Ho ripreso a leggere Plutarco ed è stato il turno di un altro, per me, illustre sconosciuto: Timoleone.
Uno dei motivi per cui leggo Plutarco è la speranza di riuscire a identificare il famoso condottiero, abilissimo ma sfortunato, di cui mi parlò tanti anni fa mio zio (v. 4 aneddoti e 1 domanda): ho infatti la sensazione che Le Vite Parallele potrebbero essere state la sua fonte.
Ma anche stavolta questa mia speranza è andata delusa: al contrario del personaggio che speravo di trovare, Timoleone fu sempre fortunato in battaglia e, particolare molto significativo, lui stesso si ritenne tale...
Timoleone era un nobile corinzio e questo è già un fatto curioso: nel poco di storia greca che ho letto la maggior parte dei protagonisti erano ateniesi o spartani con l'eccezione del tebano Epaminonda.
In realtà ciò non è un caso: i grandi personaggi possono nascere ovunque ma hanno la possibilità di raggiungere il proprio massimo potenziale solo se sono in un ambiente favorevole. Nell'antica Grecia ciò equivaleva a nascere ad Atene e, in misura minore, a Sparta, oggi invece significa nascere negli USA e, in misura minore, in un'altra nazione importante.
Solo un ambiente ricco di possibilità permette alla persona dotata di cogliere le opportunità che altrove non potrebbe trovare. Erroneamente ci si illude che con la sola forza delle proprie capacità ogni uomo abbia in mano il proprio destino: non è così. Determinante è la fortuna: data in primo luogo dalla nascita: nascere in una famiglia ricca e in una nazione potente dà molte più possibilità di qualsiasi capacità innata.
Che Timoleone fosse di Corinto mi ha quindi sorpreso perché tale città, schiacciata fra Sparta e Atene, era sempre stata relativamente marginale.
Forse proprio per questo della vita di Timoleone si sa molto poco: Corinto, anche alle persone molto capaci, non offriva troppe possibilità/opportunità di mettersi in luce.
Plutarco della gioventù di Timoleone ci riporta un unico episodio: durante una battaglia aveva rischiato la propria vita per salvare il fratello caduto a terra e circondato dai nemici; successivamente però, quando il fratello minacciò di divenire tiranno di Corinto, Timoleone sarà fra i sicari che lo uccidono per amore della libertà. Per circa i venti anni successivi rimarrà poi ai margini della scena politica della città.
Quando però Siracusa, colonia di Corinto, chiederà aiuto alla propria città di origine, i corinzi sceglieranno proprio Timoleone per guidare tale spedizione.
Non è chiaro perché la scelta ricada su di lui: ipotizzo che fosse lo stesso Timoleone a cercare di ottenere il comando perché tale missione era in verità disperata e dubito che l'esserne a capo fosse un incarico ambito: forse Timoleone vi riconosceva invece un'opportunità...
Timoleone (siamo nel 344 a.C.) salpa quindi per la Sicilia alla guida di una piccola spedizione di 10 navi. Siracusa è assediata da Icete, dittatore o aspirante tale (*1), che ha l'appoggio dei cartaginesi che controllano la parte occidentale dell'isola.
Eppure, nonostante l'inferiorità di uomini, Timoleone non solo riesce a liberare Siracusa ma, con coraggio e fortuna, scaccia anche i tiranni che signoreggiano sulle altre città greche dell'isola.
È proprio durante questa seconda fase della campagna che Timoleone ottiene la sua più grande vittoria: con un piccolo contingente di circa 6.000 uomini sconfigge un imponente esercito cartaginese di 70.000 (*2). Anche in questa impresa la buona sorte favorisce Timoleone egli si affretta infatti verso l'esercito avversario e lo incontra proprio mentre sta cercando di guadare un fiume: qui ha il coraggio di cogliere l'occasione e di iniziare la battaglia. Durante la stessa poi si scatena un nubifragio con l'acqua che gonfia il fiume e col vento che soffia contro i cartaginesi.
La vittoria è totale e, anzi, ferma l'espansione cartaginese in Sicilia.
Si tratta a mio parere di uno di quegli snodi della storia che sembrano architettati a tavolino dal destino, in barba alle probabilità, e che hanno poi effetti decisivi sul corso della storia. Mi chiedo infatti se Roma avrebbe potuto sconfiggere i cartaginesi se questi avessero avuto il totale controllo della Sicilia come sembravano avviati a ottenere prima dell'arrivo di Timoleone...
Timoleone, pacificata l'isola, non torna a Corinto ma si stabilisce a Siracusa dove lo raggiunge la sua famiglia. Anche questa mi sembra una decisione molto significativa: io la leggo come una rivincita nei confronti della propria città natale che l'aveva per anni emarginato.
A Siracusa Timoleone porta la democrazia (o almeno quello che Plutarco intende con tale nome!) ma non ricopre ruoli pubblici: nondimeno è tenuto in altissima stima dalla popolazione che, ad esempio, nei processi più complessi corre a chiedere il suo parere sulla questione.
È notevole che Timoleone riconoscesse il ruolo della fortuna nei suoi successi: molti grandi personaggi si illudono invece di essere loro enormemente capaci e sovrastimano le proprie capacità.
Scrive Plutarco: «...queste [imprese] furono opera non di fortuna ma di virtù fortunata; benché egli ogni suo buon fatto riducesse al favore di fortuna... ...[Timoleone] disse sovente, che sapeva grado a Dio, il quale volendo liberar dal giogo la Sicilia si servì del suo nome.» (*3)
Degna di menzione è un aneddoto che vede Timoleone ormai anziano e cieco citato in tribunale dalle accuse di due calunniatori.
In Fabio Max scrissi: «Un inciso: leggendo queste biografie di Plutarco appare chiaro che chi diviene potente, indipendentemente da come governa e dalle specifiche scelte, si fa dei nemici. Qualsiasi decisione infatti ha conseguenze favorevoli per qualcuno e sfavorevoli per altri: se è buona gli effetti positivi saranno molto maggiori dei negativi che però si avranno comunque quasi sempre. È impossibile fare tutti contenti e c'è sempre qualcuno pronto ad approfittarne.»
E lo stesso Plutarco qui spiega: «...ma... ...ogni reggimento popolare di città ha il suo calunniatore, si trovarono in Siracusa due sommovitori di popolo, Lapistio e Demeneto, i quali s'opposero a Timoleone. E quando Lapistio lo citò a comparire in giudizio a certo giorno, e tumultuavano i cittadini per impedire la dichiarazione del giorno, Timoleone gli pregava che non facessero strepitio, dicendo d'essersi sottomesso volentieri a tante fatiche e perigli, acciò qualunque siracusano volesse, potesse usare la libertà delle leggi. E avendo Demeneto dategli molte accuse in pubblico sopra l'amministrazione della sua condotta, nulla [Timoleone] rispose alle accuse, sol disse di ringraziare gl'Iddii, che avessero le sue preghiere esaudite, di poter vedere un giorno i Siracusani in piena libertà di poter dire arditamente ciò che volevano.» (*3)
Non posso fare a meno di confrontare ammirato l'amore di Timoleone per la libertà con l'alterigia e l'ipocrisia di vari politici italiani (di cui non starò a fare i soliti nomi) che invece cercano di imbavagliare la nostra libertà d'opinione con scuse speciose (*4).
Conclusione: la prossima vita è quella di Paolo Emilio: sarà la volta buona?
Nota (*1): Plutarco spiega anche la sua parentela con Dionisio ma io mi sono perso!
Nota (*2): è possibile che Plutarco esageri le cifre ma sicuramente dovette trattarsi di una battaglia fra forze impari.
Nota (*3): da le “Vite parallele” di Plutarco, Salani Editore, 1963 (trad. Marcello Adriani)
Nota (*4): vedi le bufale. Vedi ad esempio i corti Conati di legge, Testo liberticida, Antibufale o censura? e comunque la maggior parte dei pezzi col marcatore “Libertà”...
L'esempio di Benjamin Franklin
2 ore fa
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