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Ci sono le partite di calcio ma sono talmente poco interessanti che mi accontenterò di scoprirne più tardi il risultato e, forse, guardarne le reti.
Invece è da qualche giorno che mi vaga nel cervello, non nell’anticamera, ma nella cantina o nella soffitta polverosa, una riflessione ancora informe, spettrale direi perché indefinita e diafana: ne indovino appena la forma ma non i dettagli.
Proverò quindi con questo pezzo a stanarla dalla mia testa, a farla uscire allo scoperto e, preferibilmente, la costringerò a diventare più nitida oppure a dissolversi del tutto.
La riflessione riguarda l’odio: sicuramente mi è stata ispirata dalle vaghe notizie di una commissione parlamentare che dovrebbe indagare il fenomeno. Non so niente, né dei dettagli né della sua promotrice, la senatrice a vita Liliana Segre. Logicamente mi asterrò quindi da commenti diretti su questa iniziativa.
Il mio pensiero è infatti più generico e vago.
“Cos’è l’odio?” mi chiedo. È un sentimento, un’emozione profonda: non è logica, non è ragione, non ha specifiche forme e dimensioni. Possono quindi ragione e logica rendergli giustizia? Non credo.
La ragione, come le parole, non riesce a definire i sentimenti: solo i poeti, a volte, riescono a farci intravedere altri orizzonti emotivi: gioie primaverili, odori autunnali, la tristezza dell'amore…
A onor del vero, mentre scrivevo il precedente paragrafo, pensavo anche che gli psicologi sicuramente hanno una loro definizione dell’odio basata su logica e ragione. E sicuramente l’avranno anche dell’amore. Eppure quando veniamo travolti dal sentimento che ci fa sospirare non ne chiediamo la definizione ai dottori ma, magari, preferiamo ascoltare una canzone sdolcinata: e anche gli psicologi si innamorano, anche loro non sono immuni alla dolce malattia…
Le emozioni fanno parte dell’uomo e per analizzarle oggettivamente si deve uscire dall’uomo: si deve diventare degli scienziati armati di microscopio che esaminano e sezionano l’animo umano: ma non più uomini quindi.
E poi c’è Eros e Tanato: amore e morte ma anche amore e odio. L’avevo scritto in Politica e Thanatos: ormai vedo l’applicazione di questa intuizione di Freud in molteplici aspetti della vita…
E se vogliamo vi è un parallelo con la mia principale obiezione a Rawls (v. Dubbi su Rawls): non si può prescindere dalla natura umana perché se lo facciamo diveniamo disumani.
Probabilmente solo io vedo le lineette tratteggiate che uniscono fra loro le frasi precedenti: dopotutto io e le mie idee viviamo nel medesimo cervello, siamo abbastanza affiatati…
Cercherò quindi di rendere più concreta la mia intuizione sperando di non banalizzarla troppo nel tentativo di sintetizzarla con parole inadeguate a trattare dei sentimenti.
L’odio è un’emozione profonda che fa parte dell’essere umano: esattamente come l’amore, esso non può essere rimosso: al massimo può venire nascosto o magari sublimato verso bersagli ritenuti accettabili o, addirittura, contro noi stessi: come i santi che amavano sommamente gli altri ma odiavano loro stessi. Ma attenzione: rivolgendo al nostro interno l’odio avremo delle nevrosi…
L’odio, come l’amore, fa cioè parte dell’essere umano e non è ragionevolmente eliminabile.
Ha quindi senso dargli la caccia?
Come faremo a riconoscerlo? Per farlo oggettivamente si dovrebbe infatti essere disumani…
È possibile misurarlo e, magari, punirne gli “eccessi”? E quale sarebbe un eccesso di odio? Dov’è la linea, il confine, che separa un odio accettabile da un odio esecrabile? E chi definisce tale linea? Chi è abbastanza inumano da farlo abbastanza umanamente? Per chi crede c’è Dio: lui solo sarebbe così disumano da essere sempre giusto.
Alla fine, temo, la caccia all’odio è solo l’equivalente moderno della caccia alle streghe: qualcuno definì cosa fosse il male, l’odio verso Dio, ma alla fine a rimetterci la vita furono donne innocenti.
Ma nella società moderna, mi si obietterà, c’è un odio crescente verso le minoranze: gli zingari, gli immigrati, talvolta, gli ebrei. È davvero così? È corretto parlare in questi casi di odio? Non lo so…
Ma di sicuro questo aumento, se non di odio almeno di pregiudizi, a cosa è dovuto?
Ebbene non nasce dal nulla ma è il risultato di una società che si impoverisce, che non ne capisce il motivo e che cerca qualcuno a cui addossare la responsabilità per le proprie crescenti frustrazioni quotidiane.
La pazienza per sopportare il peso di una vita ingiusta è amore: la reazione che genera è Tanato, odio cioè. Tanato inevitabile e che da qualche parte si deve sfogare, che non si può sopprimere per decreto perché umano: non è una libera scelta ma una pulsione dello spirito.
Allora la soluzione per diminuire l’odio non è vietarlo ma rendere il mondo un luogo più giusto: ovvero meno disparità sociale, meno ingiustizie, no all’1% dei super-ricchi che hanno beni pari al 50% della popolazione mondiale. Questa è la prima radice dell’odio: l’ingiustizia.
La povertà genera l’odio: rendete tutti gli uomini più ricchi e questi avranno meno ragioni, speciose o no, per odiare i propri simili; fateli lottare duramente fra loro per sopravvivere e diventeranno branchi di lupi affamati.
Perché poi, inseguire e dare la caccia all’odio, non è odio?
Odiare il razzista perché questi odia chi gli appare diverso è forse amore?
No, non è così e vi dirò di più: l’odio verso i razzisti è l’umana reazione all’amore verso le loro vittime: di nuovo Eros e Tanato.
La giustizia non è umana: in millenni di sforzi abbiamo ottenuto una legge appena tollerabile e tutt’altro che giusta.
Che la politica cerchi di appropriarsi di una dimensione che non le appartiene, in cui anche filosofi, scienziati e poeti si addentrerebbero solo con infinita cautela, mi pare, come minimo, un'assurda perdita di tempo. Un hybris spiegabile cinicamente solo se motivato da altri fini oltre a quelli dichiarati.
Tornando alla famigerata commissione Segre, di cui continuo a non saper niente, la mia paura è che essa raggiunga un solo scopo di cui però, in Italia come nel resto del mondo, non c’è assolutamente bisogno: aumentare la censura.
Vedremo: magari arriverà invece alla mia stessa conclusione: non si può abolire l’odio ma lo si può solo minimizzare rendendo la società più felice, felicità che si può ottenere solo rendendola più equa.
Conclusione: ha ripreso a piovere; una pioggia fitta e insistente, pervicace nel suo tentativo di opprimere l’animo. Ovviamente piove sul bagnato.
Sembra che una giornata piovosa contribuisca a riflessioni appropriate. Condivido
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