Di solito i test psicologici non mi piacciono e per questo non li faccio.
In genere li trovo superficiali e facilmente manipolabili perché spesso il profilo associato ad ogni risposta è fin troppo evidente.
Oggi ho fatto un'eccezione: ne ho trovato uno su repubblica.it (
Scopri il Narciso che è in te) e mi sono chiesto se fosse fatto bene...
Il test, come suggerito dal titolo, vuole valutare il nostro livello di narcisismo ovvero quanto ci piacciamo ma, a leggere le domande, anche quanto vogliamo piacere agli altri.
Chi segue il mio blog saprà che io sono filosoficamente contrario all'apparenza: non seguo le mode, mi vesto con gli abiti che trovo a portata di mano e ho risolto il problema di tenere i capelli pettinati tagliandoli a zero (a 3 mm. per la precisione...). Per me è importante la sostanza, come una persona è dentro, di conseguenza il curare il mio aspetto è l'ultimo dei miei pensieri.
Mi aspettavo quindi che il test proclamasse che io non sono narciso (è in effetti è andata così!) ma ciò che è veramente interessante sono state le difficoltà che ho incontrato per ciascuna domanda.
Ogni domanda prevedeva infatti tre possibili risposte ma, quasi sempre, non condividevo nessuna di esse!
Ad esempio la prima domanda era “Piacere è per me?” con risposte: “Un sostegno”, “Una necessità” o “Un desiderio”.
E io ho pensato ma che significa “un sostegno”? Dopo lunga riflessione ho interpretato la risposta come: “sono bello, quindi piaccio agli altri e questo mi dà sicurezza (sostegno)”. Quindi NO secco.
“Una necessità”? assolutamente no! “Un desiderio”? Neppure: però dovendo scegliere una risposta...
La seconda domanda poi chiede “Mi riesce bene con gli altri?” con risposte: “Farmi trascinare”, “Entrare in relazione” e “Influenzarli, convincerli”.
Allora “Farmi trascinare” assolutamente no (vedi anche
KGB le origini: l'anticonformista). “Entrare in relazione” dipende: superficialmente non ho problemi però qui mi pare si intenda a "livello istintivo" mentre per me, l'entrare in relazione con gli altri, è uno sforzo attivo che devo obbligarmi a fare. Quindi “no” anche in questo caso. “Influenzarli, convincerli” questo è qualcosa che non faccio. Non ricordo se l'ho già scritto ma smisi di manipolare il prossimo al liceo: mi riusciva bene ma mi sembrava immorale. Anche nel mio blog più che cercare di convincere gli altri delle mie idee mi propongo di esortare a pensare con la propria testa.
Comunque, in mancanza di meglio, opto per questa risposta...
La terza domanda chiede “Prediligo lavori/attività nei quali c'è bisogno di...?” con risposte “Esibirsi, farsi notare eventualmente competere”, “di stare al proprio posto, essere uno dei tanti” o “Collaborare, contribuire senza particolari riconoscimenti”.
Anche in questo caso risposta problematica: della prima risposta mi piace il “competere” però la scarto per l'“esibirsi e il farsi notare”. “Essere uno dei tanti” volente o nolente non mi è possibile e quindi scarto anche la seconda. Della terza risposta non mi piace il “contribuire senza particolari riconoscimenti”. A me piace che le mie prestazioni vengano accuratamente misurate perché, senza troppo sforzo, in genere riesco molto bene... Comunque l'ultima è ancora una volta la meno peggio e quindi scelgo questa.
La quinta è interessante e chiede “Che rabbia...” con risposte: “Sapere di non potere mai vincere”, “Non ottenere tutto ciò che merito” o “Non riuscire ad arrivare dove voglio”.
Il problema è che nessuna delle tre risposte mi provoca rabbia!
Cioè è il mondo che è organizzato in questa maniera: la correlazione fra lavoro e successo è quanto mai labile e predominante è l'influsso della sorte (vedi, ad esempio,
Quattro aneddoti e una domanda di pochi giorni fa) quindi se le “regole” sono queste che senso ha arrabbiarsi?
Scarto a priori la prima risposta e resto incerto fra la seconda e la terza. Alla fine opto per la seconda perché dopotutto sarebbe bello ci fosse della meritocrazia nella vita. E poi nella terza risposta potrei essere io a pormi degli obiettivi irraggiungibili...
La sesta domanda è l'unica alla quale ho risposto senza esitazione: chiede “È più desiderabile inspirare negli altri...” con risposte “comprensione/simpatia”, “rispetto/stima” o “ammirazione/approvazione”.
Tutte le risposte sono plausibili e desiderabili però la prima opzione, “comprensione/simpatia” mi sembra epidermica e superficiale; l'“ammirazione” nasconde una componente illogica che non mi piace mentre, dell'approvazione altrui, sempre diffido... Quindi anche qui voto la seconda risposta.
La nona domanda chiede “Mi sento dire spesso dalle persone vicine...”: “...di non riuscire ad esprimere cosa voglio”, “...di preoccuparmi eccessivamente degli altri” o “...di essere insensibile ai loro bisogni, di non capirle”.
Sono in difficoltà perché nessuno mi ha mai detto niente di questo genere! Allora decido di scegliere in base a ciò che IO penso gli altri pensino di me: opto per la prima risposta.
La decima e ultima domanda chiede “Se qualcuno critica ciò che stai dicendo...”. La mia risposta ideale sarebbe “Sono sorpreso e valuto i pro e contro della critica. Se arrivo alla conclusione che il mio antagonista ha ragione mi vergogno di me stesso altrimenti gli spiego meglio il mio punto di vista”. Invece le tre alternative sono: “...mi irrito ma reggo al colpo”, “...non lo tollero, mi infastidisce, cerco di evitarlo” o “...mi dà insicurezza, non oso ribattere”. La seconda e la terza risposta le scarto senza esitazione. La prima è l'unica parzialmente accettabile: cioè NON mi irrito e di conseguenza reggo bene il colpo...
Risultato del test: “l'anti narciso”(*1)!
Nota (*1): quando ho ripetuto il test, per copiarne domande e risposte per questo post, mi è venuto come risultato: “il narciso sano”. Evidentemente sono un caso border line e, ad almeno una domanda, in prima istanza avevo risposto diversamente...