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mercoledì 24 ottobre 2018

Cinque settimane e mezzo

Finito Esopo, adesso in bagno sto leggendo Cinque settimane in pallone di Jules Verne, RBA Italia S.r.l., 2018: un'edizione acquistata dal giornalaio, molto molto bella, e al cui fascino non ho saputo resistere.

Ora che sto “studiando” i dati identificativi del libro noto che è stato stampato in Spagna e che manca l'indicazione del traduttore. Da quel che ho letto deve trattarsi di una vecchia traduzione (di ottima qualità) visto che per le misure di distanze ci sono delle note che indicano l'equivalente in “leghe”!
Stona quindi la solita nota sui diritti riservati che sottolinea come nessuna parte di “questa pubblicazione” possa essere riprodotta: ovviamente il mio ragionamento vale nel caso che la traduzione, come sospetto, sia di oltre 75 anni fa. È poi vero che il libro contiene delle riproduzioni di litografie “originali” ma anche per esse, proprio a causa della loro originalità, dovrebbe essere scaduto il diritto d'autore, no?

Vabbè, nel dubbio pescherò dal solito Progetto Gutenberg...

Non conoscevo Verne (o, più probabilmente, non lo ricordavo visto che da piccolo leggevo abbastanza) ma mi ha colpito l'approccio scientifico: per una volta ho consultato Wikipedia prima di scrivere questo pezzo e vi ho trovato conferma di questa sua caratteristica comune a molti altri suoi romanzi.
Per farvi capire c'è tutto un capitolo in cui viene minuziosamente spiegato come funzionerà il pallone aerostatico del romanzo: viene spiegato come sarà ottenuto il carburante (ossigeno e idrogeno), come l'idrogeno contenuto nel pallone vero e proprio, etc...
Anche la descrizione dell'Africa (i protagonisti vogliono infatti attraversarla in pallone all'altezza dell'equatore sfruttando gli alisei) è molto accurata anche se, in questo caso, le nozioni geografiche ivi descritte incontrano il mio totale disinteresse...

Nel complesso il libro si legge benissimo e non suona antico o superato: nel XIV capitolo però...

Nel XIV capitolo è descritta la prima tappa a terra del romanzo dove due dei protagonisti si avventurano a caccia mente il terzo rimane di guardia al pallone che fluttua sopra un sicomoro al quale è ancorato.
I due cacciatori incontrano una rarissima antilope azzurra e, pieni di entusiasmo per la sua rarità... le sparano! Non contenti vorrebbero anche scuoiarla per tenersi la pelliccia ma un colpo di fucile in lontananza li richiama al pallone.
Insomma, questo incontro con l'antilope, non è in uno spirito molto moderno: manca completamente la preoccupazione per la possibile estinzione dell'animale nonostante ci sia la consapevolezza della sua rarità...
Penso che l'animale in questione fosse questo: Bluebuck, oggi estinto. A dire il vero, secondo Wikipedia, tale animale si estinse già all'inizio del XIX secolo e quindi almeno 50 anni prima delle vicende del romanzo (pubblicato nel 1863); oltretutto si trovava nell'attuale Sudafrica e non all'altezza dell'equatore...

Comunque ancora più “impressionanti” per il gusto moderno sono un paio di battute nello stesso capitolo.
Ritornati di corsa al pallone i due protagonisti lo vedono circondato in lontananza da neri urlanti ed esagitati. Eccone la descrizione tratta dalla versione inglese del romanza trovata sul Progetto Gutenberg:
«“Good God!” suddenly exclaimed Joe.
“What do you see?”
“Down there! look! a crowd of blacks surrounding the balloon!”
And, in fact, there, two miles from where they were, they saw some thirty wild natives close together, yelling, gesticulating, and cutting all kinds of antics at the foot of the sycamore. Some, climbing into the tree itself, were making their way to the topmost branches. The danger seemed pressing.
“My master is lost!” cried Joe.
“Come! a little more coolness, Joe, and let us see how we stand. We hold the lives of four of those villains in our hands. Forward, then!”
They had made a mile with headlong speed, when another report was heard from the car. The shot had, evidently, told upon a huge black demon, who had been hoisting himself up by the anchor-rope. A lifeless body fell from bough to bough, and hung about twenty feet from the ground, its arms and legs swaying to and fro in the air.
“Ha!” said Joe, halting, “what does that fellow hold by?”
“No matter what!” said Kennedy; “let us run! let us run!”
“Ah! Mr. Kennedy,” said Joe, again, in a roar of laughter, “by his tail! by his tail! it’s an ape! They’re all apes!”
»

Traduco:
«“Buon dio!” esclamò improvvisamente Joe.
“Cosa hai visto?”
“Laggiù! Guarda! Una folla di neri sta circondando il pallone!”
E infatti là, a due miglia da dove erano, videro una folla di circa trenta indigeni selvaggi che urlavano, gesticolavano e compivano ogni sorta di bizzarria alla base del sicomoro. Alcuni, arrampicandosi sull'albero, stavano raggiungendo i rami più alti. Il pericolo sembrava incombente.
“Il padrone è perduto!” urlò Joe.
“Vieni! Mantieni la calma, Joe, e cerchiamo di capire meglio la situazione. Teniamo la vita di quattro di quei malvagi nelle nostre mani. Avanti adesso!”
Avevano percorso un miglio alla massima velocità quando udirono un altro sparo proveniente dal pallone. Il colpo aveva evidentemente colpito un gigantesco demone nero che si stava arrampicando lungo la fune dell'ancora. Il corpo senza vita cadde di ramo in ramo fino a fermarsi, a circa venti piedi dal suolo, con le braccia e le gambe che penzolavano nell'aria.
“Ah!” disse Joe fermandosi “Ma con cosa è trattenuto quel tizio?”
“Non importa!” disse Kennedy: “Corriamo! Corriamo!”
“Ah! Sig. Kennedy,” disse di nuovo Joe scoppiando a ridere “per la coda! Per la coda! È uno scimmione! Sono tutti scimmioni!”

Vabbè, e già qui, confondere dei neri con degli scimmioni (descritti poi come dei babbuini giganti), sebbene a qualche chilometro di distanza, sembra per lo meno strano.
Ma qualche periodo successivo la dose è rincarata!

«“We thought you were surrounded by natives.”
“Well, fortunately, they were only apes,” said the doctor.
“At a distance there’s no great difference,” remarked Kennedy.
“Nor close at hand, either,” added Joe.
»
Traduco:
«“Pensavamo che tu fossi circondato da indigeni.”
“Beh, fortunatamente, erano solo scimmioni” disse il dottore.
“A distanza non c'è grande differenza” sottolineò Kennedy.
“E neppure da vicino” aggiunse Joe.»

Credo che l'intero episodio mirasse a raggiungere questa battuta, che evidentemente, era pensata per far sorridere il lettore ma che oggi sembra piuttosto di cattivo gusto e di sapore razzista.

Suppongo che nel prosieguo ci saranno altri incontri con le popolazioni indigeni e che, anche in quei casi, non mancherà di evidenziarsi la visione europea dell'Africa del XIX secolo...

Conclusione: al momento sono al 16° capitolo e trovo la lettura molto piacevole: mi aspetto però qualche colpo di scena interessante nel viaggio!

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