Come ho più volte scritto il saggio Le radici psicologiche della diseguaglianza di Chiara Volpato è ricchissimo di spunti: alla fine sono così tanti che ne sono sopraffatto e finisco per non scriverne: inizio a pensare che dovrò preparare un pezzo impegnativo e complesso e questo mi scoraggia…
Quindi ho deciso di provare a prendere questo compito con più leggerezza e di scrivere ciò che più colpisce la mia fantasia senza preoccuparmi di essere completo e preciso.
Proprio ieri ho letto qualcosa che mi ha particolarmente impressionato: sono al secondo capitolo, intitolato “La classe conta” (è un gioco di parole: per “classe” si intende quella sociale) dove l’autrice riporta numerose ricerche che indicano come le persone siano in gradi di capire a colpo d'occhio (basta circa mezzo secondo) lo status di un’altra persona.
I fattori considerati sono numerosi: il tono della voce, la pronuncia delle parole, l’aspetto generale, la cultura e intelligenza percepita e, infine, anche l’abbigliamento.
Innanzi tutto ho scoperto (ma in verità l’avevo già intuito da solo) che il mio abbigliamento usuale, jeans e maglietta, indicano un basso status sociale!
Ma la cosa più interessante è che l’abito fa il monaco: non solo si è giudicati per ciò che si indossa ma l’abito che portiamo condiziona anche il nostro comportamento.
In un esperimento i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi: nel primo indossavano abiti da dirigente (alto status), in uno i propri e nel terzo jeans e maglietta. Tutti i partecipanti dovevano poi contrattare il prezzo per uno specifico prodotto: sorprendentemente il primo gruppo (quello dei vestiti da dirigente) ha mostrato le caratteristiche della classe elevata: non scendeva a compromessi e aveva più difficoltà a comprendere lo stato emotivo del proprio interlocutore…
Mi ha colpito perché io tendo a non dare nessuna importanza all’abbigliamento: quando mi vesto prendo i primi capi che mi capitano dal mucchio di quelli puliti: non credo di aver mai riflettuto se un abbinamento fosse più o meno buono di altri. Poi, in passato, il grosso della mia attenzione andava nell’abbottonare bene le camice perché, essendo distratto, tendevo spesso ad accoppiare erroneamente bottone e asola. Adesso che per evitare lo sforzo indosso solo magliette la mia attenzione è tutta concentrata sull’indossarle dalla parte giusta (specialmente i maglioni!)…
Poi ci sarebbero le scarpe: ne ho un paio raccapricciante! Si tratta di scarpe da ginnastica (di buona marca in realtà) ma che dopo averle indossate quotidianamente per molti anni sono ormai completamente a pezzi: entrambe le suole sono scollate dalla tomaia sul davanti e, nel complesso, hanno un aspetto decisamente logoro. Eppure non le butto via e ancora le porto (magari per andare a fare la spesa) perché ci sono affezionato. Da circa sei mesi le alterno con un altro paio di scarpe vecchie ma mai usate: ma ci devo prestare attenzione perché se sono distratto indosso le altre…
Per i calzini indosso quelli che capita: intendo spaiati. Cerco di trovare colori simili ma non è la mia priorità. La mia logica è che tanto non si vedono quindi eventuali buchi e colori diversi che importanza hanno?
Una mia cugina aveva giustamente ironizzato definendo il mio “stile” da homeless, senzatetto: in effetti!
Forse anche a causa del mio comportamento temo di non essere molto sensibile ai segnali di status degli abiti: certo distinguo una giacca da una maglietta ma non credo che questo influisca molto sul mio giudizio della persona. Del resto ciò che non reputo importante per me lo considero anche poco importante negli altri...
In effetti, ripensandoci, i maggiori (ma minimi!) segnali di interesse da parte delle donne nei miei confronti sono avvenuti all’estero, nell’ambiente di lavoro: io vestivo sempre allo stesso modo ma evidentemente il contesto del luogo indicava che comunque non ero un disoccupato! Come sono banali però le donne a giudicarmi dall’abito: probabilmente intuiscono correttamente i miei limiti ma sono comunque banali. Del resto credo di avere dei difetti molto più interessanti!
Conclusione: come temevo mi è venuto un pezzo estremamente modesto: alla fine ho scritto principalmente di me stesso, oltretutto ripetendo argomenti di cui avevo già scritto in passato…
Però questa cosa che l’abito fa il monaco mi ha proprio impressionato: la trovo così controintuitiva…
PS: comunque interloquendo con un conoscente di Sinistra su FB a proposito di Salvini e di come egli si presentasse come “uno di noi” gli ho fatto notare il suo abbigliamento alle manifestazioni: mai in giacca e cravatta ma in jeans e felpa (che credo sia l’equivalente invernale della maglietta). Ho già iniziato ad assorbire le mie letture...
L'esempio di Benjamin Franklin
8 ore fa
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