Già qualche giorno fa ho avuto un’intuizione al riguardo e oggi una mia amica mi ha citato due volte il "giusto mezzo" in una sola epistola: ho deciso quindi che è tempo che ne scriva.
La filosofia aristotelica del giusto mezzo è molto naturale: spontaneamente molte persone vi arrivano da sole nel corso della propria vita. Gli estremi sono pericolosi, di solito la posizione intermedia è quella più corretta e sicura: affermazioni di questo genere sono piuttosto comuni.
Il motivo è che sono generalmente corrette: sono principi di buon senso che, in mancanza di maggiori informazioni, ci aiutano in scelte e decisioni complesse.
Io credo che questo meccanismo sia alla base o si sovrapponga all’istinto a imitare la maggioranza: del resto ciò che fa e pensa la maggioranza è, guarda caso, una media degli atteggiamenti più estremi, ovvero il “giusto mezzo”. O magari l’istinto di imitazione è alla base del comportamento mentre la filosofia della mediazione ne è la sua razionalizzazione. Non so: ma non è questo il punto.
Il problema è che la scelta intermedia è spesso, ma non sempre, la migliore soluzione. Quando ancora questa scelta intermedia, la scelta della massa cioè, non ha conseguenze negative allora rimane accettabile. Ci sono però dei casi quando il “giusto mezzo” è errato e può avere conseguenze nefaste per noi o per il resto della società.
Se fossi bravo a disegnare aggiungerei qui la vignetta di un automobilista che, incerto se uscire o no dall’autostrada, finisce per prendere lo spartitraffico nel mezzo. Un ottimo esempio in cui la scelta intermedia è estremamente negativa!
Ma in realtà le disavventure del singolo mi interessano relativamente: alla fine gli effetti restano limitati a una persona o poco più.
Molto più importanti sono gli effetti sulla società della scelta del giusto mezzo, soprattutto quando questa va a sovrapporsi con l’imitazione della maggioranza.
Tutta la politica italiana del dopoguerra fino agli anni ‘90 è stata dominata dalla scelta della maggioranza del giusto mezzo fra PCI e MSI, ovvero la DC. In questo caso non voglio giudicare tale scelta ma solo far notare che il voto acritico a un singolo partito, sia che facesse bene o male, ha avuto nel lungo periodo un effetto estremamente negativo sui meccanismi della nostra democrazia che, in genere, si basa teoricamente su un’alternanza virtuosa di più partiti al potere. Se al potere vi rimane troppo a lungo uno stesso partito inevitabilmente degenera.
Sicuramente un esempio negativo di giusto mezzo, di comportamento della maggioranza errato, lo si ha nelle dittature: non importa quali siano i crimini commessi dalla dittatura ma la maggioranza del popolo minimizza finché gli è possibile, non guarda ciò che va male e, anzi si illude che vada tutto bene. Per avere la coscienza in pace si dice che chi viene perseguitato dal potere “se l’è cercata” che a lui e ai propri cari non potrà mai succedere qualcosa di simile. La dissonanza cognitiva, per far tacere la voce della propria coscienza, finisce poi per giustificare moralmente ogni abuso. Del resto ogni dittatore “ha fatto anche cose buone” a cui appellarsi per giustificarlo. Ovviamente infatti la maggioranza delle persone si giustificherà dicendo di “non sapere”, che dal proprio limitato punto di vista non aveva mia assistito ad alcuna ingiustizia e che, comunque, i media ripetevano che tutto andava bene… La verità è che la maggioranza delle persone NON vuole informarsi, NON vuole sapere cosa non va bene perché poi si sentirebbe moralmente obbligata ad agire probabilmente contro il proprio interesse immediato. E allora anche quando si assiste in prima persona a un’ingiustizia si preferisce voltarsi dall'altra parte, senza ascoltare le ragioni della vittima in maniera da potersi sentire sicuri e confortati dalla voce della propaganda, e rapidamente dimenticare l’accaduto, senza ripensarci né rifletterci.
Il mio punto è che scegliere la via di mezzo è generalmente una buona idea ma non bisogna affidarsi acriticamente a questo principio: a volte la soluzione corretta è scegliere un estremo.
Ora non lo ritrovo ma mesi fa pubblicai (probabilmente un corto) dove riportavo l’insegnamento di un breve video di “TED”. Era una conferenza per imprenditori il cui succo era che per avere grande successo bisognava fare qualcosa di diverso dalla maggioranza: questo perché facendo le stesse cose era logico ottenere gli stessi risultati di tutti, ovvero nella media. La vera innovazione deve differire dal pensiero della maggioranza.
Mi torna in mente un pensiero attribuito a Ford (cito a memoria): “Se chiedessi all’americano medio cosa volesse questi mi risponderebbe un «cavallo più veloce»”. E se ben ricordo anche Jobs aveva espresso un concetto analogo: qualcosa sul pubblico, cioè la maggioranza, che non sa quello che vuole fino a quando non lo vede realizzato.
Ma questi esempi sono (relativamente) positivi: qui il comportamento della maggioranza è mediocre ma non negativo. Come ho cercato di spiegare le situazioni più pericolose sono quelle in cui il comportamento della maggioranza ha effetti deleteri sulla società, magari indirettamente o a distanza di anni visto che in questa maniera l’errore commesso non sarebbe evidente e, anzi, potrebbe essere ripetuto più e più volte.
Qual è la soluzione?
Non c’è una soluzione semplice e assoluta: come detto il comportamento della maggioranza è di solito un buon indicatore della scelta forse non migliore in assoluto ma, almeno, sicura e prudente. Il problema è riuscire a individuare le eccezioni.
L’unico consiglio che posso dare è quello di rimanere sempre all’erta, specialmente di diffidare quando i media, senza eccezioni, consigliano un qualcosa il cui beneficio per il singolo non è immediato ed evidente mentre è chiaro che un qualche potere ne trarrà un grande vantaggio.
Pensare con la propria testa è corretto ma per farlo efficacemente si devono avere più informazioni possibili: e le informazioni più utili, quelle più discriminanti, non ci vengono fornite spontaneamente dai media, che in genere proteggono altri interessi, ma vanno invece ricercate in lungo e in largo. Da questo punto di vista la rete Internet fornisce un oceano di notizie: qui bisogna essere in grado di distinguere quelle affidabili dall’altro 99% di inutili (*1).
È un processo che non si può compiere in un giorno e che richiede invece pazienza e la lettura di fonti disparate. Piano piano però si riconoscono delle fonti più attendibili perché, guarda caso, le loro argomentazioni si conformano e spiegano molto meglio della narrazione ufficiale la realtà di un fatto. Trovata una fonte affidabile diventa tutto più facile: ciò che la fonte affidabile giudica a sua volta affidabile è probabilmente (diffidare sempre!) veramente tale. In questa maniera è possibile arrivare a formarsi una propria rete di informazione alternativa che ci aiuterà a leggere obiettivamente la realtà e, quindi, a prendere decisioni migliori.
Conclusione: alla fine sono andato un po’ fuori tema rispetto alla riflessione iniziale sul pericolo del “giusto mezzo” sempre e comunque. Ma in realtà individuare fonti di informazioni affidabili è strettamente legato al precedente, ovvero alla necessità di riuscire a riconoscere quando il comportamento della maggioranza è errato o, addirittura, pericoloso.
Nota (*1): vale la pena ricordare che secondo una ricerca scientifica di qualche anno fa le persone sono facilmente in grado di riconoscere le bufale. Evidentemente la censura sempre più invasiva ha un altro scopo nascosto: eliminare le voci affidabili, perché sincere e oneste, che esprimono dissenso e disturbano la narrativa dominante.
L'esempio di Benjamin Franklin
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