I problemi della scuola mi interessano e mi stanno a cuore, probabilmente più che alla media delle persone, perché mio padre, mia mamma (per un certo periodo!) e diversi zii (e attualmente una cugina) sono stati insegnanti.
La mia sensazione è che il livello dell'educazione scolastica, a causa di molti fattori, si sia progressivamente abbassata.
Il problema principale, è bene chiarirlo, subito: a mio avviso è la mancanza di investimenti: nelle strutture (edifici scolastici inadeguati quando magari non pericolanti), nelle persone (professori non motivati e, sostanzialmente, abbandonati alla se stessi) e nei mezzi (calcolatori, aule specializzate).
Recentemente il livello scolastico è stato ulteriormente abbassato con la riforma della “buona scuola” che, mischiando in maniera casuale “lavoro” e scuola, ne complica lo svolgimento del programma aggiungendovi ben poco (*1).
Comunque, un altro elemento che supponevo potesse incidere sulla qualità dell'insegnamento scolastico, era la percentuale di studenti provenienti da famiglie di immigrati magari non cresciuti in Italia e, quindi, con ovvi problemi di lingua.
Per questo, quando ho visto il titolo Classi miste, i bambini stranieri non rallentano i nostri figli. Li arricchiscono. di Speaker's Corner sul IlFattoQuotidiano.it, sono corso a leggerlo.
Vi assicuro che non ero per nulla prevenuto e mi aspettavo semplicemente che venissero riportati degli studi, certo non svolti in Italia ma, ad esempio, in Svezia o Finlandia, che spiegassero con argomenti solidi, magari basati sulla comparizione statistica degli esami di fine anno, che la compagnia di studenti stranieri fosse effettivamente un valore aggiunto.
Sfortunatamente l'articolo si limita a ripetere come se fosse un fatto provato la semplice speranza del suo autore già espressa nel titolo: il tutto sostenuto con zero argomenti ma solo belle parole...
A mio avviso un buon punto di partenza sarebbe stato intervistare, magari con l'aiuto di un questionario fisso, i professori di più scuole. Questo sarebbe stato il minimo per farsi un'idea della situazione attuale: ancora meglio basarsi su più città dal nord al sud d'Italia e chiedere anche l'opinione degli studenti, esaminare i risultati degli esami, magari interpellare qualche psicologo o esperto dell'apprendimento...
Ecco in questa maniera si sarebbe potuta avere una fotografia significativa della situazione e, quindi, agire di conseguenza per migliorarla nel caso ce ne fosse bisogno.
Ovviamente anch'io non ho fatto nessuna ricerca e mi baso solo sulla mia ormai lontana esperienza personale e qualche aneddoto di mio padre.
Al liceo (anni '80) avevamo solo un compagno straniero: un ragazzino iraniano reduce di guerra (contro l'Irak) che aveva ottenuto un permesso di studio e viveva ospitato dai suoi zii. Inutile dire che divenne mio amico, cosa che non giovò certo alla sua popolarità, e a fine anno venne bocciato.
I professori lo trattavano come gli altri e di conseguenza le carenze nella lingua nel corso dell'anno gli furono fatali (*2).
Anche i ricordi di mio padre non sono di particolare aiuto essendo egli andato in pensione ormai una ventina d'anni fa. All'epoca il fenomeno doveva essere molto meno significativo di adesso...
Ricordo però quale fosse il suo comportamento con gli studenti con disabilità mentali: gli ignorava completamente e gli faceva fare quello che volevano purché stessero in silenzio.
La sua argomentazione era questa: “O porto avanti il programma (matematica) della classe oppure insegno qualcosa a lui (il ragazzo/a disabile) ma non posso fare entrambe le cose”.
Magari insegnanti migliori di mio padre sarebbero riusciti a portare avanti il programma e, contemporaneamente, insegnare qualcosa anche a chi aveva capacità minori di apprendimento: mio padre, per quanto amatissimo dagli studenti, non aveva molta empatia...
Comunque la sua argomentazione era logica e, temo, applicabile anche agli studenti che, per altri motivi, hanno comunque delle difficoltà aggiuntive nell'apprendimento. Alla fine il problema si traduce nel fatto che senza mezzi, persone, strutture e in generale risorse i problemi difficilmente si risolvono: si arriverà sempre a dover fare delle scelte che, inevitabilmente, influenzeranno la qualità finale dell'insegnamento.
Per l'autore dell'articolo citato il problema invece non si pone: semplicemente gli studenti usciranno dalla scuola sapendo un po' meno grammatica (e io aggiungo: matematica, italiano, storia, etc...) ma con un quid in più non meglio specificato.
Ma perché mi irrita tanto tale articolo?
Mi irrita, lo capisco adesso, perché dietro l'egida di un buonismo privo di argomenti si limita a nascondere la testa sotto la sabbia. E questo atteggiamento non fa bene a nessuno: né alla scuola, né agli insegnanti né agli studenti di origine straniera e non.
Se non si riconosce l'esistenza di un problema infatti non lo si può risolvere.
In questo caso, una volta verificatane l'esistenza, la soluzione sarebbe anche relativamente semplice: istituire dei corsi di recupero pomeridiani (*3) NON riservati ai ragazzini di origine straniere ma a tutti coloro che hanno carenze in qualche materia. Ovviamente per farlo non ci si potrebbe affidare alla semplice buona volontà degli insegnanti ma occorrerebbero risorse (soldi per personale, strumenti e strutture). Il risultato però sarebbe una scuola migliore che formerebbe ugualmente bene tutti gli studenti garantendo anche a quelli di origine straniera di inserirsi e integrarsi più facilmente nel mondo del lavoro e quindi nella società.
La mia è solo la prima idea che mi è passata per la mente e sono sicuro che ci potrebbe essere tutto un ventaglio di proposte migliori di questa...
Quello di cui però sono sicuro è che nascondere la testa nella sabbia, dire cioè che tutto va bene e che anzi è meglio così, non aiuta a risolvere il problema ma lo rende cronico.
Conclusione: vabbè, sentirò l'opinione della mia cugina insegnante...
Nota (*1): in qualche caso si possano avere delle esperienze effettivamente formative ma, molto più spesso, servono a ben poco. Vedi anche La falsa medaglia.
Nota (*2): anche in questo non gli fui molto di aiuto: non aprendo libro non potevamo studiare insieme!
Nota (*3): o magari la domenica, o la sera o l'estate...
Il ritorno del gladiatore
9 ore fa
È curioso come quelli che non insegnano (te p es) hanno sempre le idee chiarissime su cosa e come dovrebbe fare la scuola. Seguo il dibattito soprattutto in tedesco perché in Austria/Germania è su basi più scientifiche e meno emotive/empiriche. Pensa un po' c'é chi lì suggerisce SERIAMENTE di iniziare l'età scolastica obbligatoria a 2 (due) anni per ovviare alle carenze delle famiglie. Altro che doposcuola!
RispondiEliminaGrazie per il commento bw!
RispondiEliminaAl contrario: io non ho le idee chiarissime! E infatti specifico che la mia proposta è la prima idea che mi è passata in mente e che sicuramente ci sarebbero molte altre possibilità.
“I noccioli” del mio pezzo sono invece altri due:
1. L'autore dell'articolo che ho citato nega l'esistenza di un problema e così facendo non aiuta a risolverlo.
2. Per una scuola migliore, e per risolvere i vari problemi, occorrono risorse (soldi).
Il tuo commento sul dibattito sull'educazione in Germania/Austria mi pare confermare il mio pensiero:
1. da una parte è confermata l'esistenza del problema (come anch'io sospettavo).
2. la soluzione tedesca/austriaca richiede molte risorse: nuovi insegnanti e strutture per accogliere questa nuova potenziale massa di nuovi alunni.