Da qualche settimana (è molto impegnativo) sto leggendo la “Costituzione” di Aristotele, in una versione molto bella (amo la ricchezza di note a piè di pagina invece che nascoste al termine di un libro), editore UTET, 2015, a cura di Carlo Augusto Viano e Marcello Zanatta.
Ieri avevo notato una frase che mi aveva colpito e avevo deciso di fare una sorta di “controllo della realtà”, ovvero di verificare se anche altri amici/conoscenti su FB rimanevano colpiti dallo stesso dettaglio come me.
Il passaggio in questione proviene dal III libro dove Aristotele è impegnato a spiegare che i cittadini non sono tutti uguali (ci sarà chi comanda e chi obbedisce) e avendo funzioni e scopi diversi (principio della teleologia) devono quindi avere virtù diverse. Per fare un’analogia ricorre al rapporto fra uomo e donna nella società greca che, evidentemente, doveva essere ovvio a tutti i lettori del suo tempo.
Il frammento essenziale è questo: «Si direbbe che è un uomo vile quello che fosse solo coraggioso come una donna coraggiosa e si direbbe che è chiacchierona quella donna che fosse riservata come un uomo dabbene...» (*1)
Il lettore nota nulla? Pensateci un po’ prima di proseguire nella lettura!
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Sfortunatamente i commenti ottenuti su FB sono stati molto scarsi: solo un amico si avventurato in un’ipotesi fantasiosa mancando però completamente il mio punto.
Così dopo un paio di giorni ho precisato:
«Ti spiego: quando ho letto questo passaggio la prima volta qualcosa non mi tornava e così l’ho riletto. Ancora incerto l’ho riguardato parola per parola, poi ho capito che mi aspettavo una frase di questo tipo (in maiuscolo le mie modifiche):
“Si direbbe che è un uomo vile quello che fosse solo coraggioso come una donna coraggiosa e si direbbe che è chiacchieronE quell’UOMO che fosse riservatO come unA DONNA dabbene...”
Da questo elemento partono le mie considerazioni.
La cultura attuale, a torto o a ragione, considera la donna più “chiacchierona” dell’uomo: mi immaginavo che, nell’antica Grecia, una “donna dabbene”, parlasse meno rispetto alle altre donne ma comunque troppo se fosse stata un uomo: per cui l’uomo che parla quanto una “donna dabbene” (cioè meno delle altre donne) sarebbe stato considerato chiacchierone rispetto agli altri uomini.
Chiaramente invece Aristotele scrive qualcosa di completamente diverso: “...è chiacchierona quella donna che fosse riservata come un uomo dabbene...”.
Penso sia evidente che l’uomo dabbene parli meno degli altri uomini (visto che essere chiacchieroni è un difetto e l’uomo dabbene è superiore agli altri (*2)): ma, nonostante questo, una donna dell’antica Grecia che parlasse quanto un uomo dabbene sarebbe considerata chiacchierona.
Arrivo quindi all’ultimo “passaggio”: nella cultura dell’antica Grecia le donne dovevano parlare pochissimo ed erano gli uomini a essere considerati più chiacchieroni delle donne!
Questo è compatibile col poco che so dell’antica Grecia dove, a parte il caso di Sparta, le donne “dabbene” dopo il matrimonio non uscivano più di casa.
È curioso però notare questa asimmetria fra cultura antica e attuale: mi ha colto di sorpresa e mi è occorso tempo per capirla!»
E poi ho sintetizzato:
«Semplicemente Aristotele stava spiegando che la norma fra uomini e donne è diversa (inserito nel contesto che ogni cittadino ha il proprio ruolo etc.).
La donna coraggiosa equivale a un uomo vile mentre è chiacchierona la donna che parla quanto un uomo dabbene.
Quello che mi ha colpito è il contrasto con la cultura moderna dove si direbbe il contrario!»
Non so: sono io “strano” a essere colpito da questi dettagli?
Oppure questi non sono “dettagli” ma la vera essenza?
È chiaro che Aristotele in questo suo esempio non era interessato a comparare il ruolo della donna nel futuro con quello del suo tempo eppure mi pare una consapevolezza utile per capire meglio la visione del filosofo. Assorbire gli epomiti (l’ideologia in senso lato) del suo tempo rende più lineare e quindi più comprensibile il suo pensiero.
Su alcuni argomenti tale differenza fra mentalità moderna e antica è ovvia: per esempio sulla schiavitù. Aristotele non considera gli uomini tutti uguali (principio cristiano) ma diversi in base alla loro funzione (principio teleologico).
Al contrario un altro elemento più sottile è l’importanza dell’onore inteso come considerazione pubblica da parte della società verso il singolo. Questo lo possiamo comprendere ma tendiamo a sottovalutarne profondamente l’importanza che doveva avere nell’antica Grecia.
Oppure anche lo stesso principio teleologico, ovvero che ogni individuo o entità naturale abbia un proprio scopo e che il massimo bene sia realizzarlo: solo tenendo ben presente questo principio è possibile comprendere pienamente il significato del termine “virtù” usato dai traduttori: per Aristotele, l’ho compreso leggendolo, il significato di virtù è quella di caratteristica che permette all’essere o alla cosa di realizzare al massimo grado la funzione per cui è nata.
Uomini con funzioni diverse (e per Aristotele, come per Confucio, gli uomini NON sono tutti uguali) hanno scopi diversi e quindi necessitano di abilità (cioè “virtù”) diverse per realizzarsi pienamente. Addirittura una virtù per un uomo può essere un difetto per un altro: uno schiavo che abbia le virtù giuste per comandare ubbiderà di mala voglia e sarà meno pronto a fare ciò che gli viene chiesto; per lo schiavo tali virtù sono quindi un difetto.
Per la cronaca, secondo Aristotele, la virtù principale di chi comanda (e che quindi dovrà comandare bene) è la saggezza…
Conclusione: “comprendere” è un verbo con un significato più profondo e complesso di quanto si pensi: leggerne i vari significati su un vocabolario aiuta. Non si tratta di un semplice “capire”, un’interpretazione superficiale e letterale delle singole parole usate per comunicare, ma di qualcosa di più profondo: mi piace la definizione di “accogliere spiritualmente in sé” di andare oltre le parole e di far propria l’idea profonda, la vera essenza del messaggio. L’idea deve integrarsi in noi, nei nostri schemi mentali, per esserci veramente utile e per poterla applicare a nuovi casi e situazioni...
Nota (*1): tratto da “Politica e costituzione di Atene” di Aristotele, (E.) UTET, 2015, a cura di Carlo Augusto Viano e Marcello Zanatta. Pag. 151.
Nota (*2): logica molto aristotelica! mi succede di imitare il pensiero di chi leggo...
Il post sentenza
44 minuti fa
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