Finalmente ho terminato di leggere
Antifragile di Nassim Nicholas Taleb, (E.) IlSaggiatore, 2013, trad. Daniela Antongiovanni, Marina Beretta, Francesca Cosi, Alessandra Repossi!!
Il libro ha dei contenuti ottimi e che sicuramente farò miei; è anche scritto in maniera estremamente scorrevole e, probabilmente, lo si potrebbe “bere” nel giro di pochi giorni nonostante le sue oltre 500 pagine (effettive, escludendo biografia, glossario, appendici varie sulle 450).
Sembrerebbe perfetto ma… non è così!
Il contenuto, e bello pesante, c’è e il tutto si legge facilmente: allora cosa non va?
È che le varie nozioni sono presentate in maniera disorganizzata e confusa: magari si legge un capitoletto con un divertente aneddoto e poi, negli ultimi due periodi, viene introdotto un pensiero chiave e senza troppe spiegazioni: chiaramente è legato all’aneddoto ma spesso, magari a causa della traduzione da una lingua a un’altra, ci possono essere incertezze su come interpretarne alcuni elementi.
Io avrei preferito prima una spiegazione teorica del concetto e poi l’aneddoto per esemplificarlo.
I titoli dei sottocapitoli (ma anche dei capitoli) non aiutano: in pratica sono casuali e non servono a identificare l’argomento o il concetto che verrà proposto.
L’idea alla base del libro è il concetto di antifragilità: antifragile è qualcosa che sottoposto a eventi casuali reagisce positivamente, non solo resistendo a quelli negativi (in tal caso sarebbe solo “robusto”) ma anche rafforzandosi grazie a essi. Il fragile invece non resiste agli eventi negativi: un calice di cristallo che cade a terra si rompe, non diventa più forte.
Questo concetto di antifragilità può poi essere visto attraverso una moltitudine di punti di vista e adattato agli ambiti più diversi, in pratica a tutto in effetti.
Ed è proprio proponendo il concetto di antifragilità applicato ai soggetti più disparati che l’autore riempie le pagine della sua opera.
Sfortunatamente lo fa in maniera poco strutturata ma, in pratica, sequenzialmente e questo porre il lettore a sovrapporre e a confondere i dettagli, a volte significativi, insieme.
In questo mio pezzo voglio quindi preparare lo schema di quella che sarà un’appendice che voglio aggiungere alla mia Epitome: nella prima parte di questa andrò a riassumere il concetto di antifragilità mentre nella seconda mostrerò come sia applicabile a numerosi aspetti della mia teoria.
Ovviamente, per la mia mentalità, il concetto di antifragilità proposto da Taleb è troppo amorfo: lo voglio quindi strutturare in maniera netta pur essendo consapevole che inevitabilmente farò dei torti al suo scopritore.
Di seguito quindi la MIA personalissima reinterpretazione di quanto illustrato da Taleb. Sarò anche schematico perché voglio solo una bozza per la mia Epitome!
L’antifragilità può essere strutturale o decisionale.
Un’entità realizza l’antifragilità strutturale tramite la ridondanza delle sue componenti, in genere leggermente diverse fra loro. Un evento negativo può colpire alcune componenti distruggendole ma quelle che rimangono si riproduceranno prendendo il posto di quelle perse: in questa maniera l’entità diviene più forte.
È uno schema che ben conosciamo in natura. Alcuni esempi:
- il singolo organismo è composto da cellule che, in caso di eventi avversi esterni (per esempio una malattia), possono morire ma, se l’organismo sopravvive in genere diviene più forte (per esempio sarà immune al virus che lo aveva fatto ammalare).
- Se una specie animale è l’entità allora i singoli animali sono i suoi componenti: è l’intuizione di Darwin, gli esemplari meno adatti non sopravvivono ma nel complesso la specie si evolve divenendo più forte.
- Se invece l’entità è la natura/vita allora le singole specie sono i suoi componenti: di nuovo anche se una specie scompare le altre sono in grado di prenderne il posto e la vita nel suo complesso diviene più forte e resistente.
Come detto poi l’idea di antifragilità è molto polimorfica e l’autore l’adatta a praticamente qualsiasi campo: anche il DNA oppure l’informazione possono essere antifragili!
Ma lo possiamo applicare anche a uno Stato, a un esercito o ad alcune istituzioni o al potere: l’idea è di progettare queste entità in maniera tale che abbiano della ridondanza utile, capace di resistere e reagire positivamente agli errori.
Per la singola persona però questa forma di antifragilità non è particolarmente utile visto che, per esempio, non abbiamo il controllo diretto delle nostre cellule. E qui entra in gioco il secondo tipo di antifragilità, quella decisionale.
L’antifragilità si può infatti applicare anche alla filosofia, quella che guida le nostre scelte quotidiane. In questo caso Taleb individua tutto un ventaglio di strategie che riduce a forme diverse dello stesso principio di antifragilità: io però mi limiterò solo a due di queste.
La prima strategia è quella dello “sbilanciamento” (*1).
Nella vita, negli investimenti, nelle scelte in genere si devono evitare le situazioni che, sebbene raramente possono dare risultati disastrosi, e al contrario ricercare situazioni che, sebbene raramente, possono produrre effetti estremamente favorevoli. Il risultato medio è invece meno importante.
Un esempio banale: fra un investimento che mediamente dovrebbe farci guadagnare un 2% di quanto investito ma che, seppure raramente (*2), abbia il potenziale di farci guadagnare tantissimo e un investimento che mediamente ci rende il 5% ma, seppure raramente (*2), ha il potenziale di farci perdere tutto, si deve sempre scegliere il primo.
Nella strategia dello sbilanciamento gli eventi casuali porteranno normalmente al risultato medio ma nell’1% dei casi in cui l’evento casuale è anomalo è bene aver fatto in modo che ciò vada a nostro vantaggio e non detrimento (*3). Taleb applica varie forme di questo principio a molti aspetti della nostra vita quotidiana compresa la medicina e la morale. In medicina, per evitare la iatrogenesi (in pratica gli eventi negativi improbabili), dati dall’interazione dei vari farmaci fra loro si dovrebbero assumere medicine solo quando si sta molto male: in questo caso il pericolo di iatrogenesi è più che compensato dal vantaggio portato dalla cura; in caso contrario, a fronte di un beneficio minuscolo, c’è il rischio sebbene improbabile di un danno gravissimo.
Per Taleb tutti i lavori che garantiscono un’opzione gratuita (un’altra forma di sbilanciamento positivo) sono immorali in quanto tale opzione è in genere pagata indirettamente dalla società: per esempio il grande CEO che indipendentemente da come dirige una multinazionale ottiene comunque un gigantesco bonus economico è per Taleb immorale. Così anche il giornalista economico (o gli "accadamici", contro i quali Taleb ha il dente particolarmente avvelenato) che consiglia certi investimenti ma che si guarda bene dal farli lui stesso in prima persona: perché se il suo consiglio si rivela sballato lui non ci rimette niente: ha un’opzione gratuita.
La seconda strategia è quella della “via negativa”.
Con “via negativa” si intende la definizione tramite negazione, il realizzare togliendo (come una scultura), la non azione rispetto all’azione (come lo yin e lo yang): come al solito Taleb ne dà una visione estremamente polimorfica.
L’idea di fondo è quella di raggiungere l’antifragilità eliminando la fragilità.
Invece di porre l’accento nel tentativo di aggiungere ciò che si suppone sia bene è più prudente ed efficace togliere ciò che potrebbe essere male.
Taleb vi vede il collegamento anche nell’epistemologia: l’osservazione di cento conferme non è una garanzia di certezza mentre un solo esperimento può smentire una teoria. Da questo punto di vista la certezza del non sapere è più solida della presunzione di conoscenza.
Nell’informazione troppi dati portano confusione: non è un modo di dire ma un effetto matematico: le relazioni casuali fra variabili indipendenti crescono più velocemente dell’informazione. In altre parole con troppi dati sembrano emergere delle relazioni che in realtà non esistono e sono invece casuali.
Vale la pena ricordare che già nel 2001, quando la mole di notizie era ancora molto minore dell’attuale, le informazioni utili per prevenire i famigerati attentati di Al Qaida, pur presenti nelle basi dati delle diverse agenzie statunitensi, rimasero “sepolte” da altri dati.
In definitiva questa seconda euristica consiste nel sottrarre invece che nell’aggiungere, nel semplificare invece che complicare, nell’attendere invece che nell’agire a ogni costo e, ripetiamolo, nel cercare di eliminare gli aspetti fragili di una situazione in maniera da lasciare quelli antifragili.
Conclusione: come ho già scritto queste strategie sono molto fluide e vanno interpretate con buon senso: gran parte del libro di Taleb espone gli esempi più disparati di applicazione del concetto di antifragilità. Magari vale la pena aggiungere che dietro a tutta questa teoria c’è anche parecchia matematica e perfino un teorema dello stesso Taleb e di un suo amico! Per quel che può valere la biografia è composta da 31 pagine belle fitte per un totale, a occhio, di 600 libri...
Nota (*1): In verità Taleb la definisce “bilanciere” che però in italiano dà l’idea di qualcosa di equilibrato mentre, come vedremo, la strategia suggerisce di fare l’opposto…
Nota (*2): Il vago “seppur raramente” è voluto per un motivo ben preciso: se avessi suggerito una probabilità esatta, tipo lo 0,001%, allora si sarebbe potuto calcolare il risultato atteso dei due investimenti e scegliere quindi quello matematicamente migliore. Ma Taleb spiega che in verità la probabilità degli eventi rari non è calcolabile e, in genere, molto sottostimata. In pratica nel nostro esempio chi propone l’investimento che rende il 5% dirà “La probabilità di perdere tutto? Praticamente zero: dovrebbe fallire la banca, figuriamoci!”. Poi in questi anni diversi sfortunati piccoli risparmiatori hanno capito a proprie spese che questa probabilità non era proprio zero...
Nota (*3): in forma più matematica Taleb definisce le situazioni positive del primo caso come campane con coda larga a destra e stretta a sinistra; le situazioni negative del secondo caso invece come campane con coda stretta a destra e larga a sinistra. Ovvero questo significa che non vi è certezza di niente ma se la coda è larga a destra (bene) e stretta a sinistra (male) allora in caso di un evento che si discosti molto dalla media (la campane, più o meno neutra) la probabilità che le cose vadano molto male e di uno o più ordini di grandezza inferiore a quella che vadano molto bene.