazione: «L'altezza della Stella Polare sull'orizzonte è circa uguale alla latitudine dell'osservatore.»
Mi era ovvio che vi fosse una relazione fra i due angoli ma non pensavo fosse così immediata: allora ho deciso di partire riverificando da solo la correttezza di tale affermazione.

A geometria faccio schifo ma alla fine si tratta sempre di triangoli: angoli retti, piatti e opposti; triangoli simili, etc…
Così mi sono fatto il seguente grafico sul quale ho progressivamente aggiunto i diversi angoli.
Quello che volevo arrivare a dimostrare è che l’angolo contrassegnato dalla stella (scarabocchio) blu, ovvero l’altezza sull’orizzonte della Stella Polare fosse uguale alla latitudine del punto di osservazione, cioè l’angolo identificato da una singola linea verdolina al centro della Terra (il cerchio!).
Dopo una buona mezzoretta, visto che non arrivavo a nulla e avevo praticamente finito i colori diversi, ci ho ripensato: banalmente mi sono accorto che, tenendo fisso il punto di osservazione ma variando la distanza della Stella Polare, l’angolo stella/sgorbio blu variava mentre la latitudine, per costruzione, rimaneva la stessa: ovvero tali angoli NON potevano essere uguali!
Capito questo sono arrivato alla conclusione corretta (che in effetti mi aveva già anticipato o Salviati o Sagrado (*2)) ovvero che la distanza della Stella Polare è tale che le linee che dalle diverse latitudini della Terra puntano a essa sono “praticamente” parallele. In realtà non sono parallele ma per i nostri scopi pratici è come se lo fossero.
Così ho tracciato questo secondo grafico arrivando in breve tempo alla dimostrazione cercata: inutile che ne spieghi i singoli passaggi: come detto si tratta di triangoli, 180° e 90° etc.
Basta segnare sul grafico quello che si sa e la soluzione viene fuori da sola!

Risolto il problemino mi sono divertito a stimare, nella realtà, le proporzioni fra le diverse distanze.
Sono partito ipotizzando 1 secondo luce pari a un 1 millimetro. La luce del Sole arriva sulla Terra in circa 8 minuti, ovvero 480 secondi o millimetri: se Sole e Terra fossero punti allora, in questa scala, andrebbero posti a circa 480 mm di distanza. Troppo!
Allora sono passato a 1 minuto pari a un millimetro: in questa scala la distanza Terra-Sole sarebbe di 8 millimetri. Marte sarebbe a 13 millimetri dal Sole, Giove a 43, Saturno a 79, Urano a 159 e Nettuno a 250 mm, cioè 25 cm. Ma vediamo a quanto corrisponderebbe un anno luce: 60x24x365=525600 mm, ovvero 526 metri.
Beh, la Stella Polare si trova a 325 anni luce, ovvero a 171 Km di distanza!

Oltretutto il mio disegno è in scala molto più bassa, la proporzione fra secondo luce e diametro della Terra è: 300.000x60/12742=1413
E un 1413-esimo di un millimetro è 0,0007 mm ovvero 0,7 micron (che adesso pare, secondo wikipedia, si dica micrometro). Per avere un’idea (informazione raccattata in rete) una cellula può avere il diametro e il nucleo rispettivamente di 15 e 5 micrometri (evidentemente una cellula eucariote!). Oppure un capello è invece (largo non lungo!) sui 70 micrometri mentre un globulo rosso è appena 8 micrometri.
Insomma una Terra di 0,7 micrometri sarebbe una biglia proprio piccina: comunque immaginatevi di segnarla su un foglio di carta gigantesca con un puntolino e da questo, usando dei pennarelli dalla punta estremamente fine (!), tracciate delle linee per raggiungere un punto a 171Km di distanza (un po’ meno della distanza in linea d’aria fra Roma e Napoli pari a 189 Km). È chiaro che nell’immediatezza del cerchio di 0,7 micrometri queste linee sembrerebbero delle rette parallele ed è per questo che, in pratica, l’altezza della Stella Polare coincide con la latitudine del punto d’osservazione sulla Terra...

Conclusione: quando mi tornerà la voglia giocherò un po’ con la parallasse...

Nota (*1): sono io che trovo divertente la cosa e già ieri avevo in mente di farla…
Nota (*2): spero di non aver storpiato troppo questi nomi: iniziando tutti con la “S”, a causa della mia particolare dislessia, tendo a confonderli nonostante sia arrivato al 70% del libro e a ogni pagina, o quasi, li veda scritti...
Nota (*3): Di seguito il grafico del mio e-libro che mi appare ancora più piccolo e che vedo senza occhiali. Nelle pagine successive (quindi non vedendo più il grafico che comunque non riesco a leggere) c’è la descrizione del tutto che potete vedere, così per gradire...

SIMP.
Parmi d'esserne capacissimo, in segno di che mi proverò a farne una figura matematica: ed in questo cerchio grande noterò il polo P, e in questi due cerchi più bassi noterò due stelle vedute da un punto in Terra, che sia A, e le due stelle sieno queste B, C, vedute per la medesima linea ABC incontro a una stella fissa D; camminando poi in Terra sino al termine E, le due stelle mi appariranno separate dalla fissa D e avvicinatesi al polo P, e più la più bassa B, che mi apparirà in G, e manco la C, che apparirà in F; ma la fissa D averà mantenuta la medesima lontananza dal polo.
SALV.
Veggo che voi intendete benissimo. Credo che voi comprendiate ancora, come, per esser la stella B piú bassa della C, l'angolo che vien costituito da i raggi della vista che partendosi da i due luoghi A, E si congiungono in C, cioè quest'angolo A C E, è piú stretto, o vogliam dir piú acuto, dell'angolo costituito in B da i raggi A B, E B.
SIMP.
Si vede al senso benissimo.
SALV.
Ed anco, per esser la Terra piccolissima e quasi insensibile rispetto al firmamento, ed in conseguenza per esser brevissimo lo spazio A E, che si può camminare in Terra, in comparazion dell'immensa lunghezza delle linee E G, E F da Terra sino al firmamento, venite a intendere che la stella C si potrebbe alzare e allontanar tanto e tanto dalla Terra, che l'angolo costituito in essa da i raggi che partono da i medesimi punti A, E divenisse acutissimo e come assolutamente insensibile e nullo.
SIMP.
E questo ancora intendo io perfettamente.
SALV.
Ora sappiate, signor Simplicio, che gli astronomi e matematici hanno trovate regole infallibili per via di geometria e d'aritmetica, da potere, mercé della quantità di questi angoli B, C e delle loro differenze, congiugnendovi la notizia della distanza de i due luoghi A, E, ritrovare a un palmo la lontananza delle cose sublimi, tuttavolta però che detta distanza e detti angoli siano presi giusti.
SIMP.
Talché, se le regole dependenti dalla geometria e dall'aritmetica son giuste, tutte le fallacie ed errori che s'incontrassero nel volere investigar tali altezze di stelle nuove o di comete o di altro, convien che dependano dalla distanza A E e da gli angoli B, C, non ben misurati. E cosí tutte quelle diversità che si veggono in queste 12 indagini, dependono non da difetti delle regole de i calcoli, ma da errori commessi nell'investigar tali angoli e tali distanze per mezo delle osservazioni istrumentali.
SALV.
Cosí è, né di questo casca difficultà veruna. Ora convien che attentamente notiate, come nell'allontanar la stella da B in C, onde l'angolo si fa sempre piú acuto, il raggio E B G si va continuamente allontanando dal raggio A B D dalla parte di sotto l'angolo, come mostra la linea E C F, la cui parte inferiore E C è piú remota dalla parte A C che non è la E B: ma non può già mai accadere che, per qualunque immenso allontanamento, le linee A D, E F totalmente si disgiunghino, dovendosi finalmente andare a congiugner nella stella; e solamente si potrebbe dire che le si separassero e si riducessero ad esser parallele, quando l'allontanamento fusse infinito, il qual caso non si può dare. Ma perché (notate bene) la lontananza del firmamento, in relazione alla piccolezza della Terra, come già s'è detto, si reputa come infinita, però l'angolo contenuto da i raggi che tirati da i punti A, E andassero a terminare in una stella fissa, si stima come nullo, ed essi raggi come due linee parallele; e però si conclude, che allora solamente si potrà affermare, la stella nuova essere stata nel firmamento, quando dalla collazione delle osservazioni fatte in diversi luoghi si raccolga co 'l calcolo, l'angolo detto esser insensibile e le linee come parallele. Ma quando l'angolo sia di notabil quantità, convien necessariamente la stella nuova esser piú bassa delle fisse, ed anco della Luna, quando però l'angolo A B E fusse maggiore di quello che si costituirebbe nel centro della Luna.
SIMP.
Adunque la lontananza della Luna non è tanto grande che un simil angolo in lei resti insensibile?
SALV.
Signor no; anzi è egli sensibile non solo nella Luna, ma nel Sole ancora.

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