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lunedì 24 luglio 2023

Guerra civile

Il libro che sto leggendo maggiormente in realtà è il “De bello gallico” di Cesare: scorre bene ed è molto interessante.

Adesso sono arrivato alla guerra civile che, in realtà, non è scritta da Cesare ma da un suo conoscente: la differenza si sente anche se non saprei definirla esplicitamente.

Gli aspetti politici che portano alla crisi di potere non sono spiegati ma ci si limita alle manovra militari. Si capisce però che c’è un conflitto fra Pompeo e Cesare col senato romano dalla parte di Pompeo (anche perché Pompeo era in Italia con le proprie legioni).
Cesare non vuole la guerra civile e cerca di incontrare Pompeo per chiarirsi: in pratica a Cesare viene ordinato di tornare a Roma, e rilasciare quindi le sue legioni, 6 mesi prima della scadenza del suo mandato cosa che Cesare avrebbe anche accettato a patto che Pompeo facesse lo stesso con le proprie legioni.
Poi il senato ordina sia a Cesare che a Pompeo di fornire una legione ciascuno per la guerra contro i parti: Pompeo “manda” una legione che aveva prestato anni prima a Cesare; Cesare non si oppone e, comunque, manda una sua ulteriore legione. Queste due legioni non vengono mandate in Oriente ma se le tiene Pompeo.
È poi evidente che Cesare gode del favore della popolazione. Quando scende in Italia molte città passano dalla sua parte e anche in quelle presidiate da soldati di Pompeo vi sono molte defezioni e, spesso, finiscono per schierarsi con Cesare.
Cesare raggiunge Pompeo in Puglia ma il secondo preferisce non affrontare il rivale e si ritira con le sue legioni in Grecia.
Cesare ha qui un problema strategico: non può immediatamente seguire Pompeo perché non ci sono abbastanza navi e far arrivare quelle costruite anni prima in Gallia per l’invasione della Britannia richiederebbe troppo tempo con in più tutte le incertezze associate al lungo viaggio necessario (*1).
L’Italia (senato compreso) è già dalla sua parte ma la Spagna e l’importante città di Marsiglia sono con Pompeo, Il nord Africa è invece diviso.

Cesare decide quindi di marciare contro la Spagna passando dalla Gallia dove c’è un esercito di Pompeo composto da legioni spagnole. Il racconto segue quindi la spedizione di Cesare.
L’esercito avversario è guidato da due generali che hanno unito insieme le proprie forze: sulla carta hanno un numero di uomini paragonabile ma per tutta la campagna, nonostante vari vantaggi che volta volta potrebbero sfruttare, lasciano sempre l’iniziativa a Cesare.
Io credo che il problema fosse che erano in due a decidere: se c’è da prendere, in brevissimo tempo, una decisione importante è difficile che entrambi siano d’accordo su cosa fare: la cosa più probabile è che, avendo idee diverse, finissero per non rimanere passivi.
Conta poi la tolleranza e la pazienza di Cesare: avendo la possibilità di annientare l’esercito nemico preferisce non farlo e i soldati avversari lo capiscono. Alla fine riesce a far sciogliere le legioni avversarie e assicurarsi il sostegno della Spagna senza grandi spargimenti di sangue.

Si capisce poi che l’esperienza delle truppe è fondamentale: ancora adesso lo è, basta vedere l’Ucraina, ma nel mondo antico con le battaglie che si combattevano corpo a corpo doveva esserlo ancora di più. I legionari di Cesare si fidano completamente del loro generale e hanno una grande esperienza di combattimento: solo in una prima battaglia sono inizialmente sorpresi dalla tattica dei soldati iberici ma successivamente hanno facilmente la meglio quando le forze iniziali sono pari.

Dell’assedio di Marsiglia dico solo che si arrende una prima volta ma poi, approfittando della fiducia dei soldati di Cesare ne approfittano per riprendere le ostilità. Vengono risconfitti ma si appellano alla clemenza di Cesare (*2) che sta tornando vittorioso dalla Spagna. Cesare, come suo solito, quando arriva li perdona.

Colpisce che Pompeo non abbia mandato nessun aiuto ai propri sostenitori in Spagna o nord Africa.

Più interessanti sono le vicende africane. Cesare aveva affidato al giovane Curio il controllo della Sicilia assegnandoli ben quattro legioni: con queste forze avrebbe poi dovuto contrastare le forza di Pompeo in nord Africa.
Curio valuta che per contrastare Varo (il luogotenente di Pompeo nella zona) gliene bastino due e con queste sbarca in Africa.
Anche Cesare spesso divide le sue forze ma nel farlo è sempre molto bravo ad assegnare in maniera equilibrata. Col senno di poi è facile parlare ma un primo errore di Curio mi pare sia stato partire con solo due legioni: avrebbe potuto sbarcare almeno con tre.
I primi scontri sia navali che terrestri sono favorevoli a Curio: soprattutto la cavalleria gallica, sebbene poco numerosa, sbaraglia quella avversaria.
Ma poi iniziano i problemi e gli errori.
Prima accetta di dare battaglia su un terreno potenzialmente sfavorevole: in pratica c’è nel mezzo della pianura un piccolo valloncello ma molto scosceso: chi prova a superarlo per primo avrà grosse difficoltà. Sarà proprio Curio ad attaccare per primo ma, fortunatamente, l’esercito nemico si stava già ritirando perché sconfitto su un ala. Ma se il nemico avesse contrattaccato al centro avrebbe respinto facilmente le truppe di Curio.
Cesare non accetta mai battaglia in luoghi sfavorevoli e se c’è un elemento neutro fa sempre in modo di trarne vantaggio o che diventi svantaggioso per il nemico.
Il secondo errore è che il campo di battaglia e vicino ai rispettivi accampamenti. Cesare in una precedente occasione aveva evitato di dare battaglia proprio per tale motivo: una vittoria non potrà mai essere decisiva perché l’esercito che perde riuscirà quasi sempre a rifugiarsi dentro il proprio accampamento fortificato.
E proprio questo avviene: le truppe di Varo si ritirano nel proprio accampamento e poi, nel pieno della notte nella vicina città di Utica.
A questo punto Curio decide di prepararne l’assedio ma in quel momento arriva la notizia che Giuba, alleato di Pompeo, stava arrivando con un grande esercito. Curio inizia a pensare che sia una buona idea far giungere in Africa anche le due legioni che aveva lasciato in Sicilia…
Però dei prigionieri e dei disertori nemici gli fanno sapere che Giuba ha dovuto dirigersi con il grosso del suo esercito altrove e quindi solo un piccolo contingente sta arrivando in aiuto delle truppe di Pompeo.
Curio manda quindi la propria cavalleria di notte incontro alle forze di Giuba sia per rallentarne l’avanzata che per verificare la situazione. Giuba, non so se volutamente o per caso, aveva in effetti mandato avanti un proprio contingente che, sebbene più numeroso della cavalleria di Curio, viene sconfitto e messo in fuga in un’incursione notturna.
La cavalleria tornata al campo di Curio gli comunica che in effetti il nuovo nemico è debole: Curio si convince quindi che può sconfiggerlo facilmente e l’indomani muove subito contro di esso con parte delle proprie truppe ma senza la cavalleria che deve riposare.
Ciò che colpisce di Cesare è che era a conoscenza di ogni mossa del proprio nemico: non solo tutti i prigionieri erano ben interrogati ma aveva anche esploratori e spie che lo tenevano sempre aggiornato.
Curio invece si fida di quanto gli dicono i disertori e che appare confermato dalla cavalleria ma in realtà è attirato a combattere in posizione sfavorevole (lascia l’altura per inseguire il nemico che finge di fuggire e ha gli uomini stremati di fatica per la lunga marcia) viene circondato e combatte fino alla morte. Solo pochi dei suoi uomini riescono a fuggire.
Le truppe rimaste al campo sono adesso impaurite il questore lasciato al comando da Curio decide di ritirarsi in Sicilia ma anche le navi temono di attraccare perché c’è la voce che una forza navale di Pompeo stia per arrivare (non era vero). Le poche navi che giungono sulla spiaggia sono prese d’assalto dai soldati che vogliono fuggire e alcune di esse affondano per il troppo carico. Le altre navi vedendo questo, a maggior ragione, se ne vanno via subito senza provare a prendere soldati a bordo.

La sensazione è che Varo fosse stato più astuto di Curio e che l’avanguardia di Giuba fosse stata una trappola. Curio era sì coraggioso, carismatico (arringa benissimo i soldati prima della battaglia convincendo anche i dubbiosi a combattere con entusiasmo) e fedele a Cesare (preferisce combattere alla morta che tentare di fuggire e presentarsi a lui da sconfitto) ma l’inesperienza gli fu fatale.

Conclusione: mi ripeto ma è un ottimo libro...

Nota (*1): non l’avevo scritto ma dopo la lettura di “Collasso” sono molto consapevole della relazione fra alberi e navi: evidentemente le coste della Gallia davanti alla Britannia dovevano essere ricoperte di foreste ma non più quelle della Puglia: mi pare ragionevole!
Nota (*2): del resto il luogotenente di Cesare aveva ricevuto l’ordine di infliggere meno danni possibile alla popolazione.

2 commenti:

  1. L'arte della guerra.
    La storia che insegna.
    Mi chiedo come sia stato possibile che Hitler e Mussolini abbiano ignorato ciò che successe a Napoleone.
    Mah.
    Probabilmente sarà stato un problema di hybris: i dittatori/potenti finiscono ovviamente per essere attorniati da yesmen e adulatori.

    Pagina molto interessante. Grazie.
    UUiC

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  2. È vero la tendenza a ripetere gli errori del passato talvolta è sorprendente. Difficile intuirne il motivo: non so, forse presunzione e sopravvalutazione delle proprie forze.
    Non credo sia possibile generalizzare...

    Mi fa piacere che questo pezzo le sia piaciuto: anche secondo me è molto interessante!

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