Il seguente post non è, almeno spero, veramente “peso”. Di sicuro è però molto lungo. Ma, ottemperando alla volontà degli interessati direttamente interpellati in materia, lo pubblico tutto qui di seguito senza dividerlo in più parti come in genere avrei fatto.
Io mi sono divertito a scriverlo: a chi lo legge buona fortuna!
Ieri avevo annunciato che nel pomeriggio (vedi
Matrimonio Peso) sarei andato a un matrimonio. Di seguito la cronaca degli eventi dal mio lisergico punto di vista.
Come al solito sono partito per la chiesa con largo anticipo: al mio arrivo ho trovato solo un paio di donne che, sotto lo sguardo vigile del parrocco, sistemavano i fiori. Il fatto è che, non conoscendo il luogo, avevo per eccesso di sicurezza sovrastimato il tempo del tragitto. Inoltre, visto che il matrimonio era alle 15:30, pensavo che bisognasse essere là almeno alle 15:00. Ma in effetti non era proprio così...
Prudentemente mi sono cercato un posto all'ombra da dove sorvegliare l'entrata della chiesa. Dopo non molto in realtà sono arrivati due cugini della sposa e, dopo altri dieci minuti, una macchina con quattro amici dello sposo: KGB non è molto socievole ma si diverte a indagare e dedurre chi è chi. Lentamente altre persone sono arrivate alla spicciolata ma, alle 15:00, eravamo ancora un pugno di individui.
Finalmente, ad occhio verso le 15:15 (*1), è arrivato lo sposo tirato a lucido: mezzo cabarettista mascherato e mezzo sceriffo del west. Sgargiante e coloroso come un pappagallino tropicale, stava però incomprensibilmente molto bene.
Nel frattempo un bel nuvolone nero si era appropinquato sopra la chiesa e, nei dintorni, iniziavano a cadere fulmini a tutto spiano. Una piccola folla di amici e parenti si era radunata in gruppetti sul selciato della chiesa. KGB era in difficoltà perché non c'erano più posti gradevolmente isolati dove avrebbe potuto rifugiarsi senza apertamente estraniarsi. Così, costretto ad aggirarsi senza meta fra la folla, KGB rivolge commenti innocui sul pericolo di pioggia e sul ritardo della sposa, saluta sconosciuti e cerca di mimetizzarsi.
Tutto sommato il mio travestimento in giacca e cravatta è abbastanza soddisfacentemente anonimo: certo la cravatta era storta e la camicia a righine (non ne avevo trovata una bianca stirata per bene!) già tutta raggrinzita. Però, oltre a dei papaveri elegantissimi, c'era anche chi era vestito in maniera ancor più informale di me. Nel complesso mi sentivo nella media bassa dell'eleganza: per me un alto successo!
Inizia a cadere qualche goccia di pioggia che subito si trasforma in temporale estivo. Mi rifugio nella chiesa fresca ed accogliente: l'atmosfera è intima e gli addobbi floreali non eccessivi.
L'aspirante marito trotta su e giù per la chiesa scambiando due parole con tutti gli ospiti e sorridendo pazientemente alle scontate battute sulla fuga all'ultima ora della sposa. Si vede che è nervoso ma comunque, forse per virtù dell'abito catarifrangente, in pieno controllo della situazione.
Finalmente, con almeno un 45 minuti di ritardo, arriva la sposa accompagnata dal padre!
Inutile dirlo, sarà la magia dell'abito bianco o magari la felicità che le illumina gli occhi, ma ella appare a tutti come la radiosa e ridente fanciulla che le fate delle favole chiamano principessa.
Personalmente trovo sempre divertente, ma anche un po' commovente, il contrasto fra la sposa felice e rilassata e il padre che l'accompagna teso e preoccupato: anche questo matrimonio non ha fatto eccezione.
Frattanto, per starmene in pace durante il rito religioso, mi ero scelto l'ultima panca disponibile. L'idea era quella di starmene seduto tranquillamente, alzandomi quando necessario e mugugnando un amen di tanto in tanto.
Invece no! Mi capita accanto una di quei due o tre signori che conoscono la funzione a memoria e che finiscono per guidare con voce stentorea il resto degli invitati. Così anche io, per non fare la figura di chi si trova in una chiesa per puro sbaglio, cerco disperatamente di borbottare qualche parola: ma la funzione è insidiosa e appena capisco chiaramente le parole da pronunciare ecco che esse cambiano...
Però, non comprendo perché queste persone, evidentemente molto religiose, non si siedono fra le prime file del gregge dei fedeli. Invece, come fossero dei pastori tedeschi, si disperdono fra la folla per controllare tutte le pecorelle. Così io, come una piccola pecorina, sentivo sul collo l'alito del cane: pur senza guardarlo, percepivo su di me la sua riprovazione, come se fossi stato l'unico a non saper cosa rispondere alle invocazioni del prete.
Insomma uno stress...
Però il parroco era molto bravo e ha fatto agli sposi un bel discorso: non so quanto questi lo seguissero realmente ma, da lontano, li ho visti annuire ubbidienti appena il sacerdote abbassava lo sguardo su di loro...
Ad allietare la cerimonia sono stati ingaggiati anche due musicisti che suonano e cantano. Gli ultimi matrimoni a cui ho assistito erano civili quindi non so quanto questa sia diventata ormai prassi comune. Comunque a me pare un'idea meravigliosa. Fra i miei peggiori ricordi di bambino ci sono le messe del sabato sera al paese della nonna. Decine di vecchiette che gareggiavano fra di loro a chi faceva l'alleluia più acuto e stonato per guadagnarsi il favore del parroco. E poi qualsiasi cosa cantassero aveva sempre lo stesso ritmo dell'alleluia: taa-ta-ta-taa! Ta-taa-ta-taa-a!
Invece con il cantante bravo la cui voce riverberava fra le mura della chiesa nessuno osa intromettersi anche se, scommetto, al cane lupo che mi faceva la guardia sarebbe piaciuto mettersi a ululare...
Infine il parroco legge i dovuti articoli del codice civile, un nugolo di testimoni si accalca per porre le proprie firme, poi la messa è finita e possiamo andarcene in pace. Io schizzo via dalla panca senza salutare il mio vicino per paura che dia un ultimo morso alla mia zampetta di ovino; fortunatamente lui riesce solo a lanciarmi un ultimo sguardo severo mentre scuote la testa...(*2)
Esco fuori dalla chiesa: ha smesso di piovere e l'aria è buona. Mentre aspetto con la maggior parte degli impazienti invitati l'uscita dei novelli sposi, scambio occasionali frasi con le occasionali conoscenze: i miei nuovi cavalli di battaglia sono il tempo che si è rimesso e il parroco simpatico.
Siccome gli sposi non si decidono a uscire sbircio all'interno della chiesa per vedere cosa sta succedendo: gli sposini e i famigliari più stretti sono affaccendati intorno all'altare. Il serio e scrupoloso fotografo li comanda tutti a bacchetta e suggerisce le varie pose per le foto: ci vorrà ancora un po'...
Dopo un tempo imprecisatamente lungo ma sopportabile finalmente escono! Pioggia di riso e bolle di sapone. Nuove foto e tanti sorrisi: passata la cerimonia siamo al giro di boa e, non solo gli sposi, ma anche gli invitati sono più rilassati. Anzi, guardandosi intorno, si inizia a riconoscere chi sono i tipi più giocherelloni: dopo essere stati buoni per tutta la messa ritengono loro dovere “addossarsi il peso” di fare baldoria. Così iniziano a confabulare tra la folla, a fare salaci battute sghignazzando e a ordire scherzi più o meno plausibili. Ne prendo mentalmente nota per evitare di esserne coinvolto.
Ridendo e scherzando si è fatta quasi l'ora di andare al ristorante. Sicuramente per me non ha più senso tornare a casa per poi ripartire poco dopo. Diligentemente mi ero stampato il percorso per giungere a destinazione ma preferisco, se possibile, seguire qualcuno che sa la strada. Scorgo una delle mie poche conoscenze oltre gli sposi e le chiedo cosa facciamo. Capisco “...casa degli sposi...”: non mi è chiaro perché e cosa ci andiamo a fare ma improvvisamente c'è una gran fretta e le macchine sgommano sullo sterrato intorno alla chiesa. Quindi non posso chiedere chiarimenti e anzi devo lanciarmi all'inseguimento: data la prudenza di KGB al volante, subito rimango distanziato. Fortunatamente conosco la strada e arrivo a destinazione senza problemi.
Qui trovo un grande amico, nonché testimone, dello sposo che mi racconta che suonavano insieme e che lui era il batterista. Un neuroncino si accende nel mio cervello e gli chiedo se era stato lui a rompere la chitarra dello sposo.
Va detto infatti che, il 75% delle volte che capito a casa dello sposo, mi viene raccontato lo stesso aneddoto: ormai posso immaginarmelo come fosse la sequenza di un film. È tardi e siamo in un garage dove il gruppo prova. Il batterista ridendo e barcollando, evidentemente non troppo lucido, si impossessa della preziosa chitarra per divertirsi a strimpellarci sopra. Il mio amico/lo sposo/il chitarrista vede cosa accade ma è troppo lontano per intervenire. Poi è un attimo e la scena passa al rallentatore: la cinghia attaccata male si slaccia e si vede la chitarra iniziare a cadere lentamente. Poi si inquadra il mio amico/lo sposo/il chitarrista che, con gli occhi sgomenti, si tuffa a terra per tentare inutilmente di afferrare l'inarrivabile chitarra. Non c'è alcun suono ma, dalla smorfia disperata della bocca, si intuisce un affranto “Noooooooooo!!!”. L'inquadratura ritorna sulla chitarra e si vedono le schegge schizzare in tutte le direzioni quando questa tocca il suolo: il silenzio del replay è interrotto da un cacofonico accordo di dolore emesso dalla chitarra. Stacco. La scena torna a velocità normale: il mio amico/lo sposo/il chitarrista è accoccolato a terra e stringe a sé singhiozzando il cadaverino della chitarra: l'amico batterista è alle sue spalle in piedi, incerto, con le mani fra i lunghi e folti boccoli biondi, guarda in alto verso il cielo mentre le sue labbra si muovono rapide a recitare una preghiera silenziosa.
O almeno io, a sentire la storia, me l'ero immaginata così...
Invece il batterista, con mio stupore, scrollando le spalle e assolutamente non dispiaciuto, mi ha detto “Eh! Figurati! Macché rotta! Si era appena scheggiata...”.
La morale è che non tutte le “disgrazie” sono ugualmente traumatiche per chi le vive!
Finalmente scopro il motivo per cui siamo passati a casa degli sposi: perverse menti ludiche vogliono preparare uno scherzo che accolga gli sposini al rientro nel loro nido. In realtà niente di particolarmente cattivo: la scala che porta all'ingresso degli sposi viene riempita di ostacoli vari. Mio malgrado mi sono quindi ritrovato coinvolto nell'organizzazione della burla: facendo buon viso a cattiva sorte KGB mette a disposizione una ventina di pigne che teneva nel bagagliaio dell'auto pronte per ogni evenienza (*3).
Inoltre un simpatico cartello, il cui testo non posso riportare perché questo blog non è marcato come “solo per adulti”, viene apposto al cancello d'ingresso.
Comunque grazie a questa deviazione ottengo l'insperato: un passaggio in auto fino al ristorante.
Ad accogliermi è un'altra grande amica degli sposi nonché testimone.
Essendo molto prudente, quando vado in macchina con altre persone, mi sento sempre a disagio perché mi sembrano troppo spericolate e distratte. Per questo salito in macchina, cercando di far finta di niente per non stuzzicare la suscettibilità della conducente, mi metto la cintura e mi afferro saldamente ad ogni appiglio per prepararmi all'impatto. Inoltre, anche se KGB è di natura silenziosa, mi metto d'impegno per essere io a chiacchierare: infatti ho una teoria seconda la quale ascoltare richiede meno impegno che parlare ed è quindi preferibile che chi guida stia zitto...
In realtà la guidatrice è relativamente prudente e, a parte un'improvvisa quanto brusca sterzata per evitare un ostacolo a mio avviso immaginario, un riccio dice lei (*4), mi porta a destinazione sano e salvo.
Il ristorante è bellissimo: si trova in cima a una collinetta circondata da un giardino curatissimo. Non solo ci sono fiori, siepi e piante aromatiche ma anche delle statue. Non le statue dei famosissimi sette nanetti ma statue di gusto moderno eppure piacevoli!
Ritrovo qualche volto già visto e scambio qualche parola. Non ho aggiornato di molto i miei argomenti: oltre al tempo “che regge” e al prete simpatico ho aggiunto solo i complimenti per il ristorante.
Anche all'interno il locale è estremamente curato con quadri moderni e belle sculture. È difficile però spiegare in poche parole cosa c'era di così piacevole nel suo arrendamento. Infatti era l'insieme dei tanti curatissimi piccoli particolari che creava una sensazione di armonia e buon gusto. Ecco, forse è questo: un locale elegante e raffinato ma al contempo accogliente e confortevole.
Ormai siamo tutti arrivati ma gli sposi ancora non si vedono. Scoprirò poi che sono andati per campi, rivi, laghi e boschi a farsi fotografare sotto la vigile guida del severissimo fotografo.
Io sono particolarmente affamato: come infatti ho spiegato nel summenzionato post, essendo a dieta, la mattina e per pranzo ho mangiato pochissimo in maniera da potermi abbuffare senza ritegno alla cena del matrimonio.
Fortunatamente i ristoratori, evidentemente pratici di questo tipo di feste, prendono l'iniziativa di servire l'aperitivo e, successivamente, un grandioso buffet di antipasti.
Di antipasti ce ne sono di tutte le specie: tutti stuzzichini buoni ma soprattutto fantasiosi (insomma non i soliti crostini). Io prendo un assaggio di tutto e non rimpiango nulla. Semmai l'unico appunto che posso fare è che gli antipasti a base di pesce non erano molto saporiti: probabilmente però è anche colpa mia perché avrei dovuto assaggiarli prima di quelli dal sapore più forte...
Arrivano gli sposi stanchi e affamati: fanno appena in tempo a gustare i pochi avanzi rimasti che veniamo fatti accomodare per la cena vera e propria. Ad allietare la serata c'è un cantante/intrattenitore molto simpatico. Si capisce che sa fare il suo lavoro: è rapido a cogliere l'umore del pubblico e ha la battuta sempre pronta. Ovviamente canta e suona (bene mi pare) ma soprattutto coinvolge gli invitati in continui brindisi, applausi agli sposi e in varie altre trovate.
I tavoli sono disposti su due sale contigue: in una di queste, a un tavolino tutto per loro, stanno i neo sposi, a un grande tavolo i parenti di lui e a un altro ancora i parenti di lei. Infine a un tavolino tondo ci sono i testimoni, il cantante/intrattenitore (durante le pause del suo show) e KGB medesimo in persona. Nell'altra sala, su vari tavoli, tutti gli altri invitati.
Il motivo per cui mi sia toccato tale onore credo dipenda dal fatto che gli sposi hanno avuto un po' di pietà per me e mi hanno messo alla stessa tavola con l'unica persona che conoscevo oltre a loro stessi: la testimone.
Poi il caso ha voluto che avessi già incontrato poco prima TUTTE queste stesse persone alla casa degli sposi e che, addirittura, mi fossi perfino trovato molto a mio agio con loro (anche se dubito che se ne siano resi conto!). Potrei perfino nominarli uno per uno se pensassi fosse il caso!
Le portate non sono particolarmente abbondanti: a ragione è dato per scontato che gli ospiti siano già satolli grazie agli antipasti. Io comunque il bis del riso lo prendo!
Al mio tavolo la conversazione è mantenuta vivace dai testimoni e anche il cantante/intrattenitore, quando presente, non ha problemi a socializzare. Posso così mangiare tranquillamente biascicando solo qualche battuta quando mi aggrada: gli altri parlano abbondantemente anche per me e il mio silenzio non dà fastidio.
L'unico imbarazzo è quando questi quattro amici scattano tutti insieme per una qualche iniziativa: loro conoscono molti degli ospiti e sicuramente i vari membri delle rispettive famiglie degli sposi. Invece io, al centro dell'attenzione insieme a loro, mi sentirei fuori posto: sconosciuto a tutti eppure sotto gli occhi di tutti. Quindi me ne rimango buono nel mio angolino, con un sorriso vacuo in faccia, cercando di mimetizzarmi con la tappezzeria (non facile in quanto assente). Almeno la mia posizione è molto strategica e riesco a seguire ogni cosa senza dovermi contorcere su me stesso per guardare...
Poi, verso le 22:30, a metà della cena il cantante/intrattenitore si scatena e chiama il temuto trenino. Tutti felici e contenti i miei compagni di tavolo balzano in piedi urlando e ridendo. Io impallidisco ma li seguo. Non ho però nessuna intenzione di diventare un vagone del trenino: il mio è solo un diversivo. Appena raggiunta l'altra sala, svelto come un ratto, mi nascondo nel bagno. Non posso vedere quello che succede ma il trambusto è così forte che senza dubbio il famigerato trenino si sta ancora snodando a tutta velocità fra i tavoli. Dopo un po' sento ripetutamente chiamare dal cantante/intrattenitore il nome dello sposo. Immagino che il peggio sia passato e, incuriosito, sgattaiolo fuori dal mio nascondiglio per andare a sbirciare cosa sta succedendo. Il trenino si è effettivamente sciolto ma adesso l'intrattenitore sta cercando di coinvolgere gli invitati nelle danze. La mia situazione è di nuovo critica. La strada per il tavolo è ostruita dagli aspiranti ballerini e rifugiarmi di nuovo rattescamente nelle fogne, pardon, nei bagni, non mi pare una soluzione decorosa. Rimango così bloccato e costretto mio malgrado a osservare il selvaggio dimenarsi che gli alquanti alticci invitati chiamano ballare. Ognuno va per conto suo e c'è chi si muove più o meno bene, ma soprattutto meno... Qualche signorina un po' più portata se la cava ma nel complesso ho la sensazione di assistere a una festa delle menadi (*5).
Finalmente la danza finisce e io posso tornare al tavolo. Vengo raggiunto dai felici ma esausti testimoni. Io ho però, per il momento, esaurito la mia socialità compresa quella di scorta per l'emergenze. Una nuova portata mi permette di riprendere fiato. Poi c'è il taglio della torta: gli inesauribili amici/testimoni hanno organizzato uno scherzetto: invece della vera torta, viene presentato agli sposi un minuscolo tortino. Il cantante/intrattenitore sta al gioco dicendo qualcosa del tipo che, dopo tutto, quel che conta non è la dimensione. Qualcuno sghignazza. Gli sposi ridono ma si vede che è il riso sofferto di chi è veramente stanco. Finalmente arriva la torta vera. Nuovamente il fotografo (*6) prende il comando e dà gli ordini per le ultime foto di rito.
Gli amici/testimoni hanno un'ultima freccia al loro arco: il taglio della cravatta. Il nome del gioco non mi è nuovo ma sospetto che si tratti di qualcosa che non mi piacerà. Chiedo lumi a un testimone e il sospetto diventa certezza. La cosa funziona così: gli amici dello sposo acquistano dei pezzetti di stoffa tagliati dalla sua cravatta e in più la sposa deve far penitenza mostrando caviglie, polpacci villosi (scherzo!), ginocchia etc. al compratore. Il dovere è dovere e a malincuore partecipo. Non è il modesto esborso che mi disturba quanto mi imbarazza dovermi presentare di fronte alla folla di semi sconosciuti che guardano ridendo. Fortunatamente non è male quanto temevo e, prima che me ne accorga, posso tornarmene nelle ombre che mi appartengono.
Ah! a un certo momento della serata, non ricordo più quando, c'è stato il consueto lancio del mazzo di fiori e, il più raro, della giarrettiera. Tutto va bene anche se con un velato sospetto che il lancio dei fiori sia stato pilotato (ma probabilmente è colpa della sindrome del calcio scommesse...). Il lancio della giarrettiera invece, a causa del tiro fiacco e maldestro dello sposo, non è molto spettacolare: la giarrettiera semplicemente atterra dolcemente sul naso del primo signore della mischia (che non era neppure particolarmente alto...). Nienti pugni, gomitate o dita negli occhi. Invero sono un po' deluso.
Comunque per me il momento più interessante della serata, che mi ha portato a una curiosa osservazione psicologica, si è svolto al mio tavolo. Come spiegato sedevo insieme a quattro amicissimi degli sposi e due di questi, E. e G., avevano suonato in un gruppo insieme al neo marito.
I due sedevano accanto, di fronte a me, e quindi potevo osservarli comodamente.
Appena il cantante ha attaccato con la prima canzone E. e G. hanno iniziato a battere le mani guardandosi intensamente negli occhi. Così intensamente che sembravano due innamorati: eppure la moglie di G. e la testimone non erano per niente impressionate o stupite. Solo io li guardavo a bocca aperta. Poi la canzoncina finisce e loro riprendono a ridere e scherzare come prima. Io mi dico che mi sono sbagliato e non ci penso più. Poi però, alla canzone successiva, di nuovo ricominciano a battere le mani e a guardarsi intensamente e così SEMPRE per il resto della serata. Lentamente capisco di cosa si tratta: i due, suonando per anni insieme, hanno costruito fra loro un tale vincolo che riescono, semplicemente guardandosi negli occhi, a indovinare il ritmo o le variazioni ad esso che il compagno ha in mente di fare. Lo sguardo che a me era sembrato d'amore era in realtà un legame musicale, la maniera di leggere la musica negli occhi dell'altro e di accordarsi senza parole. Un po' inquietante ma molto interessante.
Poi a fine serata, dopo il caffè, quando molti ospiti se ne erano andati, ho compiuto il sacrificio supremo. Ormai un po' assonnato, pedinavo la testimone in maniera che questa non si scordasse di me lasciandomi a piedi. Così, per mia imprudenza, mi sono ritrovato nella sala presidiata dal cantante/intrattenitore che ha avuto la genialata di chiamare un ballo lento. Io mi sono seduto sulla sedia più vicina alla velocità della luce: ancora una volta i ballerini mi ostruivano la fuga verso il mio tavolo e così mi toccava assistere alle danze senza essere però nascosto dal numero degli altri invitati.
La sposa mi ha notato e in un baluginare bianco mi ha messo con le spalle al muro: “Sono la sposa e tu devi ballare con me: non puoi rifiutarti. Porta sfortuna.”
Magari era un bluff ma il senso del dovere mi ha obbligato a non rischiare e cosi ho accettato. Dopo averle immediatamente pesticciato i piedi, la sposa mi ha accoppiato con la testimone che, devo dire, è stata molto paziente: non aggiungo altro per pudore...
Io ormai ero stanco e me ne sedevo in un angolo sempre sorvegliando la testimone: chi guarda i film polizieschi americani saprà infatti che i testimoni si danno spesso alla fuga, a volte senza nemmeno un buon motivo ma per semplice panico nonostante l'FBI li protegga...
A uno a uno gli invitati se ne andavano con la loro bomboniera in mano ma la testimone, dopo tutti gli scherzi perpetrati agli sposi nel corso della serata, si sentiva un po' in colpa e voleva assistere i suoi amici fino in fondo.
Già che c'ero mi sono presentato ai miei pseudo-suoceri, i genitori della sposa, che, come immaginavo, non mi avevano riconosciuto. Quando poi ho spiegato alla signora che io ero colui a cui avevano affidato una gattina (vedi
Ludwig) della figliata (o si dice miciata?) della sua gatta allora mi ha riconosciuto e mi ha fatto un sacco di feste. Potenza dei felini.
Per ultimi io e la testimone, insieme agli sposi, abbiamo lasciato il ristorante aiutandoli a trasportare alcune scatole e ceste piene di ammennicoli vari.
Il viaggio di ritorno è andato bene con KGB incinghiato, ben assicurato ad ogni maniglia e pronto ad ogni impatto. Ho canticchiato per tutto il tempo per evitare che la testimone si addormentasse. Lei mi guardava male ma non protestava. Il premio per essere partiti per ultimi è che siamo arrivati subito dopo gli sposi alla loro casa. Lo sposo era ormai uno straccetto cioè sempre sgargiante e colorato ma MOLTO stanco. Guardava sconsolato le scale ricoperte di ostacoli e un po' implorava e un po' "ordinava" il nostro aiuto. La sposa non ha nemmeno trovato le energie per scendere di macchina. Insensibili a suppliche e proteste ce ne siamo andati senza aiutare. Comunque oggi ho saputo che in soli 30 minuti sono riusciti a entrare in casa...
Voglio finire questa lunga ma spero non troppo noiosa cronaca con un po' di poesia: un distico che il sommo poeta (KGB) ha lasciato sul libro degli sposi:
“
Il vostro giorno più dolce e più bello
non ha bisogno né di coloranti né caramello”
Nota (*1): Diversamente dal solito non ho preso i tempi...
Nota (*2): Per cercare di scherzare non vorrei aver esagerato: in realtà il signore al mio fianco è stato tranquillissimo e non mi ha per niente infastidito. Poi ci siamo addirittura stretti le zampe in "segno di pace" e, infine, sono sicuro che avrebbe cantato benissimo!
Nota (*3): Che ci fanno le pigne nella mia auto? Servono per le emergenze ovviamente!
Nota (*4): In realtà probabilmente una semplice foglia...
Nota (*5): Da Wikipedia: le baccanti, o menadi, erano donne in preda alla frenesia estatica e invasate da Dioniso, il dio della forza vitale.
Nota (*6): Ultima precisazione necessaria: il buon fotografo non era assolutamente scorbutico e severo come l'ho descritto. Appariva tale solo perché intensamente concentrato sul suo lavoro: quando poi si rivolgeva a qualcuno era sempre professionalmente spiritoso e alla mano. E poi non "ordinava" le pose da assumere ma, grazie alla sua vasta esperienza dovuta alla lunga consuetudine con questo tipo di celebrazioni, si limitava a dare suggerimenti che gli sposi erano più che felici di seguire!