«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB e applica la tua mente alla SUA istruzione» Pv. 22,17
Qui si straparla di vari argomenti: 1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda 2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui 3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)
Da qualche giorno ho iniziato a leggere “The fate of Rome” di Kyle Harper, (E.) Princeton University Press, 2017.
Da tempo lo seguivo: in italiano il volume era troppo caro e così l’ho comprato in inglese.
In realtà ero abbastanza scettico: una tendenza comune degli storici, ma in realtà degli uomini in genere, è quella di giudicare il passato con gli occhi del presente. In particolare le problematiche più attuali del presente vengono proiettate nel passato.
Per esempio da buon esponente dell’illuminismo il Gibbon diede la principale colpa della caduta dell’impero romano all’influenza del cristianesimo; agli inizi del XX secolo era più in voga un’interpretazione legata al dinamismo etnico, alla superiorità delle razze barbare (germaniche) etc.
Questo vale non solo per la caduta dell’impero romano ma per qualsiasi evento storico di complessità non banale: per esempio anche la rivoluzione francese è stata interpretata diversamente nel corso dei secoli…
Evidentemente nel 2017 la questione del cambiamento climatico era cospicua: in effetti nel sottotitolo c’è scritto “Climate, disease, & the end of an empire”. Si accenna cioè anche alla malattia: ma dal testo è chiaro che la malattia è condizionata dal clima (e altri fattori).
Probabilmente se l’autore avesse scritto oggi quest’opera l’accento sarebbe stato maggiormente spostato sulla pandemia…
Comunque già nel 2019 espressi varie perplessità nella parte finale di Caldo o freddo?.
Fortunatamente il libro è invece scritto molto bene e scorre veloce: mentre su “The framers’ coup” avanzo faticosamente di poche pagine per volta riempiendo i margini di note, qui leggo veloce evidenziando pochissimo. Sarà che conosco decentemente l’argomento e quindi il contesto mi è già noto e chiaro e l’idea di fondo: l’impatto del cambiamento climatico e delle pandemia è di facile comprensione.
L’autore porta molti dati, alcuni dei quali recentissimi ottenuti con la ricostruzione del clima antico e delle malattie attraverso molteplici forme di nuove tecnologie (*1) e ricerche, che mi hanno convinto della verità del cambiamento climatico nei secoli indicati dall’autore e dell’epidemia di peste Antonina, probabilmente vaiolo, che attraversò l’impero fra il 165 e il 172 d.C.
Quello che ancora l’autore non è riuscito a ottenere è convincermi del peso perspicuo di questi elementi su quelli sociali ed economici.
Per esempio l’ipotesi del vaiolo non è nuova e con essa veniva spiegato l’abbandono dei campi italiani nel tardo impero ma, ricordo, ciò era stato spiegato con motivazioni puramente economiche: era più economico importare il grano dal nord Africa piuttosto che coltivarlo in Italia…
Nel medioevo poi la peste bubbonica uccise una percentuale della popolazione europea, se non erro, del 50 o 60%. Negli anni successivi a queste decimazioni però si ebbe una forte crescita dovuta all’aumento di cibo disponibile per tutti: la mancanza di mano d’opera portò a un aumento dei salari (una piccola redistribuzione economica). Secondo alcuni storici il rinascimento è in parte frutto delle stragi provocati dalla peste nei secoli precedenti.
La peste Antonina invece dovrebbe aver ucciso dal 2 al 33% della popolazione con l’autore che opta per un 10-20% a seconda dei luoghi.
Da una parte questi valori sono estremamente minori del 50-60% medioevale e, soprattutto, non si affronta l’argomento delle maggiori risorse disponibili negli anni successivi e i risultanti effetti sociali e demografici. Non è che l’autore consideri questo aspetto poco rilevante: semplicemente non lo considera (*2).
L’altro elemento di fondo che mi lascia perplesso è la concezione storica dell’autore.
Io mi resi autonomamente conto da solo, mi sembra ai tempi del liceo ma forse dopo, che pensando all’impero romano è facile perdere di vista lo scorrere del tempo: la vita dell’impero è talmente ampia che gli eventi del 310 sembrano immediatamente precedenti a quelli del 340 e, per questo, vengono posti in relazione diretta.
Si dimentica che 30 anni sono un po’ più di una generazione e che in questo periodo di tempo ci possono essere cambiamenti culturali significativi che hanno un impatto molto maggiore dell’influenza degli eventi accaduti tre decenni prima.
Invece l’autore salta tranquillamente da eventi accaduti a secoli di distanza e li considera fortemente correlati fra loro ignorando le generazioni che li separano.
Non è un atteggiamento da storico questo e in effetti l’autore, da quel che leggo nella breve biografia presente sulla copertina è un professore di “Classics and letters”.
Questo spiega la sua prospettiva molto innovativa ma mi allerta anche sui possibili rischi: esattamente qualcosa di analogo alla visione rivoluzionaria della stesura della costituzione americana suggerita dal giurista autore di “The framers’ coup”.
Non so se sono riuscito a spiegare bene il pericolo di interpretare eventi avvenuti a molti decenni di distanza come se fossero estremamente ravvicinati mentre, per le persone che li hanno vissuti, erano lontani: ci vuole una certa abitudine alla storia, la capacità di calarsi nella prospettiva delle persone del tempo, che non è immediata per tutti…
Conclusione: comunque, come ho già spiegato, la lettura del libro è molto piacevole. Non mi stupirei se terminassi di leggerlo prima di altri che ho incominciato da tempo!
Nota (*1): per esempio si sta iniziando ad analizzare geneticamente i resti ossei del periodo riuscendo in taluni casi a identificare anche le cause della morte. Nota (*2): sono a pagina 127: magari lo farà in seguito...
Mi sono imbattuto in questo video per caso: me lo ha segnalato YouTube perché tendo a vedere molti video scientifici (non seguo solo covid ma anche fisica, astronomia, matematica e, ovviamente, storia).
L’argomento mi sta molto a cuore fin da quando ero un bambino: ne scrissi già una decina di anni fa e, periodicamente, ci sono tornato con altri pezzi.
L’ho guardato con curiosità ma senza molte aspettative: invece ha confermato tutto quanto ho scritto in questi anni! Inoltre riporta alcuni effetti psicologici di cui avevo letto in “Le radici psicologiche della diseguaglianza” (che non ricordo se avevo poi riportato qui sul ghiribizzo)…
Altra ciliegia - 1/11/2021
I video suggeriti da YouTube sono come le ciliegie: appena scopre un canale che ti piace inizia a suggerirtene molti video. Spesso ci azzecca…
Il video illustra un tema che mi sta molto a cuore: ovvero i pregi e i difetti delle banche dati genetiche (*1). Il video prevedibilmente si concentra sugli aspetti positivi, per esempio l’identificazione di criminali, e accenna solamente a quelli negativi (ma almeno lo fa! Nel desolato panorama dell’informazione odierna questo è già tanto).
In pratica il DNA di una persona permette di identificare con precisione decrescente in base alla distanza un numero di parenti molto alto (stimato in circa 1000 compresi i futuri discendenti ancora non nati), fino cioè ai cugini di terzo grado. Incrociando i dati di due o più cugini di terzo grado è possibile risalire all’antenato comune ed, esaminando la discendenza di questo, restringere notevolmente la lista dei sospetti.
I pericoli sono abusi di ogni genere, probabilmente per varie forme di discriminazione.
La mia teoria al riguardo è chiara: se qualcosa è abusabile allora prima o poi lo sarà. Per questo taglierei la testa al toro vietando in toto la basi di dati genetiche.
Al riguardo rimando all’apposita sezione sulla schedatura genetica in [E] 20.3
Sono sfortunatamente consapevole che questa mia posizione è troppo avanzata per essere compresa anche dai pochi che solitamente condividono qualche mia idea: però è bello vedere che il problema inizia a essere affrontato.
Nota (*1): ricordo poi, da una mia precedente ricerca, che i cittadini statunitensi hanno un minimo di protezione legale data loro dal Gene Act: per i cittadini del resto del mondo non c’è alcuna tutela dei propri dati genetici.
Ora d’accordo che io, come INTP, sono dotato di una spiccata “intuizione estroversa” ma è davvero così difficile connettere i puntini insieme?
Davvero è concepibile che l’aver puntato tutto sui vaccini (solo quelli occidentali di specifiche case farmaceutiche poi) e l’ignorare farmaci a basso costo che potrebbero (in combinazione con i vaccini per le persone più deboli) azzerare il covid-19 sia un caso? Che sia anzi l’unica possibilità? Che tutti coloro che si permettono di osservare che altre strategie, anche molto meno costose e più sicure, sono dei pazzi scatenati?
Colpisce e dovrebbe far riflettere il putiferio sollevato da una trasmissione televisiva che alla fine dice quelle che sono ovvietà. Cose che io (e altri) andiamo ripetendo ormai da circa un anno: puro buon senso che non occorre essere esperti di niente per comprendere.
La durezza dei toni delle accuse al conduttore della trasmissione si può spiegare in un solo modo: il giornalista che si discosta dall’unica narrazione dominante è equiparato al soldato che si ribella e pertanto da disertore viene trattato.
Un brevissimo video (2 minuti e 1 secondo) che illustra una tecnica per memorizzare e imparare.
Io vi ho notato fortissime analogie con la scrittura di articoli, qui sul ghiribizzo, dei libri che leggo: ho infatti più volte spiegato che riassumere quanto leggevo mi aiutava sia a chiarirmi le idee che a memorizzare i concetti più complessi.
Tutto tende ad accadere insieme - 7/11/2021
Ieri sera ho pubblicato il pezzo Pervicacia e sicumera con una nota dove segnalavo un articolo scoperto a stesura quasi ultimata in cui viene confermata se non la correttezza almeno la legittimità dei miei dubbi su efficacia verso pericoli dei vaccini sperimentali.
Giudicate voi l’autorevolezza e credibilità dei due ricercatori dell’università del Maryland.
In pratica c’è un’anomalia gigantesca nei dati sulla morte da miocarditi, si scopre che le ricerche che hanno portato all’approvazione dei vaccini sperimentali sono segrete e saranno disponibili (forse) solo dai prossimi anni e viene evidenziata la stranezza della pandemia che si abbatte sui non vaccinati ma che, paradossalmente, costringerebbe proprio i vaccinati alla terza dose. Ah, poi ci sarebbe un accenno ai dati sui ricoveri in UK e tanti altri piccoli misteri…
Siccome sono abbastanza sicuro che YouTube censurerà il video quanto prima vi consiglio di guardarlo appena possibile…
Già qualche giorno fa ho avuto un’intuizione al riguardo e oggi una mia amica mi ha citato due volte il "giusto mezzo" in una sola epistola: ho deciso quindi che è tempo che ne scriva.
La filosofia aristotelica del giusto mezzo è molto naturale: spontaneamente molte persone vi arrivano da sole nel corso della propria vita. Gli estremi sono pericolosi, di solito la posizione intermedia è quella più corretta e sicura: affermazioni di questo genere sono piuttosto comuni.
Il motivo è che sono generalmente corrette: sono principi di buon senso che, in mancanza di maggiori informazioni, ci aiutano in scelte e decisioni complesse.
Io credo che questo meccanismo sia alla base o si sovrapponga all’istinto a imitare la maggioranza: del resto ciò che fa e pensa la maggioranza è, guarda caso, una media degli atteggiamenti più estremi, ovvero il “giusto mezzo”. O magari l’istinto di imitazione è alla base del comportamento mentre la filosofia della mediazione ne è la sua razionalizzazione. Non so: ma non è questo il punto.
Il problema è che la scelta intermedia è spesso, ma non sempre, la migliore soluzione. Quando ancora questa scelta intermedia, la scelta della massa cioè, non ha conseguenze negative allora rimane accettabile. Ci sono però dei casi quando il “giusto mezzo” è errato e può avere conseguenze nefaste per noi o per il resto della società.
Se fossi bravo a disegnare aggiungerei qui la vignetta di un automobilista che, incerto se uscire o no dall’autostrada, finisce per prendere lo spartitraffico nel mezzo. Un ottimo esempio in cui la scelta intermedia è estremamente negativa!
Ma in realtà le disavventure del singolo mi interessano relativamente: alla fine gli effetti restano limitati a una persona o poco più.
Molto più importanti sono gli effetti sulla società della scelta del giusto mezzo, soprattutto quando questa va a sovrapporsi con l’imitazione della maggioranza.
Tutta la politica italiana del dopoguerra fino agli anni ‘90 è stata dominata dalla scelta della maggioranza del giusto mezzo fra PCI e MSI, ovvero la DC. In questo caso non voglio giudicare tale scelta ma solo far notare che il voto acritico a un singolo partito, sia che facesse bene o male, ha avuto nel lungo periodo un effetto estremamente negativo sui meccanismi della nostra democrazia che, in genere, si basa teoricamente su un’alternanza virtuosa di più partiti al potere. Se al potere vi rimane troppo a lungo uno stesso partito inevitabilmente degenera.
Sicuramente un esempio negativo di giusto mezzo, di comportamento della maggioranza errato, lo si ha nelle dittature: non importa quali siano i crimini commessi dalla dittatura ma la maggioranza del popolo minimizza finché gli è possibile, non guarda ciò che va male e, anzi si illude che vada tutto bene. Per avere la coscienza in pace si dice che chi viene perseguitato dal potere “se l’è cercata” che a lui e ai propri cari non potrà mai succedere qualcosa di simile. La dissonanza cognitiva, per far tacere la voce della propria coscienza, finisce poi per giustificare moralmente ogni abuso. Del resto ogni dittatore “ha fatto anche cose buone” a cui appellarsi per giustificarlo. Ovviamente infatti la maggioranza delle persone si giustificherà dicendo di “non sapere”, che dal proprio limitato punto di vista non aveva mia assistito ad alcuna ingiustizia e che, comunque, i media ripetevano che tutto andava bene… La verità è che la maggioranza delle persone NON vuole informarsi, NON vuole sapere cosa non va bene perché poi si sentirebbe moralmente obbligata ad agire probabilmente contro il proprio interesse immediato. E allora anche quando si assiste in prima persona a un’ingiustizia si preferisce voltarsi dall'altra parte, senza ascoltare le ragioni della vittima in maniera da potersi sentire sicuri e confortati dalla voce della propaganda, e rapidamente dimenticare l’accaduto, senza ripensarci né rifletterci.
Il mio punto è che scegliere la via di mezzo è generalmente una buona idea ma non bisogna affidarsi acriticamente a questo principio: a volte la soluzione corretta è scegliere un estremo.
Ora non lo ritrovo ma mesi fa pubblicai (probabilmente un corto) dove riportavo l’insegnamento di un breve video di “TED”. Era una conferenza per imprenditori il cui succo era che per avere grande successo bisognava fare qualcosa di diverso dalla maggioranza: questo perché facendo le stesse cose era logico ottenere gli stessi risultati di tutti, ovvero nella media. La vera innovazione deve differire dal pensiero della maggioranza.
Mi torna in mente un pensiero attribuito a Ford (cito a memoria): “Se chiedessi all’americano medio cosa volesse questi mi risponderebbe un «cavallo più veloce»”. E se ben ricordo anche Jobs aveva espresso un concetto analogo: qualcosa sul pubblico, cioè la maggioranza, che non sa quello che vuole fino a quando non lo vede realizzato.
Ma questi esempi sono (relativamente) positivi: qui il comportamento della maggioranza è mediocre ma non negativo. Come ho cercato di spiegare le situazioni più pericolose sono quelle in cui il comportamento della maggioranza ha effetti deleteri sulla società, magari indirettamente o a distanza di anni visto che in questa maniera l’errore commesso non sarebbe evidente e, anzi, potrebbe essere ripetuto più e più volte.
Qual è la soluzione?
Non c’è una soluzione semplice e assoluta: come detto il comportamento della maggioranza è di solito un buon indicatore della scelta forse non migliore in assoluto ma, almeno, sicura e prudente. Il problema è riuscire a individuare le eccezioni.
L’unico consiglio che posso dare è quello di rimanere sempre all’erta, specialmente di diffidare quando i media, senza eccezioni, consigliano un qualcosa il cui beneficio per il singolo non è immediato ed evidente mentre è chiaro che un qualche potere ne trarrà un grande vantaggio.
Pensare con la propria testa è corretto ma per farlo efficacemente si devono avere più informazioni possibili: e le informazioni più utili, quelle più discriminanti, non ci vengono fornite spontaneamente dai media, che in genere proteggono altri interessi, ma vanno invece ricercate in lungo e in largo. Da questo punto di vista la rete Internet fornisce un oceano di notizie: qui bisogna essere in grado di distinguere quelle affidabili dall’altro 99% di inutili (*1).
È un processo che non si può compiere in un giorno e che richiede invece pazienza e la lettura di fonti disparate. Piano piano però si riconoscono delle fonti più attendibili perché, guarda caso, le loro argomentazioni si conformano e spiegano molto meglio della narrazione ufficiale la realtà di un fatto. Trovata una fonte affidabile diventa tutto più facile: ciò che la fonte affidabile giudica a sua volta affidabile è probabilmente (diffidare sempre!) veramente tale. In questa maniera è possibile arrivare a formarsi una propria rete di informazione alternativa che ci aiuterà a leggere obiettivamente la realtà e, quindi, a prendere decisioni migliori.
Conclusione: alla fine sono andato un po’ fuori tema rispetto alla riflessione iniziale sul pericolo del “giusto mezzo” sempre e comunque. Ma in realtà individuare fonti di informazioni affidabili è strettamente legato al precedente, ovvero alla necessità di riuscire a riconoscere quando il comportamento della maggioranza è errato o, addirittura, pericoloso.
Nota (*1): vale la pena ricordare che secondo una ricerca scientifica di qualche anno fa le persone sono facilmente in grado di riconoscere le bufale. Evidentemente la censura sempre più invasiva ha un altro scopo nascosto: eliminare le voci affidabili, perché sincere e oneste, che esprimono dissenso e disturbano la narrativa dominante.
Non solo i miei lettori si annoiano quando scrivo di covid-19, verdepasso e governo Draghi ma io stesso mi stresso notevolmente: siccome per questa settimana ho già dato, vediamo di parlare d’altro oggi…
Prima però mi tolgo due sassolini, potenzialmente irritanti, per poi di passare ad argomenti più rilassanti.
1. La fiducia nei media della maggioranza della popolazione è imbarazzante: ingenuamente ci si aspetta che questi, se qualcosa non andasse bene, denunciassero il potere e la narrativa dominante ma, visto che non lo fanno, allora se ne deduce che il potere dominante è buono e che la narrativa è corretta...
Eppure basta andare in un archivio storico di un quotidiano italiano (consiglio quello di La Stampa che è gratuito) e scegliere una prima pagina a caso degli anni ‘20.
Io l’ho fatto per il 15 settembre del 1929: il titolone a tutta pagina è “Il discorso di Mussolini alla grande Assemblea del Partito” e il sottotitolo: “Il Duce esalta l’opera di Augusto Turati e gli ordina di rimanere al suo posto”.
Non ho letto i dettagli ma sono sicuro che leggendo l’articolo si scoprirebbe che Mussolini sta facendo un gran bel lavoro e che in Italia non c'è nessuna dittatura e, anzi, va tutto benissimo.
Lo stesso vale per gli altri quotidiani dell’epoca tipo il Corriere della Sera o La Nazione…
2. Qualcuno mi può spiegare perché si dovrebbe accettare una tassazione al 15% per le multinazionali? Solo del web o magari di tutte quelle che hanno un sito (domanda ironica) in rete? Qual è la logica di questa scelta? Esiste una qualche favola al riguardo oppure non ci si preoccupa nemmeno di inventarsene una?
Ma passiamo agli argomenti più tranquilli che è meglio...
1. Ho ripreso a leggere le Vite Parallele di Plutarco: ero arrivato ai ¾ della vita di Mario ma ho preferito ripartire dall’inizio anche per riabituarmi allo stile della traduzione (che è del XVI secolo).
Secondo me qui Plutarco non ha fatto un buon lavoro: tutta la vita di Mario è schiacciata sulle imprese militari, il conflitto col senato è banalizzato e manca invece un’analisi attenta delle politiche sociali che sarebbero le vere ragioni di detto contrasto.
In genere quando, come in questo caso, le analisi si limitano a una sola dimensione (come quella militare) il profilo che ne esce ha delle storture, delle deformazioni, che appaiono eccentriche: alcune decisioni del personaggio appaiono assurde e illogiche e sono “spiegate” da Plutarco con eccessi del carattere: troppa ambizione, sete di potere o magari degli sfoghi di una senilità non accettata. Sono sicuro che esisterebbero delle spiegazioni logiche e plausibili se non ci si limitasse all'analisi delle vicende militari.
2. La lettura di “Dialogo sui massimi sistemi del mondo” di Galilei prosegue con fatica: da diversi giorni sto infatti leggendo una parte che trovo alquanto noiosa. Un testo dell’epoca, suppongo famoso, che attacca le teorie eliocentriche di Copernico viene smontato argomento per argomento. Da una parte vi è la fisica aristotelica, chiaramente sempre più inadeguata a descrivere le nuove conoscenze fisiche e astronomiche (grande importanza del cannocchiale), e dall’altra una logica ferrea che però non prescinde da Aristotele: cioè si cerca di confutare solo la fisica di Aristotele rimanendo aristotelici.
Insomma trovo il tutto abbastanza faticoso da seguire e non interessante.
3. Sempre in “Dialogo sui massimi sistemi del mondo” di Galilei, che è un dialogo fra tre amici di cui due sostenitori di Copernico mentre il terzo, Simplicio, è un tolemaico, ho un'altra riflessione da aggiungere.
Attraverso i dialoghi di questi tre personaggi Galilei espone le sue idee in maniera piuttosto efficace.
Mi è venuto però il dubbio che proprio il personaggio di Simplicio, che alla fine con il suo dogmatismo finisce per fare la figura del fesso, potrebbe essere stato la causa delle noie di Galilei con la Chiesa. Ridicolizzare Simplicio alla fine corrisponde a ridicolizzare il potere che afferma tali dogmi: e il potere, se ferito da argomenti solidi che ne mettono in discussione i principi, reagisce spietatamente.
4. Al prossimo racconto di Strabuccino voglio inserire il quartetto Bertoldo, Bertoldino, Cacasenno e Burione che, ovviamente, sarà il più cogli###…
5. Ho iniziato il nuovo libro “The fate of Rome” di Kyle Harper: l’avevo puntato da tempo ma la versione in copertina rigida in italiano costava troppo così ho preso la versione tascabile in inglese.
A parte il problema del testo scritto in caratteri minuscoli, per adesso mi piace molto.
L’opera scorre benissimo ed è ben documentata. Al momento (sono a pag. 107) l’autore mi ha convinto che ci sono state delle epidemie nell’Impero Romano ma ancora non sono sicuro del peso del loro contributo alla sua fine. Vabbè, scriverò le mie opinioni a parte su questo argomento.
6. Concludo con una nota divertente: da quando Sky non trasmette più tutte le partite di serie A il mio interesse per il calcio è ulteriormente scemato e raramente guardo una delle tre disponibili.
Le partite che mi interessano sono pochissime e quelle brutte non sto neppure a guardarle.
Tempo fa volevo seguire una partita della Juventus e così ho cercato su YouTube una telecronaca fatta dai tifosi: ho così scoperto il canale Gianni Bianco dal nome dell’omonimo tifoso juventino di Parma che conduce la trasmissione insieme con altri tifosi, ognuno collegato col cellulare/calcolatore da casa.
Oltre a Gianni ci sono infatti degli ospiti più o meno fissi: c’è Pandorino, un tifoso sovrappeso, che scherza e fa ridere, poi c’è una specie di Giobbe Covatta giovane, veramente simpatico, a cui spesso viene affidata la telecronaca oppure un altro ragazzo che la prima volta che l’ho visto è stato quasi sempre zitto a mangiare patatine e a bere birra ma che ultimamente ha iniziato a prendere sempre più confidenza e nell’ultima puntata, la telecronaca di Juventus-Sassuolo, ha espresso vivacemente il proprio disappunto: io, essendo toscano, non me ne ero neppure accorto ma è stato ripreso per aver detto troppe bestemmie! Oltre a questi vi sono spesso altri ospiti ma ancora non ho imparato a conoscerli/riconoscerli.
Comunque mi diverto tantissimo a seguirli tanto che nelle ultime tre giornate li ho sempre guardati.
Dal mio punto di vista sono un po’ ipercritici verso... bo, praticamente tutti: in primis l’allenatore ma anche verso la dirigenza e la maggior parte dei giocatori (e, dimenticavo, i tifosi "aziendalisti").
Spero che Youtube non li censuri a causa del loro linguaggio colorito: per farvi un’idea vi consiglio questa riflessione di Gianni sulle criticità della Juventus registrata oggi a freddo, il giorno dopo la sconfitta col Sassuolo: Juve Sassuolo 1 a 2! Allegri Vattene! Mamma! (*1)
Conclusione: vabbè, un pezzo un po’ riempitivo. Mi devo decidere a riprendere la cernita dei miei libri perché qua le pile sul pavimento di camera stanno crescendo...
Nota (*1): in realtà il titolo dice “Mxxxa” dove al posto delle “x” ci sono dei buffi dolcetti di cioccolato...
Iniziamo con un problemino di logica che ho trovato ieri su YouTube:
Solve this logic puzzle to get into Oxford
Provate a risolverlo e appuntatevi il tempo che ci avete impiegato.
Io sono un tipo psicologico INTP che è fra i più razionali in assoluto: non mi sono cronometrato ma la soluzione mi è parso immediatamente ovvia. Credo di averci messo una decina di secondi ricontrollando tutto due volte per essere sicuro di non essermi confuso nei vari passaggi…
Poi l’ho postato su FB per cercare di capire se era effettivamente un problema facile o difficile: al momento mi ha risposto solo un amico INTJ che (essendo “assonnato” ha specificato) l’ha risolto in circa 1 minuto. Poi però ha anche commentato che, secondo lui, la maggior parte delle persone hanno problemi di “calcolo simbolico”: non sono sicuro di cosa intendesse, probabilmente un sottoinsieme specifico della logica, ma io sospetto che non ci sia bisogno di essere specifici: la maggior parte delle persone hanno problemi di ragionamento logico di qualsiasi forma.
Me ne sto rendendo conto con orrore negli ultimi mesi: “dialogando” su FB (ma vedete, per esempio, anche le risposte ai miei commenti su altri ghiribizzi in Psicologia e stipendi) mi accorgo di non venir capito. Le mie argomentazioni sono tutte logiche e consequenziali: mi è facile ricontrollare se e cosa non è stato preso in considerazione nella risposta che ricevo.
Il punto è che ciò che appare logicamente ovvio a me non lo è a tutti, anzi, temo alla maggior parte. Oltretutto per non rischiare di apparire pedante evito di rimarcare delle relazioni che mi sembrano evidenti ma, inizio a pensare, probabilmente non dovrei farlo.
Questa lunga premessa dovrebbe servire per introdurre un pezzo che avevo iniziato a scrivere ieri e che, alle 22:30, era già lungo 4 pagine del mio editore di testi (i miei pezzi sono mediamente di poco più due pagine: appeno arrivo alla terza in genere li concludo).
Era un pezzo in divenire dove via via che procedevo mi appuntavo i miei risultati e come vi ero arrivato.
Mi ero inizialmente posto una semplice domanda: qual è la mortalità e la probabilità di ricovero in ospedale per le diverse fasce di età. Idealmente poi mi sarebbe piaciuto ottenere le stesse statistiche che scorporassero i famigerati fattori di rischio che nomino sempre (malattie cardiache, ipertensione, obesità e diabete: poi ce ne sarebbero anche molti altri, tipo il cancro, ma quelli elencati mi sembrano i più peculiari e interessanti perché legati direttamente al meccanismo della tempesta citochinica provocata dal covid-19).
Ora sarò pedante: perdonatemi, ma ormai non sono più sicuro di cosa sia chiaro a tutti e cosa no.
Perché queste statistiche sarebbero importanti?
Perché sappiamo, praticamente fin dall’inizio della pandemia, che questa malattia colpisce principalmente gli anziani ma, come ci viene spesso ripetuto, “anche i più giovani non ne sono immuni”. Il fatto è che dire che “anche i più giovani non ne sono immuni” è molto vago: che significa? Che i giovani sono 10, 100 o 1000 volte più resistenti al covid-19 di un anziano?
Visto che si sta prendendo in considerazione l’idea di estendere la vaccinazione anche ai bambini da 5 anni in su (almeno negli USA ma l’Italia non mancherà di seguire il “buon” esempio) sarebbe a mio parere importante ragionare su dei numeri: quanto rischia effettivamente un giovane?
Insomma la mia idea era quella di trovare dei numeri che, almeno per me, dovrebbero essere alla base di qualsiasi decisione. Sono di nuovo pedante: eticamente non è giusto chiedere a una persona di correre dei rischi personali a favore della collettività (tranne alcune eccezioni più o meno opinabili come, per esempio, al soldato in guerra). Non per nulla chi lo fa spontaneamente è di solito chiamato “eroe”. Altro principio etico della medicina è “non nuocere al paziente”: la cura non deve essere peggiore della malattia. Dato che ogni farmaco presenta delle controindicazioni ha senso usarli solo in caso di necessità: per esempio in Olanda i dottori prescrivono davvero pochissime medicine.
Nel pezzo che avevo scritto spiego quindi come avevo cercato su Google queste informazioni ma non ero riuscito a trovare niente di conclusivo.
Non so: forse non avevo insistito abbastanza e avrei dovuto spulciare le prime 4-5 pagine dei collegamenti suggeriti da Google anche se, normalmente, le informazioni cercate sono nella prima…
Per brevità riporto solo i miei risultati finali; di seguito indico per ogni fascia di età il numero totale dei morti (M), il numero totale di infetti (I) (considerando il dato di Google di un totale di 4,74 milioni) e quindi la mortalità (→) ottenuta facendo la semplice divisione fra tali valori:
90+
M: 25.314 I: 1.9% = 90.000 → 28.13%
80-89
M: 52.606 I: 5.7% = 270.000 → 19.48%
70-79
M: 32.982 I: 7.7% = 365.000 → 9.04%
60-69
M: 13.667 I: 10.6% = 502.000 → 2.72%
50-59
M: 4.784 I: 16.8% = 796.000 → 0.6%
40-49
M: 1.214 I: 15.9% = 754.000 → 0.16%
30-39
M: 290 I: 12.7% = 602.000 → 0.048%
20-29
M: 77 I: 12.4% = 588.000 → 0.013%
10-19
M: 20 I: 10.5% = 498.000 → 0.0040%
0-9
M: 15 I: 5.8% = 275.000 → 0.0055%
Forse ha senso mettere insieme 0-19 ottenendo:
M: 35 I = 773.000 → 0.0045%
Come si vede la mortalità non è lineare con l’avanzare dell’età ma chiaramente esponenziale: si intravede un fattore x4 di incremento ogni 10 anni (a parte le fasce dei giovanissimi e dei più anziani).
I problemi di questi numeri sono però molteplici. Elenchiamoli qui di seguito…
1. numero di infetti.
2. fattori di rischio.
3. dati pre e post vaccino.
4. picchi di mortalità in concomitanza con terapie intensive sature.
5. la terapia in questi due anni è migliorata.
6. variante delta.
Punto 1:
Mentre il numero di morti è abbastanza accurato (più o meno coincide con la mortalità in eccesso nel 2020 e 2021 (*1)) quello del totale degli infetti è probabilmente molto sottostimato: in Italia sicuramente per tutta la primavera 2020 non era possibile fare abbastanza tamponi e quindi un gran numero di casi non è stato diagnosticato. Adesso, con molti più tamponi eseguiti, i dati sono più attendibili ma comunque sottostimati: sfuggono tutti gli asintomatici e, temo, chi ha sintomi lievi ma non può permettersi di non lavorare…
Considerando i dati inglesi (a memoria mi pare di ricordare che circa il 95% degli inglesi ha anticorpi contro il covid-19: ovviamente molti di questi sono dati dalla vaccinazione ma comunque anche gli anticorpi frutto di infezioni naturali dovrebbero essere molti) secondo me moltiplicare il numero degli infetti x3 è realistico.
Chiaramente non sarebbe una moltiplicazioni uniforme ma, probabilmente, simmetrica all’aumento della mortalità col crescere dell’età. Intendo dire che più si è anziani e maggiormente è probabile che si diventi sintomatici e che quindi l’infezione venga conteggiata nei dati ufficiali. Al contrario più si è giovani e più si è immuni o totalmente asintomatici sfuggendo quindi al conteggio degli infetti.
Non basta quindi dividere tutti i dati per 3 ma si dovrà diminuire di poco la mortalità per le fasce più anziane e di molto (cioè più di 3) per quelle più giovani.
Punto 2:
Sorprendentemente anche per i fattori di rischio e il loro impatto sulla mortalità non è facile trovare dati. Di nuovo potrei essere stato io poco abile nella mia ricerca…
Per esempio ho trovato questi due siti: COVID-19 Prognostic Tool e Critical Review: Preliminary indicators of mortality in subjects infected with COVID-19 based on data from China and South Korea.
Incredibilmente questi siti si basano ancora sui dati cinesi, in pratica quelli dell’epidemia a Wuhan con gli ospedali saturi e, quindi, una mortalità amplificata dalla mancanza di assistenza adeguata e conoscenza della malattia.
I dati forniti sono:
Malattie cardiache: 5,9x (dati cinesi)
Diabete: 3,5x (dati cinesi)
Ipertensione: 3,3x (dati cinesi)
Manca invece il rischio associato all’obesità: in effetti i cinesi sono generalmente magri!
Ma il dato più interessante è il seguente: la percentuale di morti (su tutte le età) senza comorbidità è appena dello 0,9% (dati cinesi).
La mia lettura è che se non si hanno comorbidità (e si ha meno di 70 anni) è estremamente difficile morire di covid-19! Vice versa diviene ovvio che, col crescere dell’età, si hanno quasi certamente uno o più dei fattori di rischio.
Sembrano cioè le comorbidità più che l'età a determinare la mortalità della malattia: sorprendentemente non ho ancora sentito dottori (nemmeno le mie fonti usuali) riferire o ragionare su questo aspetto...
Sarebbe quindi interessantissimo conoscere i morti per fasce di età e le comorbidità associate: sono abbastanza sicuro che sotto i 60 anni i morti SENZA comorbidità saranno un numero irrisorio. Il problema è trovare i dati. Sicuramente sarò io scarso ma sembrano nascosti bene…
Punto 3:
Il vaccino, sebbene basato sul ceppo originale e sebbene la sua efficacia si attenui col passare dei mesi, diminuisce molto significativamente non solo la mortalità ma anche la probabilità di ospedalizzazione. Questo dato, nonostante l’abbia letto molte volte, ora mi sfugge (mi sembra diminuisca il rischio di un fattore 20 ma non sono sicuro) e controllerò in seguito.
Di nuovo sarebbe interessante sapere di quanto diminuisca il rischio per fasce di età e questa statistica, temo, sarà più difficile da trovare.
In pratica per avere la mortalità attuale si dovrebbe usare solo i dati per il 2021 di nazioni con una significativa percentuale di vaccinati (anche se poi, con l’attenuarsi dell’efficacia) diventa importante valutare quando sono state effettuate le vaccinazioni.
Punto 4:
Anche i dati sulla mortalità nei periodi in cui le terapie intensive degli ospedali erano sature andrebbero scartati: è evidente che il corrispondente aumento di mortalità è provocato dall’impossibilità di fornire a tutti i malati un’assistenza adeguata.
Come al solito bisognerebbe poi avere i dati per fasce di età.
Punto 5:
Inoltre la terapia per curare gli ammalati di covid-19 si è evoluta in questi due anni: i malati non sono curati come se avessero delle polmoniti ma si minimizza anche e soprattutto l’infiammazione provocata dalla malattia che, a sua volta, causa poi i problemi ai polmoni e al cuore.
Di nuovo la mortalità del, diciamo, 2020 sarà più alta di quella del 2021.
Sfortunatamente, anche in questo caso, è difficile stabilire l’impatto complessivo: se ben ricordo l’antiinfiammatorio usato in UK (il budesonide forse?) riduce la mortalità del 20% (o almeno una cifra di questo genere mi pare!). Suppongo che sia realistico ipotizzare a una diminuzione complessiva del 40 o 50% grazie alle nuove terapie. E questo senza considerare l'ulteriore riduzione che si potrebbe ottenere con vitamina D e ivermectin...
Punto 6:
La variante delta, trovata in India a maggio 2021, sembra essere leggermente più aggressiva del ceppo originario: probabilmente perché la carica virale che diffonde è molto maggiore e, quindi, il virus parte “avvantaggiato” nell’infettare il contagiato.
Tutti questi punti, con l’eccezione del sesto, contribuiscono ad abbassare, anche molto significativamente, la mortalità del covid-19. Mettendo tutto insieme, considerando le persone prive di fattori di rischio, credo che un fattore di 10 di minore mortalità sia realistico.
Come ho già spiegato questo fattore non sarebbe uguale per tutte le fasce di età ma sarebbe molto più alto per i giovani (50?) mentre tenderebbe a 1 per i più anziani.
In altre parole la mortalità del covid-19 per l’Italia pari al 2,78% (data da 132.000 morti diviso per 4.740.000 infetti conclamati) è priva di senso.
Il dato è enormemente sovrastimato (soprattutto se non si hanno comorbidità) per i fattori precedentemente elencati: attualmente la mortalità per i giovani sarà enormemente minore; probabilmente sarà qualcosa di vicino al 2% per la fascia 70-80 anni (e non è vaccinato) mentre sarà più elevata per chi ha 80 e passa anni.
La cosa paradossale è che queste statistiche basilari basate sulle fasce di età sono introvabili mentre sarebbero invece il naturale punto di partenza per una riflessione onesta su quale strada seguire per stabilire le strategie per la gestione della pandemia…
Conclusione: nei prossimi giorni vedrò di cercare meglio dati, o preferibilmente ricerche, su questi dati. La mia SENSAZIONE è che lo stato d’emergenza attuale, a due anni dall’inizio della pandemia, sia almeno in Italia decisamente artificiale (*2). Siamo in emergenza perché, a livello politico, si vuole rimanere nell’emergenza: non riesco a trovare un’altra spiegazione LOGICA.
Nota (*1): al contrario, per esempio in Russia, il numero di morti per covid-19 ufficiale è di 200.000 ma i morti in eccesso sono 600.000. Nota (*2): oramai il dato degli infetti ha poco senso ed è significativo solo il numero delle terapie intensive e dei morti in eccesso. Al riguardo il seguente grafico estratto dalla pagina Excess mortality during the Coronavirus pandemic (COVID-19) per l’anno 2021 sembra indicare che l’emergenza sia effettivamente finita.
Sfortunatamente i dati terminano al 1 agosto ma, considerando l’andamento contagiati/morti di questi mesi, si dovrebbe tuttora essere ampiamente sotto lo 0%: cioè ci sono meno morti in questi mesi che nello stesso periodo del 2019...
Siccome mi sono stufato di continuare a tenere aperte di giorno in giorno due pagine sul navigatore così mi sono deciso a scriverci questo pezzo per poterle chiuderle e dimenticarmene.
Qualche giorno fa ho letto l’articolo Si limiti a parlare di storia che è meglio su Il blog della Curiosona.
Non seguendo i media non ero a conoscenza dell’ultima polemica su Barbero il quale, in un’intervista ha ipotizzato che le differenze salariali fra uomini e donne possano avere origine da una diversa attitudine psicologica.
A me non sembrava un’ipotesi assurda e mi è anzi sembrato strano che se ne fosse fatto un caso: automaticamente mi è venuto in mente un video intitolato “la distruzione del dissenso” (in antitesi al famoso “La fabbrica del consenso” di Chomsky) il cui succo è che la propaganda attuale adesso punti anche a togliere legittimità e autorevolezza a chi dissente. Proprio come ha osato dissentire Barbero sul verdepasso: ma non divaghiamo, magari ci scriverò un pezzo a parte…
Così, dopo averci pensato, non so, direi due secondi buoni, mi è venuta l’idea di verificare la distribuzione fra uomini e donne dei vari tipi psicologici MBTI.
In rete ho trovato il seguente grafico (preso da MBTI in Gender -- Men & Women Personality Differences):
Non so quanto questi dati siano attendibili ma comunque mi sembrano, a occhio, in linea con quelli del sito Center for Application of Psychological Type.
Da questo grafico emerge chiaramente che alcune tipologie psicologiche hanno prevalenza maschile e altre prevalenza femminile.
Andando a memoria i tipi che hanno più successo sul lavoro sono gli ENTJ (sono spesso i CEO), gli INTJ (grandi esperti) e gli ISTJ (molto affidabili).
Se entrambe le due asserzioni (1. i tipi ENTJ, INTJ e ISTJ sono a prevalenza maschile; 2. i tipi ENTJ, INTJ e ISTJ hanno maggior successo a lavoro) sono vere mi sembra logico dedurne che gli uomini possano avere più successo al lavoro e, quindi, stipendi più elevati a causa della diversa distribuzione per genere dei tipi psicologici MBTI: ovvero qualcosa di equivalente a quanto affermato da Barbero.
Poi, ovviamente, questo è solo un fattore: si potrebbe discutere se sia il più rilevante oppure no ma, sicuramente, l’affermazione di Barbero ha un suo fondamento. Assurdo quindi attaccarlo come se fosse un mentecatto che parla sotto l’effetto dell’alcool.
Di nuovo non posso fare a meno di pensare alla “distruzione del dissenso” a cui ho accennato poco sopra: come ho detto sono oblioso delle campagne dei media tradizionali perché ormai da anni le evito per principio (“meglio non informati che disinformati” si dice) ma mi viene in mente che anche sul ghiribizzo Il blog di Andrea era presente l’articolo L’avvocato del diavolo (Barbero). Non credo sia una coincidenza: ipotizzo quindi una campagna mediatica mirata a minare l’autorevolezza di Barbero ripresa e imitata dai due bloggatori che seguo...
Comunque, sarà che sono un INTP insensibile (ed estremamente logico), ma a me pare ovvio che l’ipotesi di Barbero sia ragionevole e, anzi, non mi sembra ci sia spazio per affermare il contrario.
Ovviamente ho commentato su entrambi i ghiribizzi facendo presente questa mia “difesa” di Barbero. Entrambi i bloggatori mi hanno risposto molto gentilmente ma mi pare che abbiano mancato il mio punto: io non volevo dimostrare che Barbero avesse ragione ma semplicemente che la sua affermazione fosse plausibile e, quindi, non censurabile come banale idiozia.
La mia sensazione (gli ho successivamente risposto anche questo) è che la modalità di giudizio da rete sociale con i suoi “mi piace” e “non mi piace”, zero e uno, tutto o nulla stia venendo sempre più introiettata nella mentalità delle persone. Per questo qualsiasi affermazione viene considerata come completamente esatta o errata mentre, in genere, sarà una via di mezzo.
Mi sembra che manchi quindi la capacità di giudicare l’affermazione di Barbero per quel che è: una semplice ipotesi, né totalmente esatta né totalmente sbagliata, ma un aspetto di una problematica più complessa che, personalmente, trovo significativo.
Poi sicuramente i media hanno le loro responsabilità nel non giudicare con longanimità, e spesso per secondi fini, le idee contrarie alla narrativa dominante: in questo modo si eccitano e si giustificano giudizi estremi e apodittici.
Conclusione: vabbè, devo ancora scoprire se e cosa i due bloggatori risponderanno a questo mio ulteriore commento. Diciamo che per timore di apparire pedante ho saltato dei passaggi logici che temevo potessero suonare ovvi: quindi è possibile che mi fraintendano nuovamente. Vedremo...
Ormai sto perdendo interesse nello scrivere del verdepasso: quello che c’era da dire l’ho detto e adesso parlarne ancora mi costringerebbe a inutili, noiose e frustranti ripetizioni.
Ma c’è un’eccezione, un aspetto di cui non avevo ancora scritto: il primo ad accennarne mi pare che fu Zhok seguito a ruota da molti altri.
L’idea di Zhok è che il verdepasso non sia, né voglia esserlo, uno strumento sanitario: sì, ufficialmente era stato spacciato come un mezzo per limitare la diffusione della pandemia.
Chi come me ha seguito attentamente l’evolversi della pandemia comprese fin da subito che ciò era una bugia (e ora anche la scienza lo conferma con ricerche (*1)) e che in realtà fosse un ricatto per costringere alla vaccinazione.
Questo e altri concetti sono stati poi ripetuti da fonti ben più autorevoli del sottoscritto: ovviamente una minoranza ma ciò è normale perché pochi hanno il coraggio di opporsi al potere e rischiare la gogna mediatica. Non è la quantità che conta ma la qualità delle argomentazioni: solide da una parte, bugie e vuota retorica dall’altra.
Ma il potere persuasivo dei media è grande e la maggioranza delle persone sembra incapace di ragionare con la propria testa: vedremo. Piano piano che le prove scientifiche si accumulano anche gli esperti prezzolati saranno in difficoltà a negare l’evidenza.
Intanto ho notato su FB i miei amici sostenitori del verdepasso ammettono che è un ricatto “a fin di bene” per costringere i dubbiosi a vaccinarsi “a fin di bene” (di nuovo). Mi sembra che riconoscere questa ipocrisia sia comunque un piccolo passo avanti.
Ma torniamo alla tesi iniziale, ovvero al verdepasso come strumento di controllo informatico e primo passo in direzione del “Social Credit System” cinese. Chiaramente, quando nel 2017 vi furono le prime voci al riguardo, tutti inorridirono: ma state sicuri che da noi, cambiandogli nome, con i media a strombazzare come il sistema abbia tantissimi vantaggi, lo faranno divenire via via più appetibile.
Il verdepasso sarebbe quindi una prova generale o comunque un qualcosa su cui costruire aggiungendovi via via più funzionalità: diritti (che non sarebbero più tali) solo in cambio di obbedienza totale. Una società di schiavi docili e ubbidienti per servire i nuovi faraoni (i super miliardari) e costruire le loro piramidi (le multinazionali).
Temo che anche in questo caso l'intuizione di Zhok fosse giusta: ciò che trovo positivo è che diverse persone se ne sono rese conto prima di me. Questo significa che la consapevolezza che viviamo in una falsa democrazia è sempre più diffusa: al momento manca il parapotere ([E] 4.1) (né lo vedo all’orizzonte) che abbia la capacità di aggregare insieme questo sentimento diffuso (che avendo la forza della verità dalla propria parte sarebbe molto potente) ma almeno si sta preparando il campo ([E] 7.7).
In definitiva ancora non avevo riproposto questa prospettiva, oggettivamente distopica, ma l’avevo comunque già fatta mia. Anzi la davo praticamente per scontata perché, nell’ottica della mia Epitome, l’esasperazione del controllo per non perdere il potere sembra una direzione non solo logica ma anche inevitabile.
Conclusione: ci sarebbero tante altre piccole cose da dire ma voglio concentrarmi sull’essenziale: magari ne scriverò in appositi corti.
Nota (*1): Per esempio The impact of SARS-CoV-2 vaccination on Alpha & Delta variant transmission (ancora non verificata dai pari ma la fonte pare molto attendibile) dice in maniera inequivocabile (*2) che a tre mesi di distanza dalla seconda dose i vaccinati hanno la stessa probabilità di infettare di un non vaccinato: ergo il verdepasso concesso a chi ha fatto il vaccino da più di tre mesi non serve a evitare la diffusione del virus. Nota (*2): in realtà i nostri media (v. il corto Altre voci) l’hanno equivocato e si sono limitati alla lettura della prima pagina dove viene detto che la probabilità di un vaccinato di infettare, a un mese dalla seconda dose, è molto minore di quella di un non vaccinato (cosa vera): il fattore tempo, con il rapido declino dell’efficacia, era nella seconda pagina...
E non era facile deludermi. Le mie aspettative erano già molto basse…
Ma la tara che in genere attribuisco agli italiani è l’ipocrisia: con essa mi spiego, per esempio, l’amore a prima vista con le degenerazioni del politicamente corretto. Il preferire l’apparenza infischiandosene della sostanza. Del resto uno dei pochi punti di forza che ci sono rimasti è proprio l'alta moda…
Ma in realtà ciò che ha provocato la mia delusione non mi pare dipenda direttamente dall’ipocrisia e, per questo, è stata una sorpresa inaspettata.
È difficile indicare un’unica tara che spieghi l'attuale comportamento della maggioranza degli italiani: mi limito quindi a elencare le caratteristiche negative che ho visto emergere prepotentemente in questi mesi…
Alla base di tutto vi è probabilmente una grande ingenuità: caratteristica amabile in un bambino ha però effetti perniciosi in un adulto. Eppure nonostante un paio di decenni di progressivo abbassamento della qualità dell’informazione c’è ancora una cospicua fetta di popolazione che si fida dei media tradizionali e cioè dei quotidiani e dei telegiornali.
All’origine di questa ingenuità ci sono senza dubbio delle motivazioni psicologiche di cui la principale è il volersi illudere che tutto vada bene e che siamo nelle buone e capaci mani del governo e della salvifica UE. Persone che possono continuare a illudersi perché non coinvolte direttamente dalla crisi: probabilmente pensionati o dipendenti pubblici.
Legata all’ingenuità vi è poi una grande manipolabilità: non solo l’italiano crede facilmente a quanto gli viene detto da una qualsiasi autorità (anche illusoria come il presunto esperto scientifico di turno) ma si lascia convincere, con facilità irrisoria, anche a obbedire acriticamente non dico a ordini (cioè leggi) ma anche a consigli più che dubbi.
L’ignoranza scientifica completa questo trittico: nella maggior parte degli italiani manca la comprensione di cosa sia e di come funzioni la scienza. La verità scientifica non la sancisce l’esperto dei media capace di “bucare” lo schermo con il suo sguardo intenso e dall’agile favella in grado di mischiare termine astrusi (per dare una sensazione di competenza) ad altri grevi (per farsi comprendere dagli ignoranti e, forse, apparire schietto). La verità scientifica non la decidono neppure la maggioranza degli scienziati “votando” ciascuno su una teoria o il suo contrario. La verità scientifica è data dalle ricerche: da quello che queste provano e dimostrano. Non è un caso che negli ultimi tempi, con le ricerche contrarie alla narrativa dominante che si stanno accumulando, se ne senta parlare sempre meno (*1).
Ma tutto sommato sarebbe difficile arrabbiarsi con gli italiani se i loro limiti fossero solo questi: come ho accennato l’ingenuità, la manipolabilità e l’ignoranza in genere sono tutte caratteristiche dei bambini. Una nazione di fanciullini, sebbene destinata al disastro, ispira simpatia: è nella natura dei bimbi essere così, non è certo una colpa.
Questa almeno sarebbe la mia reazione superficiale: un misto di simpatia ma anche pietà, pazienza e tolleranza. Però, gli uomini (e le donne) dovrebbero crescere: nel nostro contesto dovrebbero diventare cittadini maturi e coscienziosi. Se questo non avviene di chi è la colpa? Dei singoli o della società?
Vabbè, non allarghiamo troppo il discorso e limitiamoci a constatare che così è.
Sfortunatamente però gli italiani stanno dimostrando altre qualità, anzi vizi, che li rendono dei bambini non solo malvagi ma anche pericolosi perché nel corpo di adulti.
In primo luogo mi ha colpito la mancanza di tolleranza e rispetto per chi la pensa diversamente: l’altro viene considerato un misto di mentecatto e di subumano dotato sia di scarsa moralità che di deboli capacità intellettive. Chi la pensa diversamente viene poi accusato di essere la causa di ogni male: non solo sanitario ma anche economico e sociale. Un capro espiatorio buono per tutte le stagioni contro cui, colpevolmente, sia le massime cariche dello stato che i media, aizzano il disprezzo, quando non l’odio, del popolo bambino.
È da notare come qui risulti evidente anche l’ipocrisia italiana: ci si strappa i capelli per l’episodio di discriminazione (ovviamente deprecabile) allo stadio contro, non so, al massimo una decina di giocatori ma si ritiene normale e giusta la costante violenza psicologica, ma anche verbale e a volte fisica, contro milioni di persone (massimamente esecrabile). E questo solo perché si tratta di discriminazione a norma di legge al limite, se non oltre, i dettami della costituzione.
Di nuovo è l’ipocrisia del politicamente corretto: come ho più volte scritto gli italiani ci sguazzano a proprio agio e non si rendono minimamente conto del paradosso morale che stiamo vivendo.
Però, quel che è peggio e che trovo nauseante, è che questo disprezzo si trasformi in sottili forme di vero e proprio sadismo.
Lo si osserva chiaramente sulle reti sociali dove molte persone, che i media hanno benedetto coi carismi di alta moralità e possente intelletto, dimostrano un chiaro piacere nel sentirsi superiori e nel disprezzare il loro prossimo: per esempio, un gongolare su come chi è contrario al verdepasso sia costretto a pagarsi i tamponi, che questi siano anche dolorosi, di come la legge umili e punisca chi cerchi di esercitare un proprio diritto come beandosi di un vero e proprio ricatto implicito. Il tutto è poi spesso palliato da un'ironia arrogante e fuori luogo, di solito incentrata sulla presunta inferiorità intellettiva dei contrari al verdepasso...
Ovviamente questo è un sadismo verbale, astratto cioè, ma fa capire bene che le minacce di medici e infermieri che affermano di “farla pagare” ai non vaccinati che finiscono in ospedale sia reale.
Anche in questo caso non posso fare a meno di non sottolineare l’ipocrisia italiana: minacce di “farla pagare” ai mafiosi o criminali in genere, agli automobilisti che ubriachi o drogati investono e sterminano intere famigliole o anche ai semplici fumatori di sigarette non le ho mai sentite pronunciare.
Non sarebbero le categorie di persone sullodate maggiormente meritevoli di essere “trattate peggio” (eufemismo per "torturate") dai nostri buoni e valorosi infermieri? Chi legalmente decide, magari sbagliando, di tutelare la propria salute non vaccinandosi è dunque la feccia dell’umanità? Almeno in Italia parrebbe che sia così…
Conclusione: infine, dopo mezzo secolo, scopro la vera natura degli italiani. A mia discolpa posso dire che, nei pochi anni in cui ho vissuto all’estero, ho sempre legato meglio con chi italiano non era...
Nota (*1): oppure le si fraintendono: vedi l’esempio del Corriere della Sera citato nell’audizione al senato del prof. Marco Cosentino che ho riportato nel corto Altre voci.
Ebbene sì, c'è un errore su questo ghiribizzo… lo so: è incredibile e, infatti, io sono ancora più stupito di voi lettori!
Ieri l’altro sera ho guardato un nuovo video sui tipi psicologici MBTI: ero su un canale nuovo il cui autore è un INFP. Mi sembrava in gamba sebbene un po’ vago per i miei gusti ma quando ha iniziato a parlare delle diverse funzioni degli INFP sono saltato sulla sedia: le aveva invertite!
Finito di vedere il video ho cercato conferma dell’errore cercando “INFP functions stack” su Google. Però anche il primo sito che ho trovato mi dava le funzioni primaria e secondaria al contrario di come me le aspettavo. Non contento ho voluto controllare un secondo sito che però ha confermato l’errore.
Ancora la possibilità che avessi capito male mi sembrava improbabile: molto più facile che ci fosse una teoria dei tipi MBTI parallela a quella che avevo capito io oppure che il sito da cui avevo appreso come interpretare il codice ideato da Meyers e Briggs mi avesse insegnato male…
E qui il “colpo di scena” avevo capito male io la sua spiegazione!!
Come al solito alla mia confusione aveva contribuito anche una fatalità: l’autrice aveva spiegato che avrebbe fatto degli esempi e questo aveva allentato la mia attenzione (avrei capito guardando gli esempi pratici piuttosto che ascoltando le sue premesse teoriche). I suoi primi esempi sono stati INFJ e INFP che ho “fatto” insieme a lei: i successivi due esempi, ENTP e ENTJ, li ho fatti da solo per verificare se avessi capito. Appena ho scoperto che avevo trovato correttamente le funzioni relative mi sono sentito soddisfatto e, senza riflettere oltre, sono stato subito catturato dall’idea di un codice più efficente di sole tre lettere (v. Meyers, Briggs ma anche Jung).
Ma qual è stato il mio errore? Perché gli ultimi due esempi mi tornavano?
Il motivo è che la scelta del significato della quarta lettera del codice è ancora più contorta di quanto avessi capito: non indica se la funzione dominante è la funzione percettiva (indicata dalla seconda lettera) o quella giudicante (indicata dalla terza lettera) MA indica invece se la funzione estroversa sia quella percettiva o quella giudicante: questo significa che per gli estroversi (prima lettera “E”) indica la dominante ma per gli introversi (prima lettera “I”) indica la secondaria.
Ecco spiegato perché gli esempi, ENTP e ENTJ, che avevo “risolto” da solo mi tornavano…
In pratica avevo dato all’illogicità della quarta lettera, un significato leggermente più logico di quello che in realtà ha!
Adesso devo andare a correggere immediatamente il pezzo Meyers, Briggs ma anche Jung perché odio sapere che è sbagliato, sebbene nella maniera fortunosamente stupida che trovo un po’ divertente…
Conclusione: la morale è semplice, ora non mi spingerei a dire che anche KGB è umano, ma sicuramente si può asserire che, sebbene molto raramente, anche KGB sbaglia!
Più procedo nella lettura di The framers’ coup di Michael J. Klarman e maggiore è la sensazione di aver inteso male il vero valore della Costituzione americana (fine XVIII secolo).
Non è questione da poco perché, come ho scritto nell’Epitome, faccio coincidere la nascita della democrazia moderna proprio con la stesura della costituzione degli USA.
La mia intuizione originale (diciamo di due anni fa o giù di lì) basata su poco e nulla era che la sua novità fosse dovuta al fatto che non l’avessero scritta dei parapoteri ma degli uomini che veramente volevano realizzare una società libera e democratica.
Poi ho seguito, con grande attenzione, il corso su YouTube della professoressa Freeman e questo mi ha fatto leggermente “raddrizzare” il tiro: i parapoteri esistevano già nelle colonie americane ma con la sostanziale differenza, rispetto ai corrispondenti europei, di essere di uno o due ordini di grandezza meno potenti: vari accenni mi avevano fatto ipotizzare che i loro epomiti locali ([E] 6.2 e 6.3) coincidessero in buona sostanza con quelli assoluti del resto della società: in altre parole che i ricchi e potenti americani avessero gli stessi ideali e principi del resto della popolazione.
Inoltre vi era stato sicuramente l’effetto unificatore della guerra di indipendenza contro il Regno Unito: come spiego in [E] 3.5 eventi che coinvolgono gran parte della popolazione hanno il potere di alterarne gli epomiti, ovvero il peso dei valori e dei principi: gli ideali per cui si combatte e si muore acquistano grande forza per tutta la popolazione e non è facile poi abbandonarli come se non fossero validi (*1).
Tutti questi fattori sommati insieme, supponevo, avevano portato a una Costituzione che, diversamente dalle imitazioni europee, era decisamente più democratica.
Poi però ho iniziato a leggere The framers’ coup dove emerge chiaramente che i Padri Fondatori (PF) erano, prevedibilmente, tutti ricchi e molto istruiti e, soprattutto, che complessivamente non avevano alcuna fiducia nella capacità politica della popolazione comune.
Già durante i primi capitoli questa tendenza era chiaramente emersa da numerose citazioni (*2) ma ora sono arrivato a un capitolo intermedio dove vengono tirate le prime somme e dove vengono riportate vere e proprie parole di disprezzo verso la democrazia.
Durante la lettura avevo avuto la netta sensazione che il timore verso la democrazia fosse paternalistico: nel senso che i PF vedevano la gente comune come incapace di scegliere il meglio per il proprio bene. Ma emerge chiaramente che tutta l’architettura delle nuove istituzioni, a partire dal senato (un organo di secondo livello) e dallo stesso presidente col suo potere di veto, era stata pensata per poter imbrigliare eventuali legislazioni troppo democratiche proposte da un Congresso di elezione popolare.
Una costante sconcertante di molti dibattiti e che attraversa trasversalmente i diversi schieramenti (nord/sud e grandi/piccoli stati) è la vera e propria ossessione per il denaro cartaceo: una misura che avrebbe dato sollievo al popolo ma penalizzato i possessori del debito, ovvero i ricchi e ricchissimi di cui, in genere, facevano parte i PF.
In pratica la costituzione fu la proposta meno democratica a cui i vari delegati riuscirono ad arrivare tenendo presente lo scoglio della sua ratifica che avrebbe dovuto essere popolare.
È interessante notare che le costituzioni delle diverse ex colonie, nel decennio circa fra la fine della guerra e l’approvazione della nuova costituzione, erano decisamente più democratiche.
Ricordo che la Freeman citò anche uno stato che per qualche anno concesse addirittura il voto non solo a tutti gli uomini liberi ma anche alle donne!
Per far capire di cosa sto parlando traduco al volo un frammento del testo: «La struttura della rappresentatività prevista dalla Costituzione federale si discostava significativamente dai meccanismi esistenti nella maggior parte degli stati che avevano elezioni annuali, piccole circoscrizioni, alternanza obbligatoria delle cariche, e (spesso) era previsto l’obbligo del rappresentate di seguire specifiche istruzioni provenienti dalla sua circoscrizione. (*3)» (*4)
Una delle problematiche fondamentali che affronto nell’Epitome è quella del rapporto fra potere delegato e potere rappresentato la cui essenza è la legge della rappresentatività ([E] 5.4): in pratica gli obiettivi fra potere delegato e rappresentato divergeranno quanto più le cinque “Condizioni di Rappresentatività Imperfetta” sono realizzate.
La condizione due è: «Lungo mandato dei membri del gruppo delegato: più è lunga la durata del mandato e maggiore sarà l'identificazione di ogni delegato nel gruppo dei delegati e, di conseguenza, la volontà con cui ne perseguirà gli specifici scopi, potenzialmente diversi da quelli della difesa degli interessi dei rappresentati.»
Mentre la tre è: «Scarso controllo dei rappresentati sui delegati: se tale controllo è grande allora i delegati saranno maggiormente forzati a tutelare gli interessi dei rappresentati. La forza di tale controllo la si può valutare in base alla frequenza e alla capacità dei rappresentati di incidere sul gruppo dei delegati.» con la nota «Tale influenza può variare in base a molti elementi. Per esempio: la possibilità di nominare o rimuovere membri del gruppo delegato; scavalcarne o annullarne le decisioni (tramite referendum nel gruppo rappresentato); la durata del mandato dei rappresentanti; il numero di elettori per rappresentante.»
Insomma il controllo popolare sulla politica era molto più stretto e, quindi, efficace: il risultato è che i governi dei singoli stati molto spesso andavano incontro alla volontà popolare: cosa che, come spiegato, terrorizzava i PF.
C’è però da dire che all’epoca il termine democrazia aveva ancora la patina di significato negativo che già Aristotele gli aveva dato: il governo dei “peggiori” contrapposto a quello dei “migliori” cioè degli aristocratici.
È insomma possibile che quando i delegati discutevano di democrazia avessero in mente la sua degenerazione in un populismo rozzo e ignorante ma che essi, nella loro essenza fossero invece democratici nel senso moderno del tempo.
Mi è tornato a mente che anche la Freeman all’inizio del suo corso invitava a non equivocare sui termini che hanno cambiato significato nel tempo e, mi pare, “democrazia” era proprio uno di questi.
Chiaramente un’idea migliore me la farò andando avanti nella lettura anche se dovrò stare attento a non farmi condizionare troppo, per quanto possibile, dall’interpretazione di Klarman che, ricordo, non è uno storico ma un giurista (specializzato sulla costituzione americana).
Le implicazioni sulle democrazie attuali sono notevoli: queste sono le versioni peggiorate di un modello già nato volutamente castrato oppure no?
Mi resta quindi il dubbio su come leggere la costituzione americana: è il massimo esemplare di struttura democratica o è invece il minimo di democrazia che si poteva concedere al popolo in maniera che l’approvasse?
Probabilmente, come al solito, la verità è una via di mezzo: ho la sensazione che l’interpretazione di Klarman sia troppo estrema e negativa. Vero è che, in quanto a potere popolare, è un passo indietro rispetto alle costituzioni già esistenti nei singoli stati.
Vabbè, mi sto ripetendo: spero di riuscire a chiarirmi le idee nel prosieguo della lettura…
Conclusione: ho notato che fra i miei libri ne ho un altro sulla costituzione americana. Me lo regalò la mamma una trentina di anni fa, non so perché...
Nota (*1): questo vale per circa una generazione, ossia circa 25 anni. Nota (*2): il libro è tutto costruito su citazioni documentate dalle numerose minute dell’assemblea di Filadelfia. Nota (*3): ho dovuto tradurre con questa brutta perifrasi “instruction of rapresentatives”… Nota (*4): tratto da The framers’ coup di Michael J. Klarman, (E.) Oxford university press, 2016, pag. 245.
Qualche giorno fa ho scoperto che un capriolo mi era rimasto chiuso in giardino: ormai ho capito che se cerco di spingerli io verso l’uscita gli faccio venire un infarto per la paura. Per questo mi sono limitato a tenere aperto il cancelletto sul retro per tutta la notte (da cui probabilmente era entrato).
Il giorno dopo non lo vedo e quindi richiudo.
Il giorno dopo ancora, ero in camera, lo vedo sfrecciare con la coda dell’occhio dalla finestra: a questo punto riscendo apro il cancelletto e, soprattutto, il cancello d’ingresso (quello grande da cui passo con la macchina).
A sera riscendo e vedo il capriolo, ancora nel cortile, ma a pochi metri dal cancello: appena mi avvicino scappa via. Soddisfatto vado a chiuderlo (per evitare che nella notte mi entrino altri animali) ma quando arrivo là scopro che il capriolo è sempre chiuso dentro: invece di uscire lui ne aveva attirato un altro all'interno!
Oggi vedrò di scacciarlo io: se gli viene un infarto me lo mangio: se lo meriterebbe…
Mustelide - 19/10/2021
Ah! e un paio di settimane fa ho visto, credo, una faina!
Ero a leggere silenziosamente in giardino sulla sdraio: alle mie spalle sento un rumore di foglie smosse che si avvicina. Penso a un capriolo, uno scoiattolo o anche a un gatto e non mi preoccupo.
Il rumore si avvicina e lentamente si sposta alla mia sinistra, al di là dalla rete “nell’orto”.
Mentre guardo per cercare di individuare l’origine del suono vedo sbucare da un piccolo buco della rete una testolina che mi guarda: ci fissiamo per un secondo, poi io la saluto con un “ciao piccolino!” ma la bestiola prende paura e scappa via!
Sicuramente era un mustelide, la testa, l’unica parte del corpo che ho visto, poco più grande di quella di un gatto e col pelo chiaro, orecchie tonde e muso conico.
Questo forse spiegherebbe anche l’improvviso calo del numero di scoiattoli che qualche anno fa erano divenuti tantissimi!
Rare controindicazioni - 22/10/2021
Kyle’s vaccine experience
Vabbè, non ho voglia di aggiungere altro…
Saggezza felina - 24/10/2021
Bisba mi ha pregato di riproporre qui il seguente aforisma da lei ideato:
«Un topino al giorno leva il veterinario di torno.» (Bisba)
L’ha rilanciato stamani Zhok: lo preciso perché il mio pezzo Psicologia e stipendi l’avevo scritto ieri sera mentre questo articolo è di qualche giorno fa ma io l’ho letto solo adesso: insomma non mi sono basato su di esso o altro, semplicemente non seguendo i media tradizionali ero arrivato in ritardo sull’argomento quando l’avevo notato sui ghiribizzi che seguo…
E comunque il mio articolo mi pare forse migliore perché analizza maggiormente i motivi più profondi, psicologici e non, dell’attacco mediatico a Barbero.
Da qualche giorno avevo una nuova idea in testa. Ormai sono da anni consapevole che la democrazia sia solo un’illusione, uno strumento per controllare la maggioranza della popolazione e contemporaneamente proteggere gli interessi dei parapoteri.
Nel XX secolo, almeno in occidente gli interessi dei parapoteri e quelli della popolazione sono andati sostanzialmente a braccetto ma, grossomodo a partire dall’ultimo quarto di secolo la situazione ha iniziato a cambiare.
Questi argomenti li ho ampiamente trattati nell’Epitome e non voglio stare qui a ripetermi: in pratica l’influenza dei parapoteri economici sulle democrazie è cresciuta a dismisura mentre quella della popolazione comune è rimasta stabile o è addirittura diminuita (grazie a strumenti di forte persuasione come le televisioni). La conseguenza è che i parapoteri economici hanno iniziato, col totale appoggio del mondo politico, a moltiplicare la loro ricchezza a danno della gente comune: ecco, in poche parole, spiegata la crescita vertiginosa della diseguaglianza economica.
Questa verità è ormai per me ovvia. Ho notato che recentemente molti intellettuali ne comprendono intuitivamente dei frammenti: non cioè lo schema completo delle diverse interazioni sociali e psicologiche (che evidenzio nella mia Epitome) ma dei sottoinsiemi, magari prossimi alla formazione culturale dello specifico intellettuale. Il giurista si accorgerà di principi giuridici “forzati”, il medico noterà che argomenti sanitari sono usati a sproposito, l’economista capirà immediatamente che certi provvedimenti favoriranno i forti a discapito dei deboli etc…
Il succo è che per me è chiaro che ormai, specialmente con Draghi, qualsiasi decisione del governo è orientata a favorire parapoteri, principalmente esteri e poi italiani. Questo in qualsiasi iniziativa: specialmente economica ma non solo.
Del resto questo andazzo di riduzione di diritti e libertà e di conseguente impoverimento economico va avanti da una ventina d’anni con una forte accelerazione nell’ultima dozzina (dal governo Monti in poi per capirci). Eppure la maggioranza degli italiani non se ne rende conto: tuttora le responsabilità della crisi economica, sociale e democratica non sono chiare. La maggioranza della popolazione continua a credere alla narrativa dei media tradizionali: questi continuano a ripetere che tutto va bene, che siamo fortunati perché potrebbe andare peggio, che l’UE è buona e giusta e…. non ne ho idea: ho smesso di ascoltare le favole quando ero bambino e quindi non conosco i dettagli di quelle raccontate dai media adesso spacciate per informazione…
In questo panorama decisamente cupo, dove il popolo è un gregge inconsapevole che sta per essere portato al macello, una novità ha smosso le acque.
La pandemia sta venendo gestita come un’opportunità economica per i parapoteri economici e, in questo caso specifico, le grandi multinazionali del farmaco.
Come ho spiegato non si tratta di niente di nuovo dal mio punto di vista: la tendenza di fare gli interessi dei forti calpestando diritti e libertà dei deboli (il 99,9% della popolazione) è ormai una costante. Certo in questo caso c’è la novità del rischio più o meno calcolato (credo “meno”) di giocare con la salute della popolazione: insomma, probabilmente una nuova soglia di cinismo è stata superata.
La vera novità però non è questa (del resto era solo questione di tempo) ma che una parte significativa della popolazione piuttosto trasversale inizia a rendersene conto. Certo, sempre una minoranza soverchiata dalla disinformazione dei media tradizionali, ma comunque una minoranza percentualmente significativa.
Per i grandi CEO (*1) che guidano le multinazionali la salute è un prodotto come un altro: una merce su cui è possibile, e moralmente lecito, speculare per trarne il massimo profitto possibile.
Per questo l’occasione della pandemia non è andata persa: le leve politiche giuste sono state spinte e la politica sanitaria che garantisse il massimo profitto per le aziende farmaceutiche è stata scelta con fermezza, senza guardare a qualsiasi altra possibilità, dai governi occidentali. Questo senza preoccuparsi se si trattasse anche della strategia migliore per la salute pubblica: nella morale del (v.) profittismo il guadagno è più importante, è più “bene” cioè, della vita umana.
Ma per la gente comune non è così: la salute è ancora considerata un bene primario. Gli interventi economici dubbi sono compresi pienamente nei loro effetti da pochissimi mentre le sottili questioni giuridiche, che magari si risolvono in meno libertà, provocano solo degli sbadigli nella popolazione cloformizzata dai media (i quali ripetono il loro solito mantra che tutto va bene). Se però si tocca la salute la reazione di attenzione provocata è molto più forte: come si vede in Italia (e non solo) una fetta significativa della popolazione si è resa conto che la politica gioca con la loro salute per favorire gli interessi economici di pochi.
È un parziale risveglio della società, per il resto tutta compresa nel suo sonno anodino e acquiescente, certo minimo e soverchiato dal fuoco di sbarramento dei media e dai suoi appelli all’odio, o almeno al disprezzo morale e intellettuale, verso chi osa puntare il dito contro il re nudo.
È poco ma è qualcosa.
La mia riflessione di questi giorni è la seguente: è possibile che questa consapevolezza possa essere portata al livello successivo? Ovvero la comprensione che la gestione della pandemia contro la popolazione e a favore degli interessi economici dei parapoteri economici non è un’eccezione ma la norma di questo tempo: che lo stesso disprezzo per il benessere della maggioranza vi è anche nella gestione di qualsiasi ambito della società e dell’economia.
Non so: come ho premesso io mi trovo a un livello di consapevolezza sociopolitica molto più avanzato. Per me è ovvio: ma questo non significa che lo sia per tutti. Comunque vedo dei segnali incoraggianti: i frammenti con cui la realtà viene compresa stanno divenendo sempre più grandi.
Stanotte appunto riflettevo su questa intuizione però non ero sicuro di volerci scrivere sopra un pezzo: temevo fosse un’idea troppo sottile, che quindi avrei scritto solo per me stesso…
Poi però, al mattino, mi sono imbattuto in un buon articolo del professor Zhok: SENZA TITOLO da FB.
Come al solito scritto benissimo (sebbene vi avverta una certa stanchezza e la mancanza della sua solita ironia caustica) il suo pensiero segue un percorso simile al mio per arrivare però alla stessa conclusione: «Se in passato, per inerzia, per quieto vivere, per "delega agli esperti" si è immaginato che, insomma, ci si doveva/poteva fidare, ora questo non è proprio più possibile.
Ora sappiamo che senza una ferrea sorveglianza critica, senza una nuova partecipazione diffidente e senza la disponibilità a lottare, qualunque cosa, letteralmente qualunque, potrà essere fatta passare su di noi, contro di noi, senza che nessun meccanismo 'istituzionale' di resistenza si attivi.»
Conclusione: mi piace pensare che, per avidità e ingordigia, i parapoteri abbiano compiuto un passo falso svelando troppo apertamente il loro controllo sulla politica: ma onestamente credo che la consapevolezza che hanno risvegliato sia troppo poco e troppo tardi. I forti sono ormai troppo potenti e hanno il potere di ribaltare la libertà. Troppe persone ancora si fidano della politica e delle istituzioni: la loro passività, quando non vero e proprio sostegno ai forti, sarà decisiva per mantenere gli equilibri sostanzialmente immutati. Quando si renderanno conto del loro errore sarà troppo tardi per poter porvi rimedio.
Nota (*1): che, non sorprendentemente, hanno spesso personalità psicopatiche: principalmente indifferenza per le sofferenze del prossimo...