Che differenza di significate c'è fra “coraggioso” e “ribelle”?
Vediamo cosa dice il vocabolario:
“Coraggioso → ardimentoso, intrepido, audace, impavido.”
Direi quindi che prevale un'idea di azione attiva e mancanza di paura. Quando pensavo alla mia definizione avevo in mente qualcosa del tipo “Colui che fa quello che è giusto fare indipendentemente dalle conseguenze personali anche se negative” che, riflettendoci, è la stessa definizione che detti per “eroismo”...
“Ribelle → che rifiuta l'obbedienza, che si ribella all'autorità.”
Definizione ineccepibile alla quale non ho niente da aggiungere.
Che ne pensate? Sono entrambi termini comunemente percepiti come positivi?
Non proprio: sicuramente “coraggioso” è un aggettivo con connotazioni esclusivamente positive ma altrettanto non si può dire per “ribelle”. Il “ribelle” è infatti percepito positivamente solo in circostanze particolari come quando, ad esempio, lo si usa per descrivere chi lotta contro una dittatura: in genere però prevale una sfumatura negativa, l'idea cioè che il “ribelle, a causa del suo egocentrismo, faccia quello che preferisce in barba alle convenzioni e, magari, anche alla legge. Il ribelle causa problemi alle persone “per bene”...
Complessivamente i due termini hanno poco in comune: l'unica relazione che vi vedo è che il ribelle, talvolta, deve anche essere coraggioso...
Ora vi racconterò una fiaba e alla fine, dopo quanto scritto, vedremo di stabilire se la protagonista è coraggiosa oppure una ribelle.
I genitori di una principessa, una ragazzina che ama solo cavalcare, tirare con l'arco e che odia le formalità sociali a cui il suo rango l'obbliga, decidono che è tempo che si sposi con il figlio di un importante nobile per rafforzare l'unione del regno.
Ci sono tre pretendenti, tutti però decisamente improbabili e, sicuramente, di nessun gradimento per la principessa.
La fanciulla decide quindi di fuggire nel bosco seguita solo dalla madre, la regina, che cerca di convincerla ad accettare le proprie responsabilità. Varie avventure contribuiscono a far parlare insieme le due donne che finalmente si capiscono e apprezzano di più.
Alla fine la principessa sarebbe disposta, anche per amore della madre, a sposare uno dei pretendenti ma è invece la regina che suggerisce che ogni nobile rampollo possa sposare chi vuole.
Temporaneo imbarazzo dei genitori ma poi tutti sono felici e contenti e la principessa, almeno per il momento, non sposa nessuno.
Credo che i lettori di prole muniti abbiano riconosciuto la trama della pellicola “Ribelle – The Brave” della Walt Disney (v. Ribelle – The brave su Wikipedia) purgata della strega, incantesimi e orsi. Il titolo originale “Brave” invece che con “coraggiosa” è stato tradotto con “ribelle”. Scelta condivisibile?
Apparentemente la protagonista è ribelle perché rifiuta l'autorità dei genitori mentre il suo coraggio non è altrettanto evidente.
In realtà però la sua ribellione è di quelle che richiedono coraggio: sicuramente il coraggio di opporsi alle tradizioni ma anche quello di scegliere il proprio destino. Stabilire ciò cosa si vuole (o, in questo caso, ciò che non si vuole) e attivarsi per ottenerlo.
L'argomento mi sta a cuore e ho scritto due pezzi (Scelte e decisioni e Puericultura base) proprio ribadendo che l'educazione infantile, sia scolastica che famigliare, dovrebbero essere incentrate su questo fondamentale aspetto di formazione del carattere.
Capire ciò che si vuole già di per sé non è facile: ancora più difficile è poi opporsi alla volontà dei genitori anche quando decidono per noi, per quello che presumono sia "il nostro bene". Eppure se le decisioni si subiscono e basta si corre il pericolo di ritrovarsi a vivere una vita che non ci appartiene e che, sostanzialmente, ci renderà infelici.
Dovendo quindi definire la principessa protagonista della pellicola sicuramente avrei optato per “coraggiosa” e non “ribelle”. Il suo essere “ribelle” è infatti solo la conseguenza del suo dovere di eseguire un imperativo morale che, almeno nella mia personale definizione, equivale a “coraggio”.
Oltretutto il cartone sul finale ci tiene a precisare quale sia il suo messaggio. Se la memoria non mi inganna dovrebbe essere: «Il nostro destino vive in noi: bisogna solo avere il coraggio di vederlo [o “volerlo”? Tenevo il volume basso...]»
Per questo la scelta dei traduttori italiani mi ha lasciato perplesso dato che mi sembra svilisca il significato più profondo della pellicola.
Una possibile spiegazione (ma è solo una mia ipotesi!) è la seguente: forse c'è stata la volontà di usare un aggettivo terminante in “e” (e non in “a”) in maniera da nascondere che la protagonista fosse una ragazza: perché forse in tal caso il cartone sarebbe stato ritenuto “per bambine” e avrebbe quindi avuto meno incassi. È un'ipotesi ma forse sono io troppo cervellotico e sospettoso: dopotutto si sarebbe potuto tradurre “brave” con “prode”. In definitiva la scelta del titolo italiano è probabilmente più dovuta a semplice sciatteria piuttosto che a profonde strategie psicologiche e commerciali...
Conclusione: un cartone molto piacevole e sicuramente meglio di Bianca & Bernie!
L'esempio di Benjamin Franklin
7 ore fa
Nessun commento:
Posta un commento