Prendo lo spunto dal dialogo con un mio amico vegetariano (di lui ho già accennato in Mentalità sportiva olandese e Matrimonio Russo-Portoghese-Olandese Parte 1 e 2) per arrivare a una mia recente intuizione che mi pare piuttosto interessante.
Quando ero in Olanda un mio collega e grande amico era vegetariano.
Ricordo che trovavo la cosa affascinante e, ovviamente, lo bersagliavo di domande più o meno serie...
Inizialmente gli feci domande “normali”:
D: “Sei vegetariano per motivi di salute?”
R: “No”
D: “Ma la carne ti piace?”
R: “Sì, mi piaceva”
D: “Ma perché allora non la mangi?”
R: “Non credo sia giusto uccidere gli animali per nutrirsene”
D: “Ma perché è lecito uccidere le piante e non gli animali?”
R: “Perché gli animali soffrono e le piante no”
D: “Quindi non mangi solo la carne?”
R: “Non mangio né la carne né il pesce né porto scarpe od oggetti di cuoio”
D: “Non fai mai un'eccezione?”
R: “No”
Poi iniziai a testare la coerenza delle sue premesse:
D: “Non mangi carne di animali d'allevamento ma puoi mangiare il cacciato?”
R: “No è peggio! Gli animali cacciati vengono uccisi per divertimento!”
D: “Ma se tu fossi costretto a uccidere un animale per legittima difesa potresti poi mangiarlo?”
R: “Come?”
D: “Supponiamo, per assurdo, che una gallina impazzita ti attacchi: tu provi ad evitarla e a scappare ma quella ti insegue e ti becca a sangue. Tu sei costretto a difenderti, la colpisci con un bastone e lei muore. Puoi mangiarla?”
R: “Uhmm... sì, in questo caso potrei...”
Cambiando bersaglio:
D: “Non mangi né carne né pesce ma le rane?”
R: “No, neanche le rane”
D: “Perché no?”
R: “Perché sono animali”
D: “E i molluschi o le lumache?”
R: “Nemmeno loro... sono comunque animali”
D: “Ma non hanno abbastanza cervello per sentire dolore...”
R: “Invece sì”
D: “Allora potresti mangiare una zuppa di corallo?”
R: “Come?”
D: “Il corallo è un animale però non ha cervello e quindi non può sentire dolore...”
R: “Uhm... non saprei... dovrei documentarmi... però, penso di no...”
D: “E che ne dici del plancton? Se un giorno fossero disponibile hamburger di plancton potresti mangiarli?”
R: “Beh, forse sì...”
Il suo tallone d'Achille:
D: “Però tu mangi le uova?”
R: “Sì...”
D: “Ma le galline che depongono le uova soffrono e, comunque, una volta che non sono più in grado di produrre non credo che vengano mandate in pensione...”
R: “In effetti... Ma sai, diventare vegetariani è un processo graduale: inizialmente mi concedevo il pesce e solo in seguito smisi... può darsi che fra qualche anno smetterò di mangiare anche le uova...”
Vabbè, potrei proseguire ancora a lungo ma credo di aver reso l'idea.
Non fu infatti la discussione di un giorno ma di anni. Periodicamente, quando mi veniva in mente una nuova idea, gliela proponevo e lo tempestavo di domande più o meno correlate...
In realtà mi sarebbe piaciuto che mi chiedesse la mia opinione ma, immagino, probabilmente dava per scontato che io fossi vagamente contrario.
In realtà la mia posizione è più complessa.
Credo che moralmente sia giusto non mangiare carne. Ammiro anche chi ha la volontà, come il mio amico, di riuscire a imporsi di rinunciare a qualcosa che pure gli piace e molto.
Quello che mi lascia perplesso dell'essere vegetariani è una contraddizione.
L'essere vegetariani impone uno stile di vita: non è né facile né automatico smettere di mangiare carne.
Insomma l'essere vegetariani comporta un certo impegno e sacrificio. È difficile da quantificare, perché varia da persona a persona, ma credo sia corretto dire che si tratti di un impegno discreto.
Ma dov'è la contraddizione visto anche che essere vegetariani è moralmente giusto?
È una questione di priorità: è sbagliato che un animale soffra ma lo è ancora di più se a soffrire è un essere umano. Se qualcuno applica un notevole impegno per essere vegetariano a maggior ragione mi aspetto che ne metta ancor di più nell'aiutare il prossimo. Non so, magari contribuendo economicamente alle tante iniziative benefiche a favore dei paesi più poveri o magari facendo del volontariato, etc...
Cioè, da chi è vegetariano per motivi morali, mi aspetterei, per coerenza, un notevole impegno in molti altri aspetti della vita che, a mio avviso, avrebbero una priorità ben più alta. Da questo punto di vista, almeno il mio amico, non faceva niente di straordinario: era vegetariano e basta.
Per molti anni sono rimasto perplesso da questa apparente contraddizione, poi finalmente, qualche tempo fa ho avuto un'intuizione.
Chi è vegetariano non lo è solo per considerazioni morali: lo fa anche per punire sé stesso.
E per quale motivo si punisce sé stessi? Per due ragioni: senso di colpa e per sentirsi migliori.
Il senso di colpa sarà probabilmente inconscio perché altrimenti non avrebbe senso l'autopunirsi. Il sentirsi migliori degli altri, magari moralmente, è invece una potente leva che ripaga del sacrificio fatto.
In conclusione chi è vegetariano lo fa sotto la spinta di almeno (non escludo che non ce ne siano altre!) tre motivazioni. Solo la prima di esse è conscia ed è il rispetto per la vita animale. Le altre due, l'autopunizione e la vanità, sono invece inconsce e quindi nascoste.
Il ritorno del gladiatore
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