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venerdì 23 settembre 2022

Mobilitazione: vittoria o sconfitta?

Qualche giorno fa Putin ha annunciato una mobilitazione parziale di 300.000 riservisti: la propaganda occidentale afferma che è un sintomo di debolezza e che, anzi, è un prodromo della sconfitta; Le mie fonti maggiormente filorusse invece fanno corrispondere la mobilitazione alla fine della guerra: se gli attuali 200.000 soldati russi (+ alleati) contrastavano efficacemente e spesso vincevano sui 500.000 soldati ucraini allora un rapporto di forza praticamente alla pari dovrebbe ribaltare questa sorta di equilibrio.

Le questioni sono diverse, vediamo di trattarle una a una.

- Se la Russia stava vincendo (come anch’io ho più volte scritto) che bisogno aveva di mobilitare altri uomini?
La risposta qui non è banale e deve essere articolata.
La Russia non vuole solo vincere ma vuole anche evitare di perdere uomini: questo significa evitare gli scontri casa per casa fino a quando l’avversario non è ridotto, tramite i bombardamenti dell’artiglieria, all’impotenza o quasi. Questo comporta che nell’area centrale del Donbass, dove le fortificazioni ucraine sono particolarmente forti, i progressi siano molto lenti (*1).
Ho anche scritto che il tempo gioca a vantaggio della Russia: in una guerra di attrito le perdite umane ucraine sono costanti (anche se è difficile stabilirne l’entità (*1)) mentre quelle russe praticamente nulle. Inoltre sta arrivando l’inverno: che effetto avrà sull’Europa e sull’Ucraina?
Come ho scritto altrove gli ovini italiani rimarranno docilmente in fila a farsi tosare (economicamente) ma non credo che le cose andranno così lisce nel resto d’Europa: dove maggiore è la consapevolezza delle VERE cause della crisi economica e del tradimento dei politici europei ci sarà scarsa tolleranza verso questi. Sul fronte ucraino bisogna poi vedere quanto l’esercito di Kyev sia attrezzato per continuare a combattere efficacemente: molti indizi fanno pensare che non sarà così.
Questo significa che la ragione principale della mobilitazione russa non è militare ma politica.
I fattori contro la mobilitazione sono economici e politici: sottrarre 300.000 persone dalla forza lavoro avrà inevitabilmente un impatto sull’economia russa; non credo drammatico ma penso significativo (*2). Politicamente Putin ha un’opposizione interna di un buon 30% della popolazione probabilmente contraria alla guerra (*3): la mobilitazione la scontenta e la rafforza.
Contemporaneamente anche fra i sostenitori di Putin inizia a circolare l’impazienza: va bene i progressi lenti ma se questi diventano invisibili e non quantificabili su una mappa geografica possono nascere dei dubbi; inoltre, una parte consistente dell’opinione pubblica russa, voleva già la mobilitazione per porre fine alla guerra e all'apparente stallo ritenuto umiliante.
La sconfitta nella regione di Kharkov (v. Che succede in Ucraina?! e Ancora Ucraina e dintorni) ha fatto precipitare la situazione: ha dimostrato militarmente quello che già si sapeva, ovvero che le attuali forze russe impegnate in Ucraina sono insufficienti per controllare efficacemente l’intero fronte. La conquista ha avuto un costo militare alto per gli ucraini mentre i russi hanno ritirato le proprie forze senza combattere ma politicamente la sconfitta è stata significativa e ha accentuato le tendenze pro-mobilitazione che già vi erano in Russia.

- Ma allora cosa vi è di vero nella notizia del tentativo di fuga di massa dal paese o, al contrario, delle file di volontari alle caserme?
Probabilmente entrambe le notizie sono vere contemporaneamente! Sicuramente ci sono tanti russi che non hanno la minima voglia di rischiare la vita nella guerra in Ucraina e, contemporaneamente, ci saranno anche un buon numero di patrioti che avranno preso l’occasione per fare la “loro parte”. Insomma è propaganda: occidentale nel primo caso e russa nel secondo.

- Come cambierà la situazione sul campo?
Dipenderà dai tempi in cui questi soldati potranno essere mandati sul teatro delle operazioni.
Si tratta di riservisti che hanno comunque già un’esperienza militare (potrei sbagliarmi ma la leva obbligatoria in Russia dovrebbe durare due anni) e quindi si parla di tre mesi di addestramento: in pratica dovrebbero essere pronti per dicembre-gennaio.
Vi è l’alternativa di usare questi 300.000 uomini per sostituire le truppe di confine: in questo caso truppe già operative potrebbero affluire molto più rapidamente: ma mi pare improbabile. È rischioso lasciare la difesa delle frontiere a soldati impreparati; logisticamente mi pare complicatissimo; ai soldati mobilitati verrà dato uno stipendio uguale a quello di chi già combatte in Ucraina (il doppio di un comune soldato di leva); militarmente la Russia non ha fretta.
Poi è probabile che non si aspetterà di metterli in campo tutti insieme ma in più scaglioni, magari a partire già da novembre…
Di sicuro militarmente saranno decisivi: già adesso l’esercito ucraino fa miracoli ma davvero non vedo come possa gestire un nuovo fronte. Volendo fare una previsione io credo che il nuovo esercito non farà in tempo ad arrivare in Ucraina che, nel giro di un mese, l’esercito di Kiev sarà costretto alla resa.

Quindi, riassumendo, la mobilitazione è una vittoria o una sconfitta per la Russia?
Direi che è una piccola sconfitta politica: perché dimostra che l’“operazione speciale” non è stata in grado di portare a termine il proprio compito.
La definisco “piccola” perché era impensabile l’aiuto dato dall’occidente all’Ucraina: l’Europa si è autodistrutta (lo capiremo bene, anche in Italia, questo inverno) e gli USA, guidati dal vecchietto senile, hanno mandato armi per 30 miliardi di dollari (o forse 50?) a Kiev: un impegno economico al livello di quello della seconda guerra mondiale per capirci…
È stato questo aiuto occidentale che ha prolungato la guerra e ha fatto sballare i calcoli russi: e questo, secondo me, non era prevedibile. Soprattutto il tradimento dei politici europei delle loro rispettive nazioni, v. anche Gli errori di Putin dello scorso 12 marzo, era a mio avviso inconcepibile: non tanto quello dei politici italiani ma quello del cancelliere Scholz e del primo ministro Johnson (sul galletto francese non mi azzardo a previsioni).
“Piccola” sconfitta anche perché è la premessa della vittoria finale sull’Ucraina: a febbraio Putin non avrebbe potuto ordinare la mobilitazione ma adesso ha tutte le giustificazioni del caso.

Due note veloci sul referendum nelle zone occupate dai russi e sulla polemica sull’uso delle armi nucleari.
Il referendum è importante perché darà (l’esito è scontato) la giustificazione legale al maggior impegno militare russo: se quei territori diventano parte della Russia allora Mosca potrà usare tutte le proprie risorse militari per difendere la propria integrità territoriale.

Sull'uso delle armi nucleari la mia lettura è questa: una decina di giorni fa (più o meno) la nuova primo ministro inglese dagli occhi di triglia ha detto che non avrebbe esitazioni a usare le proprie armi nucleari contro la Russia. Putin ha semplicemente risposto per le rime ricordando alla signora, e a tutto l’occidente, che anche Mosca le possiede e che se attaccata le userà a sua volta.
Poi è chiaro che la propaganda occidentale ha distorto le sue parole trasformandole in semplice minacce da dittatore invasato…

Conclusione: alla luce dei nuovi eventi credo che, se non ci saranno ulteriori sorprese, la guerra in Ucraina finirà entro il febbraio 2023.

Nota (*1): e come ho scritto altrove sospetto che gli ucraini, consci della strategia russa, tengano in queste trincee pochi uomini (per limitare le proprie perdite) ma in numero sufficiente per scoraggiare un attacco russo: l’attacco russo avrebbe facilmente successo ma a un costo di vite che la Russia vuole evitare. In altre parole l’Ucraina può tenere nelle proprie trincee un numero di uomini insufficiente a respingere un attacco ma in grado di provocare comunque perdite significative ai russi.
Nota (*2): qui davvero vado a spanne: per fare una previsione decente occorrerebbero una marea di dati e, comunque, non li saprei valutare. E l’80% degli economisti che ci provassero sbaglierebbero come me; e il 20% di quelli che farebbero previsioni correttte le avrebbero fatte principalmente per pura fortuna! Il mio punto è che nell’economia ci sono troppe variabili in gioco per fare previsioni accurate. Che succede per esempio se Israele attacca l’Iran o la Cina invade Taiwan? Bo! Ma di certo tutte le previsioni economiche sballano…
Nota (*3): interessante però che il “dittatore” Putin abbia un’opposizione politica significativa (non vince le elezioni col 99% dei voti come accade in genere ai dittatori ma col 60-70%) mentre nei “democratici” paesi occidentali tutti i partiti siano uguali e, per esempio in Italia, non ci sia nessuna opposizione. Nella mia Epitome è spiegato il perché: è tutto nel sottocapitolo 15.6...

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