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venerdì 22 novembre 2019

Doppio canale

Grandi progressi sull’Epitome: ho terminato il capitolo 17. Ora però devo correggerlo e sarà dura... e noiosa… Mi incoraggio: in una settimana avrò verificato e rivisto tutto: bo, speriamo...
Poi dovrò decidere se pubblicare subito oppure passare a lavorare sulla pagina e mezza di annotazioni: difficile dire a quanto equivalgano perché mi annoto sia la banalità che l’idea che porta a un nuovo sottocapitolo. Probabilmente controllerò cosa mi sono segnato e farò solo le modifiche facili o che mi ispirano particolarmente. Vedremo…

Comunque l’idea odierna è quella di mettere nero su bianco un’intuizione che ho avuto concludendo il sottocapitolo 17.5. Me la sono annotata (ovviamente) ma credo che mi sarebbe utile ripeterla anche qui sul ghiribizzo: insomma scriverne una specie di bozza che mi aiuterebbe a riflettere su come proporla e cosa effettivamente aggiungere all’Epitome.

A dire il vero c’è una complicazione: la nuova intuizione si basa su due concetti: 1. la comunicazione moderna e attuale ([E] 9.2 e 9.3); 2. la piramide culturale.
Avete mai sentito parlare della “piramide culturale”? Probabilmente, a meno di omonimie, no: è una mia nuova teoria (tanto per cambiare!) che ho aggiunto con un sottocapitolo a sé alla versione che sto scrivendo! Ora rispiegare tutto ciò che essa significa e implica non mi va: non ho voglia di riassumere un intero sottocapitolo che ho già scritto: mi prenderebbe sia troppo tempo che spazio.
Mi limito quindi agli aspetti che serviranno per capire l’intuizione odierna anche se, resta sottinteso, c’è di più…

La Piramide culturale: la cultura (cioè i suoi protomiti) non sono ugualmente diffusi in tutta la popolazione. Una piccola porzione di intellettuali (professori universitari, grandi scrittori, grandi artisti, grandi filosofi, etc...) hanno una conoscenza approfondita dei relativi protomiti di loro interesse e, quindi, li “possiedono” nel senso che possono modificarli (qui ci sarebbero molti “se” da aggiungere ma, come detto, sto semplificando) orientando così, ciascuno per la propria piccola parte, la cultura. Una fascia intermedia di intellettuali, di cui è di fondamentale importanza il gruppo degli insegnanti scolastici, si rifanno al vertice della piramide per trasmettere versioni semplificate dei protomiti appresi dal vertice ai propri studenti (oppure, se sono scrittori o giornalisti, ai propri lettori, etc).
Alla democratastenia quindi la cultura del vertice degli intellettuali della società arriva diluita sia nel tempo che nella complessità (dipende dal livello dell’educazione scolastica).

È evidente che cambiare la cultura di una società è un processo lento e non facilmente controllabile: un governo per diffondere una certa idea (protomito) alla popolazione, dovrebbe controllare prima il vertice degli intellettuali (la maggior parte di questi saranno intellettuali organici, quindi pronti e felici di obbedire, ma ci saranno anche quelli critici ([E] 9.6) più difficilmente controllabili e, proprio per questo, ascoltati da una fetta significativa della popolazione) e poi aspettare una generazione o due (25-50 anni) affinché la democratastenia assorba le nuove idee: questo ovviamente se c’è uno strato intermedio (nella piramide culturale intendo), ovvero un sistema di educazione scolastica (vabbè, ci sarebbero anche le pellicole o i libri ma qui la natura di intrattenimento rende difficile aggiungervi protomiti complessi) capace di effettuare il passaggio. Riassumendo: 1. occorre controllo di gran parte degli intellettuali di vertice; 2. occorre aspettare decenni.
È ovvio che, specialmente a causa della seconda condizione, questo modo di procedere non può funzionare: anche il potente di turno non si può permettere di aspettare così a lungo perché, se si tratta di una persona, non sarebbe più vivo.
Il risultato è che la cultura alla fine evolveva in maniera sostanzialmente non controllata: il confronto fra gli intellettuali che portava all’avanzamento non solo della scienza ma anche delle ideologie e delle filosofie non veniva guidato dai parapoteri politici di una certa epoca (magari questi potevano cercare di censurare più o meno efficacemente idee che non approvavano ma non avevano la possibilità di imporre nel dibattito i protomiti a loro cari: almeno se non passando attraverso la collaborazione di intellettuali organici a loro fedeli).
Questa situazione garantiva un’evoluzione lenta ma sicura: le idee peggiori non uscivano dal circolo ristretto degli intellettuali di vertice e difficilmente potevano propagarsi alla democratastenia. Io vi vedo un’analogia con la diffusione delle distorsioni: in [E] 2.6 spiego che le distorsioni si diffondono dal “basso” e che non sopravviverebbero se fossero errate; lo stesso accade con i protomiti dei vertici della piramide culturale: quelli chiaramente errati (*1) verrebbero eliminati dal dibattito al vertice prima di raggiungere la democratastenia.

Ma con la comunicazione moderna e attuale vi sono due nuovi strumenti: la televisione e la rete Internet che permettono ai parapoteri, con l’intermediazione dei media (gestiti in genere da parapoteri economici) di diffondere direttamente a tutta la democratastenia specifici protomiti (in genere semplici, poco più che distorsioni) in tempi rapidissimi.
In altre parole i parapoteri hanno adesso la capacità di diffondere i propri protomiti alla popolazione evitando il filtro difficile da gestire e controllare degli intellettuali di vertice e l’intermediazione degli insegnanti.
Il rischio è evidente: i parapoteri possono usare la televisione e Internet per propalare protomiti fuorvianti (ovvero utili ai parapoteri ma spesso dannosi agli interessi della democratastenia).

E questo è proprio quello che sta avvenendo! Pensiamo all’economia i cui protomiti sono al momento fra i più importanti.
Da dove arrivano le notizie di economie (subprotomiti qualitativi dei protomiti originari) alla popolazione? Non dai professori di economia con la mediazione della scuola: tutto ci arriva dalla televisione: ci viene detto “l’euro è utile perché bla bla bla”.
Mentre ormai, non solo il Bagnai, ma anche la gran parte degli economisti di “sinistra” ammettano che l’euro non funziona: nel dibattito fra gli intellettuali di punta della materia (l’economia) la situazione si è chiaramente delineata. Un premio Nobel (Stiglitz “L’euro – Come una moneta comune minaccia il futuro dell’Europa”) ci ha pure scritto un libro per spiegare come l’euro non funzioni in Europa…
Eppure ancora oggi in Italia alcuni parapoteri politici, sfruttando la grancassa dei media asserviti, riescono a convincere una parte significativa della popolazione che è vero il contrario: che, contro anche l’evidenzia quotidiana, l’euro ci (noi italiani) ha reso più ricchi…

Ma più in generale a cosa porta questo nuovo processo a cui ancora non ho dato un nome?
Io temo a una degenerazione della cultura: accanto al processo tradizionale di diffusione della cultura basato sulla piramide culturale, lento ma efficiente (nel senso che i protomiti errati o fuorvianti tendono a essere eliminati prima di raggiungere la democratastenia) si affianca la controinformazione dei parapoteri, incontrollata e spesso fuorviante. Io vedo due canali di cultura paralleli di cui uno più affidabile e autorevole (quello della piramide) e un altro potenzialmente fuorviante ma molto più rumoroso. Su come, perché e cosa prevalga ancora non saprei dire: forse dipende da società a società, dalla credibilità dei relativi media, non so…

E poi ci sarebbe tutta la novità portata dalla comunicazione via Internet (il dualismo della comunicazione P→D ma soprattutto quella D→P e D→D, v. [E] 9.3).
Se vogliamo la comunicazione D→D permette anche agli intellettuali al vertice della piramide culturale di saltare l’intermediazione della scuola e di comunicare direttamente con la democratastenia per esempio per riaffermare la propria verità (protomiti) su quella diffusa, e magari distorta, dai media.
Un caso esemplare è quello di Bagnai che in pochi anni, grazie alla propria competenza (e abilità letteraria!), è riuscito a creare un sito capace di diffondere informazione economica che rivaleggia con i media tradizionali come i quotidiani finanziari/economici.

Conclusione: questo è il nuovo concetto che ho in mente. In realtà era parzialmente già implicito in ciò che avevo già scritto ma esplicitarlo lo renderà ancora più comprensibile e utile...

Nota (*1): chiaramente in questo caso vi è maggiore incertezza dato che i protomiti complessi sono, appunto, complessi e quindi non è immediato capire se uno di questi sia “chiaramente errato” o no. Comunque una sorta di filtro e di perfezionamento vi è.

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