Qualche giorno fa avevo iniziato a scrivere un pezzo di teoria/politica che ho poi abbandonato (v. l'accenno in I due presidenti). Oggi voglio riprovare a riprenderlo in mano o, almeno, a riciclarne alcune buone idee.
In tale pezzo cercavo di analizzare la politica del solo centro-destra ma adesso voglio allargare il discorso anche a M5S e PD.
L'idea era quella di applicare la mia teoria dei parapoteri ai diversi partiti. Il primo passo era quindi quello di stimare la forza di ognuno di essi.
Come punto di partenza avevo scelto il numero di parlamentari modificandola però secondo due criteri: 1. la fedeltà dei parlamentari alla loro guida; 2. la tendenza indicata dalle elezioni.
Il primo punto è ovvio: se si hanno nominalmente 100 parlamentari ma solo 50 di essi fanno ciò che viene deciso dalla loro guida allora la forza di tale partito non è 100 ma 50.
Da questa prima stima veniva pesantemente punito solo Forza Italia (FI; v. il corto Percentuali) e i partitini molto piccoli privi di figure di riferimento che ne rappresentino i membri.
Il secondo punto è più interessante: i singoli parlamentari a loro volta seguono le leggi del potere e vogliono quindi incrementare la propria forza o almeno di non diminuirla. Essi sono quindi ben disposti verso una guida che sembri in grado di garantirgli le migliori prospettive possibili. Alle elezioni la variazione di percentuale di voti ottenute rispetto alle precedenti dà una stima abbastanza precisa di cosa accadrà continuando con la politica indicata dalle diverse guide politiche.
In altre parole i parlamentari saranno molto ben disposti verso le guide che hanno aumentato la percentuale di voti ottenuti e, al contrario, diffidenti verso quelle che, tramite la loro politica, l'hanno diminuita.
Da questo punto di vista perdono forza FI e PD mentre ne guadagnano Lega e M5S. Meno significative le variazioni per i partiti più piccoli.
Infine ero arrivato allo scoglio che mi aveva bloccato.
Mi ero infatti reso conto che sembrava impossibile analizzare i reali scenari e intuire quindi cosa sarebbe successo. Il problema sembrava ricordare la teoria dei giochi con però le difficoltà aggiuntive di non conoscere ciò che accade dietro le quinte, le opzioni reali, il peso attribuito dalle guide ai possibili obiettivi per non parlare della loro capacità di giudizio. Mi immaginavo un albero, con i rami che rappresentano le diverse possibilità di azione, di un ampiezza e una profondità non valutabile... Insomma non sapevo da dove iniziare la mia analisi!
Poi a pranzo ebbi un'intuizione ma contemporaneamente si era sbloccata anche la situazione per l'elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento rendendo parte di quanto avevo scritto già sorpassato dagli eventi. E quindi lasciai perdere...
L'intuizione è che avevo trovato il bandolo della matassa: non l'avevo sbrogliata ma almeno avevo capito da dove partire!
L'idea era infatti quella di iniziare a considerare l'evento con le ripercussioni maggiori nella variazione della forza dei singoli partiti: ovvero cosa succederebbe in caso di nuove elezioni.
Su questa base dovrebbe poi essere possibile valutare tutte le altre situazioni che via via si prospettano.
Ho provato quindi a immaginarmi cosa succederebbe se si rivotasse domani. La mia sensazione è che gli elettori, in mancanza di eventi significativi che potrebbero mutarne il giudizio, si comporterebbero come i parlamentari: ovvero si farebbero influenzare dalla tendenza di crescita o diminuzione indicata dalle precedenti elezioni.
Questo significa ulteriore diminuzione per FI e PD e ulteriore crescita per M5S e Lega (*1).
In altre parole, ora come ora, M5S e Lega non dovrebbero temere nuove elezioni mentre FI e PD vorrebbero evitarle a tutti i costi. Probabilmente anche i partiti minori, dove i singoli parlamentari non sarebbero sicuri di riottenere la loro poltrona, sono fortemente a sfavore di una nuova consultazione politica.
Ma, come detto, a questa tendenza di base si possono sovrapporre altri elementi che potrebbero influenzare il risultato finale.
Uno di questi elementi è il meccanismo elettorale basato sulle alleanze.
In questo caso per il M5S, che corre da solo, non cambierebbe niente; anche per il PD, che si è circondato di partiti “civetta”, cambierebbe poco. Molto più complicata la situazione all'interno del centro-destra. Vediamo i vari casi possibili.
Se l'alleanza di centro-destra si ripresentasse tale e quale probabilmente FI perderebbe voti a favore di Lega e Fratelli d'Italia (FdI) mentre la Lega ne acquisterebbe anche di nuovi (ad esempio dal bacino degli astenuti).
Un'alleanza FI + FdI senza la Lega penalizzerebbe tutte queste forze politiche e pertanto non mi sembra troppo verosimile: la Lega da sola, anche crescendo, non potrebbe prendere più voti dell'alleanza di centro-destra alle ultime elezioni; FI rischierebbe di annichilirsi ma anche FdI perderebbe voti.
Interessante invece il caso Lega + FdI senza FI. FI, come nel caso precedente, rischierebbe di sparire del tutto scendendo sotto il 5% ma non è chiaro se Lega e FdI (che in parte ne assorbirebbero i voti) riuscirebbero a compensarne la fuoriuscita. Io credo che, più o meno, otterrebbero lo stessa percentuale di voti: non abbastanza per vincere le elezioni e poter governare.
Complessivamente a tutte e tre le forze del centro-destra converrebbe ripresentarsi uniti ad eventuali nuove elezioni: talvolta però (e questo è il “succo” di una nuova legge del potere) è decisivo non tanto il guadagno complessivo ma chi ha più da rimetterci. Da una parte è quindi vero che FI rischia di divenire un partito insignificante ma da un'altra c'è anche il rischio per Salvini di perdere la possibilità, abbastanza concreta, di guidare un governo. Berlusconi ha quindi una buona leva per far pressione a Salvini che, paradossalmente, è colui che forse rischia di più.
Ma un altro elemento determinante sarebbe anche la situazione politica che provocasse il ritorno al voto: in particolare se una forza politica venisse percepita dagli elettori come “inaffidabile” (in senso lato: non costruttiva) rischierebbe di venire punita da essi.
In quali condizioni quindi una forza sarebbe ritenuta inaffidabile?
Principalmente, direi, se tale forza non cerca un accordo ragionevole, che non stravolga i propri principi/programma, ma si arrocca su condizioni inaccettabili. Secondariamente anche dire una cosa e poi farne un'altra sarebbe sintomo di inaffidabilità ma da questo punto di vista la memoria degli elettori è particolarmente breve e imprecisa...
Per questo la situazione attuale non è così banale da valutare come sembrerebbe: non siamo infatti a conoscenza di tutti i contatti sotterranei che sicuramente avvengono fra le diverse forze politiche in particolare fra FI e PD e fra M5S e PD.
Attualmente l'atteggiamento rigido di Di Maio mi pare penalizzante per il M5S a differenza di quello più ragionevole di Salvini col suo ipotetico passo indietro: ma questo è solo l'inizio di un balletto di cui noi vediamo solo alcuni passi, quelli più evidenti e rilanciati dai comunicati ufficiali dei diversi partiti.
Il punto fermo è però che nessun partito vorrebbe essere considerato “inaffidabile” (nel senso precedentemente indicato) e causa del pericolo di nuove elezioni o comunque di indisporre i propri elettori: contemporaneamente tutti i partiti cercherebbero quindi di addossare ad altri la “colpa” del ritorno alle urne.
Consideriamo quindi i veti incrociati attualmente dichiarati: M5S no a FI, Lega no a PD, PD (Renzi) no a M5S. Di questi tre quello più traballante è quello del PD al M5S: se Renzi facesse, o fosse costretto a fare, un passo indietro probabilmente il matrimonio si potrebbe fare. Da questo punto di vista sarebbe importante conoscere i contatti “segreti” fra M5S e PD: capire cioè che concessioni (ministeri e magari altre cariche) sarebbe disposto a concedere il M5S al PD, magari anche a uomini/donne vicine a Renzi (*2). Come ho sempre scritto l'unione fra PD e M5S (che ricordiamolo è populismo solo apparente!) sarebbe la più naturale per non cambiare niente e continuare a seguire le distruttive direttive di Bruxelles...
Partendo dall'ipotesi che la Lega sia invece un populismo reale (è una mia speranza ma non certamente una certezza! (*3)) continuo a vedere più difficile un'alleanza con il M5S. Gli obiettivi reali sarebbero infatti molto diversi. Credo che Salvini (pur non avendo letto la mia Epitome!) si renda conto che al governo col M5S non riuscirebbe a realizzare niente finendo invece per screditarsi.
Contemporaneamente per la Lega di Salvini è fondamentale non spaccare il centro-destra: sia per dimostrare la propria affidabilità sia per, in caso di nuove elezioni, massimizzare le proprie probabilità di vittoria e quindi di governo.
Ecco quindi spiegati i motivi strategici per cui Salvini ripete al M5S di essere disponibile sì al governo ma insieme alle altre forze della sua alleanza: egli non ha paura di un ritorno al voto che al momento andrebbe tutto a suo vantaggio.
FI avrebbe come detto interesse a non tornare al voto: se così fosse tutte le possibilità (vedi sopra) la vedrebbero infatti pesantemente penalizzata.
La speranza dei suoi parlamentari è quindi quella di rimanere attaccati alla propria poltrona e far passare più tempo possibile magari per cogliere nuove opportunità, cambiare schieramento o simili. Da questo punto di vista a FI andrebbe benissimo un governo “istituzionale” (o tecnico o del presidente o di scopo o come volete chiamarlo...) anche col PD: il problema è che non vuole essere la prima a sfasciare l'alleanza di centro-destra (“affidabilità”) senza aver la certezza di NON tornare subito alle elezioni. Il problema dell'alleanza col PD (visto che, come detto, anch'esso non vuole tornare subito al voto) è che mancano i numeri: ci vorrebbe almeno Lega o M5S.
Di nuovo qui è determinante la differenza fra populismo reale (Lega) e apparente (M5S). Per il M5S partecipare a un governo istituzionale, una volta assodato che non ci siano altre alternative percorribili, può essere accettabile; al contrario per la Lega non avrebbe senso e sarebbe anzi controproducente.
Molto dipende dall'ambizione di Di Maio e di quanto sia disposto a concedere per poter governare...
Riassumendo: la Lega non teme il ritorno al voto ma idealmente vorrebbe farlo mantenendo il centro-destra unito per massimizzare così le probabilità di vittoria e cementare il proprio ruolo di principale riferimento della coalizione. Contemporaneamente ipotizzo che Salvini non si fidi del M5S e non voglia fare un governo con esso (populismo reale contro apparente).
FI vuole evitare a ogni costo nuove elezioni e vedrebbe quindi di buon occhio anche un governo istituzionale: prima però di prendere posizione in tal senso e magari spaccare l'alleanza di centro-destra deve avere la certezza del non voto.
Anche il PD vuole evitare le elezioni: al suo interno ci sono due anime. Quella maggioritaria, guidata da Renzi, vorrebbe il governo istituzionale; quella di minoranza invece potrebbe anche fare da spalla al M5S (con qualche contentino, leggi ministro, anche per i fedeli di Renzi). La prima opzione mi pare quella più percorribile ma dipende da quali concessioni è disposto a fare Di Maio al PD per comprarne l'appoggio.
Il M5S, ma intendo Di Maio, forse si illude di convincere il PD o la Lega a sostenere un suo governo. L'ipotesi di un governo istituzionale può andare bene al M5S in quanto populismo apparente ma probabilmente non all'ambizione di Di Maio: nell'ipotesi che si arrivi a tale possibilità non escludo un conflitto fra Grillo e Di Maio che porti all'espulsione dal movimento del secondo.
In definitiva credo che le contrattazioni (specialmente segrete fra PD e M5S) andranno per le lunghe ma difficilmente Di Maio otterrà ciò che spera. La lunga attesa darà al Presidente la scusa di invocare al “buon senso” a cui risponderanno prontamente PD e FI: in questa evenienza Di Maio dovrà fare un passo indietro oppure verrà espulso ma anche il M5S darà il suo appoggio, magari esterno, a questo tipo di governo. Lega quindi all'opposizione e FdI spaccata in due.
Ovviamente il precedente è quello che ritengo lo scenario più probabile ma non è l'unico: l'altra possibilità è che Di Maio riesca a ottenere i voti del PD superando le resistenze di Renzi (che non verrebbe fatto fuori ma otterrebbe delle contropartite) oppure che la Lega (ovvero Salvini) si persuada che è possibile governare col M5S oppure il M5S potrebbe far cadere il proprio veto sui rappresentanti di FI in maniera che l'intera coalizione di centro-destra possa andare al governo.
La differenza fra questi due casi non è solo nel diverso numero di parlamentari di sostegno al governo ma nei diversi ruoli di forza fra Salvini e Di Maio.
M5S + Lega implicano infatti un Di Maio primo ministro; in caso di M5S + Centro-destra invece il candidato naturale a primo ministro sarebbe Salvini (ma in questo caso potrebbe invece essere Berlusconi a mettere il veto per puntare a un governo istituzionale). Ovviamente per Di Maio e Salvini non è una questione di poco conto.
Tutto sommato è forse Salvini colui che ha più da rimetterci: è la sua Lega infatti che, in caso di governo istituzionale, rischia di rimanere fuori dai giochi per 5 anni (perché tali governi, ormai lo sappiamo, non muoiono mai e vegetano sempre). Paradossalmente Salvini ha dalla sua Di Maio stesso che, in caso di governo istituzionale, rischierebbe di rimanere tagliato fuori. Ma in effetti non è da escludere che uno dei due finisca per fare grosse concessioni all'altro per non perdere tutto...
Conclusione: per previsioni affidabili mancano troppe informazioni. I tre scenari illustrati sono tutti possibili: il primo forse è il più probabile e facile da realizzare, il secondo sarebbe l'esito sperato da Di Maio, il terzo (con i suoi due sottocasi) quello più improbabile e molto dipendente dalla personalità/ambizione di Di Maio e Salvini.
Nota (*1): e alcuni sondaggi che mi capitò poi di ascoltare sembravano confermare questa mia intuizione.
Nota (*2): questo perché Renzi si è circondato di molti fedelissimi ed è quindi difficile da scalzare dalla guida del PD se lui per primo non decide di fare un passo indietro.
Nota (*3): come spiegato nella mia Epitome solo governando un populismo rende palese di che pasta è fatto...
L'esempio di Benjamin Franklin
5 ore fa
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