[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.4.0 "Versailles").
Sono finalmente guarito dal mio raffreddore: già sabato ero senza febbre e domenica ho completato la mia “convalescenza”…
Oggi vorrei riprendere lo sviluppo della mia Epitome che, nel complesso, sta procedendo piuttosto a singhiozzo. Contemporaneamente avrei da scrivere un pezzo impegnativo su La banalità del male (in verità anche più di uno)…
Ma invece voglio commentare il primo capitolo di Le radici psicologiche della diseguaglianza di Chiara Volpato, (E.) Laterza, 2019.
Pur non sentendomi bene ho infatti letto il primo capitolo per pura curiosità e impazienza: ovviamente è un capitolo introduttivo ma le sue premesse sono forti e importanti e tutti, ma soprattutto Sardine e Gretini, dovrebbero tenerle ben presenti.
Mi sembra quindi importante dargli, per quel poco che posso, un po’ di visibilità extra…
Curiosamente l’Epitome inizia essenzialmente con la psicologia ([E] 1) e arriva alle disuguaglianze nel quarto capitolo ([E] 4.5): la Volpato invece nel primo capitolo introduce la diseguaglianza mentre il resto del libro tratta di psicosociologia (immagino!).
Il motivo di questa differenza è che per me la diseguaglianza è solo uno dei tanti argomenti che affronto e che derivano dai limiti dell’uomo; l’autrice invece si concentra proprio sul perché della diseguaglianza: in quest’ottica ha perfettamente senso partire proprio da essa.
Come per Uguaglianze sulla diseguaglianza preferisco riportare tutte le mie glosse con il mio commento a seguire fra parentesi quadre.
- Introduzione storica della diseguaglianza nella preistoria. [Mi lascia perplesso: non che sia particolarmente importante dato che si tratta della prima paginetta introduttiva del capitolo ma tutte le teorie sulle strutture sociali dei nostri antenati lasciano il tempo che trovano: semplicemente non abbiamo dati per ricostruirle. Inutile quindi ipotizzare età dell’oro, in questo caso dell’uguaglianza, di cui non è possibile avere riscontro.]
- La diseguaglianza inizia a svilupparsi nella società insieme all’agricoltura: è il surplus di risorse che provoca la disparità. [Mi pare un’ipotesi interessante. Ma più che sul surplus punterei il dito sulla proprietà della terra.]
- Salto nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri. Nell’occidente stiamo tornando ai livelli di disparità di inizio XX secolo e, contemporaneamente, rimane la disparità fra nazioni ricche e povere (nonostante la crescita di alcune di queste: Cina, India, etc.). [Certo. Nell’Epitome do la mia spiegazione del perché.]
- Alcuni dati sulla diseguaglianza nel mondo: nel 2015 la ricchezza dell’1% più ricco della popolazione mondiale ha superato quella del restante 99%.
- nel 2017, 61 miliardari avevano la stessa ricchezza dei 3 miliardi e 700 milioni di individui più poveri.
- nel 2018, 42 miliardari avevano la stessa ricchezza dei 3 miliardi e 700 milioni di individui più poveri (notare come in un solo anno sia aumentata la forbice).
- Nel 2011 è apparso un “celebre” articolo di Joseph Stiglitz (un Nobel per l’economia, non un giornalista del Corriere) sulla polarizzazione della società americana tra l’1% più ricco e il restante 99%. [Non lo sapevo: io vi vedo una corrispondenza immediata fra parapoteri e democratastenia ([E] 4.2 e 4.4).]
- Contemporaneamente è diminuita la mobilità sociale: i figli dei ricchi rimangono ricchi, i figli dei poveri rimangono poveri.
- In Italia, l’1% più ricco detiene il 23.4% della ricchezza nazionale.
- In Italia nel 2008, la ricchezza del 30% più povero della popolazione (circa 18 milioni di persone) era pari al DOPPIO del patrimonio della 10 famiglie più ricche. Ma →
- In Italia nel 2013, le 10 famiglie più ricche hanno un patrimonio superiore al 30% più povero della popolazione. [Imprecazione contro l'UE (*1)]
- In altre parole, in Italia dal 2008 al 2013, le 10 famiglie più ricche hanno aumentato del 70% il proprio patrimonio mentre quello dei 18 milioni più poveri è diminuito del 20%. Contemporaneamente la ricchezza dell’Italia diminuiva del 12%.
- In Italia nel 2018 il 20% più ricco degli italiani detiene il 66,41% della ricchezza del paese mentre il 20% più povero appena lo 0,09%. [Difficile aggiungere niente all’indignazione per questi dati, sia mondiali che italiani: vi sembrano eccessivi? Pensavate che la diseguaglianza fosse molto minore? Nel prosieguo l’autrice spiega che questo è normale…]
- Il XX secolo è stato atipico e, complici le crisi del ‘29 e le due guerre mondiali, ha portato dagli anni ‘40 a metà dei ‘70 a una grande riduzione della diseguaglianza.
- Sfortunatamente dalla metà degli anni ‘70 la tendenza si è invertita e le diseguaglianze hanno ripreso a crescere. [Vengono citate al riguardo le politiche neoliberiste di Regan e Thatcher]
- In Italia la diseguaglianza è diminuita progressivamente a partire dall’unificazione fino agli anni ‘80 quando si è invece avuta una sua impennata che ci ha portato agli ultimi posti nella classifica della diseguaglianza nella UE (indice GINI). [Non me ne stupisco: i motivi economici me li aveva già chiariti Bagnai con il suo “Il tramonto dell’euro”: 1979 l’Italia entra nello SME, 1981 separazione fra Tesoro e Banca d’Italia. ([E] 17.1)]
- L’autrice accenna a varie teorie che mettono in relazione la diseguaglianza con la crescita demografica e → [Non capisco come]
- la teoria economica secondo la quale la diseguaglianza cresce quando il tasso di rendimento da capitale è superiore a quello di crescita dell’economia: viene infatti premiato il patrimonio famigliare. [Mi sembra verosimile anche se, evidentemente, è un’estrema semplificazione.]
- Altra teoria: il passaggio a un’economia basata sul terziario, la rivoluzione tecnologica e la globalizzazione hanno causato un indebolimento dei sindacati e, di conseguenza, dei lavoratori. [Beh, la mia teoria nell’Epitome spiega meglio queste interdipendenze: in particolare almeno in Italia, ma credo che ciò valga per l’intero mondo occidentale, i sindacati ma non si sono indeboliti a causa delle tendenze economiche ma per le dinamiche caratteristiche dei parapoteri ([E] 5.8) e le spinte culturali dovute alla prima e alla seconda globalizzazione ([E] 12.3 e 12.4)].
- Le diseguaglianze comunque sono alla fine il risultato più di scelte politiche che delle dinamiche economiche. [Concordo in pieno: alla base di tutto vi sono le scelte politiche con le loro conseguenze macroeconomiche.]
- Accenno a teoria che spiegherebbe perché i paesi del sud e dell’oriente del mondo non si sono avvantaggiati a partire dalla metà del XVIII secolo degli avanzamenti tecnologici culturali di cui hanno invece beneficiato gli stati europei: in breve il motivo furono le diseguaglianze sociali preesistenti negli altri paesi in cui i poteri locali bloccarono le novità che temevano gli avrebbero nuociuto. [Una spiegazione compatibile con questa, ma molto più raffinata e solida, è la mia legge dell’evoluzione ([E] 5.12) che spiega bene queste dinamiche apparentemente paradossali.]
- Infine altra teoria che elenca 4 fattori che determinano l’aumento della diseguaglianza: 1. “potere del capitale sul lavoro”; 2. “Affermazione oligarchie capitalistiche”; 3. “Arretramento della politica dal sociale”; 4. “L’individualizzazione” (non significa egoismo ma separazione del singolo dalla collettività: in questa maniera l'individuo non ha più la forza per combattere i più forti e le ingiustizie sociali). [Mi sembrano tutti punti ragionevoli anche se non sono sicuro di quali siano le cause e quali gli effetti…]
E poi comincia il 2° capitolo…
Mi sono accorto che la spiegazione del perché la maggior parte delle persone si stupisce dei dati sulla disuguaglianza è appunto nel capitolo successivo!
Spiego quindi brevemente che secondo numerosi esperimenti le persone tendono a sottostimare enormemente (*2) le diseguaglianze della propria società. Ancora non ho terminato di leggere da cosa sia causato questo errore di percezione (del resto è l’argomento del libro!) ma i primi accenni sembrano totalmente compatibili con la mia legge delle diseguaglianze ([E] 7.2)…
Conclusione: non so se analizzerò con questa attenzione anche i successivi capitoli (in questo caso mi sembrava importante mettere in risalto il paradosso della diseguaglianza evidenziato dall’autrice che, mi pare, equivale a un pugno nello stomaco) perché non vorrei che la mia lettura ne venisse rallentata: di sicuro però riporterò, via via che li incontro, le idee più importanti. Soprattutto sono curioso di verificare se la mia teoria sulle diseguaglianze ([E] 7.2) sia corretta o meno!
Nota (*1): Con la crisi infatti sarebbe stato necessario aumentare la spesa pubblica ma le assurde regole economiche della UE l’hanno impedito. Valutate voi chi ci ha rimesso e chi ci ha guadagnato.
Nota (*2): la questione è in realtà un po’ più complicata ma per brevità preferisco semplificarla così...
L'esempio di Benjamin Franklin
8 ore fa
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