[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 1.1.0 "Alice").
Come deciso (v. corto che non ricordo o forse un “Varie qualcosa”) sto alternando la lettura di Al di là del bene e del male (di Friedrich Nietzsche, Grandi Tascabili Economici Newton, 1991, trad. Silvia BortoliCappelletto) al sesto volume di Harry Potter.
Prevedibilmente il rapporto è tutto a favore dello studente di Hogwarts ma comunque ho letto anche un paio di capitoli di Nietzsche...
La sensazione di comprensioni facile e spontanea del testo (v. Al di là di Nietzsche) è però sparita: più che della complessità delle idee del filosofo temo che la colpa sia della traduzione. Non deve essere facile tradurre i testi di filosofia e, come ho già scritto, ho la sensazione che siano un po' come la poesia, che ci sia cioè un fondo di intraducibilità, di multiple sfumature di significato che passando da una lingua all'altra inevitabilmente si perdono.
Ora che ci penso anche Nietzsche scrive qualcosa di questo genere: trovato! Uhm.. è un passaggio un po' troppo lungo ma in pratica Nietzsche scrive che la filosofia dipende dalla grammatica della lingua in cui è espressa. Va da sé che passando a un'altra lingua alcuni concetti divengano difficili da esprimere.
Io poi ricordavo anche un passaggio riguardo proprio il ritmo delle diverse lingue ma non devo averlo evidenziato. Ah no! Ecco: «Ma quando mai la lingua tedesca fu in grado, sia pure nella prosa di un Lessing, di imitare il ritmo di Machiavelli...» e poi «Chi infine potrebbe osare persino una traduzione tedesca di Petronio...». E ovviamente deve valere anche il viceversa: ovvero la traduzione di un'opera tedesca di filosofia in italiano è irta d'ostacoli...
Ma non volevo scrivere di lingue e traduzioni! Piuttosto mi ha colpito un aspetto della visione di Nieztsche del cristianesimo, anzi della religione in generale.
Come probabilmente sapete Nietzsche non fu molto credente: celebre è la sua affermazione Dio è morto. In genere non mi è parso particolarmente ostile al cristianesimo: lo vede come un fenomeno ormai superato che comunque ebbe dei pregi seppur accompagnati da molti difetti.
Per Nietzsche l'Uomo moderno farà a meno della religione e accetterà il pessimismo della vita come inevitabile: anzi sarà moralmente sbagliato autoingannarsi cercando un'inesistente felicità.
Ho scritto “Uomo” con la maiuscola perché Nietzsche, come me, è consapevole dei molti limiti umani (che lui, a mio avviso erroneamente (*1), considera un'eredità malsana del cristianesimo) e quando parla dell'uomo spesso intende l'esemplare ideale, il pensatore del futuro, che però nel mondo attuale non esiste o è l'eccezione.
Volendo completare questa micropanoramica ci sarebbe anche da aggiungere la visione di Nietzsche della scienza: anche quest'ultima ha dei grandi limiti e gli scienziati sono a loro volta ciechi. Non ricordo passaggi particolarmente espliciti e la seguente è più una mia sensazione del pensiero del filosofo: mi pare che Nietzsche consideri la scienza un utile strumento ma che non ne condivida la mistica, il considerarla come la risposta definitiva a tutte le domande; ho la sensazione che Nientzsche intuisca che la scienza si sovrapponga alla religione e questo quindi, coerentemente, lo considera un limite. Ovviamente per un'analisi corretta del rapporto fra scienza e religione (evidentemente intuito da Nietzsche) rimando al capitolo 8 della mia Epitome...
Comunque nel passaggio interessante di cui volevo scrivere (per chi è interessato è il capitoletto 61) Nietzsche riassume così la funzione della religione: per i potenti essa è uno strumento; per le classi intermedie è un utile incentivo a migliorarsi per elevarsi socialmente; per i deboli è invece la consolazione che permette loro di sopportare la propria condizione.
La visione di Nietzsche mi ha ricordato quella del Donini che, suppongo, deve fondarsi sulla concezione post-illuministica della religione: infatti per entrambi la religione è uno strumento; Nietzsche le attribuisce poi funzioni diverse in base alle classi sociali.
Ovviamente questa concezione ha molti paralleli con la mia teoria (v. Epitome): i potenti di Nietzsche corrispondono ai miei parapoteri e, come tali, per la legge del confronto ([E] 5.8) cooperano facilmente con la religione ottenendone vari vantaggi. La religione poi, grazie alla potenza dei suoi protomiti e alla propria autorità morale, fornisce gli equimiti che contribuiscono sostanzialmente alla tenuta della società (*2).
Allora, non senza soddisfazione (*3), ho aggiunto la seguente glossa a tale passaggio: «La mia visione religione come parapotere indipendente è superiore».
Infatti la mia obiezione a Nietzsche e al Donini (v. Ready Donini One e Riflessioni smarxiste) è proprio questa: considerare la religione solo come uno strumento è errato in quanto essa è, a tutti gli effetti, un parapotere come gli altri (nel senso che seguirà le leggi del potere; v. [E] 5). Questo significa che quando, ad esempio, il potere politico “usa” la religione a proprio vantaggio deve comunque concedere al parapotere religioso qualcosa in cambio. In secondo luogo (vedi Epitome per esempi concreti) la religione, in quanto non semplice strumento ma parapotere, teoricamente può finire per lottare e opporsi al parapotere politico quando i loro interessi divergono: uno strumento invece non si ribella perché non ha volontà propria!
Poi però ho letto la pagina successiva e ho dovuto aggiungere alla mia annotazione la seguente frase «←Vedi * pag. dopo »...
Infatti il capitoletto 62 inizia nel modo seguente: «Indubbiamente, infine, per fare anche il riscontro negativo [invece degli aspetti utili] e mettere in luce la loro [delle religioni] sinistra pericolosità, bisogna dire che si paga sempre a caro prezzo e in modo terribile il fatto che le religioni non siano strumenti di educazione e di evoluzione nelle mani dei filosofi, ma governino da sole e con poteri sovrani, e che vogliano essere il fine ultimo e non strumenti accanto ad altri strumenti.»
È quindi ovvio che la visione di Nietzsche è molto simile alla mia: ciò che gli manca è, evidentemente, la lettura della mia Epitome!
Solo nella mia teoria infatti il rapporto della religione con gli altri parapoteri è integrato perfettamente con la visione della società e non è ridotta a un caso speciale così come fa Nietzsche: che infatti da una parte la vede come strumento e dall'altra come potere autonomo.
Per me, semplicemente, la religione è un parapotere e, come tale, segue le leggi del potere (le cui prime due leggi, quella della conservazione e quella della crescita ([E] 5.1 e 5.2), coincidono in pratica nel voler essere il “fine ultimo” di se stessi).
A proposito delle mie “leggi del potere” (e in particolare delle prime due: quelle della crescita e della conservazione) mi chiedo se la “volontà di potenza” a cui Nietzsche accenna qua e là non possa esserne l'intuizione. La mia sensazione è che sia così ma non posso esserne sicuro perché per adesso vi ho trovato solo poco più che allusioni...
Conclusione: ne ho due per la verità...
1. è incredibile quanto il contenuto di alcuni libri sia superiore a quello di altri: cioè 700 pagine di Harry Potter mi danno quanto una pagina di Nietzsche!
2. secondo me Nietzsche sarebbe stato un serpeverde...
Nota (*1): per me i limiti dell'uomo sono innati e inevitabili: l'unica maniera per “aggirarli” è quella di esserne consapevoli e, con grande fatica, studiare delle strategie che ne minimizzino i problemi a essi connessi: vedi la mia Epitome.
Nota (*2): volendo, ciò che è presente nella teoria di Nietzsche ma non nella mia, è la particolare funzione che la religione avrebbe per le classi medie. Fondamentalmente credo che il fenomeno sia reale ma che non abbia un particolare impatto: anch'io ho scritto nell'Epitome di come la società vada a conformarsi agli epomiti dominanti e, mi pare, il fenomeno descritto da Nietzsche è solo un caso particolare di questa tendenza generale.
Nota (*3): dovete immaginarvi che per me tale nota equivaleva più o meno a un “Sono più avanti di Nietzsche”!
teocrazia
2 ore fa
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