Oggi non avrei voglia di scrivere ma mi sono svegliato con un’idea e devo liberarmene.
Pensavo alla famosa crisi di mezz’età che colpisce gli uomini intorno ai cinquant’anni: riflettevo a cosa fosse dovuta…
La mia teoria è la seguente.
Arrivati intorno ai cinquant’anni il corpo inizia a mandare dei chiari messaggi che, presto o tardi, ti tradirà. In genere già da qualche anno servono occhiali per leggere e, magari, si inizia ad avere un qualche acciacco, oppure le analisi del sangue ci obbligano a cambiare dieta, etc…
Il risultato è che l’uomo inizia a rendersi conto, anche se forse non l’ammetterà apertamente, di non essere per sempre, che gli anni in cui avrà ancora energie sufficienti per essere pienamente attivo sono ormai limitati: dieci, massimo venti, in base al singolo individuo…
Questa consapevolezza spinge a una riflessione più profonda: ci si rende conto che, ormai, realisticamente dei sogni rimarranno tali e, in generale, si riconsidera la propria vita e ci si chiede se ne siamo soddisfatti o meno.
Questa introspezione filosofica personale dà in genere esiti negativi: la società alletta l’uomo con illusioni irraggiungibili e lo spinge verso obiettivi secondari. Una corsa verso il nulla: ma chi vede tutti i propri conoscenti che corrono nella stessa direzione si persuade, nonostante eventuali dubbi, che momentaneamente fuori portata dalla vista vi sia un traguardo da raggiungere.
Alla fine l’uomo, che per decenni era stato sviato e illuso dalla società che l’aveva convinto a comportarsi “come fanno tutti”, comprende che la propria vita non gli dà felicità, che il massimo obiettivo a cui potrà aspirare sarà forse una pensione e una vecchiaia tranquilla ma poco di più, che tutte le sue altre speranze sono invece irraggiungibili.
La logica conclusione è che debba cambiare qualcosa nella propria vita: il problema è cosa. La maggior parte degli uomini dovrà confrontarsi con un lavoro insoddisfacente che raramente la gratifica: un lavoro che magari si era iniziato a fare per “guadagnare qualcosa”, che forse era stato visto come una tappa temporanea, che poi è divenuto una fastidiosa e grigia abitudine ma, in genere, c’è sempre bisogno di continuare a “guadagnare qualcosa”: la società è strutturata in maniera tale che chi è ricco si arricchisce ancora di più e accumula non milioni ma miliardi su miliardi; chi invece deve lavorare per vivere non accumula nulla: solo quel tanto che gli serve per mantenere la propria famiglia e, con fatica, permettersi qualche piccolo lusso. Ma a tutti va bene così, la società maschera la palese ingiustizia, continua a far credere, soprattutto ai giovani, che la partita non sia truccata: che chi si impegna e lavora sodo possa raggiungere qualsiasi obiettivo si sia posto. I pochi casi di uomini di successo che si sono “fatti da soli” vengono additati come prova: “chiunque ce la può fare!”. Viene taciuto che la ragione principale del loro successo sia solo la fortuna: che migliaia, forse milioni, più capaci e meritevoli di loro, nonostante magari un impegno ancora maggiore, non sono arrivati da nessuna parte. La lotteria della vita esalta il fortunato vincitore ma tace sulla moltitudine che ha comprato il biglietto per ritrovarsi poi in mano con solo un pezzetto di carta colorata…
E poi magari l’uomo nel corso degli anni si è costruito una famiglia e questo comporta delle responsabilità a cui la morale e l’istinto impediscono di sottrarsi. Il “guadagnare qualcosa” è una necessità ancora più impellente: i figli non diverranno pienamente autonomi per altri 10 o 20 anni: seppur cambiare lavoro fosse stato possibile adesso diviene un azzardo troppo rischioso. Non è in ballo solo il futuro personale ma anche quello dei propri cari.
Allora resta l’amore: ci si illude di essersi sposati troppo giovani, quando ancora non si era veramente capito che persona fosse la futura moglie, che quello che sembrava amore era solo una passione temporanea. E anche lei è cambiata: anche lei vittima dell’insoddisfazione (ne scriverò, forse, in un altro pezzo) invece di consolarci per le inevitabili sconfitte ce le rinfaccia: lei l’aveva detto, avrebbe fatto così e cosà, ma noi con pervicacia e protervia non le si dà mai retta: e invece è stato il marito di Giulia a ottenere la promozione e poi i vicini hanno fatto tre settimane di vacanze negli USA mentre loro vanno sempre al solito campeggio...
Ovvio quindi che il tentativo di fuga più comune da una realtà insoddisfacente sia quella di ricercare una relazione con un’altra donna: non è la soluzione migliore ma solo il tentativo più semplice da compiere. La vera soluzione sarebbe riuscire a trovare quale sia il senso della vita ma questo è oltre le possibilità di comprensione della maggior parte degli uomini: quando lo si intuisce fa troppa paura perché è un luogo interiore che si trova dalla parte opposta alle lusinghe inani indicate dalla società. Guardate la pubblicità: come ci vende solo delle promesse di felicità: “Comprate questo e sarete felici”, questa è l’essenza del suo messaggio. Come se, per esempio, guidare un autovettura o un’altra ci rendesse persone diverse: la società ci dice che è così ma mente. La gioia per il possesso del nuovo oggetto si esaurisce molto molto prima della sua garanzia.
E allora? L’uomo tira avanti si illude per qualche anno di essere più felice: poi lentamente capisce che quella che sembrava una soluzione è in realtà solo un altro problema. Sa bene di non avere più le forze per mollare la vecchia vita e iniziarne una nuova.
Così si accontenta, si dà pace: abbandona le proprie speranze e si limita a cercare di sostenere quelle dei figli: magari cerca di guidarli in maniera che non ripetano i “suoi errori” ma ovviamente non vi riesce…
Per altri le cose vanno diversamente: ovvio. Per motivi di spazio mi sono limitato al caso più comune: poi ci sarebbero infinite varianti e complicazioni ma il senso è questo. Quando l’uomo inizia a comprendere quale sia il senso della vita è ormai troppo tardi per cambiare la propria.
Conclusione: come avrete capito stamani mi sono svegliato con questa crisi di mezz’età che però ho risolto in tarda mattinata mangiandomi un quadretto di cioccolato (extra) fondente…
L'esempio di Benjamin Franklin
8 ore fa
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